L’Équipe multidisciplinare sociale-lavoro

Il modello SIIL di Regione Toscana


L’equipe multidisciplinare: da idea, a protocollo a delibera

Nel corso degli ultimi anni, il settore sociale e il settore lavoro di Regione Toscana hanno portato avanti un’intensa riflessione in merito all’opportunità di rispondere in maniera sempre più integrata alla complessità dei bisogni delle persone con fragilità. Sono state le misure di contrasto alla povertà, il Programma GOL e lo sviluppo di una Comunità di Pratica Regionale, condotta anche in collaborazione con l’Istituto per la Ricerca Sociale di Milano, a sostenere questa spinta metodologica che, anche attraverso il lavoro della Cabina di Regia del Tavolo regionale della rete per la protezione e inclusione sociale ha portato alla redazione delle Linee Guida Integrazione Sociale-Lavoro approvate con DGR 544/2023 e poi delle Linee Guida Operative per le équipe multidisciplinari con la DGR 1627/2024.

La prima Delibera

ha dettato il quadro generale entro cui strutturare équipe multidisciplinari per la presa in carico e l’accompagnamento delle persone in situazione di fragilità e vulnerabilità sociale che necessitano di un approccio integrato e di sostegno per percorsi personalizzati di inclusione e cittadinanza, con particolare attenzione alla collaborazione tra ambito sociale e ambito delle politiche attive del lavoro.

Successivamente è stata condotta su tutto il territorio regionale un’opera di disseminazione dei contenuti attraverso eventi pubblici, seminari online della Comunità di Pratica per l’Inclusione Sociale, interviste a responsabili e operatori dei servizi pubblici e del Terzo settore al fine di stimolare l’avvio di processi di co-costruzione dell’équipe secondo il modello SIIL – Servizio Integrato Inclusione Lavoro.

L’intensificarsi dell’interesse attorno al tema della formalizzazione di équipe integrate, capaci di offrire una regia complessiva e unitaria della presa in carico, secondo logiche di case management e di responsabilità condivise, ha contribuito ad accelerare il percorso che ha portato all’approvazione delle Linee guida operative il 23 dicembre 2024 su proposta congiunta dell’Assessora alle Politiche Sociali e dell’Assessora al Lavoro di Regione Toscana. È proprio con la DGRT 1627 che i servizi sociali e del lavoro delle varie zone ricevono in dote non solo un quadro teorico di riferimento, ma indicazioni concrete su come strutturare e sistematizzare le prassi collaborative quotidiane, oltre a un chiaro invito a dotarsi di “linee guida operative flessibili, che possano adattarsi alle varie peculiarità territoriali” nel rispetto di sistemi di governance, reti e collaborazioni esistenti.

I 14 funzionamenti essenziali dell’équipe secondo Regione Toscana

Ogni Ente e servizio a vario titolo coinvolto in processi di attivazione sociale e lavorativa può fare riferimento al modello di équipe sociale-lavoro descritto nella DGR 1627 e misurare la distanza esistente rispetto alla realtà organizzativa del proprio Ambito territoriale. Per facilitare questo compito, Federsanità ANCI Toscana e i referenti del Settore Welfare e Innovazione Sociale di Regione Toscana hanno rielaborato il contenuto delle Linee Guida Operative per le équipe multidisciplinari secondo una logica di benchmark, identificando 14 funzionamenti esplicativi di tutto il suo potenziale generativo verso cui tendere e da cui partire per promuoverne l’applicazione su tutto il territorio regionale.

