Il finanziamento dei Leps
Intervento in occasione del webinar: Un paese in attesa dei LEPS
Laura Pelliccia | 21 Luglio 2025
I LEPS sono il risultato dell’interazione di una serie di processi istituzionali che vanno dalle riforme della finanza territoriale, alle manovre annuali di finanza pubblica, ai piani settoriali e al Recovery Plan. Come si è modificato questo scenario con l’avvento dei LEPS? Cercheremo di rispondere a questa domanda a partire dalla situazione storica del finanziamento delle politiche sociali territoriali.
La Legge 328/2000 aveva auspicato che si arrivasse a un Fondo unico per le politiche sociali, mentre la direzione in cui sia si sta andando più di recente è la proliferazione di tanti fondi di settore: il Fondo nazionale per le politiche sociali, il Fondo non autosufficienza e tutti i vari fondini che, soprattutto negli ultimi anni, sono si sono andati ad aggiungere ai canali più tradizionali. Per quanto riguarda i trasferimenti che lo Stato fa alle Regioni per finanziare le politiche sociali del proprio territorio, da un punto di vista percentuale essi rappresentano, insieme ai fondi dell’Unione europea, circa il 20% della spesa dei Comuni. L’altro canale di finanziamento è quello delle Regioni, che non sono semplicemente un trasmettitore dei fondi statali, ma possono anche essere un finanziatore delle politiche sociali attraverso i propri Fondi sociali regionali, che complessivamente contribuiscono per circa il 18% alla spesa. La componente di maggior rilievo nel finanziamento della spesa sociale è poi quella delle risorse comunali e degli Ambiti, che insieme sostengono circa il 60% della spesa.
È importante vedere come questi canali si sono modificati nel tempo. I fondi nazionali dopo una pausa infelice intorno a un decennio fa, quando erano stati quasi totalmente de-finanziati, sono tornati ad essere sostenuti e si può stimare che il loro concorso al finanziamento della spesa dei Comuni nell’ultimo decennio sia aumentato di circa 850 milioni. Allo stesso tempo, il finanziamento con risorse proprie è cresciuto ma in maniera molto meno rilevante, di circa 40 milioni a livello nazionale, con delle differenze da territorio a territorio, perché addirittura in alcune realtà, soprattutto nel Mezzogiorno, l’avvento dei fondi nazionali ha significato un passo indietro nel contributo da parte dei Comuni. Questo ci insegna che l’aggiunta di nuovi fondi non necessariamente si traduce in un aumento proporzionale della spesa. Bisogna essere capaci di incentivare tutti gli attori coinvolti a mantenere il proprio sforzo finanziario.
Andiamo alle novità che sono intervenute nel momento in cui da qualche anno, soprattutto con l’avvento del Piano povertà alla fine dello scorso decennio, alcuni interventi attraverso dei provvedimenti nazionali sono stati annoverati come LEPS. Alcune misure sono trasversali a tutti i target, altre interessano la povertà, altre la non autosufficienza e altre ancora la tutela dei minori.
Ma che cosa è cambiato rispetto al sistema di finanziamento di tali interventi quando sono diventati LEPS? Gli accorgimenti a cui ha fatto ricorso lo Stato sono stati diversi: nel caso, ad esempio, del servizio sociale professionale è stata istituita una nuova linea di finanziamento, con il contributo di 180 milioni per l’arruolamento di nuovi assistenti sociali (a cui contribuiscono anche la Quota servizi del Fondo povertà e le misure del Fondo di solidarietà comunale). A parte il servizio sociale professionale, gli altri LEPS non hanno visto tanto l’assegnazione di risorse aggiuntive quanto il vincolo di una parte dei finanziamenti preesistenti che si rivolgevano a interventi più generici verso questi specifici LEPS. Ad esempio, nell’ambito del Fondo nazionale delle politiche sociali, sono stati vincolati 10 milioni per la supervisione e 20 milioni per le dimissioni protette. Per quanto il SAD anziani, nel 2022 è stata fatta un’integrazione nel Fondo nazionale non autosufficienza, tuttavia l’azione che doveva riservare tali risorse al sostegno degli anziani a domicilio non è stata accompagnata da un provvedimento di finalizzazione delle risorse nell’ambito del FNA. Non è detto che quelle risorse vengano effettivamente impiegate per quel target
Vale poi la pena fare un parallelismo con quello che, invece, era avvenuto per i LEA sanitari, la cui individuazione era stata accompagnata da un provvedimento organico di definizione del perimetro degli interventi e dell’elenco esaustivo di tutti gli interventi che le sanità regionali dovevano assicurare. Nel caso dei LEPS, invece, si è proceduto in maniera graduale, individuando solo alcuni obiettivi. A differenza di quello che avvenne per i LEA, per i quali è stato individuato il Fondo sanitario nazionale, per i LEPS non c’è un fondo dedicato, ma tanti fondi generici. Da un punto di vista del finanziamento, questo comporta uno svantaggio perché, se per i LEA annualmente lo Stato è obbligato a esplicitare qual è il finanziamento che intende dedicare a quelle garanzie, per i LEPS non è così.
