Gli ultimi dati ISTAT sulla povertà pubblicati lo scorso 14 ottobre descrivono, per il terzo anno consecutivo, una situazione di sostanziale stabilità del fenomeno nel nostro Paese. Nel 2024 sono poco più di 2,2 milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta1, con un’incidenza dell’8,4%, per un totale di 5,7 milioni di individui, pari al 9,8% dei residenti. Entrambi i dati sono in linea con le stime dell’anno precedente.
A livello geografico, la povertà assoluta continua a colpire maggiormente il Mezzogiorno, dove coinvolge oltre 866 mila famiglie (10,5%), seguita dal Nord-ovest con 595 mila famiglie in tale condizione (8,1%). La sua incidenza è più elevata nei piccoli Comuni non periferici alle aree metropolitane (8,9%), seguiti dai Comuni con più di 50 mila abitanti periferici alle stesse (8%) e dai Comuni centro di area metropolitana (7,8%, dato che nel Mezzogiorno sale al 12,5%).
In linea con gli anni precedenti, il trend della povertà assoluta in Italia ricalca due traiettorie già ampiamente conosciute: da un lato, l’aumento all’aumentare della numerosità del nucleo familiare e, dall’altro, l’aumento al diminuire dell’età della persona di riferimento del nucleo, anche per effetto di una minore possibilità al risparmio delle famiglie più giovani. Relativamente alla numerosità familiare, i dati mettono in evidenza come l’incidenza della povertà assoluta tra i nuclei di tre componenti sia 2,5 volte più bassa di quella relativa ai nuclei con cinque e più componenti (8,6% contro 21,2%). Allo stesso modo, la povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento di età compresa tra i 18 e i 34 anni raggiunge un’incidenza quasi doppia rispetto ai nuclei con p.d.r. ultra 65enne (11,6% contro 6,7%).
Minori e stranieri, le principali vittime
In tale scenario, i minori continuano ad essere i più colpiti dalla deprivazione economica, seguiti dai giovani. Nel nostro Paese sono quasi 1,3 milioni i minori in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza del 13,8%, che sale al 16,4% nel Mezzogiorno. È dal 2020 che tale dato continua a superare quello dell’anno precedente, aggiudicandosi il triste primato di valore più elevato della serie storica dal 2014. Inoltre, l’incidenza della povertà assoluta minorile risulta essere più marcata per determinate fasce d’età, in particolare tra i bambini di 4-6 anni e tra quelli di 7-13 anni, con valori rispettivamente pari a 14,8% e 14,9%. Le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 734 mila, tra le quali l’incidenza più elevata (pari al 23,9%) si osserva in quei nuclei dove convivono più famiglie e/o sono presenti membri aggregati. Valori elevati si registrano anche tra le coppie con almeno tre figli minori (20,7%) e tra le famiglie monogenitore con minori (14,4%).
Oltre ai minori, l’altra categoria di popolazione su cui la povertà continua ad accanirsi è rappresentata dai cittadini stranieri. Sono oltre 1,8 milioni gli stranieri in condizioni di povertà assoluta, più di uno su tre, con un’incidenza che è quasi cinque volte quella degli italiani (35,6% contro 7,4%). Tra le famiglie con stranieri l’incidenza della povertà assoluta è pari al 30,4%, dato che sale al 35,2% per quelle composte esclusivamente da stranieri (contro il 6,2% delle famiglie di soli italiani) e al 42,5% tra quelle residenti nel Mezzogiorno. Negli ultimi 10 anni, l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie composte da soli stranieri è cresciuta di 10 punti percentuali – nel 2014 era, infatti, pari a 25,2% – e rappresenta il record negativo della serie storica.
Se poi in una famiglia con stranieri sono presenti anche minori, la situazione si aggrava in modo ancor più marcato. Sono 338 mila le famiglie straniere con minori ad essere in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 33,6%, che cresce al 46,2% nel Mezzogiorno. Se queste sono composte unicamente da stranieri, l’incidenza sale ancora al 40,5% ed esplode nel Mezzogiorno, raggiungendo il valore massimo del 62,5%, quasi cinque volte quella di nuclei di soli italiani (12,6%).
Il lavoro non basta
Storicamente il lavoro ha rappresentato un fattore di protezione dallo scivolamento in condizioni di povertà di individui e famiglie. Ma ormai da alcuni anni non è più così, specie per determinate categorie di persone per le quali il lavoro risulta essere sempre più precario, instabile e sottopagato. Il blocco dei salari poi, connesso all’aumento dei prezzi al consumo, tende a generare spesso redditi inferiori alla soglia di povertà. È, tuttavia, indubbio che le condizioni economiche di chi non ha un lavoro siano più fragili e complesse di quelle di chi un lavoro, seppur povero, ce l’ha. I dati però mostrano come tale differenza tenda sempre più ad assottigliarsi nel tempo.
Infatti, se si prende in considerazione la serie storia degli ultimi 10 anni (Figura 1), è possibile vedere come la distanza tra l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata come operario e assimilato, e quella dei nuclei la cui p.d.r. è in cerca di occupazione si sia negli anni progressivamente ridotta, toccando i valori più bassi nel 2023 (4,2 punti percentuali) e nel 2020 (4,6 p.p.).
