Istituzioni pubbliche e Terzo Settore nella Riforma


Luca Degani | 1 Settembre 2017

Questo articolo chiude la serie di contributi di Luca Degani sulla riforma del Terzo Settore e in particolare sulle previsioni del D.lgs 117/2017, il Codice del Terzo Settore. Leggi a questi link la prima parte, la seconda e la terza 

 

I rapporti con la PA

Una parte del Codice è dedicata anche alla disciplina dei rapporti degli ETS con la Pubblica Amministrazione. In particolare si richiama la possibilità di attuare forme di collaborazione attraverso gli strumenti della co-programmazione, co-progettazione e accreditamento; ciò non rappresenta alcuna rilevante novità, tanto che si contestualizzano tali modalità di collaborazione entro i confini della legge, n. 241/1990, nonché delle norme relative alla programmazione sociale di zona

Nei confronti di OdV e APS, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico viene mantenuta la facoltà di stipulare convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato, che prevedano esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.

In relazione al tema dell’affidamento dei servizi da parte della PA ci si aspettava qualche attenzione in più da parte dei decreti attuativi, anche in considerazione della Legge delega che prevedeva, tra l’altro, l’individuazione di “criteri e modalita’ per l’affidamento agli enti dei servizi d’interesse generale, improntati al rispetto di standard di qualità e impatto sociale del servizio, obiettività, trasparenza e semplificazione e nel rispetto della disciplina europea e nazionale in materia di affidamento dei servizi di interesse generale (…)” (si veda art. 4, comma 1, lett. o) della Legge 106/2016).

 

 

La nuova disciplina fiscale

Sotto il profilo della riforma sulla disciplina fiscale, il Codice supera, almeno in parte, il concetto tipico per le Onlus di presunzione di non commercialità dell’attività (basti pensare all’art. 10 del D. Lgs. 460/1997), istituendo un regime di favor, stabilendo che “Le attività di interesse generale di cui all’articolo 5, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l’Unione europea, amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento.

L’introduzione del criterio del non superamento dei costi effettivi pone indubbiamente in capo agli enti la necessità di una valutazione ponderata circa la scelta che ritengono di fare, soprattutto rispetto a quella parte di no profit che, per molteplici motivi non può rientrare nell’impresa sociale (soprattutto legati alle particolari forme di governance proposte), e che in ogni caso svolge attività con una piccola o media marginalità annua, sempre finalizzata allo svolgimento delle attività istituzionali.

 

Il sistema di controlli

L’impianto normativo del Codice introduce un sistema complesso di controlli. Nello specifico, l’art.91 introduce specifiche sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi amministrativi, per i casi di:

– distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate;

– di devoluzione del patrimonio residuo effettuata in assenza o in difformità al parere dell’Ufficio del Registro unico nazionale;

– di utilizzo illegittimamente dell’indicazione di ente del Terzo settore, di associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato oppure i corrispondenti acronimi, ETS, APS e ODV.

 

L’articolazione delle attività di monitoraggio, vigilanza e controllo prevede l’attribuzione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali:

  1. la vigilanza sul sistema di registrazione degli enti del Terzo settore ed il monitoraggio dello svolgimento delle attività degli Uffici del Registro unico nazione del Terzo settore operanti a livello regionale;
  2. la promozione dell’autocontrollo degli enti del Terzo settore autorizzandone l’esercizio da parte delle reti associative nazionali iscritte nell’apposita sezione del registro unico nazionale e dei Centri di servizio per il volontariato accreditati;
  3. la trasmissione alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, di una relazione sulle attività di vigilanza, monitoraggio e controllo svolte sugli enti del Terzo settore.

Restano fermi i poteri delle Amministrazioni pubbliche competenti in ordine ai controlli, alle verifiche ed alla vigilanza finalizzati ad accertare la conformità delle attività di cui all’articolo 5 alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio.

 

L’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore territorialmente competente esercita le attività di controllo, nei confronti degli enti del Terzo settore aventi sede legale sul proprio territorio, per quanto riguarda (art. 93):

  1. la sussistenza e la permanenza dei requisiti necessari all’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore;
  2. il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale;
  3. l’adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore.

 

Per questa tipologia di controlli è ammesso l’esercizio anche da parte delle reti associative e degli enti accreditati come Centri di servizio per il volontariato (nei confronti dei rispettivi aderenti), purché autorizzati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, gli stessi possono svolgere attività di controllo ai sensi del comma 1, lettere a), b) e c). In ogni caso l’attività di controllo espletata dalle reti associative nazionali e dai Centri di servizio per il volontariato autorizzati ai sensi del presente articolo è sottoposta alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

E’ anche previsto che le Amministrazioni pubbliche e gli enti territoriali che erogano risorse finanziarie o concedono l’utilizzo di beni immobili o strumentali di qualunque genere agli enti del Terzo settore per lo svolgimento delle attività statutarie di interesse generale, dispongono i controlli amministrativi e contabili sul corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e strumentali, ad essi attribuite.

 

Resta in capo alla Amministrazione finanziaria il potere di di controllo in merito ai controlli fiscali ed al possesso dei requisiti richiesti per fruire delle agevolazioni fiscali previste per i soggetti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore; L’art. 94, in particolare, richiede espressamente che in presenza di supposte violazioni, l’ufficio che procede alle attività di controllo ha l’obbligo, a pena di nullità del relativo atto di accertamento, di invitare l’ente a comparire per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento.

Particolare regime di controlli è dettato dall’art. 15 del D. Lgs. 112 per le imprese sociali.

 

 

Conclusioni

Ai fini di valutare la data di decorrenza della Riforma ed il regime transitorio, è opportuno analizzare gli articoli finali del Codice. In particolare l’art. 101 dispone espressamente, al comma 2, che “fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale e Imprese sociali che si adeguano alle disposizioni del presente decreto entro diciotto mesi dalla data della sua entrata in vigore”. Di particolare rilievo è la previsione, sempre nel comma2, che “Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria”.

Nel regime di passaggio, soprattutto per gli Enti che ad oggi hanno qualifica di Onlus, il comma 8, prevede che “La perdita della qualifica di Onlus, a seguito dell’iscrizione nel Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore, anche in qualità di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente (…)”. Ed allo stesso modo “Per gli enti associativi, l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore, anche in qualità di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente (…)”.

L’entrata in vigore è poi dettagliata dal Codice rispetto all’applicazione del Titolo X del Codice, ossia la parte riguardante il regime fiscale degli ETS, per il quale è prevista l’applicazione “agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto Registro”.