Tab.1 – Funzionamenti identificati come da DGRT 1627/2024
Funzionamento Spiegazione estesa
1. Necessità di avere una procedura/istruzione operativa che specifichi le modalità di funzionamento dell’équipe, di coinvolgimento dei vari servizi, di segnalazione di beneficiari, di condivisione dei dati nel rispetto della privacy Le linee guida stabiliscono la necessità di definire procedure operative formali e strutturate. Queste devono dettagliare la metodologia di lavoro, le modalità con cui i vari servizi vengono coinvolti, il processo per la segnalazione dei beneficiari e i meccanismi di condivisione delle informazioni nel pieno rispetto della normativa sulla privacy. L’obiettivo è garantire un approccio unitario e permanente nella presa in carico. Il piano di lavoro dell’équipe deve specificare queste procedure, includendo l’invio degli utenti ad altri servizi e il monitoraggio dei percorsi.
2. Le modalità di convocazione e la frequenza delle riunioni devono essere formalizzate La frequenza e le modalità di convocazione delle riunioni devono essere definite formalmente. Di norma, l’équipe si riunisce con cadenza quindicinale o almeno mensile. Viene stabilito un calendario periodico e la convocazione è solitamente gestita dai servizi sociali o dal referente del Centro per l’Impiego. La convocazione deve essere inviata via e-mail con almeno cinque giorni lavorativi di preavviso e deve includere l’ordine del giorno.
3. Le riunioni si devono svolgere in sede accogliente, identificata, raggiungibile e attrezzata per collegamento online Le riunioni devono tenersi in sedi facilmente identificabili, raggiungibili con i mezzi pubblici e adeguate ad accogliere le persone. Le sedi devono essere dotate di attrezzature informatiche e connessione internet per consentire collegamenti a distanza e riunioni in modalità online. In prospettiva, le sedi operative potranno essere i “one stop shop”, le Case di Comunità o i Centri servizi di contrasto alla povertà. Facilitare l’accesso ai punti di incontro aiuta ad abbattere le barriere per le persone più fragili.
4. La discussione (o una sua sintesi o i suoi esiti) viene verbalizzata, sottoscritta e archiviata Tutte le decisioni prese dall’équipe multidisciplinare durante gli incontri devono essere messe a verbale al termine di ogni riunione.
5. L’equipe essenziale è composta da assistente sociale e operatore/trice esperto/a di politiche del lavoro, afferenti a servizi pubblici La composizione minima dell’équipe, definita “essenziale”, prevede obbligatoriamente la presenza di almeno due figure professionali provenienti dai servizi pubblici: un’assistente sociale e un operatore esperto di politiche del lavoro, tipicamente afferente al Centro per l’Impiego.
6. In équipe vengono svolte anche funzioni amministrative All’interno dell’équipe devono essere garantite anche le funzioni di carattere amministrativo. A questo scopo, può essere prevista la presenza di un istruttore amministrativo o di un operatore di supporto dedicato.
7. La composizione dell’équipe deve essere allargata alla partecipazione di operatori/trici dei servizi rilevanti sulla base dei bisogni, tra cui sociosanitari, penale, abitare, disabilità, educazione-istruzione-formazione, oltre che a ETS e soggetti non professionisti della rete informale L’équipe “essenziale” viene ampliata in base ai bisogni specifici della persona. A questa “équipe allargata” possono partecipare operatori di servizi sanitari (salute mentale, dipendenze), della formazione, delle politiche abitative, dell’area penale e dell’istruzione. È inoltre fondamentale il coinvolgimento degli Enti del Terzo Settore (ETS) e dei soggetti non professionisti che fanno parte della rete informale della persona (es. familiari), considerati risorse vitali per il percorso.
8. L’équipe utilizza strumenti condivisi e revisionabili (ad esempio per la conoscenza dei casi, l’elaborazione di proposte e l’attivazione di percorsi, per la valutazione dei bisogni e delle potenzialità delle persone anche in collaborazione col Terzo Settore) L’équipe deve adottare e utilizzare strumenti di lavoro condivisi per tutte le fasi del processo: conoscenza del caso, valutazione, progettazione, attivazione e monitoraggio. Tali strumenti devono essere revisionabili e aggiornabili su richiesta dei servizi che compongono l’équipe. Uno strumento chiave è il “profilo dei bisogni e delle potenzialità” (PBP), finalizzato a una lettura trasversale della vulnerabilità. Anche gli Enti del Terzo Settore sono coinvolti nello sviluppo e nell’utilizzo di questi strumenti.
9. I servizi si scambiano informazioni e consultano banche dati nel rispetto della normativa sulla privacy e, laddove possibile, utilizzano sistemi informatici interoperabili I servizi che compongono l’équipe devono scambiarsi le informazioni necessarie alla presa in carico e sono autorizzati a consultare le banche dati pertinenti (es. GePI, Idol, SIISL) nel rispetto della normativa sulla privacy. Per facilitare questo scambio e mantenere i dati aggiornati, è promosso l’uso di sistemi informatici interoperabili, che permettono a diverse piattaforme di comunicare tra loro.
10. Viene effettuata, e aggiornata periodicamente, una mappatura di servizi, opportunità e risorse dell’Ambito territoriale, anche col contributo degli ETS È necessario realizzare e mantenere costantemente aggiornata una mappatura completa dei servizi, delle opportunità e delle risorse disponibili sul territorio di riferimento. Gli Enti del Terzo Settore (ETS) collaborano attivamente con i servizi pubblici a questa attività di mappatura per garantirne la completezza e l’attualità.
11. Il case manager è individuato sulla base bisogno prevalente Per ogni nucleo familiare o persona presa in carico viene individuato un “case manager”. La scelta di questa figura di riferimento avviene sulla base del bisogno prevalente manifestato dall’utente; il case manager, infatti, opera all’interno del servizio pubblico competente per quel bisogno specifico (es. servizio sociale per fragilità, centro per l’impiego per necessità lavorative).
12. Viene individuato un “referente organizzativo” dell’equipe, con ruoli e compiti definiti riconosciuti dalla rete e dai servizi La figura del “case manager” agisce come referente organizzativo del percorso. I suoi compiti sono chiaramente definiti: coordina funzionalmente le attività di tutti i professionisti coinvolti nel caso, promuove la multidisciplinarietà e assicura un coordinamento operativo efficace, essendo una figura legittimata e riconosciuta all’interno della rete dei servizi.
13. Il beneficiario partecipa attivamente alla redazione del progetto personalizzato Il beneficiario è considerato il protagonista del proprio percorso. Le linee guida promuovono la sua più ampia e attiva partecipazione in ogni fase. Il progetto personalizzato viene co-costruito insieme alla persona, la quale partecipa alle decisioni, e gli obiettivi vengono negoziati e condivisi.
14. La presa in carico integrata da parte delle équipe integrate sociale-lavoro dovrebbe avvenire anche tramite accesso al One Stop Shop Il modello organizzativo a cui tendere è quello del “one stop shop” (porta unitaria di accesso). Questo modello prevede un punto di accesso unificato (fisico o come rete di sportelli) dove sono compresenti operatori di diversi servizi, semplificando l’accesso per il cittadino. In prospettiva, il “one stop shop” diventerà la sede operativa stessa dell’équipe, sia nella sua composizione essenziale che allargata.

