Come definire le rette delle strutture residenziali per anziani


Franco Pesaresi | 30 Agosto 2017

Come regolamentare la compartecipazione alla spesa dell’utente nelle strutture residenziali per anziani? In Italia, di norma, l’ospite della struttura residenziale fa fronte alla retta alberghiera con tutte le proprie risorse ad eccezione di una piccola quota mensile della propria pensione che rimane nella disponibilità dell’anziano per le piccole spese personali. Il comune di residenza dell’anziano interviene nel caso in cui il reddito dell’anziano risulti insufficiente a coprire l’intera retta alberghiera.

Come si può determinare la retta alberghiera di una struttura residenziale per anziani nel rispetto del Decreto legislativo n. 159/2013 sull’Isee?

 

 

L’Isee è obbligatorio per le sole prestazioni sociali agevolate

Il Decreto legislativo n. 159/2013 afferma che “l’Isee è lo strumento di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate. La determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni”.

L’Isee diventa Livello essenziale delle prestazioni e di conseguenza diventa obbligatorio. Purtroppo però l’Isee non è adatto a calcolare le rette degli anziani collocati nelle strutture residenziali. Infatti, l’Isee è un indicatore che serve per valutare congiuntamente i redditi e il patrimonio (ed eventualmente compararli con quelli di altri richiedenti) ma che non può essere scambiato per uno strumento in grado di individuare tramite il suo valore finale la disponibilità di reddito per il pagamento di rette residenziali (Pesaresi 2015). Si può serenamente affermare che l’Isee è un buon indicatore per selezionare gli assistiti da ammettere ai servizi ma non è un buon strumento per determinare la dimensione del concorso alla spesa degli ospiti di strutture residenziali perché non riesce ad essere rappresentativo del reddito disponibile.

Per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni residenziali occorre utilizzare il reddito disponibile. L’Isee non basta.

 

In realtà, l’Isee è obbligatorio ma, come afferma chiaramente il Decreto, solo per le prestazioni sociali agevolate. In altre parole se le prestazioni sociali non sono agevolate l’obbligo non c’è.

In Italia ci sono due situazioni:

  1. Nella gran parte dei casi la retta per le prestazioni residenziali viene determinata in modo da permettere l’equilibrio di bilancio della struttura residenziale per anziani. Non sono previste fasce di compartecipazione in base al reddito o all’Isee e la retta serve a remunerare, insieme alla quota sanitaria, l’intero costo della degenza. Questa situazione è largamente presente ed evidenzia una situazione in cui un’ampia maggioranza di ospiti è in grado di pagare interamente la retta. In questi casi la retta serve coprire, tendenzialmente, tutti i costi della degenza non sostenuti dalla sanità. Pertanto non siamo in presenza di una prestazione sociale agevolata e l’uso dell’Isee, conseguentemente, non è né richiesto né obbligatorio.
  2. C’è poi una minoranza di ospiti che invece non riesce a pagare tutta la retta e richiede un’integrazione al comune di residenza. In questo caso, l’Isee è obbligatorio perché l’integrazione comunale della retta alberghiera costituisce una prestazione agevolata. L’uso dell’Isee è inoltre obbligatorio anche in un’altra situazione e cioè in quella minoranza di strutture che applicano rette diversificate in base a fasce di reddito Isee dell’ospite. La conseguenza logica dall’avere rette diverse per la medesima prestazione residenziale è che tutte le rette alberghiere ad esclusione di quella più elevata appartengono alla categoria delle prestazioni sociali agevolate per il semplice fatto di pagare di meno di altri che, con redditi adeguati, pagano integralmente la loro retta alberghiera.

Pertanto, il regolamento del comune dovrebbe dare atto che l’assistenza residenziale per anziani non è una prestazione sociale agevolata (dato che l’assistito paga l’intero costo dell’ospitalità alberghiera) per cui l’uso dell’Isee non è richiesto, con esclusione dei casi  di coloro che richiedono una integrazione pubblica della retta perché hanno redditi insufficienti (e per coloro che sono ospitati in strutture che applicano rette differenziate per fasce di reddito) e che quindi devono presentare l’attestazione Isee.

