Afragola: “Uscire dal silenzio”


Angelo Buonomo | 18 Settembre 2018

Creare opportunità di lavoro e stimolare la nascita di nuovi servizi di comunità attraverso il riutilizzo sociale del bene confiscato.

 

Afragola è una delle principali città dell’area nord di Napoli. Per diversi anni l’agricoltura, in particolare la produzione di aglio e cipolle fondamentali per la tradizione culinaria napoletana, ha rappresentato il principale settore produttivo della città. Oggi si è trasformata in crocevia commerciale e del terziario nella continua ricerca di identità, sospesa tra le opportunità che non arrivano e le criticità che sembrano sempre maggiori, alimentate da un clima di sfiducia diffuso. Il mercato del lavoro è caratterizzato da alti tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile (partecipazione al mercato del lavoro femminile 23.9%), con un’incidenza di giovani 15-29 anni che non studiano e non lavorano pari al 48.1%, con l’indice di vulnerabilità sociale e materiale pari a 108.4 punti contro il 102.4 della Campania e i 99.3 dell’Italia1.

 

In questo contesto si inserisce il progetto della Masseria Antonio Esposito Ferraioli, dedicata al cuoco e sindacalista della Cgil ucciso dalla camorra quarant’anni fa. Un bene confiscato alla criminalità organizzata, rimasto inutilizzato per circa vent’anni prima che ne fosse avviato il riuso. Si tratta del progetto di riutilizzo sociale del bene confiscato alla criminalità organizzata più grande dell’area metropolitana di Napoli, con i suoi mille metri quadrati di masseria e i dodici ettari di terreno.

Una sfida che tiene insieme il lavoro di qualità, l’inclusione e la coesione sociale, la partecipazione e l’attivazione di comunità nel segno del riscatto.

 

L’esperienza, che ha preso vita da diciotto mesi, è animata dai cinque enti gestori: Consorzio Terzo settore, Associazione Sott’e’ncoppa, Cgil, Cooperativa L’uomo e il legno, Cooperativa Siani.

Questi soggetti, con l’obiettivo di restituire il bene alla cittadinanza, hanno promosso un progetto aperto, flessibile, inclusivo e partecipato, stimolando un lavoro di comunità in una dimensione che ci restituisce l’analisi di due traiettorie interessanti, per certi versi inedite, come spesso accade in percorsi di questo tipo, per gli enti del terzo settore coinvolti: il processo di progettazione partecipata e il progetto “Uscire dal silenzio”.

 

Progettazione partecipata

La procedura di assegnazione dei beni confiscati prevede che per l’assegnazione sia necessaria l’elaborazione di progetti da presentare in sede di bando pubblico. In questo contesto lo spazio per la partecipazione dei cittadini si restringe e questa viene delegata principalmente agli enti del Terzo settore che vi partecipano.

In questo senso la promozione di percorsi partecipativi all’interno dei beni confiscati è un processo articolato. Principalmente per questa ragione il processo di progettazione partecipata, laddove viene promosso, si innesta in una fase successiva all’assegnazione del bene riducendo gli spazi e tempi di co-progettazione. La consapevolezza di questa particolarità ha spinto gli enti gestori della Masseria a creare un percorso partecipativo aperto e inclusivo con l’obiettivo di progettare azioni insieme alla comunità. Ciò ha comportato:

  1. La nascita degli orti urbani: nell’ambito della progettazione partecipata è nata l’dea di dedicare un ettaro agli orti urbani. Sono nati 107 orti urbani da cento mq ciascuno con numerosi cittadini in lista d’attesa per accedere agli orti. Si è creata una vera e propria comunità attorno agli orti che coinvolge circa trecento cittadini, che costruisce legami e solidarietà, che genera scambi di idee e competenze, crea meccanismi di cooperazione. Gli orti, così, si sono trasformati in uno strumento per promuovere benessere collettivo
  2. Il consolidamento della rete: la partecipazione rappresenta anche lo spazio per consolidare la rete e i nodi che si formano al suo interno. Ha influito sugli enti gestori, sulla rete di scuole coinvolte nel progetto, sulle connessioni create con altri enti del terzo settore rigenerando alleanze e processi condivisi, restituendo protagonismo a tutti gli attori che animano il bene confiscato, ai cittadini e in senso più stretto alla comunità.
  3. L’attivazione di competenze diffuse: la partecipazione e il coinvolgimento sono stati l’innesco per dare vita agli orti urbani e alla creazione di iniziative specifiche. Ciò ha permesso di stimolare il coinvolgimento dei cittadini che vivono il bene confiscato e di mettere in rete in modo informale competenze che permettono di implementare le idee e dare impulso a nuovi percorsi. Il patrimonio di competenze, saperi e capacità di saper fare è, nella sostanza, qualcosa di più della somma dei singoli elementi.

