La solitudine dei vecchi e il lavoro degli assistenti sociali


Cristiana Pregno | 25 Settembre 2023

Premessa

I vecchi muoiono d’estate? I numeri dicono di sì. 

L’Italia è stata, nel 2022, il Paese europeo con più vittime per il caldo, dal 30 maggio al 4 settembre i morti sono stati 18.100 su un totale di 61.672 in Europa. Sono i dati di uno studio coordinato dal Barcelona Institute for Global Health pubblicato su Nature Medicine il 10 luglio 2023.  In tutti i paesi europei, il caldo ha colpito di più le donne (il 63% della mortalità totale) e la popolazione con più di 80 anni. Per quel che concerne l’età, ci sono stati 14.821 decessi in ultraottantenni, 2.326 in persone tra i 65 e i 79 anni e 965 in persone sotto i 64 anni. Anche il Lancet Countdown on Climate Change and Health Report del 2022 ha rilevato che la mortalità correlata al caldo tra le persone di età superiore ai 65 anni è aumentata di quasi il 70% negli ultimi due decenni.

Si dirà: molti anziani sono ammalati, è normale che soffrano di più le condizioni estreme, il caldo, le pandemie. Sono morti inevitabili, anticipate di qualche mese, o anno, rispetto al loro termine naturale. È una conclusione accettabile? Certamente no, le persone anziane devono essere considerate cittadini a pieno titolo1.

Il Ministero della Salute emana dal 2005 piani per la prevenzione dagli effetti del caldo sulla salute, e rimanda ai servizi locali le specifiche iniziative. In altri termini, il cambiamento climatico è una realtà, il riscaldamento globale miete vittime, soprattutto tra coloro che hanno meno risorse personali, e la questione ambientale non è estranea alle politiche sanitarie e sociali, che si dovrebbero integrare con le politiche urbanistiche, come riforestare le città (previsto dal PNRR).

Gli esperti propongono di vigilare sugli anziani, soprattutto sugli ultraottantenni, d’estate: controllare la loro idratazione, verificare se la terapia è adeguata, se le condizioni della casa possono garantire sollievo, se possono trasferirsi in un luogo fresco, se mangiano frutta e verdura.

Ora, tutto questo, un vecchio, un grande vecchio, è in grado di farlo da solo? La maggior parte sì, ma quando si è soli e l’unica compagnia sono i ricordi ed i rimpianti e le forze vengono meno? A volte si è così soli da morire senza che nessuno lo sappia, e si viene ritrovati dopo mesi.

La sfida del cambiamento climatico riguarda direttamente la salute della popolazione, di tutti, ma soprattutto di coloro che hanno meno risorse personali.

Se il grande caldo si incrocia con la solitudine, gli esiti possono essere fatali.

Una definizione

Secondo diversi studi, il 31% degli anziani nei paesi europei vive da solo (Yusta, 2019) e quasi il 30% delle persone con più di 75 anni non ha nessuno a cui rivolgersi in caso di bisogno (dati Istat 2018, cit. in De Leo, Trabucchi, 2020).

Si abita da soli per tanti motivi: la vedovanza, i figli stanno altrove, si è celibi/nubili. Vivere da soli, in sé, non è necessariamente un fattore di rischio, ma può diventarlo.

La solitudine può essere una scelta quando è cercata volontariamente e non obbligata da condizioni esterne all’individuo; quando si parla di solitudine e di persone anziane, ci si riferisce alla solitudine indesiderata, altrimenti definibile come solitudine imposta2.

Questo tipo di solitudine è la conseguenza di una serie di processi indipendenti dalla volontà della persona che la subisce. Produce conseguenze negative e può essere generata da cause diverse come la difficoltà di accedere a relazioni sociali soddisfacenti, il vivere in un’area poco popolata, subire i cambiamenti di stile di vita imposti da una malattia, o la riduzione della libertà di movimento per problemi fisici. Si perdono le routine, e, poco per volta, con esse, i riferimenti relazionali.