Dai laboratori ai funzionamenti

A partire da giugno 2025 la Comunità di Pratica per l’Inclusione Sociale in Toscana ha organizzato tre eventi di disseminazione delle Linee Guida nei territori Toscana Centro, Sud-Est e Nord-Ovest seguendo una logica partecipativa che ha consentito agli operatori ed alle operatrici coinvolte di riflettere sui sopracitati funzionamenti. Gli operatori coinvolti, suddivisi in gruppi e basandosi sulle proprie esperienze professionali dirette, hanno lavorato ad una valutazione congiunta sui funzionamenti in base a due criteri:

  • Importanza: i partecipanti erano chiamati ad interrogarsi su quanto, in relazione agli altri, ciascun funzionamento fosse “importante” – ossia facilitante, propedeutico – all’esistenza stessa dell’équipe su di un qualsiasi territorio;
  • Fattibilità: relativamente a questo secondo criterio i partecipanti si sono interrogati su quanto i singoli funzionamenti fossero più o meno “fattibili” – ossia attuabili, reificabili, con minore o maggiore sforzo (o dispendio di risorse) rispetto agli altri.

Per ciascuno i gruppi sono stati chiamati a creare una sorta di “classifica”, ordinando i funzionamenti in base al relativo criterio.

In tal modo è stato possibile sintetizzare il lavoro critico dei professionisti attivi sui territori e comprendere quali, secondo la loro ottica, siano quei funzionamenti considerabili essenziali, imprescindibili, e quali meno; allo stesso modo, è stato possibile capire quali funzionamenti risultino di difficile attivazione e implementazioni e quali, di converso, siano più facilmente attuabili.

Il risultato dei laboratori è quindi leggibile anche come una roadmap per le policy regionali che, partendo dai funzionamenti di più facile realizzazione e più importanti (posti in alto a destra nella rappresentazione grafica sottostante), segue una traiettoria che dovrà “cucire insieme” i funzionamenti fino al raggiungimento di quello definito meno importante e fattibile (nel grafico in basso a sinistra).

Fig.1 – Rappresentazione grafica dei risultati dei tavoli di lavoro dei tre incontri di disseminazione

La posizione dei punti adopera come coordinate le posizioni mediane che ciascun funzionamento occupa nelle classifiche finali di “Importanza” e “Fattibilità” espresse da ciascun gruppo.

Diviene evidente che l’équipe essenziale è un perno centrale del sistema dei servizi regionale, non solo dal punto di vista organizzativo ma anche culturale, rappresentando di fatto il concetto stesso di collaborazione. Le relazioni tra servizi sociali e centri per l’impiego sono ormai solide e sedimentate a diversi livelli, anche se con intensità e gradi di formalizzazione differenti. Si può quindi dire che la sfida di creare una modalità di lavoro condivisa sia stata raggiunta, non certo senza che siano aperte nuove opportunità di miglioramento e nuove sfide.

