Ausili tecnici: potenti, necessari, sostenibili


A cura di Claudio Castegnaro | 17 Aprile 2018

Un dialogo sugli ausili tecnici con Renzo Andrich, direttore del Corso di Alta Formazione “Tecnologie per l’autonomia” e ricercatore senior presso la Fondazione Don Carlo Gnocchi.

Che aiuto può dare la tecnologia alle persone con disabilità?

Oggi la tecnologia può fare molto per creare attorno alla persona un ambiente confortevole e abilitante, ove essa possa godere di migliore indipendenza e libertà e i familiari e i caregiver possano sentirsi meno schiacciati dalle fatiche fisiche e cognitive dell’impegno assistenziale. Parliamo di quel mondo di dispositivi tecnologici conosciuti con il nome di ausili – o tecnologie assistive – dei quali possiamo individuare quattro tipologie: per l’indipendenza personale, per la comunicazione, per le operazioni di assistenza, per la sicurezza.

Nel primo gruppo troviamo ausili per la mobilità quali carrozzine e deambulatori; mobilia per la casa come letti a movimentazione elettrici; utensili per la vita quotidiana quali ausili per mangiare, bere, vestirsi, infilarsi le calze, gestire autonomamente le operazioni di igiene personale; telecomandi o sistemi domotici per comandare le porte, le finestre, la climatizzazione, il televisore; strumenti informatici per leggere, accedere alla cultura, all’informazione e allo svago.
Nel secondo gruppo annoveriamo i comunicatori – ovvero strumenti che in presenza di limitazioni della capacità verbale permettono di comunicare in maniera immediata, efficiente e senza rischio di interpretazioni erronee da parte dell’interlocutore – e quegli strumenti informatici che consentono di comunicare a distanza attraverso i canali oggi disponibili (es. telefono, email, Skype, social media).
Tipico esempio del terzo gruppo di ausili sono i sollevatori, che consentono di movimentare l’assistito senza fatica e in condizioni di sicurezza.
Nel quarto gruppo troviamo infine i sistemi di allarme personale: sia quelli “passivi” che consentono all’assistito di chiamare intenzionalmente aiuto nel momento del bisogno, sia quelli “attivi” che basandosi su sensori (biologici, visivi, ambientali, ecc.) riescono a sospettare eventuali criticità richiamando l’attenzione di una persona di riferimento attraverso allarmi sonori, visivi o telematici. Resta ovviamente il problema organizzativo di come agire se il caregiver non è presente o non può intervenire tempestivamente. Su questa frontiera si stanno muovendo ricerche in campo robotico (es. robot guidati a distanza per rendersi conto dell’accaduto e interagire con l’assistito; robot domestici in grado di effettuare direttamente alcune semplici operazioni come portare all’assistito un oggetto necessario.

 

Lei fa riferimento all’equazione delle quattro “A”. Di cosa si tratta?

La scelta degli ausili appropriati a ogni specifica situazione richiede valutazioni competenti che tengano conto delle esigenze dell’assistito, dei familiari, e del contesto fisico e organizzativo dell’ambiente (Andrich, 2008). Ausilio può essere considerato “qualunque prodotto o servizio concepito per favorire l’indipendenza delle persone con disabilità o delle persone anziane” (Report, 2014). Alla luce del modello ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – che qualifica la disabilità come una situazione vissuta dalla persona quando la sua condizione di salute confligge con le caratteristiche dell’ambiente – sappiamo che parlare di ausilio come oggetto puramente finalizzato a un task in modo indipendente dal contesto non è sufficiente. Più propriamente occorre parlare di soluzione assistiva ossia dell’insieme di quei tre interventi complementari e reciproca-mente coordinati secondo la cosiddetta equazione delle quattro “A”: ausili tecnici + assistenza personale + adattamenti ambientali individuali = autonomia (Andrich, Mathiassen, Hoogerwerf, et al. 2013). La scelta dell’ausilio, infatti, non può prescindere dalle esigenze del caregiver oltre che della persona con disabilità, né dalle caratteristiche della casa o residenza ove sarà usato. Ad esempio, per gestire le operazioni di igiene personale potrà essere necessario un ausilio sollevatore, scelto in modo da rispondere al peso e delle capacità funzionali della persona ma anche delle capacità di manovra dell’assistente, degli spazi domestici (che potrebbero richiedere modifiche per essere compatibili con l’ausilio stesso), della mobilia presente e non ultimo dell’armonia e dell’estetica dell’appartamento.

 

A partire dalle potenzialità delle tecnologie assistive, quali sono attualmente le sfide da cogliere?

In questo contesto il ruolo della tecnologia è ancora sotto-stimato. Un recente rapporto governativo inglese sottolinea la necessità di maggior attenzione alla tecnologia, indicandola tra le tre priorità strategiche per il Servizio Sanitario Nazionale (UK Department of Health, 2013). In Italia, un ostacolo alla sua diffusione è certamente costituito dalle modalità organizzative dell’assistenza protesica che non favoriscono certo la tempestività dell’intervento di sostegno alla persona. Gli ausili dovrebbero essere disponibili appena se ne manifesti l’esigenza e ritirati appena non siano più necessari, in una finestra temporale molto breve; mentre la procedura del Servizio Sanitario Nazionale prevede una procedura complessa (prescrizione, autorizzazione, fornitura, collaudo) che comporta tempi lunghi e lascia totale discrezionalità alle ASL in merito all’eventuale recupero e riciclo dei dispositivi per altri utenti. Occorre introdurre meccanismi diversi che attualmente sono in atto solo in qualche isolata realtà locale (ad esempio delle forme di prestito temporaneo).

