Cosa resterà della spesa sociale dopo la pandemia?


Laura Pelliccia | 5 Giugno 2023

La recente pubblicazione dell’Indagine Istat sui servizi sociali 2020 consente di ricostruire l’evoluzione della spesa per il welfare locale nel vivo della pandemia. Di seguito sarà analizzato l’impatto sulle diverse tipologie di interventi e sulle varie categorie di utenza, con una serie di confronti territoriali e intertemporali; si propongono inoltre una serie di riflessioni sulle fonti di finanziamento, in particolare sottolineando il ruolo dei fondi UE.

Ne risulta una serie di trasformazioni nel profilo degli interventi, in alcuni casi in linea con le tendenze di medio-lungo periodo in atto nell’orizzonte pre-pandemico, in altri casi in controtendenza. È difficile, al momento poter dire se le novità dell’epoca Covid diventeranno o meno strutturali; lo si potrà affermare solo proseguendo l’osservazione nel tempo.

Per questo motivo, abbiamo anche tentato una lettura delle dinamiche in corso con fonti temporalmente più aggiornate rispetto all’indagine Istat: la situazione al 2021 (anno ancora interessato dallo stato di emergenza) sembra tendenzialmente confermare quanto emerso per il 2020. In ogni caso, come premesso, sarà necessario continuare l’osservazione nel tempo per valutare gli effetti strutturali sul sistema.

L’evoluzione della spesa sociale al 2020: chi sale e chi scende

Nel solo ultimo anno rilevato dall’indagine Istat (2020) la spesa a carico dei Comuni1 è aumentata del 4,3%, proseguendo la tendenza espansiva osservata a partire dal 2015. Nell’ultimo quinquennio in termini monetari a livello nazionale gli interventi sociali sono cresciuti del 13,5% (Fig. 1 ).

Questo sviluppo del 2020 presenta alcuni elementi di straordinarietà, innanzi tutto nella misura in cui si configura come un incremento concentrato solo su alcune specifiche categorie di interventi, invece di essere un incremento omogeneo su tutte le tipologie.

Ad esempio, analizzando l’impatto sulle diverse categorie di utenza, nell’anno apice della pandemia si è registrato un incremento considerevole della spesa per il contrasto alla povertà2 (+73% nel 2020) e una discreta crescita della voce “multiutenza/dipendenze/immigrazione) (+4%). Di segno opposto le variazioni per le persone non autosufficienti, con un crollo del 6% della spesa per la disabilità e del 2% per gli anziani. La spesa per le famiglie/minori ha invece registrato un leggero incremento (Fig. 1 ).

In prospettiva di lungo periodo ciò significa che prosegue l’indebolimento della spesa per gli anziani in corso dal 2017, si inverte la tendenza espansiva della spesa per disabili e si osserva una continuità nel graduale processo di crescita per l’area famiglia-minori (Fig. 1 ).

Benchè tutte le aree geografiche nel 2020 abbiano conosciuto un’espansione (Fig. 2), l’impatto è stato molto diversificato a livello territoriale, con un impulso espansivo particolarmente accentuato al Sud (+10%) e nelle Isole (+6%), una crescita modesta al Centro (2%) e un incremento in linea con quello osservato per l’intero Paese al Nord (4%). L’evoluzione del 2020 si configura come una prosecuzione dei trend espansivi in atto nell’ultimo quinquennio a livello nazionale e territoriale.

Da sottolineare che l’accelerazione al Sud e nelle Isole del 2020 ha consentito un recupero sul divario di questi territori rispetto alla media Paese in termini di spesa procapite (Fig. 3). Tuttavia, la distanza tra i vari contesti geografici resta particolarmente pronunciata (ad esempio, la spesa pro-capite 2020 del Sud è esattamente la metà del dato nazionale). Le Isole di fatto mostrano una situazione in linea con la media Paese, mentre il Nord, a fronte di un comune posizionamento in area medio-alta, mostra una forbice importante tra i valori pro-capite del Nord-est (185 eur) e quelli del Nord Ovest (145 eur).

È utile altresì una lettura delle dinamiche delle diverse tipologie di interventi, riclassificati per macrotipologie3. Nel 2020 sembrano essere stati potenziati soprattutto gli interventi di tipo monetario: al saldo positivo di oltre 300 milioni di spesa (somma algebrica delle variazioni vs il 2019) ha contribuito in modo rilevante la crescita di 265 milioni di “altri contributi economici” (in sostanza i buoni spesa/buoni pasto), di 119 milioni per contributi per alloggio e 104 milioni di contributi per integrazione al reddito. Insomma, uno spiccato rafforzamento degli interventi “cash”.