 

La progettazione partecipata, in questo scenario, è lo strumento che ha favorito l’inclusione e la creazione di legami dentro una dimensione che incoraggia a promuovere nuovi servizi di welfare a partire dai bisogni che emergono dalle azioni promosse grazie alla partecipazione.

Questo processo ha dato vita a nuovi percorsi all’interno del bene e contemporaneamente sta influendo in modo notevole sull’approccio nella gestione dei servizi e nell’organizzazione dei soggetti gestori.

 

Uscire dal silenzio, l’autonomia delle persone per lo sviluppo locale

Il progetto “Uscire dal silenzio” è promosso dal Consorzio Terzo settore e finanziato da Costa Crociere Foundation. Il progetto prevede percorsi formativi per l’autoimprenditorialità e l’inserimento lavorativo, la realizzazione di una filiera corta solidale dell’agroalimentare, la produzione di prodotti agricoli di qualità buoni e giusti. Su queste direttrice si colloca l’obiettivo di istituire un gruppo di acquisto solidale con i prodotti del bene, di realizzare prodotti trasformati direttamente nella Masseria, di promuovere un nuovo rapporto con il territorio e con la natura attraverso la visita quotidiana del frutteto.

Un percorso innovativo che si fonda sull’idea che il lavoro di qualità sia lo strumento principale per ricostruire autonomia e indipendenza per donne vittime di violenza o provenienti dall’area di disagio attraverso la formazione e la costituzione di una startup innovativa di impresa sociale. A primo impatto sembrerebbe un tradizionale percorso di inserimento socio-lavorativo. In realtà il progetto ha diversi caratteri innovativi che possono essere sintetizzati così:

  1. Il progetto è stato costruito dal basso attraverso la lettura e l’analisi dei bisogni emersi dal lavoro di ascolto e accoglienza dei Centri Antiviolenza Lilith diffusi su tutto il territorio regionale e gestiti dall’associazione Sott’e’ncoppa, uno degli enti gestori della Masseria. L’associazione, attraverso i propri operatori, ha raccolto, analizzato e letto i bisogni espressi dalle donne trasformandoli in un progetto concreto. Questa metodologia è quella che caratterizza l’intero progetto di riutilizzo del bene confiscato nel quale si evidenzia un agire fondato sui processi bottom-up. La costituzione della startup innovativa di impresa sociale rappresenta il processo che si muove nella formazione, l’accompagnamento e la partecipazione. Il processo partecipativo e il lavoro di comunità rappresentano la chiave per promuovere inclusione e per rendere vincente l’idea imprenditoriale. Questo approccio porterà alla nascita dell’impresa attraverso un percorso di dialogo con tutta la rete che anima il bene confiscato e con la comunità, con i soggetti coinvolti nel progetto e con il territorio.
  2. Le donne selezionate nell’ambito del progetto hanno partecipato a un percorso di formazione che ha messo al centro i temi dell’impresa sociale, del welfare di comunità, del lavoro sociale e di comunità, quindi un’idea di impresa coesiva e comunitaria. La formazione è stata organizzata valutando diversi elementi e in modo non convenzionale. L’impresa sociale che sta nascendo si caratterizza sotto tre aspetti in particolare: la produzione e la commercializzazione dei prodotti della Masseria, la promozione e la gestione di servizi non tradizionali che tendono a promuovere welfare di comunità, un agire teso a dare impulso alla coesione. Queste caratteristiche nascono insieme all’impresa sociale, non rappresentano elementi di trasformazione dell’impresa già esistente come avvenuto in altri casi.

 

In questo senso “Uscire dal silenzio” rappresenta l’azione strategica per creare opportunità di lavoro nel territorio e stimolare la nascita di nuovi servizi di comunità a partire dai bisogni delle persone attraverso il riutilizzo sociale del bene confiscato.

 

Conclusioni

Come già evidenziato in un precedente articolo, i progetti di riutilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata sono caratterizzati da alcuni tratti ricorrenti: in primo luogo si configurano come strumento di riscatto per i territori, come luoghi in cui si promuove l’inclusione sociale, come spazi caratterizzati dalla cooperazione e dall’attivazione di processi di sussidiarietà.  Il progetto della Masseria Antonio Esposito Ferraioli è in continua evoluzione ma, come avviene in senso generale con i percorsi di riutilizzo sociale dei beni confiscati, è un paradigma di riscatto. Il processo generativo che si innesca in questi beni produce mutamenti profondi dentro la società e dentro le organizzazioni coinvolte. Per dirla con le parole di Miguel Benasayag “La giustizia non è mai un ideale, esiste soltanto nelle pratiche di autoaffermazione” e allora la Masseria diventa così un luogo per l’autoaffermazione e la giustizia.

  1. Dati Ottomilacenusus, ISTAT