Negli ultimi anni, il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati (MSNA)1 è diventato una delle sfide più urgenti e complesse nel panorama sociale italiano ed europeo.
Fuggiti da guerre, povertà e crisi umanitarie, questi ragazzi arrivano soli, privi di documenti e senza adulti di riferimento attraversando confini e rotte pericolose con la speranza di un futuro migliore.
Approdati sulle coste europee, portano con sé non solo il peso della separazione dalla famiglia e dalle proprie radici culturali, ma anche l’incertezza di un destino da ricostruire in un contesto distante e sconosciuto. Il viaggio li espone a rischi gravi: violenze, abusi, maltrattamenti e sfruttamento; pericoli reali, spesso affrontati in condizioni sanitarie precarie e con un forte impatto emotivo.
Secondo i dati più recenti, al 31 dicembre 2024 si contano in Italia 18.625 MSNA2 di cui 924 in Piemonte al 31 gennaio 2024. L’82% sono ragazzi, il 18% ragazze, con un lieve aumento rispetto agli 890 registrati nel 20233. Guardando invece al 2022, in Piemonte sono arrivati 855 MSNA, e il solo capoluogo ha assorbito quasi l’82% dell’intero flusso migratorio regionale4.
Non si tratta solo di un dato statistico, ma di un grido silenzioso che sollecita la coscienza collettiva.
In Italia, i MSNA vengono accolti attraverso un percorso, pensato per garantire tutela, protezione legale e integrazione, che si articola principalmente nell’accoglienza comunitaria — all’interno di strutture residenziali dedicate — o nell’affido, con l’inserimento in un contesto più familiare5.
Accanto ai modelli tradizionali, si stanno però sperimentando nuove forme di accoglienza più sensibili al background migratorio e alle esigenze specifiche di questi minori. Un esempio concreto è l’affido omoculturale, introdotto recentemente dalla Città di Torino con la D.C.G. n. 676/20236. Questo tipo di affido mira ad offrire un sostegno più vicino alle radici culturali dei MSNA, affidandoli a famiglie connazionali che condividano lo stesso background migratorio, linguistico e religioso.
Torino, storicamente all’avanguardia nell’ambito dell’affido familiare — avendo anticipato nel 1971 la L. n. 184/19837 — ha trasformato la natura sperimentale della delibera 676/2023 (attiva dal 31 ottobre 2023 al 31 dicembre 2024) in intervento strutturale a favore dei MSNA con la D.GC. 303/20258. Il successo della sperimentazione si è oggi consolidato come prassi nell’accoglienza cittadina, con l’ambizione di diventare un modello anche per altre città. Come per le altre forme di affidamento eterofamiliare, anche quello omoculturale prevede un contributo alla famiglia affidataria, rimborsato dalla Prefettura tramite i fondi destinati alle migrazioni.
Il progetto prevede un monitoraggio degli affidi, con report che garantiscono trasparenza nella gestione delle risorse. Un altro pilastro è la formazione e sensibilizzazione, realizzata in collaborazione con Unicef, CNCA, e le Università di Torino e Piemonte Orientale, che forniscono a famiglie e tutori strumenti concreti e competenze per il loro ruolo educativo. A supporto di questa rete, presso gli spazi della Città di Torino è attivo uno sportello informativo, aperto due volte a settimana, che offre ascolto, supporto e accompagnamento personalizzato a tutori, famiglie e ragazzi. Il progetto in generale è realizzato nella sua efficacia professionale grazie al contributo fondamentale di INTERSOS9 attraverso interventi educativi, di informazione e mediazione culturale.
Parallelamente, è prevista una sistematizzazione delle esperienze e delle buone pratiche adottate, con l’obiettivo di rendere questo modello trasparente e sostenibile nel tempo.
L’Ufficio Minori Stranieri10 gioca un ruolo chiave nel coordinamento del progetto, occupandosi dell’attivazione dell’affidamento e del suo monitoraggio attraverso un’équipe multidisciplinare. Pur adottando criteri più flessibili rispetto all’affido familiare tradizionale, il percorso di selezione degli affidatari – che può avvenire sia attraverso la famiglia d’origine, quando indica parenti disponibili, sia tramite risorse individuate da Casa Affido – tiene conto di elementi fondamentali: il legame affettivo tra il minore e la famiglia affidataria, la capacità educativa e relazionale dell’affidatario, la regolarità della presenza dell’affidatario sul territorio nazionale (verificata tramite il titolo di soggiorno e il casellario giudiziale) e la disponibilità di un’abitazione (attestata attraverso contratto di locazione o proprietà e confermata da visita domiciliare).
Un aspetto distintivo è la collaborazione con la famiglia d’origine, spesso all’estero, che attraverso colloqui telematici dà il consenso all’affido e, quando possibile, indica parenti o connazionali in Italia disponibili ad accogliere il figlio. Questo ha incentivato una maggiore disponibilità da parte delle famiglie, facilitando il mantenimento dei legami affettivi e promuovendo una co-responsabilità educativa.
