Giovani e processi di transizione alla vita adulta. Qualche dato per riflettere


Mauro Migliavacca | 7 Agosto 2018

Il dibattito sul mutamento della struttura demografica europea ha messo in luce come il progressivo aumento della quota di popolazione anziana e il conseguente impatto di questa dinamica sui sistemi di welfare nazionali (alla continua di ricerca di nuovi equilibri) rappresenti uno dei dati più significativi degli ultimi decenni. A fare da contraltare a questo dato vi è la progressiva riduzione della popolazione giovanile1, la quale, oltre a vedere diminuire progressivamente il suo ammontare, sperimenta difficoltà di vario tipo nel completare con successo quei passaggi che definiscono il processo di transizione alla vita adulta, in particolare rispetto all’acquisizione di quell’autonomia necessaria per emanciparsi dalla famiglia di origine (Pew Research Center 2014). Gli esiti prolungati della crisi socio economica e le difficoltà delle risposte messe in atto dai differenti paesi hanno poi inciso sulla dilatazione di questo processo, gravando sulla frammentazione delle tappe transizionali. In Italia questi processi hanno assunto, in molti casi, andamenti preoccupanti. A livello italiano i giovani rappresentano uno dei gruppi sociali che, nel corso degli ultimi decenni, hanno subito più di altri gli effetti delle difficoltà di crescita e di ristrutturazione del sistema di protezione sociale (Ranci e Migliavacca 2015; Rosina 2014)2.

 

Nel corso dell’ultimo decennio la popolazione europea tra i 15 e i 29 anni ha visto ridurre la sua consistenza di quasi due punti percentuali sul totale della popolazione, passando dal 19,7% del 2004 al 17,5% del 2015 (EUROSTAT 2015). L’Italia, e l’Europa mediterranea in generale, si caratterizzano per una decrescita consistente considerando la già ridotta presenza di giovani (sulla base delle rilevazioni EUROSTAT, in Italia si è passati dal 17,6% al 15,2% della popolazione 15-29 anni nello stesso periodo di riferimento). A questo va poi aggiunto il preoccupante dato relativo alla crescente quota di NEET. In Italia il numero di NEET è uno dei più alti a livello europeo, nel 2015 rappresentava più di un quarto della popolazione 15-29 anni (EUROSTAT 2015). Il panorama non è quindi tra i più rosei, è anche proprio per questo che la ricerca sui giovani e sui mutamenti delle dinamiche transizionali diventa un tema fondamentale e strategico. Monitorare ed analizzare il cambiamento diventa un passaggio fondamentale per poter dare risposte concrete a quella parte di popolazione che rappresenta il futuro di ogni società.

A livello comunitario, la stessa Commissione Europea ha sottolineato nel corso degli anni la centralità della questione, sensibilizzando i paesi membri attraverso differenti interventi. Dalla strategia europea per la gioventù, Youth Strategy 2010-2018 (programma che include una serie di proposte ad ampio raggio per i giovani europei, nel campo dell’istruzione e del mondo del lavoro, investendo anche sui temi della responsabilizzazione, dell’attività politica e dell’inclusione sociale), al finanziamento, attraverso il programma Horizon2020, di numerosi progetti che hanno come tema lo studio della condizione giovanile3.

Il rapporto giovani

In linea con la necessità di investigare e comprendere l’evoluzione della condizione giovanile si muove il lavoro dell’Osservatorio Giovani che, dal 2012, attraverso una survey campionaria nazionale (a cui si aggiungono una serie di approfondimenti annuali su tematiche specifiche), si propone di offrire una panoramica sul mutamento della condizione giovanile in Italia predisponendo, con cadenza annuale, il Rapporto giovani che raccoglie le analisi delle survey annuali. Le informazioni raccolte nel corso degli ultimi anni, grazie alla componete panel della rilevazione, hanno permesso di sviluppare l’analisi su alcuni cruciali snodi della transizione alla vita adulta, indagando il rapporto tra le aspettative dei giovani e l’effettiva possibilità di realizzazione.

In questo senso, nel rapporto 2017 è stata focalizzata l’attenzione sui progetti di autonomia e di formazione di una nuova famiglia. Un tema particolarmente importante anche per l’impatto che il continuo rinvio dei progetti di vita delle nuove generazioni produce sulla riduzione della già particolarmente bassa fecondità italiana (Istat 2016).

 

Progetti e aspettative

L’analisi sviluppata nel Rapporto Giovani 2017 ha focalizzato l’attenzione su due aspetti del processo di transizione all’età adulta: il raggiungimento dell’autonomia residenziale e la nascita di un figlio. Nello specifico sono stati utilizzati i dati dell’indagine generale del Rapporto Giovani realizzata nel corso del mese di ottobre 2016 su un campione rappresentativo di 6172 soggetti di età compresa fra i 19 e i 34 anni, in prosecuzione longitudinale dell’indagine condotta nel 2015. Tra le varie domande è stato chiesto ai giovani intervistati quale secondo loro fosse l’età ideale per lasciare la casa dei genitori e quale è l’età ideale per avere il primo figlio. Più del 90% degli intervistati ritiene che l’età più auspicabile per uscire dalla casa dei genitori sia prima dei 30 anni, ovvero prima dell’età in cui mediamente tale evento viene vissuto in Italia (Tabella 1). Circa la metà dei giovani afferma che sia bene lasciare la famiglia di origine prima dei 25 anni. E’ ormai un dato consolidato quello che evidenzia come i giovani italiani lascino la famiglia di origine più tardi (intorno ai 30 anni), rispetto ai loro omologhi europei, che nella maggior parte dei casi sperimentano questo distacco prima dei 25 anni (Eurostat 2015; Istat 2016). Oltre alle ragioni culturali che sono alla base di questa permanenza, emergono però una serie di oggettive difficoltà che sono andate crescendo nel tempo.