Perlman e Peplau3 fanno notare tre aspetti generali: primo, la solitudine deriva da carenze nelle  relazioni sociali della persona; secondo, la solitudine è un fenomeno soggettivo e non è necessariamente sinonimo di isolamento oggettivo, per cui le persone possono essere sole senza esserlo effettivamente; terzo, la solitudine è   spiacevole e angosciante.

Partendo da questa definizione, Hagan4 considera la solitudine come una discrepanza tra i livelli di relazioni sociali desiderati e quelli effettivi. Questo approccio contestualizza la differenza tra essere soli e sentirsi soli. La solitudine oggettiva è quella che si riferisce al semplice fatto di essere soli; è osservabile e misurabile, si riferisce al tipo ed al numero di contatti che la persona ha.

Weiss (citato in Hagan5) nel 1973 ha distinto la solitudine emozionale, basata sull’assenza di una relazione personale e intima, dalla solitudine sociale, contraddistinta dalla mancanza di senso di appartenenza alla comunità. Egli ritiene che la solitudine emotiva sia la forma più dolorosa di isolamento; la solitudine sociale è un misto di sensazioni di rifiuto o di esclusione, insieme a un senso di noia, di indifferenza. Ci si può sentire slegati dalla realtà che ci circonda, poco appartenenti al mondo ed al tempo in cui si vive, ma avere delle relazioni intime e di fiducia con qualcuno; può essere il coniuge o il partner, ma anche un altro membro della famiglia, o un amico del cuore. 

La condizione di chi vive solo, o si sente solo, non può essere considerata solo nella dimensione soggettiva; è un concetto multidimensionale, che considera i luoghi e la qualità di vita, le condizioni socio-economiche, la fase del ciclo di vita.  Sarebbe quindi un errore concepirla solo in relazione ai sentimenti interni degli individui, perché comporterebbe il negare i sistemi ecologici che interessano gli anziani e le loro comunità. Le persone anziane che sono più povere o che vivono in quartieri socialmente svantaggiati, che hanno livelli di istruzione più bassi, un reddito familiare minimo o che non hanno accesso a un’auto o ad attività sociali sono maggiormente a rischio di solitudine (Greer et al., 2016, cit. in Hagan, 2021).

La solitudine cronica, analizzata da Yusta6, è uno dei tipi di solitudine più pericolosi per la persona e comporta molti problemi per la persona stessa. È possibile vivere una vita intera senza amici/che, o partner, cioè senza nessuno con cui avere un rapporto di intimità e confidenza? Purtroppo sì, succede.  Questo intacca il senso stesso dell’esistenza, la propria identità. Ma senza giungere a questo estremo, una intera vita solitaria, i cambiamenti sono inevitabili, con l’età le reti si restringono, gli amici si trasferiscono, oppure muoiono, o si vive in uno stabile senza ascensore, e la fatica di scendere dal quarto piano diventa eccessiva, e così, a poco a poco, si rimane soli, ed il telefono, lo smartphone, la tv non bastano a riempire le giornate.

La solitudine non causa solo infelicità ma ha conseguenze dirette sulla salute; è un fattore di rischio per molti problemi di salute fisica, predice la depressione ed il disagio psicologico7, aumenta il rischio di morte anticipata8.

Per contro, “i legami sociali sono sia un fattore preventivo della solitudine sia un esito della stessa, in quanto gli individui che hanno solide relazioni sociali sono in grado di mantenere l’indipendenza e mantenere l’indipendenza permette di impegnarsi in relazioni sociali che prevengono la solitudine”9.

Che fare?

La solitudine e l’isolamento dovrebbero essere visti come questioni centrali che privano le persone anziane del loro diritto a un invecchiamento sano e attivo10 (AGE Platform Europe Policy Statement, 2022), e la lotta all’isolamento degli anziani è un problema che riguarda la società nel suo complesso11.