 

 

Occorre approvare un nuovo regolamento. I contenuti

L’approvazione del Decreto legislativo n. 159/2013 impone a tutti comuni di rivedere i propri regolamenti relativi alla partecipazione alla spesa degli anziani accolti nelle strutture residenziali. Gli elementi, che vengono di seguito sintetizzati devono essere trasferiti in un nuovo regolamento tenuto conto che l’Isee serve a valutare i redditi ma non definisce le quote di compartecipazione e chi deve garantirle.

 

2.1. Il regolamento comunale dovrebbe dare atto che non siamo in presenza di una prestazione agevolata ma di una prestazione che viene tariffata al suo costo effettivo per cui l’Isee non è richiesto. Questo avviene in tutti quei casi in cui l’utente è in grado di pagare integralmente la propria retta alberghiera.

 

2.2. L’uso dell’Isee è invece obbligatorio solo nelle prestazioni sociali agevolate e cioè solamente per coloro che hanno bisogno di una integrazione comunale della retta alberghiera perché le risorse dell’anziano non sono sufficienti a pagare integralmente la retta o nelle situazioni in cui vengono previste rette graduate in base a fasce di reddito Isee.

 

2.3. La verifica della capacità degli utenti ad effettuare il pagamento integrale della retta alberghiera si fa confrontando la retta mensile con il reddito dell’anziano a cui si sottrae la quota mensile che rimane nella disponibilità personale dell’anziano per le piccole spese personali.  Se il reddito mensile dell’anziano non è sufficiente, prima di valutare la possibilità di richiedere la prestazione sociale agevolata, si valuta la possibilità di contribuzione dei familiari. Nei casi in cui l’utente è in grado di pagare, anche con l’aiuto dei familiari, l’importo complessivo della retta alberghiera siamo in presenza di una prestazione sociale non agevolata. Non servono DSU Isee.

 

2.4. La compartecipazione dei familiari. Il Dpcm 159/2013 non modifica la normativa nazionale (essenzialmente il codice civile) sulla responsabilità dei familiari nel pagamento della retta alberghiera degli anziani ospitati in strutture residenziali.  Introduce però delle novità che rafforzano e delimitano tale corresponsabilità. Innanzitutto, con l’introduzione nell’Isee dell’anziano della componente aggiuntiva per i redditi di ciascun figlio non convivente si riconosce più che implicitamente che anche i figli devono compartecipare alla spesa nel caso di bisogno dell’anziano.

 

L’altro elemento di novità è costituito dal fatto che, ad integrare i redditi del nucleo familiare con la componente aggiuntiva, non sono chiamati altri familiari se non i figli. In sostanza, la norma riconosce implicitamente che non dovrebbero essere coinvolti altri familiari, se non quelli indicati nella normativa Isee. Anche qui, questa disposizione non modifica quanto previsto dal codice civile che, da questo punto di vista coinvolge una platea di familiari molto più vasta, ma indica un principio che, se condiviso, i comuni e i soggetti gestori dovrebbero inserire nei loro regolamenti. Sarebbe opportuno che la famiglia dell’assistito, se necessario partecipasse alle spese per la retta alberghiera ma nei limiti delle possibilità della famiglia stessa. Per cui si impone la necessità di stabilire dei limiti entro i quali tale partecipazione familiare si realizza per evitare gravami economici insopportabili. Ci deve essere una partecipazione alla spesa che mantenga il coinvolgimento e la responsabilizzazione della famiglia senza impoverirla e tenendo anche conto del grado di parentela. Da questo punto di vista i riferimenti del Codice Civile vanno delimitati nei regolamenti comunali per evitare coinvolgimenti troppo ampi che oggettivamente appaiono ingiustificati. In questo senso il Dpcm 159/2013 fornisce un’indicazione – l’eventuale coinvolgimento solamente del coniuge e dei figli conviventi e non conviventi – che appare di buon senso e che i regolamenti locali dovrebbero adottare esplicitamente.

