Accessibilità e progettazione sociale
Una riflessione tra cultura e prassi, ispirata dall’European Accessibility Act
Giusy CaravelloAnnaleda Mazzucato | 13 Ottobre 2025
Introduzione
La recente entrata in vigore in Italia della Direttiva UE 2019/882, nota come European Accessibility Act (EAA), offre un’occasione di riflessione sul tema dell’accessibilità nella progettazione sociale. La Direttiva, recepita con il Decreto legislativo 27 maggio 2022, n. 82, è entrata in vigore il 28 giugno 2025 affiancandosi alla Legge 4/2004, nota come Legge Stanca, che disciplina in particolare l’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili della Pubblica Amministrazione. L’EAA introduce obblighi di accessibilità anche per gli operatori economici, incluse le PMI, in relazione a una più ampia gamma di prodotti e servizi digitali. La Direttiva rappresenta la prima regolamentazione completa sull’accessibilità di prodotti e servizi nel diritto dell’UE, la cui ratio è armonizzare le normative degli Stati membri introducendo standard comuni per l’accessibilità digitale. Sebbene indirizzata principalmente agli operatori economici, e focalizzata sulla disabilità, la Direttiva promuove principi che possono ispirare anche il Terzo Settore in diversi ambiti.
In linea con la Convezione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CDPD), l’EAA riconosce l’accessibilità come condizione essenziale per favorire autonomia, inclusione e pari opportunità, attraverso una piena partecipazione sociale, professionale e culturale delle persone con disabilità fisica, mentale, intellettiva o sensoriale. Inoltre, estende la sua attenzione anche a coloro che presentano limitazioni funzionali, sia temporanee che permanenti, come le persone anziane o le donne in gravidanza.
Oltre a stabilire standard comuni, la Direttiva prevede che gli Stati membri stabiliscano sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di inadempienza (art. 30 Direttiva UE 2019/882). In Italia, il Decreto legislativo di recepimento 82/2022 attribuisce la competenza per l’accertamento delle violazioni e le sanzioni conseguenti all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), per i servizi e i siti web, e al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per i prodotti.
La PA non è destinataria diretta dell’EAA, ma può essere indirettamente coinvolta, poiché l’Atto europeo impone il rispetto dei requisiti di accessibilità ai fornitori da cui le amministrazioni acquistano beni e servizi tramite appalti pubblici. Quanto al mancato rispetto dei requisiti di accessibilità da parte della PA, la normativa nazionale prevede sanzioni di tipo disciplinare e responsabilità dirigenziale (art. 9 della Legge Stanca). Inoltre, i contratti per lo sviluppo o aggiornamento di siti e app pubblici sono nulli se non prevedono esplicitamente il rispetto delle linee guida AgID (art. 4, comma 2 della Legge Stanca e circolare AgID n.3/2022).
L’accessibilità come questione sociale e culturale
L’evoluzione del concetto di accessibilità è legata al modo in cui la disabilità è stata interpretata oscillando tra il modello medico, centrato sulle capacità individuali, e il modello sociale, che sposta l’attenzione sulle barriere ambientali, culturali e relazionali. La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) dell’OMS (2001) ha superato i due modelli, proponendo un approccio bio-psico-sociale in cui l’accessibilità dipende dall’interazione tra le caratteristiche personali e le barriere ambientali e sociali. Questa rivoluzione culturale è stata recepita dalla CDPD che riconosce l’accessibilità come un prerequisito indispensabile per una vita indipendente e una piena partecipazione sociale (art. 9).
Con il principio del “Design for all”, o “progettazione universale”, definita nel 2004 dalla Dichiarazione di Stoccolma come “[..] il design per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza. [..]”, il concetto di accessibilità si è ampliato, andando oltre l’eliminazione delle barriere architettoniche e influenzando sempre più politiche pubbliche e progetti sociali. Questo principio considera la diversità tra gli individui come una risorsa e l’uguaglianza come un argomento strategico ed irrinunciabile per lo sviluppo sostenibile della società futura.
L’accessibilità riguarda anche chi, per ragioni economiche, linguistiche, culturali o legate a un basso livello di alfabetizzazione, incontra difficoltà nell’accesso ai servizi o nella fruizione delle opportunità offerte in tutti i contesti della vita quotidiana, lavorativi, relazionali ed educativi. È un tema che tocca le disuguaglianze digitali, la povertà educativa e socio-economica, l’età e il genere e si riferisce alla facilità con cui qualcosa possa essere raggiunto, fruito, compreso e pienamente partecipato da chiunque.