La difesa dalla solitudine nella vecchiaia si costruisce durante tutta la vita; gli/le assistenti sociali sanno che non potranno più modificare l’amore per i figli o per i genitori, se sono stati amori infelici e che, se qualcosa è andato storto nelle relazioni familiari, non c’è rimedio, o che costruire delle amicizie in età senile è più difficile che in gioventù, ma questo non vuol dire che non sia possibile cercare delle risposte appropriate da parte del servizio sociale.

Oltre la dimensione individuale degli interventi, il lavoro sociale geriatrico pone l’accento sulla promozione di un funzionamento efficace e umano dei sistemi che forniscono risorse e servizi alle persone anziane e alle loro famiglie e il contributo allo sviluppo e al miglioramento delle politiche sociali che sostengono le persone lungo tutto l’arco della vita12.

Gli assistenti sociali devono quindi considerare il contesto macro, poiché svolgono un ruolo essenziale nel trasformare i problemi privati in questioni pubbliche13 e nel tradurre la consapevolezza di questi problemi in politiche e programmi concreti. In questa prospettiva, le competenze trasversali giocano un ruolo di primaria importanza: le competenze trasversali sono quelle competenze, differenti dalle competenze di base e da quelle tecnico professionali, che attivano il pensiero critico, le abilità sociali, la ragione, utilizzabili in contesti complessi, per risolvere problemi di varia natura14. Servono a decidere, a risolvere problemi, a interpretare la realtà, a collaborare, e lavorare con altri è fondamentale in un’ottica gerontologica, al fine dell’integrazione tra politiche, professionisti, organizzazioni: “l’intersettorialità, la multidimensionalità e la multidi­sciplinarietà sono caratteristiche fondamentali dei percorsi di presa in carico globale […], anche per la promozione di stili di vita salutari nei diversi ambiti della vita”15.

Tra le competenze specialistiche ha un rilievo essenziale la capacità di valutazione (all’interno del comprehensive geriatric assessment[note]Hagan, op.cit.[/note]), anche con l’utilizzo di strumenti dedicati, come la scala di Gierveld e Van Tilburg16, che misura l’esistenza o meno di relazioni significative e può dare indicazioni, se necessario, sull’introduzione di interventi di supporto sociale, il che presuppone anche un investimento sulla comunità locale.

Se esiste “un terreno fertile, in termini sociali”17, in cui si investe sulla cooperazione, sull’attenuarsi dell’individualismo, sulla riscoperta del valore dell’interdipendenza tra esseri umani, si può promuovere la partecipazione attiva, che ha varie forme: le associazioni di anziani, i progetti intergenerazionali, i laboratori creativi, i gruppi di cammino, i gruppi di ginnastica, l’Università della terza età.  

Gli anziani non sono solo un costo, possono contribuire alla società, e grandi contributi vengono forniti da persone anziane in lavori non pagati in molti settori, l’agricoltura, il volontariato, la cura dei familiari. Il punto cruciale è dare un significato all’invecchiamento collettivo, che deve continuare a rappresentare un momento vitale e non un tempo di rinuncia e di chiusura dei singoli cittadini..

Ancora, le recenti innovazioni tecnologiche, relative alla cura ed al prendersi cura, per stabilire o mantenere relazioni di prossimità più efficienti, o per monitorare lo stato di salute, possono correggere il senso di solitudine; si collocano in un processo che va guidato, ed accompagnato, anche tramite la mediazione umana. Il PNRR dà ampio risalto alla promozione e al perfezionamento della tecnoassi­stenza e della telemedicina.

Nel contrasto alla solitudine ed ai suoi effetti negativi, è centrale la costruzione di competenze gerontologiche dell’assistente sociale, esperto/a nella valutazione delle reti primarie e delle loro possibilità di sostegno, pratico ed emotivo, ma anche esperto/a sui vizi e sulle virtù delle configurazioni organizzative e nel promuovere una società amica degli anziani, in tutti gli ambiti, mobilità, servizi, tecnologie, sicurezza, qualità della vita.