Come determinare l’eventuale quota di compartecipazione dei figli? Si potrebbe usare la quota di componente aggiuntiva come corrispettivo della quota di loro competenza?  No, perché la componente aggiuntiva è legata alla situazione economica e familiare di ogni singolo figlio ma non ha alcun legame con la somma residua eventualmente da integrare per il pagamento della retta. Se si utilizzasse tale componente aggiuntiva senza alcuna rielaborazione la somma richiesta ai figli potrebbe essere di molto superiore o inferiore alle necessità. Si potrebbe invece utilizzare l’importo della componente aggiuntiva di ogni singolo figlio, desumibile dalla DSU Isee, come indicatore proporzionale della somma da ripartire fra i figli. Facciamo un esempio. Se la componente aggiuntiva del figlio A è di 1.000 euro e la componente aggiuntiva del figlio B è di 2.000 euro, la quota residua della retta eventualmente a carico dei figli potrebbe essere ripartita per un terzo a carico del figlio A e per due terzi a carico del figlio B. Questo darebbe equità e grande forza al criterio di ripartizione dei costi dato che tale criterio, in grande misura, deriva direttamente dalla legge.

 

2.5. Come calcolare la retta di chi chiede l’integrazione? L’utente che non è in grado di pagare integralmente la propria retta, anche con l’aiuto dei familiari, può richiedere l’integrazione comunale presentando l’Isee (in questo caso obbligatorio) dato che siamo in presenza della richiesta di una prestazione sociale agevolata. Nel regolamento comunale occorre stabilire che sotto una certa soglia Isee si ha diritto a richiedere la prestazione agevolata e cioè a richiedere l’integrazione comunale della retta. Attenzione, occorre precisare che si ha diritto a richiedere la prestazione sociale agevolata ma non che si ha diritto automaticamente all’integrazione comunale. Le caratteristiche dell’Isee utilizzato per l’ammissione dei casi non permette, infatti, di garantire a priori questo risultato1.

 

In questo caso l’Isee si usa solo per selezionare i soggetti che hanno i requisiti potenziali per la contribuzione integrativa comunale ma poi per il suo calcolo vengono utilizzati criteri ulteriori. Si utilizza l’Isee solo come criterio per essere ammessi ad una platea di “possibili beneficiari”: se il nucleo ha un Isee di valore al di sopra di una soglia definita, il richiedente non può essere ammesso al beneficio, se invece è sotto tale soglia il richiedente viene ammesso al beneficio consistente nella integrazione pubblica della retta ma la sua quantificazione viene determinata con un calcolo successivo. La normativa Isee prevede, infatti, la possibilità per gli enti erogatori di inserire, accanto all’Isee, ulteriori criteri.

Con un secondo calcolo, applicato solo agli anziani che hanno superato il primo filtro (o cioè che si collocano sotto la soglia Isee stabilita), viene determinata la contribuzione che l’assistito deve pagare, fatta salva l’eventuale compartecipazione dei familiari, considerando redditi e beni posseduti al momento della richiesta della prestazione, definendo l’importo da pagare come differenza tra i redditi reali dell’anziano posseduti in quel momento e la quota minima di reddito che deve restare nella disponibilità dell’anziano per le sue piccole spese personali. Per calcolare quanto l’anziano può pagare non si utilizza l’Isee, ma la somma dei valori netti dei redditi dell’anziano al momento della prestazione.

La somma mensile eventualmente ancora da coprire rimane a carico dell’ente locale.

  1. Sarebbe inoltre opportuno stabilire che non si eroga alcuna integrazione della retta se l’utente possiede patrimoni mobiliari e/o immobiliari superiori ad una soglia definita.