Co-progettare la co-programmazione e la co-progettazione

Una ricognizione del contesto toscano


Gli istituti collaborativi previsti dal Codice del Terzo Settore sono guardati con sempre più interesse dagli operatori della Pubblica Amministrazione e del Terzo settore. L’adozione del Decreto n. 72 del 31 marzo 2021, da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, contenente le attese Linee guida sul rapporto tra Pubbliche amministrazioni ed Enti del Terzo settore (ETS) ed in particolare sugli strumenti di amministrazione condivisa previsti dal Titolo VII del Codice del Terzo settore (co-programmazione, co-progettazione e accreditamento), ha completato l’iter dal punto di vista normativo, ora si tratta di dar corpo e sostanza alle norme sui territori.

Innovative per metodo, perché frutto della collaborazione fra Istituzioni e Terzo Settore, e nel contenuto, le Linee guida rappresentano un ulteriore e definitivo passo avanti nel riconoscimento dell’autonoma possibilità di scelta per la PA di realizzare scopi sociali valorizzando logiche di mercato (con appalti e concessioni) o attuando politiche di amministrazione collaborativa, che ora possono contare sulla presenza di riferimenti concreti sia di principio che procedimentali.

In Toscana già nel 2018 – con la Legge regionale n. 58 del 31 ottobre recante “Norme per la cooperazione sociale in Toscana” – si pongono le basi dell’amministrazione condivisa, infatti l’art. 14 – Co-programmazione e co-progettazione recita – al comma 1 – che

La Regione, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 55 del d.lgs. 117/2017, favorisce il coinvolgimento delle cooperative sociali e degli altri enti del terzo settore attraverso gli strumenti della co-programmazione, della co-progettazione e dell’accreditamento.

E successivamente – con la Legge regionale 22 luglio 2020, n. 65 recante “Norme di sostegno e promozione degli enti del Terzo settore toscano” e in particolar modo con il CAPO IV Rapporti fra enti del Terzo settore e pubblica amministrazione – si completa l’assetto normativo regionale in materia.

Purtroppo, nonostante una normativa assolutamente all’avanguardia rispetto al livello nazionale, risulta del tutto evidente che in Toscana il cammino per l’interiorizzazione di una riforma che non si gioca solo sul piano tecnico-giuridico, ma soprattutto su quello culturale, politico e relazionale, è ancora molto lungo e complesso.

Le cooperative sociali in Toscana continuano a trovarsi ad affrontare un sistema che presenta significative discrepanze nei comportamenti, negli approcci, nonché nelle modalità di affidamento dei servizi da parte delle diverse stazioni appaltanti (EE.PP., ESTAR/AASSLL/SSddSS).

Un’inadeguatezza del sistema delle regole concernente non solo le modalità di affidamento dei servizi, ma anche il ruolo assegnato alla cooperazione sociale (gare al “max ribasso” o con previsione di formule di aggiudicazione tali da eludere o sminuire la valenza degli elementi qualitativi rispetto al “prezzo” e conferire rilievo decisivo e determinante a quest’ultimo; compressione dei costi declinabile in basi d’asta incapienti che non tengono in debita considerazione i costi orari come da tabelle ministeriali del costo del lavoro; mancato riconoscimento degli incrementi tariffari conseguenti all’adeguamento Istat o al recupero  dei  costi contrattuali; richieste di cosiddette ‘migliorie’ che anziché incidere sugli aspetti qualitativi producono ribassi surrettizi; ecc.).

Non esistono certo automatismi e soluzioni preconfezionate per superare insidie ed ostacoli, ma starà anche all’afflato collaborativo – che sta alla base della co-programmazione e della co-progettazione –  affrontarli, sistematizzarli e comporre le diverse istanze.

Nella seconda metà del 2020 i settori sociali delle due Centrali Cooperative Confcooperative e Legacoop della Toscana, unitamente alla Rete UP Umanapersone, hanno avviato un percorso sui temi dell’amministrazione condivisa intraprendendo attività di vario tipo come, ad esempio, la creazione ed implementazione di un database regionale di bandi-avvisi, per consentire nel medio-lungo periodo l’analisi comparata degli stessi, oppure l’emersione e lo studio di criticità e/o best practices a livello locale sulla base di indagini e interviste alle cooperative.