Qualità della vita vuol anche dire diritto a cure appropriate e di alta qualità (come si afferma nella Carta Europea dei diritti e delle responsabilità delle persone anziane bisognose di cure ed assistenza a lungo termine del 2010), siano esse cure sanitarie o assistenziali. L’esigibilità di questo diritto può essere un mezzo per contrastare la solitudine; avere qualcuno su cui contare, un/a assistente sociale a cui raccontarsi, qualcuno che viene a casa, che fa da mangiare, che controlla la terapia, o che si collega in videochiamata con il medico o con cui uscire a fare la spesa, o prendere un po’ di sole nel parco, ogni tanto, una volta la settimana, tutti i giorni, dentro un sistema di interventi e prestazioni regolato e vigilato, uniforme in tutto il paese, fa vivere meglio.

Sulla costruzione di un sistema che promuove l’invecchiamento attivo e la tutela dei non autosufficienti, si rinvia alla legge delega del 22 marzo 2023, con una domanda: ci sarà una primavera per gli anziani, oppure no? E la lunga vecchiaia sarà, ancora, un tempo solitario, incerto, insicuro, in attesa dello scadere del tempo?

  1. AGE Platform Europe Policy Statement, 3 June 2022
  2. Yusta, R., “La soledad no deseada en el ámbito de la Gerontología”, in Trabajo Social Hoy 88, pp. (25-42), 2019
  3. Perlman, D., & Peplau, L. A., “Toward a Social Psychology of Loneliness”, in Gilmour R., &  Duck S. (Eds.), Personal Relationships: 3. Relationships in Disorder (pp. 31-56). London: Academic Press, 1981.
  4. Hagan R., “Loneliness, older people and a proposed social work response”, Journal of Social Work 2021, Vol. 21(5) pp. 1084–1104.
  5. Ibidem
  6. Op. cit.
  7. Ng & Lee, 2019, cit. in Hagan, op.cit.
  8. De Leo D., Trabucchi M., Io sono la solitudine. Guida pratica per conoscerla ed affrontarla, Gribaudo, Milano, 2020
  9. Ten Bruggencate, Luijkx, & Sturm, 2019, in Teater B., Chonody J.M. & Davis N., Risk and Protective Factors of Loneliness among Older Adults: The Significance of Social Isolation and Quality and Type of Contact, in Social Work in Public Health, 36:2, pp. 128-141, 2021.
  10. AGE Platform Europe Policy Statement, op.cit.
  11. Argoud D., L’isolement des personnes âgées. De l’émergence à la construction d’un problème public, in Gérontologie et société 2016/1 (vol. 38 / n° 149), (pp. 25-40).
  12. Berkman et al., in Damron-Rodriguez J. , Lawrance F.P., Barnett D. & Simmons J., Developing Geriatric Social Work Competencies for Field Education, Journal of Gerontological Social Work, 48:1-2, pp. 139-160, 2006.
  13. Dominelli L., Il servizio sociale. Una professione che cambia, Erickson, Trento, 2005.
  14. Benadusi, Molina, in Bertotti, Bertotti T., Fazzi L., Rosignoli A., Il servizio sociale: le competenze chiave, Carocci, Roma, 2021.
  15. Italia Longeva, Trend di fragilità e long term care in Italia. Indagine 2023
  16. De Jong Gierveld J., Van Tilburg T., “A 6-Item Scale for Overall, Emotional, and Social Loneliness Confirmatory Tests on Survey Data”, in Research on Aging, Volume 28, Number 5, September 2006 (pp.582-598).
  17. Gottardi F., “Abbiamo risposte alla solitudine?” in I luoghi della cura online, n. 3-2020.