A questa complessità si aggiunge il cantiere del federalismo fiscale, aperto da 20 anni, quando era stato dato mandato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni di Regioni e Comuni. All’epoca si sarebbero dovuti individuare i livelli essenziali, calcolare quanto costava l’erogazione di quegli interventi e di quanti interventi c’era bisogno in ciascun territorio. Questo avrebbe dovuto anche essere accompagnato dall’individuazione delle relative fonti di finanziamento, in particolare dei tributi, ma anche dei meccanismi di solidarietà che avrebbero fatto in modo che le Regioni più povere potessero continuare ad avere assicurate le risorse necessarie. Su questo obiettivo il PNRR ha dato una deadline: entro il 2027 i fondi statali per le politiche sociali che siamo abituati a vedere dovrebbero scomparire ed essere sostituiti con risorse proprie assegnate a Regioni e Comuni. È un processo su cui di fatto si è in grande ritardo: si è tentato di quantificare il fabbisogno standard dei Comuni per il sociale, ma la mancata individuazione dei LEPS è stata sicuramente di ostacolo. Il processo dei fabbisogni standard si è finora concentrato solo sugli asili nido, mentre per il resto dei servizi non si è ancora riuscito a rappresentare e valorizzare gli sforzi dei Comuni. Il fatto che oggi ci siano dei servizi che nominativamente sono stati qualificati come LEPS, ma non si è proceduto a dire quale deve essere il livello di erogazione che deve essere assicurato nelle varie aree territoriali, non aiuta la quantificazione del fabbisogno di risorse. Solo per gli assistenti sociali è stato individuato uno standard quantitativo. Quando alcuni Comuni sono stati chiamati alla restituzione di somme del Fondo di solidarietà comunale che dovevano essere utilizzate per i nidi ma che non erano state spese, la Corte costituzionale è intervenuta dicendo che quello non era un meccanismo sufficientemente garantista. I LEPS non si garantiscono chiedendo la restituzione dei fondi non spesi, piuttosto ci sarebbe bisogno di interventi sostitutivi da parte dello Stato per garantire che chi ha avuto le risorse e non ha assicurato il servizio, garantisca effettivamente quell’obiettivo. A livello nazionale è stata istituita un’ulteriore fonte, che è il Fondo speciale equità servizi, che ha aggiunto ulteriore complessità alla materia.
Il PNRR ha previsto delle linee di finanziamento su materie il cui perimetro coincide con i LEPS, in particolare le dimissioni protette, la supervisione e i servizi per la povertà estrema. Lo ha fatto però con la logica dei bandi, per cui le risorse sono arrivate agli ATS che si sono candidati. Il finanziamento aggiuntivo è stato, quindi, lasciato all’intraprendenza dei singoli Ambiti. Una scelta che mal si coniuga con l’esigenza di sostenere soprattutto i territori più in ritardo e con l’obiettivo di costruire dei servizi uniformi a livello nazionale. Un ulteriore limite è rappresentato dal fatto che queste risorse stanno per esaurirsi e non è prevista la prosecuzione del loro finanziamento.
In conclusione, qualche accenno ad altri processi istituzionali che si intrecciano con quelli dei LEPS, in particolare la Legge delega sulla riforma dell’assistenza agli anziani è quella per la disabilità. Per la prima non sono stati previsti finanziamenti aggiuntivi, per la seconda sono previsti alcuni stanziamenti. La legge sugli anziani non ha fatto altro che confermare i LEPS che già altri provvedimenti avevano qualificato come tali, escludendo dal novero dei livelli essenziali ambiti molto importanti dell’assistenza agli anziani (es. assistenza residenziale). Per quanto riguarda la disabilità, nonostante fosse stato dato il mandato all’individuazione dei LEPS, i provvedimenti attuativi usciti finora non si sono occupati di questo obiettivo. Anche il Piano nazionale delle politiche sociali appena approvato non ha aggiunto elementi innovativi, ma si è limitato a una ricognizione degli strumenti già esistenti. Infine, le ultime due Leggi di bilancio non hanno aggiunto elementi sia tecnici sia sulle modalità di gestione dei fondi, né tantomeno stanziamenti aggiuntivi per i LEPS. Quindi, la situazione appare di stallo e a questa si aggiunge la preoccupazione di cosa succederà quando finirà anche il PNRR.