Il filo della rigenerazione

I Progetti Utili alla Collettività (PUC) nell’Ambito di Lodi


A cura di Michela Mangiarotti | 12 Dicembre 2025

Un po’ di contesto

Per descrivere l’Ambito territoriale lodigiano bisogna partire da un numero: 61. Sono sessantuno i Comuni che lo compongono e presentano, come intuibile, dimensioni, esigenze e risorse molto diverse tra loro. Di questi circa l’80% non supera i 5.000 abitanti. Si tratta di un territorio vasto, eterogeneo e frammentato, dove l’Ufficio di Piano dell’Ambito di Lodi si pone come obiettivo programmatico quello di svolgere funzioni di pianificazione e di coordinamento delle fasi attuative delle politiche sociali regionali e nazionali assegnate.

In particolare, l’area contrasto alla povertà e inclusione sociale dell’Ufficio di Piano ha come finalità quella di rafforzare la capacità del territorio di agire a contrasto dei processi di impoverimento ed esclusione sociale. Il suo nucleo operativo risiede nell’équipe zonale di contrasto alla povertà: un gruppo di lavoro multidisciplinare, a supporto del Servizio Sociale Territoriale per la gestione dei Patti per l’Inclusione Sociale – progetti di cambiamento per le famiglie beneficiarie dell’Assegno di Inclusione (Decreto Lavoro 2023) –, che si occupa di sperimentare un’azione di sistema in rete con operatori e operatrici sociali ed Enti del territorio.

Oltre all’implementazione dei Patti per l’Inclusione Sociale, la realizzazione dei Progetti Utili alla Collettività (PUC) – la cui attivazione con l’Assegno di Inclusione non costituisce più un obbligo per la fruizione della misura da parte dei beneficiari – rappresenta una delle sfide più significative per il nostro Ambito territoriale. Il tema non è (solo) normativo, ma metodologico: infatti, occorre allenamento per cambiare prospettiva e trasformare un obbligo in una possibilità.

Le famiglie che vivono situazioni di fragilità e precarietà economica si trovano a dover accedere a misure di inclusione sociale e lavorativa per provvedere al proprio sostentamento, e in molti casi sono a rischio di isolamento sociale. In questo senso, la partecipazione ai PUC non può esclusivamente tradursi in un obbligo normativo, ma va considerata come una concreta opportunità di riattivazione e di riscoperta di competenze, per restituire dignità alle persone e un loro ruolo attivo nella comunità.

Il nostro metodo

Sin dall’introduzione dei PUC, nati sotto il segno del Reddito di Cittadinanza (Decreto Legge n. 4 del 2019), e proseguiti con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione (ADI) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) abbiamo strategicamente proposto, come Ambito, una modalità di gestione che potesse supportare le Amministrazioni Comunali lodigiane nell’avvio e nella realizzazione di queste attività, assimilabili a volontariato.

Inizialmente abbiamo organizzato diversi momenti formativi, con l’idea di tradurre gli aspetti normativi in prassi operative chiare, invitando rappresentanti comunali e assistenti sociali, e coinvolgendo diverse realtà del Terzo Settore con manifestazioni di interesse. Il nostro obiettivo è stato (ed è) quello di promuovere la realizzazione dei Progetti Utili alla Collettività, proprio perché li consideriamo come vettori di rigenerazione sociale.

La nostra proposta è stata, dal 2020 a tutt’oggi, quella di affiancare i Comuni in ogni fase del processo di realizzazione dei PUC: per farlo, abbiamo individuato la figura di Responsabile PUC di Ambito (abilitata su GePI), con il compito di offrire supporto tecnico e operativo nelle fasi di ideazione, realizzazione, monitoraggio e rendicontazione delle attività. Optando per questa sorta di centralizzazione, abbiamo potuto concretizzare e consolidare un metodo di lavoro in rete, raggiungendo l’esito di vedere la nascita di oltre 220 PUC in ben 40 Comuni su 61.

Tornando all’eterogeneità di questo territorio, l’idea vincente è stata quella di promuovere l’organizzazione di incontri di rete, momenti di scambio e confronto online alla presenza di assistenti sociali, referenti comunali e dei Centri per l’Impiego. Inizialmente pensati per monitorare la fase del matching (ovvero dell’abbinamento persona-progetto) e dell’andamento delle attività PUC, questi incontri di rete si sono trasformati in un’abitudine consolidata. Entro la fine del 2025 saranno state organizzate oltre 220 riunioni complessive: questo sforzo ha garantito un accompagnamento capillare e differenziato, per ciascuno dei 61 Comuni dell’Ambito, dimostrando la profondità dell’intervento e la costante volontà di superare la frammentazione territoriale.