Allo stesso tempo sono diminuiti una serie di interventi in natura, in particolare si osserva un’importante contrazione del le risorse per l’assistenza domiciliare, di quella per i centri diurni e di quella per i servizi socioeducativi per l’infanzia.

È probabile che sia il risultato delle misure straordinarie che hanno disposto, a causa dell’emergenza, la sospensione dell’attività di alcune tipologie di strutture (es. i centri diurni). Il risultato sembra un welfare sempre più monetario e affidato al “fai da te”, in cui l’intervento pubblico si configura sempre meno come di progettazione e erogazione di servizi e sempre più di solo finanziatore. Si tratta di un fenomeno che richiede un monitoraggio continuo anche negli anni successivi, per verificare se, anche dopo l’emergenza, questo riorientamento assumerà un carattere strutturale.

La sola tipologia di servizi che ha tenuto nell’emergenza è quella residenziale, probabilmente a causa della rigidità e della necessità di dare continuità ai servizi. Nonostante il 2020 sia stato l’anno dell’avvio delle politiche che in ambito sociosanitario hanno auspicato lo sviluppo dell’assistenza domiciliare, nell’assistenza domiciliare di rilevanza sociale  si è registrato un crollo delle risorse per tutte le tipologie di utenza, indicativo della debolezza in termini di politiche di integrazione tra sanità e sociale.

Tab.1- Spesa sociale per macrotipologia di interventi 2015-2020 (ml)

Il finanziamento della spesa sociale

In un momento storico in cui si è riaccesa l’attenzione sul sistema di finanziamento dei comuni, anche rispetto alle questioni dell’autonomia differenziata, è utile rappresentare il quadro dell’attuale sistema di finanziamento della spesa sociale dei municipi, secondo le info disponibili dall’indagine Istat4 (fig. 4).

Nell’ultimo esercizio rilevato, a livello nazionale il finanziamento della spesa sociale risulta per il  57,4% a carico del delle risorse proprie dei comuni, per il 19,7% a carico delle risorse Statali-UE e per il 18,6% a carico dei fondi regionali.

Questa fotografia è decisamente differenziata tra Centro -Nord e Sud-Isole: al centro Nord la dipendenza dai fondi Stato-Ue è abbastanza limitata (circa 16%), al contrario nel Mezzogiorno il sostegno del Centro e dell’Ue ha un peso molto più rilevante (32,1 nelle Isole e 36,5% al Sud).

Anche il ruolo delle regioni nel finanziamento della spesa comunale è molto diversificato, dal 12,1% del Nord Ovest al 36,7% delle Isole.

Rispetto a qualche anno fa sembra essersi ridotto il ruolo dei comuni nel finanziamento della propria spesa (nel 2015 pesava per il 67,6% a livello Paese), mentre si è rafforzato il sostegno dello Stato e dell’UE e quello delle regioni. Queste tendenze hanno interessato tutte le aree geografiche, ma il particolar modo il Sud,  dove si è notevolmente ridimensionato il ruolo dei municipi nel finanziamento della spesa sociale e si è rafforzato quello di Stato-UE e dei fondi Regionali.Lo sforzo delle regioni per sostenere la spesa sociale dei propri territori si è particolarmente irrobustito nel Nord-Est.

Fig. 4

A livello Paese la quota in valore assoluto finanziata dai comuni (totale spesa*quota finanziata dai comuni) tra il 2015 e il 2020 è passata dai quasi 4,7 milioni ai 4,5. Sembrerebbe dunque che la generale crescita della spesa sociale sia il risultato non tanto dello sforzo dei comuni di destinare maggiori risorse dei propri bilanci a questo settore nelle proprie scelte allocative, quanto il risultato di maggiori sostegni esterni.

Si tratta di un’informazione importante per le implicazioni di policy: le politiche di rafforzamento degli interventi locali con sostegni esterni (dal Centro o dall’UE) dovrebbero sempre richiedere politiche di matching (cofinanziamento degli enti beneficiari) per evitare effetti di spiazzamento dello sforzo finanziario dei destinatari.

Il ruolo dei fondi comunitari

I fondi comunitari rappresentano un’opportunità di crescita per il nostro welfare territoriale, a corredo delle fonti di finanziamento tradizionali. Il loro ruolo è stato sinora scarsamente esplorato, probabilmente anche perché le statistiche non sempre riescono a isolare questa componente (ad esempio la rilevazione Istat fornisce un dato aggregato tra finanziamento Stato e UE).

Per sopperire a questo limite abbiamo integrato l’analisi con informazioni tratte dai bilanci degli enti locali, in particolare dai prospetti che evidenziano gli impegni di spesa corrente dei comuni su contributi UE-internazionali5, aggiornati al 2021.