Un primo significativo riscontro si è registrato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.131/2020 che sul territorio regionale ha comportato un timido ma progressivo superamento delle sacche di resistenza rispetto agli istituti della co-programmazione e co-progettazione che si erano consolidate nei mesi precedenti, essenzialmente per il clima di incertezza sollevato dal Consiglio di Stato con il Parere del 20 agosto 2018, n.2052.

Quindi, si inizia a riscontare – da parte di alcuni EE.PP. – un certo ricorso, anche se per finalità differenti, all’istituto della co-progettazione, attuando procedure spesso molto diversificate le une dalle altre.

Una riflessione che viene da fare di primo acchito – sia sul piano delle esternalizzazioni classiche (appalti e concessioni) che su quello dell’amministrazione condivisa – è che le difficoltà legate all’attuazione della legge regionale sulla cooperazione (LR 58/2018) piuttosto che sul fronte della co-progettazione (LR 65/2020) siano essenzialmente causate dalle resistenze da parte delle PP.AA. a riconoscere nelle cooperative sociali soggetti con pari dignità ed essenziali nella realizzazione del welfare integrato territo­riale.

Da qui la difficoltà sul fronte della normativa regionale, per quanto ampiamente evoluta nell’ultimo quadriennio, a completare un percorso di qualità con strumenti attuativi come le Linee guida ex art. 12, comma 3, della LR 58/2018 o un regolamento regionale sulla co-progettazione.

E a quest’ultimo proposito, anzi, ci tocca stigmatizzare – per la sua portata regionale – la deliberazione del D.G. ESTAR n. 274/22. Un intervento ‘amministrativo’ sulla co-progettazione dei servizi socio-sanitari che ci pare assolutamente fuori luogo rispetto al ruolo di ESTAR e che pare solo frutto di una logica vetusta di affidamento di servizi, con le tipiche e logore logiche del mercato.

Fuori luogo perché il ruolo che dovrebbe esercitare ESTAR è quello di acquistare beni e servizi per conto delle PP.AA., fuori contesto perché la deliberazione in questione è completamente avulsa dal concetto teorizzato dalla norma nazionale e dalla conseguente legge regionale sulla co-progettazione.

Il testo appare completamente estraneo alle più basilari previsioni giuridiche sull’argomento e sfugge ad ogni ragionevolezza poiché la pratica dell’amministrazione condivisa non può che realizzarsi nei territori, dove gli attori pubblici e quelli del privato sociale, si incontrano per definire le linee strategiche e di azione per i bisogni dei cittadini.

La co-programmazione e la co-progettazione sono destinate a fallire miseramente se ci si ostina a ricondurre la logica dell’amministrazione condivisa a quella degli affidamenti di servizi. Non è bastata – evidentemente – la Sentenza 131/2020 della Corte Costituzionale che ha chiarito senza ambiguità l’alterità dell’amministrazione condivisa rispetto agli affidamenti di servizi; non sono bastate le modifiche al Codice dei contratti pubblici che nel settembre 2020 hanno chiaramente riconosciuto come l’amministrazione condivisa sia governata da logiche estranee al codice degli appalti; non sono bastate le linee guida ANAC 17/2022 che indicano chiaramente – al punto 2 – l’amministrazione condivisa come fattispecie esclusa dal Codice dei contratti.

Questa ostinazione è certamente frutto di una ‘ideologia’ che non riesce a concepire l’esistenza di spazi di azione della P.A. che perseguano l’interesse generale della comunità con strumenti estranei a quelli del mercato. Il lavoro da fare, quindi, non è meramente di natura tecnica, per rendere edotte le PP.AA. sulle nozioni giuridiche basilari in tema di amministrazione condivisa, ma di natura eminentemente culturale, per diffondere la consapevolezza che non si sta parlando di una nuova tecnica giuridica ma di una diversa concezione del ruolo delle istituzioni e del terzo settore, coerente con il disposto costituzionale (art.118) e dello statuto della Regione Toscana in tema di sussidiarietà orizzontale e sociale (art. 59).

Per fortuna, insieme a tanti esempi di co-progettazione mal congegnati, ve ne sono altri assolutamente interessanti e che possono porre le basi per la diffusione di pratiche positive e lasciar ben sperare. Certo si tratta di abbandonare – da parte pubblica e del privato sociale – sicurezze e atteggiamenti consolidati, in un ambiente ormai angusto ed asfittico come quello degli appalti, per diventare protagonisti di una nuova stagione del perseguimento dell’interesse generale e del bene comune.