Oggi, parlare di accessibilità significa assumersi la responsabilità di progettare contesti fisici e relazionali abilitanti, capaci di accogliere la pluralità delle condizioni umane attraverso l’eliminazione di barriere di natura fisica, comunicativa, cognitiva, emotiva, culturale, sociale ed economica.
Progettazione sociale e accessibilità: un binomio essenziale
La progettazione sociale, intesa come processo volto a identificare, pianificare e realizzare interventi per migliorare le condizioni di vita e il benessere delle persone e delle comunità (Norma UNI 11746:2019), non può prescindere dall’accessibilità.
Secondo la teoria dell’autodeterminazione di Ryan e Deci (2017), supportare l’autonomia, la competenza e le relazioni – bisogni fondamentali dell’essere umano – è cruciale per il sano funzionamento della persona sul piano individuale e sociale. Rendere un ambiente accessibile significa creare condizioni favorevoli per soddisfare questi bisogni e promuovere benessere.
Quanto più un contesto è accessibile, tanto maggiore è la partecipazione e migliore risulta la qualità della vita in termini di benessere psicosociale, soddisfazione e riduzione del distress (Forster et al., 2023).
L’accessibilità va quindi considerata parte integrante del processo di progettazione che rafforza la capacità di un intervento sociale di attivare e mettere in sinergia risorse e competenze, in vista della promozione dell’interesse generale (cfr. Norma UNI 11746:2019).
Il principio del “Design for All”, su cui si basa l’EAA, riconosce l’accessibilità come elemento fondamentale da integrare fin dalle fasi iniziali della progettazione di prodotti e servizi, affinché siano fruibili da tutte le persone beneficiarie.
Si tratta di progettare e costruire contesti e ambienti — fisici, relazionali e digitali —realmente inclusivi e abilitanti, che rispondano ai bisogni specifici delle persone tenendo conto delle diverse età, culture, lingue, livelli di alfabetizzazione e condizioni socio-economiche. Per raggiungere questo obiettivo, la co-progettazione assume un ruolo fondamentale: coinvolgendo direttamente i destinatari, assicura soluzioni concrete, efficaci e aderenti alle loro reali esigenze, garantisce pari opportunità di partecipazione e accesso, valorizza la diversità e promuove un’effettiva equità sociale.
L’accessibilità diventa così un principio guida in tutte le fasi della progettazione, un principio etico, pratico e operativo, che pone il progettista sociale di fronte a una serie di interrogativi volti a ripensare aspetti quali:
Partecipazione intersezionale: viene considerata la pluralità delle identità delle persone coinvolte e le diverse esigenze? Come garantire la piena partecipazione di beneficiari con esigenze diverse? Adattare strumenti, linguaggio e contesto alle caratteristiche dei destinatari significa rimuovere le barriere che ostacolano l’inclusione, progettare attività flessibili, accessibili e rispettose dei tempi e delle modalità di ciascuno. In un percorso di orientamento al lavoro rivolto a giovani migranti con disabilità, la presenza di un mediatore culturale, l’uso di materiali visivi semplificati e testi in linguaggio Easy-to-Read, insieme a un’organizzazione temporale distesa e a spazi facilmente raggiungibili, favoriscono una partecipazione attiva e consapevole.
Comunicazione: è sufficientemente chiara e attenta ai diversi bisogni linguistici, culturali e cognitivi? Rendere accessibile la comunicazione significa potenziarla e arricchirla con l’uso di diverse modalità, per trasmettere messaggi fruibili dalla pluralità di destinatari. In un’attività di formazione rivolta a over 60, con differenti livelli di alfabetizzazione, competenze digitali o cognitive, la comunicazione può essere resa più accessibile con video esplicativi, schede sintetiche con caratteri ad alta leggibilità e icone visive.
Spazi: gli ambienti fisici e digitali sono davvero accoglienti e privi di barriere? In un laboratorio per persone con deficit multisensoriali, gli spazi comuni sono dotati di segnaletica visiva, sonora e vibrotattile, buona illuminazione, colori a contrasto e aree per rilassarsi in caso di sovrastimolazione sensoriale.