 

Tabella 1 – Quale pensi sia per un giovane l’età più adatta, avendo tutte le condizioni oggettive per farlo, per lasciare la casa dei genitori?

Età ideale per uscire dalla casa dei genitori Uomini Donne Totale
< 20 12,5 12,3 12,4
20 – 24 36,8 40,8 38,6
25 – 29 42,2 40,1 41,2
30 – 34 8,0 6,1 7,1
≥ 35 0,5 0,7 0,6

Fonte: Elaborazioni su dati Rapporto Giovani

 

Se osserviamo poi l’età considerata ideale per diventare genitore emerge come la conquista della autonomia residenziale rappresenti un elemento imprescindibile per pensare di avere un figlio, essendo questa età maggiore rispetto all’età relativa all’uscita di casa. Detto ciò i risultati dell’indagine indicano come oltre il 60% degli indagati pensi ad una prima maternità prima dei 30 anni per una donna e solo il 6,5% indichi come età ideale per l’arrivo del primo figlio una età pari a 35 anni o più per una madre (Tabella 2). I dati sulla fecondità “realizzata” risultano invece sensibilmente diversi, con una età media al primo figlio delle donne attorno ai 32 anni, uno dei dati più elevati in Europa.

Dall’analisi emerge come quello che i giovani italiani vorrebbero è molto più vicino a quanto riescono a fare i loro omologhi europei, rispetto a quanto le condizioni che trovano in Italia consentano ad essi effettivamente di realizzare. In larga maggioranza vorrebbero prima dei 30 anni aver guadagnato un’indipendenza solida dai genitori, aver formato un proprio nucleo familiare e avere già avuto il primo figlio. Il continuo rinvio è un compromesso al ribasso, dato per scontato e accettato da tutti, ma con il rischio di corrodere le possibilità di una piena realizzazione dei propri progetti di vita.

 

Tabella 2 – Quale pensi sia per una donna/uomo l’età adatta, considerando tutte le condizioni oggettive favorevoli, per avere il primo figlio?

Età ideale per una donna per avere il primo figlio Età ideale per un uomo per avere il primo figlio
Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale
< 20 0,6 0,8 0,7 0,6 0,5 0,5
20 – 24 9,2 7,9 8,6 3,9 3 3,4
25 – 29 51,4 51,7 51,6 34,2 30,9 32,6
30 – 34 32,6 32,9 32,7 46,9 49,2 48,1

Fonte: Elaborazioni su dati Rapporto Giovani

 

Concludendo

Il contesto all’interno del quale le nuove generazioni maturano e cercano di realizzare i propri progetti di vita è in forte mutamento. L’analisi dei dati presentati nel Rapporto Giovani ha fatto emergere come, alla luce di importanti cambianti del quadro normativo e delle condizioni nelle quali i giovani si trovano a vivere, cambiano preferenze e priorità.

 

I risultati confermano come rispetto ad aspettative e progettualità i giovani italiani non si distinguano in modo significativo dai loro coetanei europei. L’età in cui vorrebbero uscire di casa o pensano di avere il primo figlio non sono molto differenti. Quello che cambia quindi, non è in quello che vorrebbero fare, ma in quello che riescono effettivamente a realizzare. È su questo aspetto che il nostro paese si scopre debole e mostra le sue maggiori carenze e criticità. L’analisi delle risposte dei giovani indagati mette in luce le difficoltà oggettive nel concretizzare le tappe di transizione alla vita adulta. A conferma di questo vi è il dato che mostra come coloro che si trovano costretti con maggior frequenza a rivedere i propri obiettivi siano coloro che hanno una condizione lavorativa più incerta e coloro che vivono nei contesti territoriali meno favorevoli in termini di opportunità e dove le politiche non riescono a colmare questo deficit. La carenza e in alcuni casi l’inadeguatezza di politiche che supportino i giovani italiani in questo percorso è evidente, Meno si favorisce e si investe sulla progettazione e sulla possibilità che i giovani realizzino con successo le tappe di transizione alla vita adulta, più problematico risulta il loro presente, ma anche più incerto e difficile diventa il futuro del paese in cui vivono.

  1. Che vede nel crollo degli indicatori di fecondità la causa principale.
  2. Questo articolo illustra alcuni dei risultati del Rapporto Giovani 2017. Per una più completa trattazione si rimanda a Migliavacca, Rosina, Sironi (2017).
  3. Per quanto riguarda il programma di ricerca Horizon2020 sono al momento attivi tre progetti che vedono l’Italia come uno dei partner ufficiali nei team di ricerca: il progetto YOUNG_ADULLLT (che si concentra sulle politiche di Life Long Learning per i giovani adulti, con particolare attenzione per quelli in posizioni vulnerabili, con l’obiettivo di analizzare criticamente gli attuali sviluppi delle politiche di Life Long Learning a livello continentale); il progetto PARTISPACE (che si propone di analizzare le differenti forme di partecipazione formale, non formale e informale dei giovani europei); e il progetto EXCEPT (che focalizza l’attenzione sulla disoccupazione giovanile e sulle dinamiche di precarizzazione lavorativa dei giovani europei).