Per quanto riguarda la fissazione dei prezzi degli ausili, ai fini della prescrivibilità a carico del SSN, in molte Regioni si è ancora in attesa dei decreti attuativi del nuovo Nomenclatore Tariffario introdotto dal DPCM 17 gennaio 2017 sui Livelli Essenziali di Assistenza, del quale da vent’anni le componenti associative delle persone con disabilità e i tecnici reclamavano l’aggiornamento. Occorre accelerare il percorso normativo e adeguare tempestivamente le previsioni formulate alla luce dei dati disponibili sull’appropriatezza dei dispositivi e sulla loro economicità.

 

La tecnologia conviene ed è sostenibile?

Un ulteriore ostacolo è di natura culturale: osserviamo il diffuso pregiudizio che il costo delle tecnologie assistive non sia cost-effective, ovvero non valga la pena garantirla soprattutto nel caso di situazioni critiche, velocemente evolutive o terminali. A parte le implicazioni etiche (chi può decidere, e come, qual è la soglia di costi e di tempi per considerare “ragionevole” un investimento tecnologico, rispetto al differenziale in qualità di vita che può dare alla persona e alla famiglia?), la letteratura inizia a mettere in luce quanto questo pregiudizio sia errato. Propongo due esempi emblematici.

Uno studio del 2007 (Andrich, Caracciolo, 2007) condotto su una casistica di persone con grave disabilità mette in luce come interventi protesici e ambientali complessi possano ridurre significativamente il costo sociale complessivo (cioè la somma di tutti i costi materiali e umani sostenuti dai vari attori coinvolti), oltre che migliorare la qualità di vita. E’ il caso di Matteo, 55 anni, con sclerosi laterale amiotrofica, al quale sono stati garantiti nell’arco di 5 anni delle soluzioni assistive al fine di rimanere a casa in una situazione sostenibile. Confrontando i costi dell’intervento con quelli assistenziali in assenza di tecnologia l’èquipe di ricerca ha evidenziato un consistente risparmio di risorse: nel primo caso all’investimento tecnologico complessivo di circa €8.700 (iniziato con semplici ortesi e ausili per il cammino, fino ad arrivare nell’ultimo anno a una dotazione complessa con letto elettrico, sollevatore, materasso antidecubito e carrozzina posturale basculante) va sommato un costo sociale complessivo stimato in €64.000; nel secondo, il costo del “non- intervento” è stato stimato in poco meno di €103.000.

Ulteriore evidenza è portata da uno studio su una coorte di persone con carrozzina elettronica assegnata dal Servizio Sanitario Nazionale nel periodo 2008-2013 (Salatino, Andrich, Converti, Saruggia, 2015). I dati sono stati raccolti a partire dal momento prescrittivo sulla base di un accurato protocollo di valutazione, concordato tra l’Azienda Sanitaria Locale di Milano e il Servizio Domotica Ausili Terapia occupazionale dell’IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi. A fronte di positivi risultati registrati su variabili di risultato importanti come la soddisfazione d’uso e autostima degli intervistati, percezione dell’abilità e adattabilità nelle situazioni quotidiane, sono stati evidenziati i fattori facilitanti e le barriere che possono suggerire interventi puntuali per migliorare l’outcome dell’intervento. Sul piano dei costi anche in questo caso appare rilevante il risparmio sociale rispetto al costo del “non-intervento”: in media sono stati risparmiati €36.000 per ogni assistito.

 

Il ventaglio di ausili disponibili è noto agli addetti ai lavori?

Un altro aspetto critico è quello della conoscenza degli ausili da parte degli operatori. Se da un lato esistono varie risorse informative in merito (si veda il Portale Italiano degli ausili e la rete GLIC dei Centri di Consulenza sugli Ausili Tecnologici –  dall’altro occorrono competenze specifiche per valutare quale ausilio sia appropriato, quando sia necessario, come utilizzarlo e quando siano più opportune invece altre strategie. Si pensi ad esempio agli importantissimi ausili comunicatori (cosa è più frustrante di cercare di comunicare e non poter essere compreso?) che, per essere efficienti, richiedono un consistente impegno di apprendimento sia da parte della persona con disabilità sia degli interlocutori. Qualche studio riconosce infatti negli interlocutori il vero ostacolo all’utilizzo (Brownlee, Bruening, 2010).

L’introduzione delle tecnologie assistive richiede soprattutto un’accurata valutazione individualizzata, senza la quale si rischiano scelte inefficaci e dispendiose che creano più problemi che vantaggi (Verza, Lopes Carvalho, Battaglia, et al, 2006). Questa è un’altra sfida che dobbiamo affrontare se vogliamo davvero mettere a frutto l’enorme potenziale con cui la tecnologia può concorrere a sostenere le persone e i careviger, durante tutte le fasi del ciclo di vita.