Strumenti: gli strumenti che supportano la partecipazione e il monitoraggio, sono adattabili e fruibili da tutti? Il feedback diretto, qualitativo ed esperienziale, dei partecipanti riguardo a materiali, strumenti e modalità organizzative, può essere raccolto in tempo reale per migliorare il percorso. In un focus group con giovani NEET su una piattaforma di e-learning, ad esempio, la sperimentazione pratica, l’uso di linguaggi informali e tecniche narrative, mappe concettuali collaborative, sondaggi in tempo reale via app o piattaforme partecipative gamificate, possono promuovere il coinvolgimento e stimolare l’espressione personale.
Formazione e sensibilizzazione: il personale coinvolto è adeguatamente formato su accessibilità e inclusione? La formazione continua di operatori, volontari e stakeholder è essenziale per garantire un approccio consapevole e rispettoso verso le diversità, e può avvenire tramite scambio di buone pratiche tra progetti o testimonianze dirette dei beneficiari.
Tecnologia: come migliorano l’accessibilità e l’inclusione? Un ambiente virtuale di apprendimento può usare video tutorial e sottotitolazione automatica, intelligenza artificiale a supporto della comunicazione aumentativa, sintesi vocale e lettura automatica dei testi, mappe visive interattive che consentono la navigazione da testiera, integrazione di tecnologie assistive, come screen reader o ingranditori, che se co-progettate con l’utente supportano la partecipazione attiva e personalizzata secondo gli stili di apprendimento. Per facilitare la fruizione, i testi dovrebbero utilizzare font sans serif (come Arial o Verdana) in dimensione minima 14 pt, con interlinea adeguata e contrasto elevato tra testo e sfondo (minimo 4.5:1), secondo gli standard WCAG.
L’EAA e la progettazione sociale: un dialogo possibile
L’EAA incide profondamente sul modo di intendere e applicare l’accessibilità, andando oltre i meri standard tecnici per promuovere un approccio culturale che fornisce indicazioni chiare, rilevanti anche per la progettazione sociale. Sebbene l’EAA non sia stata pensata espressamente per il welfare, i suoi principi fondanti — non discriminazione, uguaglianza, partecipazione e progettazione universale — sono perfettamente coerenti con l’approccio inclusivo e partecipativo tipico del Terzo Settore. Ciò apre la strada a un dialogo culturale e politico tra la Direttiva e le realtà sociali, valorizzando l’accessibilità come diritto imprescindibile e responsabilità condivisa tra tutti gli attori. Un diritto declinabile anche in contesti non strettamente digitali e capace di rispondere a esigenze diverse, non limitate alla sola disabilità.
Il principio della “progettazione universale” promosso dall’EAA spinge a ripensare le modalità con cui si costruiscono contesti e soluzioni, affinché siano progettati per accogliere fin da subito tutte le diversità e le specificità dei beneficiari. In quest’ottica, nella Direttiva è centrale il coinvolgimento diretto dei beneficiari, per sviluppare servizi che siano realmente efficaci e rispondenti ai loro bisogni concreti. Allo stesso tempo, si sottolinea l’importanza di garantire un monitoraggio costante e una valutazione lungo tutto il ciclo di vita del servizio o del prodotto, per assicurare il mantenimento e il miglioramento continuo delle condizioni di fruizione.
L’EAA, inoltre, definisce criteri misurabili, basati sui principi delle WCAG 2.1 — percepibilità, comprensibilità, operabilità e robustezza — che rappresentano parametri essenziali di qualità e inclusività. Questi criteri possono essere integrati nei progetti sociali che prevedono l’utilizzo di piattaforme digitali, ambienti ibridi o contenuti online, offrendo una piena fruibilità a persone con bisogni diversi (es. corsi digitali per caregiver accessibili tramite sottotitoli, trascrizioni, mappe concettuali, audio descrizioni e interpreti della lingua dei segni).
La Direttiva, in conclusione, rappresenta un punto di partenza nella progettazione sociale per trasformare e innovare le modalità di partecipazione, garantendo equità e piena cittadinanza a tutte le persone, e realizzando servizi non soltanto come spazi aperti per accogliere, ma come ambienti costruiti fin dall’inizio per includere attivamente i beneficiari. Tuttavia, c’è un aspetto critico che non può essere ignorato e che riguarda la dimensione economica dell’accessibilità: progettare in modo accessibile richiede non solo indicazioni chiare e competenze specifiche, ma anche investimenti adeguati che spesso il Terzo Settore non può garantire. Affinché diventi una componente strutturale della progettazione sociale, è necessario che l’accessibilità rientri stabilmente nei finanziamenti pubblici ed europei.