Figura 1 – Incidenza della povertà assoluta per condizione professionale della persona di riferimento
Fonte: ISTAT
Nel 2024 tale distanza di assesta sui 5,7 punti percentuali. Infatti, tra le famiglie con persona di riferimento non occupata l’incidenza della povertà assoluta è pari al 9,1%, in lieve calo rispetto al 2023 (8,8%). Tale dato sale esponenzialmente tra i nuclei con p.d.r. in cerca di occupazione, che raggiunge il 21,3%, in crescita rispetto all’anno precedente (20,7%). Questa incidenza arriva al 23,2% per le famiglie in cui sono presenti minori, attestandosi al 20% nei casi in la p.d.r. sia in cerca di occupazione. Nel caso di famiglie di soli stranieri, invece, il dato sale ancora in modo esponenziale, raggiungendo il 40,4% nei nuclei con p.d.r. non occupata e il 44,7% in quelli in cui è in cerca di occupazione.
Tuttavia, anche tra le famiglie con persona di riferimento occupata, l’incidenza della povertà assoluta si mantiene su livelli piuttosto alti, seppur in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (7,9% contro 8,1%). Tale dato sale all’8,7% nel caso in cui il lavorare sia dipendente e raggiunge il valore più elevato, pari al 15,6%, se si tratta di operaio e assimilato, in calo di un punto percentuale rispetto al 2023. Cresce poi al 18,7% nelle famiglie con minori ed esplode, raggiungendo il 33,5%, nei nuclei con stranieri e il 35,3% nelle famiglie composta da soli stranieri. Tra le famiglie con p.d.r. lavoratore indipendente, i valori più elevati dell’incidenza si registrano per le famiglie di indipendenti che non sono imprenditori né liberi professionisti (7,4%).
È dunque evidente la sempre minore capacità del lavoro di proteggere individui e famiglie dalla caduta in povertà, in particolare in quei nuclei che si trovano in determinate condizioni, ossia il cui capofamiglia è impiegato in mansioni a bassa qualifica e remunerazione e nelle famiglie composte da stranieri, situazione aggravata ulteriormente dalla presenza di figli di minore età.
Oltre il dato economico
Ad integrazione delle stime elaborate da ISTAT, il Rapporto 2025 su povertà ed esclusione sociale in Italia di Caritas Italiana offre un’interessante analisi sulle caratteristiche della povertà e sui bisogni espressi dalle persone che si trovano in tale condizione, mettendo in luce il processo dinamico in cui si intrecciano carenze economiche, fragilità relazionali, ostacoli educativi e barriere simboliche, che limitano le opportunità e compromettono i diritti fondamentali delle persone.
Nel 2024, la rete Caritas ha incontrato e sostenuto oltre 277 mila persone e famiglie in difficoltà, pari a circa il 12% delle famiglie in povertà assoluta. Il quadro tratteggiato è quello caratterizzato da situazioni di multiproblematicità – con oltre il 56% di utenti che manifestano almeno due/tre o più forme di disagio in ambiti diversi – intermittenza e lunga durata del fenomeno, colpendo in particolare i nuclei che oscillano “tra il dentro e il fuori” la condizione di bisogno o che vivono in uno stato di vulnerabilità cronica.
Il 67,4% delle persone che manifestano tre o più ambiti di bisogno si colloca in una fascia di vulnerabilità medio-alta o alta, a conferma della presenza di situazioni complesse e spesso cumulative. In tal senso, le fragilità più diffuse intercettate dalla rete Caritas si concentrano in due ambiti prioritari:
- l’area materiale, costituita da situazioni di povertà estrema, reddito insufficiente, insicurezza abitativa, mancanza di casa e indebitamento;
- l’area dello svantaggio sociale, rappresentato da condizioni di bassa scolarizzazione, disoccupazione, irregolarità giuridica, isolamento sociale, carichi di cura, problemi di giustizia/devianza e maternità nubile.
Laddove presenti, le altre aree del bisogno – salute, psico-sociale e violenza/sfruttamento – lo sono in modo predominante e contribuiscono ad aumentare in modo significativo la condizione di vulnerabilità di individui e famiglie. È in queste aree che Caritas osserva la maggiore eterogeneità: accanto a soggetti che non riportano fragilità sanitarie o psicologiche, vi sono individui che convivono con malattie invalidanti, disturbi psichici gravi o esiti traumatici di esperienze di abuso, detenzione o sfruttamento.
La povertà continua così a configurarsi come un fenomeno sempre più multidimensionale ed interconnesso di forme singole di deprivazione, che si intrecciano e potenziano reciprocamente. È il concetto di “povertà o deprivazione cumulata”, che investe individui e famiglie che vivono più forme di svantaggio simultaneamente, generando un vero e proprio circolo dello svantaggio.
Infine, da non sottovalutare – ricorda Caritas Italiana – le importanti ricadute psicologiche e cognitive della deprivazione materiale e sociale sugli individui. Molte volte, infatti, le persone che vivono una situazione di povertà prolungata sviluppano sentimenti di impotenza, rassegnazione e sfiducia in sé stesse e nel futuro, riducendo ulteriormente la loro capacità di reagire e avviare un cambiamento positivo.
- Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta, che rappresenta la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta e si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per Regione e per tipo di Comune di residenza (qui i valori).