Queste emergono evidenti in termini di équipe allargata, nonché di formalizzazione delle équipe esistenti. Pur consapevoli che la formalizzazione di un’équipe possa rappresentare una riduzione della flessibilità delle modalità di lavoro, questa rappresenta tuttavia un passaggio a più riprese definito fondamentale. Lo è non solo in termini pratici (ovvero per rendere più facile lo scambio di informazioni, l’adozione e l’interoperabilità di strumenti condivisi, oltre che per superare problematiche legate al turnover), ma anche per legittimare la rete che si crea intorno ai servizi sociali e per il lavoro. A tal proposito, il consolidamento di tale rete, l’engagement di altri servizi territoriali e il loro coinvolgimento attivo nel sistema équipe rimangono ancora un obiettivo molto sentito ma difficoltoso, da cui non si può prescindere se si considera la necessità di avere una presa in carico olistica e integrata. Perciò si pongono due direttrici di lavoro su cui innestare i futuri interventi: da un lato, si tratta di avviare processi di ibridazione tra i diversi settori che, sia a livello regionale che locale, si occupano di politiche sociosanitarie; dall’altro, si apre la necessità di strutturare protocolli di intesa tra i differenti servizi. Questo stimolo non può prescindere da un coinvolgimento più fattivo dei livelli manageriali delle organizzazioni che, muovendo i passi dai protocolli già sperimentati e spinti da Regione Toscana, possono innestarvi le pratiche informali e “dal basso” dei loro territori, andando a personalizzare le modalità di lavoro già esistenti o allargandole ad altri enti nel caso dell’équipe allargata.

All’opposto, il One-Stop Shop risulta essere ancora una realtà lontana dai territori. È evidente che questo metodo di lavoro è distante dalla realtà pratica e quotidiana e che, anche se in Toscana non sono mancate sperimentazioni in alcuni casi tuttora attive, non c’è stato un vero step di innovazione e si registra la mancanza di una messa a terra definita e chiara di questa struttura. Il concetto di One-Stop Shop rimane poco conosciuto, la sua definizione rimane soggetta a diverse interpretazioni e, di fatto, non è ancora stato integrato nella cultura e nelle modalità di lavoro degli operatori. Ciò pone una sfida importante in termini di policy e di informazione, per favorire la sua implementazione pratica e fattiva, ma anche la sua conoscenza attuativa, andando a sottolinearne e sedimentare, in particolare, le peculiarità innovative e di efficacia. Sfida che, al momento della stesura di questo articolo, sta per essere nuovamente raccolta grazie alla sperimentazione su sette territori toscani di One Stop Shop per residenti stranieri di paesi terzi, che apriranno i battenti grazie al progetto FAMI We-In.

Ad oggi, in Toscana le équipe integrate sociale-lavoro sono state attivate tramite sottoscrizione di protocolli attuativi negli ATS Valdinievole, Bassa Val di Cecina Val di Cornia (Valli Etrusche), Alta Val di Cecina Val d’Era, Valdarno, Lunigiana ed Empolese Valdarno Valdelsa.

La Regione intende proseguire il supporto alle Zone per la loro costituzione, tanto che nel maggio scorso ha inserito l’obiettivo di raggiungere l’attivazione di équipe di presa in carico multiprofessionali nel 70% degli ATS nell’Atto regionale degli interventi e dei servizi di contrasto alla povertà 2024-2026 e ha portato il tema all’attenzione nazionale, stimolando la riflessione sulla necessità di poter istituire un apposito Livello Essenziale delle Prestazioni Sociali.

Regione Toscana partecipa, infatti, attivamente ai gruppi di lavoro promossi ad ottobre 2025 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la Rete nazionale per la protezione e l’inclusione sociale, volti all’elaborazione – entro il mese di dicembre 2025 – di indirizzi operativi per le équipe multidisciplinari: il documento conterrà il quadro di riferimento, la strutturazione, le modalità di lavoro e l’individuazione di situazioni tipo di lavoro.

Il percorso in prospettiva si basa su alcuni punti fondamentali:

  • Collaborazione con il livello nazionale per l’attivazione del LEPS équipe multidisciplinare;
  • Costruzione di occasioni di dialogo interprofessionale (all’interno della Comunità di Pratica Toscana e oltre);
  • Valorizzazione della dimensione conoscitiva dei dati sociali per supportare una programmazione dei servizi aderente ai bisogni emergenti;
  • Valorizzazione del ruolo del Terzo settore come parte attiva non solo nella fase progettuale ma anche nella fase di co-programmazione delle politiche sociali territoriali;
  • Diffusione delle esperienze efficaci di integrazione tra enti diversi e tra pubblico e privato sociale, per la costruzione di modelli replicabili di collaborazione;
  • Supporto alla creazione anche a livello nazionale di infrastrutture informative condivise, nel rispetto della privacy, fondate su interoperabilità, sicurezza e trasparenza.