Il contributo dei fondi internazionale alla spesa sociale dei comuni italiani6 nell’ultimo biennio ha avuto un valore di quasi  60/milioni annui destinati principalmente al sostegno di interventi per contrastare l’esclusione sociale (51,4%). Le altre aree di intervento che hanno beneficiato dei fondi comunitari sono quelle della spesa per le famiglie (18,3%) dell’infanzia-minori-asilo nido (9,4%). L’area della non autosufficienza (anziani e disabili) è stata scarsamente interessata da queste forme innovative di finanziamento (meno del 3%).

Il ricorso al sostegno dei fondi internazionali, per quanto limitato rispetto alla spesa complessiva dei comuni (rispetto alla spesa sociale Istat 2020 a livello Paese il contributo è dello 0,7%) in alcuni contesti territoriali comincia ad assumere un ruolo non trascurabile: ad esempio il 2,66% della spesa del Sud e l’1,62% di quella delle Isole (Tab. 2).

Tab. 2 – Impegni dei comuni per politiche sociali su contributi UE-Internazionali, valore per ripartizione e confronto con spesa sociale 2020 dei comuni

Qualche anticipazione sul 2021

Per offrire un quadro quanto più possibile aggiornato sull’andamento degli interventi sociali del welfare locale – superando i limiti della fotografia dell’indagine Istat ferma al 2020 – abbiamo considerato anche altre fonti qualificabili come proxy della spesa sociale, nello specifico la spesa corrente del comparto dei comuni per la missione “Diritti sociali, politiche sociali e famigliatratta dai relativi bilanci7.

Dal confronto tra gli impegni del 2021 e quelli del 2019 (tabella 3) risulta che la spesa per il welfare locale ha mantenuto il suo trend espansivo anche nel 2021, per una complessiva crescita rispetto al 2019 del 10,8%.

Il trend espansivo del biennio ha interessato tutte le zone geografiche, sebbene con una diversa velocità, con la crescita maggiore al Sud (+25,1% nel biennio) e nel Nord Ovest (8,7%).

Dal confronto tra le diverse tipologie di interventi sociali emerge una fortissima accelerazione degli interventi per le famiglie (+52,1%) e di quella per i soggetti a rischio di esclusione sociale (+23,3%).

Anche questa fonte informativa conferma il trend di diminuzione dell’impegno del welfare locale per gli anziani (-6,6%) a fronte di una tenuta della spesa per la disabilità e per l’area infanzia-minori-nidi

Tab. 3 – Impegni del comparto “Comuni” per la missione Diritti e Politiche sociali, 2019-2021
  1. Benchè sia stata estesa la rilevazione della spesa sociale Istat anche alle Regioni e Province per gli interventi di cui sono direttamente erogatori, si è preferito concentrare l’analisi esclusivamente al comparto dei comuni singoli e associati. In ogni caso, come osservato proprio dall’Istat, la quota degli interventi sociali di diretta gestione di Regioni/Province risulta avere  un peso limitato rispetto all’aggregato complessivo e questa componente non modifica il quadro dei divari territoriali (Istat 2023, La spesa dei Comuni per i servizi sociali anno 2020, In emergenza sanitaria cambia la spesa sociale dei comuni: picco per il contrasto alla povertà)
  2. Nella rilevazione il target povertà è raccolto in una categoria che comprende anche il disagio adulti e agli interventi per i senza dimora.
  3. Per conoscere i criteri di aggregazione delle singole voci si rimanda all’appendice 1 di La spesa sociale al tempo del Covid – 04-19-2023 (lombardiasociale.it)
  4. Sono state raggruppate le categorie “Fondo Indistinto per le Politiche Sociali” e “ Fondi vincolati per le politiche sociali dallo Stato o da Unione europea” in “Fondi Statali-UE”; le risorse proprie includono quelle dei comuni e dei relativi enti associativi
  5. Fonte: openbdap, Ragioneria Generale dello Stato
  6. Sono stati considerati i comuni singoli, le unioni di comuni, le istituzioni e i consorzi di ente locale. La spesa è stata ricavata con riferimento alla missione 12 (Diritti sociali) con esclusione dei programmi “Diritto alla casa” e “servizio economico e cimiteriale”.
  7. Fonte Bdap, considerando le tipologie di enti: comuni/unioni di comuni/istituzioni e aziende speciali degli enti locali; per ricostruire il perimetro della spesa sociale vera e propria sono state esclusi i programmi “servizio necroscopico e cimiteriale” e “interventi per il diritto alla casa”. Si è fatto riferimento agli impegni.