Commenti

Gentilissimi,
sarebbe corretto che l’articolo fosse sottoscritto dagli autori, così come ESTAR ha debitamente sottoscritto l’atto citato.
Rispondiamo che ESTAR, è l’ente che la Regione Toscana ha individuato per fornire “supporto tecnico-amministrativo” agli enti sanitari regionali.
In questo senso, le linee guida di ESTAR forniscono un supporto alle ASL ed uno strumento per innescare il miglioramento continuo dei servizi ed il loro radicamento sul territorio, in modo che questi siano indirizzati, sempre più, alla creazione di un welfare di comunità, welfare di secondo livello, attraverso la presa in carico delle persone fragili, nella comunità locale, welfare di primo livello.
Questo aspetto è l’oggetto stesso della co-progettazione e rimane di stretta competenza delle parti: ASL SdS, Comuni e privato sociale. ESTAR accompagna e supporta il percorso e lo fa, esclusivamente su delega delle stesse ASL ed SdS.
Quanto all’aspetto relativo al superamento della “logica di mercato”, confermiamo che questo è stato oggetto di lunghissima riflessione, prima dell’approvazione degli atti, e continua ad essere oggetto di confronto nei molti tavoli d co-progettazione. Diciamo che questo è l’aspetto più discusso perché costituisce il fondamento dell’amministrazione condivisa, immancabile focus di tutti i tavoli.
D’altra parte, rimarrà sempre necessario determinare le risorse di parte pubblica destinate al servizio, in primis, a tutela della salvaguardia dell’occupazione e alla copertura delle altre spese , affinchè il privato sociale possa contare sulle necessarie risorse pubbliche, oltre che sulle proprie, per la creazione del welfare, da contabilizzare come impatto sociale positivo.
Tutto questo non potrebbe accadrebbe, a fronte di una procedura esperita secondo le esclusive “logiche di mercato”, previste dal codice dei contratti. La Sentenza della C.Cost, la L. 65/2020 e il DM 72/2021 sono prova del fatto che i vecchi strumenti normativi e tanta parte della giurisprudenza, non erano sufficienti a sviluppare sussidiarietà e prossimità, nè a implementare forme di amministrazione condivisa.
Prova ne sono tutti gli affidamenti effettuati fino al 2020: in rari casi, questi hanno portato ad implementare una progettualità di sviluppo territoriale e di welfare.
La co-progettazione è un cammino, un processo lungo che deve essere progettato e che ha bisogno di competenze sofisticate che non si possono improvvisare. ESTAR ha proposto una procedura che rispettasse la regola dell’evidenza pubblica e della sostenibilità economica, come base per oltrepassare i limiti degli appalti tradizionali, in attuazione della nuova normativa in materia.
La co-progettazione infine, non può che costruirsi sulla reciproca fiducia tra le parti, che deriva anche dal poter prevedere impegni ed obblighi reciproci, con lo scopo condiviso di oltrepassare il rapporto sinallagmatico sussistente tra le parti, per “arricchire” la collettività, per generare impatto sociale positivo e per creare un contesto inclusivo che corrisponda ai bisogni di tutti, a partire da quelli delle persone fragili.
Quanto agli “esempi di co-progettazione malcongegnati”, si infirmano gli autori che possono prendere visione dei progetti per l’amministrazione condivisa, pubblicati nella “sezione trasparenza” della Regione Toscana, dei quali sono autori molti dei vs. associati, dopodiché si potrebbe aprire una fase di critica costruttiva nelle sedi appropriate, sempre per il miglioramento continuo delle attività, dei processi e dei servizi. Questo per evitare spiacevoli illazioni non motivate, che potrebbero generare discredito sui servizi stessi e su chi li sta erogando. Per concludere, ci dissociamo da questa inopportuna modalità comunicativa, che potrebbe minare il rapporto di fiducia tra istituzioni e privato sociale, che sta alla base della co-progettazione; a tal fine, vi invitiamo a rettificare dando opportuna evidenza dei risultati già ottenuti ed ottenibile nel tempo con l’attività effettivamente svolta.