Progetti “cuciti su misura”

Le 150 persone che hanno partecipato alle svariate tipologie di attività previste dai PUC lodigiani (dal trasporto sociale alla cura del verde, dall’assistenza all’infanzia alla cura della biblioteca, dalla compagnia a persone anziane alla consegna dei pasti al domicilio…) hanno età comprese tra i 19 e i 66 anni.

Per assecondare la transizione normativa di questi ultimi anni, e soprattutto per promuovere una reale possibilità di inclusione sociale, in molte occasioni le attività PUC sono state pensate e “confezionate su misura”. Rimandare a un’arte antica come il cucito potrebbe sembrare anacronistico, oggi, dove tutto passa e scorre via frettolosamente. Servono pazienza, dedizione e creatività per (ri)cucire storie. Questa metafora ci sembra racchiudere tutto il potenziale della personalizzazione, come lente per guardare verso una reale inclusione sociale.

Questo nuovo approccio, propende per mettere al centro le esigenze e le competenze individuali, trasformando un momento di fragilità in un’opportunità, permettendo alle persone di sentirsi attivamente artefici e protagoniste del proprio percorso di cambiamento.

In effetti, alcune di loro hanno proseguito la loro partecipazione ai PUC in forma volontaria per lunghi periodi di tempo, diventando dei veri e propri punti di riferimento per le loro comunità.

A questo proposito, abbiamo raccolto alcune testimonianze di chi vi ha partecipato in una rubrica che diffonde storie di inclusione, dal titolo Storie in comune. Si tratta di una raccolta di video-interviste pensata per dare voce a persone che hanno scelto di (ri)mettersi in gioco, per sé stesse e per la comunità in cui vivono. Le testimonianze uniche, ma realizzate a più voci, hanno come filo conduttore l’idea che la condivisione di esperienze positive sia una delle strade possibili per l’inclusione sociale.

Ogni storia ha un inizio: il leitmotiv del nostro racconto. In diversi casi i PUC hanno innescato un processo di riattivazione lavorativa, fungendo da ponte: l’acquisizione di nuove competenze, il ritrovato senso di appartenenza alla comunità e l’avere uno scopo concreto hanno fornito la motivazione necessaria per intraprendere corsi di formazione spendibili per la ricerca attiva di lavoro.

Oltre all’impegno per la promozione e realizzazione dei PUC, occupa un posto di rilievo la cura per consolidare la collaborazione con tutte le figure professionali coinvolte: una trama fitta di assistenti sociali, sindaci, referenti e assessori comunali, referenti dei servizi territoriali e specialistici, referenti dei Centri per l’Impiego. È attraverso questa dedizione al dialogo e questa condivisione di intenti che possiamo provare che l’inclusione sociale non è un gesto solitario, ma una vera e propria opera di sartoria sociale, a più mani.

Prospettive future

A chiunque possa chiedersi “i PUC esistono ancora?!” (una domanda ricevuta proprio in questi giorni), rispondiamo che sì, esistono. A testimonianza di questo, due persone stanno per essere abbinate ex novo e cominceranno le attività nelle prossime settimane. Inoltre, stiamo avviando la progettazione delle attività PUC su un paio di Comuni ancora sprovvisti.

Il 2025 volge al termine e, dopo quasi due anni dalla riforma del Reddito di Cittadinanza, possiamo notare come la prospettiva sia gradualmente mutata: se in passato le liste di persone tenute agli obblighi non sempre consentivano un matching ad hoc (per numero di postazioni disponibili o competenze richieste), l’avvento dell’Assegno di Inclusione ha permesso di rafforzare il nostro approccio metodologico, orientando l’abbinamento in modo più mirato verso una reale inclusione sociale e lavorativa.

Concludendo, i risultati riportati costituiscono una base solida che ci spinge ad auspicare una più ampia copertura territoriale, estendendo (idealmente) la realizzazione dei PUC a tutti i 61 Comuni. Perché sia possibile, crediamo che un elemento chiave sia accrescere il coinvolgimento degli Enti del Terzo Settore (ETS). Anche quest’anno, abbiamo aperto una manifestazione d’interesse di Ambito rivolta a ETS per promuoverne una crescente adesione. Le loro competenze specifiche e la loro rete capillare sono risorse indispensabili per integrare il contributo delle amministrazioni locali e rafforzare il processo di inclusione delle fasce di popolazione più fragile, anche in contesti meno formali.

Mantenendo una visione condivisa e potenziando la rete collaborativa, l’obiettivo dell’Ambito è consolidare l’attivazione dei Progetti Utili alla Collettività come risorsa essenziale per garantire opportunità di riattivazione e valorizzazione individuale, raggiungendo in modo uniforme tutte le cittadine e i cittadini del territorio lodigiano.