La sperimentazione torinese dell’affido omoculturale: dati e impatti concreti
Nell’ambito di una ricerca sperimentale condotta per la mia tesi magistrale, incentrata sull’affido dei minori stranieri nel territorio torinese, ho realizzato interviste aperte presso l’Ufficio Minori Stranieri (UMS) dalle quali è emerso che, durante il periodo di sperimentazione, sono stati registrati 164 affidi omoculturali di MSNA, un numero significativo, soprattutto considerando il coinvolgimento attivo delle comunità migranti locali.
Ancora più rilevante è il bassissimo tasso di criticità: solo tre casi hanno presentato difficoltà, perlopiù legate a lievi comportamenti devianti, e soltanto uno ha portato alla conclusione anticipata dell’affido. In tutti gli altri, si sono sviluppate dinamiche relazionali positive e percorsi di integrazione efficaci.
Questa iniziativa si distingue dall’accoglienza tradizionale puntando sulla prossimità culturale e familiare: i minori vengono accolti da connazionali già integrati, in un ambiente che rispecchia le loro abitudini e riduce lo shock culturale. La continuità linguistica, alimentare e religiosa contribuisce a rafforzare la loro stabilità emotiva, mentre la quotidianità condivisa con gli affidatari rappresenta un modello concreto di integrazione possibile, capace di armonizzare tradizioni d’origine e contesto locale.
I risultati osservati sono chiari e incoraggianti: i minori coinvolti mostrano un miglior livello di integrazione, benessere emotivo e un inserimento più solido nei percorsi scolastici e sociali. Hanno sviluppato legami affettivi duraturi, riconosciuto l’autorevolezza degli adulti affidatari e partecipato attivamente ai progetti educativi. La presenza di figure adulte della stessa cultura ha inoltre ridotto il rischio di devianza, promuovendo la partecipazione a iniziative formative e professionali. Tra i neomaggiorenni, si registra un alto tasso di occupazione e stabilità abitativa, a conferma di una transizione positiva verso l’autonomia.
Dal punto di vista sistemico, l’affido omoculturale si è rivelato sostenibile, grazie a fondi pubblici dedicati, con costi inferiori rispetto alle strutture residenziali e in linea con le norme internazionali, che privilegiano il contesto familiare rispetto a quello istituzionale.
Non si tratta soltanto di una buona prassi, ma di un’innovazione nel campo della protezione minorile, capace di valorizzare le risorse interne alle comunità migranti, rafforzandone il ruolo educativo e il protagonismo sociale.
La flessibilità del modello consente inoltre di modulare l’accoglienza alle esigenze specifiche di ciascun minore, nel rispetto della sua individualità.
Dialogo interculturale e lavoro di comunità a Torino
A Torino, città sempre più multiculturale, questo modello innovativo di affido mette in luce anche l’importanza di un dialogo interculturale costante con le comunità migranti, terreno su cui si innesta il lavoro di comunità promosso dal Comune di Torino in collaborazione con la Fondazione Mamre11
Nato nel Distretto Nord Est e poi esteso all’intera Città, questo lavoro coinvolge volontariamente antropologi e psicologi di Mamre insieme agli operatori del Comune di Torino per affrontare le sfide della migrazione e i temi ad essa connessi: dal viaggio alla disabilità, dall’orientamento sessuale alla scuola, fino alle tradizioni culturali e religiose e al rapporto tra migranti e servizi pubblici, con un’attenzione particolare all’affido familiare. L’obiettivo è quello di ampliare lo sguardo degli operatori, promuovendo una comprensione più profonda delle culture e contribuendo a decostruire stereotipi e pregiudizi. Al tempo stesso, mira a rafforzare il legame con le famiglie migranti e a promuovere l’affido omoculturale, attraverso campagne informative e momenti di incontro volti a coinvolgere volontari disponibili.
Ogni operatore lavora a stretto contatto con comunità specifiche, favorendo uno scambio culturale reciproco e la costruzione di una visione condivisa dell’affido e del ruolo dei servizi sociali. In questa prospettiva, negli anni sono stati organizzati incontri in luoghi di culto e spazi di socialità.
Nonostante ciò, è un percorso ancora in salita, perché ogni comunità ha tempi, storie e sensibilità diverse. Ma seminare oggi fiducia e ascolto significa preparare il terreno affinché, col tempo, possano germogliare relazioni solide e cambiamenti concreti, fondati sul rispetto reciproco e sul confronto aperto.
Verso un modello di affido in divenire: spunti di riflessione e sfide
L’esperienza maturata con l’affido omoculturale, pur nella sua recente applicazione e nei risultati incoraggianti già ottenuti, apre a importanti riflessioni e proposte migliorative, che possono contribuire a potenziarne ulteriormente l’efficacia. Tra le proposte, la creazione di spazi di confronto – anche online – mediati da operatori sociali e supportati da strumenti digitali, favorirebbe il monitoraggio in tempo reale, una comunicazione più efficace tra affidatari, famiglie d’origine e Ufficio Minori Stranieri, oltre a rafforzare il senso di comunità. Dal punto di vista sistemico, funzionale sarebbe lo sviluppo di una piattaforma informatizzata per la creazione di un elenco degli affidatari disponibili all’affido omoculturale, rendendo il processo di selezione più trasparente, efficiente e accessibile.
Altrettanto importante è prevedere percorsi formativi specifici per le famiglie affidatarie, anche se appartenenti al nucleo parentale, integrati da momenti di sostegno individuale e di gruppo, per accompagnarle nell’esperienza di affido in modo consapevole e condiviso.
Di notevole beneficio potrebbe essere l’attivazione di reti di mentoring tra giovani usciti dall’affido e minori affidati, favorendo uno scambio peer-to-peer basato su esperienze comuni, modelli positivi e supporto concreto.
In questo quadro, attivare una rete integrata tra istituzioni, servizi, scuole, magistratura e privato sociale è fondamentale per rendere reale questa visione.
Infine, è fondamentale continuare a promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte sia alla cittadinanza che alle comunità migranti, oltre a rafforzare la formazione degli operatori sulla gestione dell’affido omoculturale, tenendo conto delle peculiari specificità culturali e coinvolgendo attivamente le stesse comunità migranti nei percorsi formativi.
Un nuovo sguardo sull’accoglienza
Oggi più che mai siamo chiamati a ripensare il modello di accoglienza.
In questo scenario, l’affido omoculturale rappresenta un ponte tra culture: accompagna i MSNA nel rispetto dei loro tempi e bisogni, senza chiedere loro di snaturarsi. È una sfida complessa, che richiede competenze, visione e un sistema di welfare capace di sostenere chi accoglie, valorizzandone il ruolo.
La famiglia affidataria diventa così un mediatore naturale tra cultura d’origine e società d’arrivo, trasformando l’inclusione in uno spazio di incontro, dove le differenze non solo si incontrano, ma generano nuove forme di convivenza.
In questo contesto, l’affido omoculturale invita a guardare alle comunità migranti come risorse attive e generative, capaci di cura, solidarietà e arricchimento culturale.
In un tempo in cui le identità rischiano di diventare confini, l’affido prova a trasformarle in legami. Perché ogni bambino ha diritto non solo a un tetto, ma a una storia che continui, lo riconosca e lo custodisca senza strappi. È proprio lì — in questo incontro tra radici e futuro — che si gioca la sfida più grande del nostro tempo: trasformare l’accoglienza in un ponte.
Un ponte che non colma le distanze, ma le attraversa e che celebra le differenze, permettendo a ogni bambino di sentirsi a casa appartenendo a due mondi, senza dover lasciare indietro nessuna parte di sé.
- Il MSNA è il cittadino di Stati non appartenenti all’UE e apolide, di età inferiore ai diciotto anni, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale (art. 2, D.Lgs. n. 142/2015 e art. 2, L. n. 47/2017). Nel nostro ordinamento la materia è regolata negli articoli 32 e 33 del TU sull’ immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998).
- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Rapporto di approfondimento semestrale sui Minori Stranieri Non Accompagnati in Italia, 14 febbraio 2025.
- Osservatorio Regionale sull’Immigrazione e Diritto di asilo, Minori Stranieri non accompagnati.
- MSNA , I Minori stranieri non accompagnati nella Città di Torino, Sistema Accoglienza Integrazione, Ministero dell’interno, 26 luglio 2023.
- La Legge 7 aprile 2017, n. 47, disciplina le misure di protezione dei MSNA dall’identificazione e valutazione alla nomina di un tutore. Successivamente, si passa ad una progettualità che può concretizzarsi in un’accoglienza comunitaria o affidamento familiare (GU n. 93 del 21-4-2017).
- D.G.C. Atto n. 676 del 31/10/2023, Sperimentazione del rimborso per affidamento a connazionali di MSNA, Città di Torino.
- La Legge 4 maggio 1983, n. 184 garantisce al minore il diritto di crescere in un ambiente familiare, sia d’origine che affidatario o adottivo (GU n. 133 del 17/05/1983, Suppl. Ord. n. 28).
- D.G.C. Atto n. 303 del 27/05/2025, Introduzione a regime del nuovo dell’Affidamento di MSNA a connazionali/parenti di cui alla previgente sperimentazione avviata con D.G.C. 676/2023, Città di Torino.
- L’associazione “INTERSOS – Organizzazione Umanitaria Onlus” (in sigla semplicemente “INTERSOS”) è stata fondata il 25 novembre 1992. Ha sede in Italia (Roma) ed opera in contesti di emergenza e crisi, fornendo assistenza immediata a persone le cui vite sono minacciate da conflitti, violenza, povertà estrema, disastri naturali o provocati dall’uomo.
- L’Ufficio Minori Stranieri (o UMS) rappresenta uno dei servizi specialistici centrali della Città di Torino. Si rivolge ai minori stranieri e alle loro famiglie, offrendo supporto per la regolarizzazione dei minori presenti sul territorio, il ricongiungimento familiare, l’iscrizione e la frequenza scolastica, oltre che per l’accesso ad attività sportive, tempo libero ed iniziative culturali.
- Fondazione Mamre è un centro di cura e accoglienza per persone a rischio di emarginazione o con background migratorio. Offre supporto clinico etnopsicologico per le famiglie, interventi nelle scuole, formazione per operatori e attività di inclusione sociale.