Il pronto intervento sociale


Cristina Corezzi | 9 Settembre 2025

Sono passati 25 anni da quando la Legge 328/2000 ha definito i Livelli essenziali delle prestazioni sociali, tra i quali compare anche il servizio di pronto intervento sociale (PIS) per le situazioni di emergenza personale e familiare. Successivamente, il Decreto legislativo 147/2017 ha introdotto la misura nazionale di contrasto alla povertà e ha previsto una quota del Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’inclusione sociale da attribuire agli Ambiti Territoriali Sociali (ATS) proprio per il finanziamento dei servizi di pronto intervento sociale. Infine, il Piano nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2021-2023 nella scheda 3.7.1 (tuttora vigente) riporta le caratteristiche essenziali del LEPS.

La scheda prevede l’organizzazione del servizio attraverso due strade: come servizio specifico attivato negli orari e giorni di chiusura dei servizi territoriali oppure come un servizio specialistico sempre attivo. Nel primo caso, il PIS viene assicurato direttamente dai servizi territoriali negli orari di apertura; nel secondo caso c’è sempre un servizio specialistico che agisce anche quando sono aperti i servizi sociali. Ad ogni modo, qualunque sia la strada organizzativa scelta, il servizio deve essere attivo h 24/365 giorni all’anno e deve garantire alcune funzioni di base: ricevimento delle segnalazioni, secondo le modalità decise a livello territoriale (es. accesso diretto delle persone in condizioni di bisogno, segnalato da altri cittadini o da servizi pubblici e privati, tramite numero verde, e-mail e così via); risposta urgente ai bisogni di accoglienza per periodi brevi in attesa dell’accesso ai servizi; attività di aggancio, ascolto e lettura del bisogno attraverso operatori del servizio e/o unità di strada o unità territoriali; prima valutazione del bisogno, documentazione dell’intervento e segnalazione ai servizi di competenza.

Il PIS ha una natura trasversale e opera in maniera integrata con tutti i servizi territoriali, in primis con i servizi sociali ma anche con i servizi sanitari, le forze dell’ordine, gli enti del terzo settore, le strutture d’accoglienza e i centri antiviolenza. Ci deve essere una centrale operativa sempre attiva, che interviene gestendo telefonicamente la situazione di emergenza e poi determinando, se necessario, una valutazione professionale immediata da parte di assistenti sociali, unità territoriali o di strada. Tale nucleo professionale svolge un’istruttoria tecnica qualificata e, ove necessario, provvede all’immediata protezione della persona in stato di bisogno, redigendo un documento di sintesi dell’intervento effettuato da inviare ai servizi competenti a chiusura dell’intervento di emergenza-urgenza.

Il target dei beneficiari del servizio è di norma trasversale: minori vittime di violenza, vittime di tratta, persone non autosufficienti, adulti in difficoltà e altre tipologie. Gli specifici interventi di emergenza attivati per le persone senza dimora o in situazioni di grave marginalità devono essere disponibili almeno nei Comuni con più di 50.000 abitanti (e nei capoluoghi di provincia).

In Toscana il PIS ha trovato una declinazione molto particolare, a partire dalla Delibera 838/2019 che ha avviato una sperimentazione del servizio definito Servizio regionale per le emergenze-urgenze sociali (SEUS). Il SEUS è un servizio di secondo livello, quindi non ad accesso diretto del cittadino ma tramite segnalazione (es. delle forze dell’ordine, dei servizi sociali, dei servizi sanitari) ed è parte integrante nel sistema di offerta pubblica di servizi sociali (non come “canale parallelo” al sistema pubblico). È sempre attivo e si avvale di un’unica centrale operativa per tutti i territori della Toscana aderenti. In questo momento sono aderenti 18 ATS su 28 della Toscana e durante il prossimo anno sarà attivato in altri 3. Con questi ulteriori ingressi si arriverà a coprire quasi 3 milioni di persone.

Proprio in seguito agli sviluppi nella normativa riguardante il pronto intervento sociale e all’avvio di una serie di interlocuzioni informali tra le amministrazioni che avevano iniziato a sperimentare il servizio, nel 2022 è stato costituito il Gruppo di lavoro permanente nazionale PIS. Attualmente ne fanno parte Regione Toscana, Regione Veneto, i Comuni di Venezia, Bologna, Cremona, Perugia, Roma, Napoli, Bari, Torino, la provincia di Trento e l’ambito territoriale Ovest Veronese. È nato per favorire lo scambio di esperienze, la condivisione di problemi e soluzioni e l’elaborazione di documenti condivisi. Dai seminari auto-formativi, convegni e incontri periodici del gruppo sono emerse alcune indicazioni per il miglioramento del servizio:

  • L’identificazione di soluzioni in grado di rafforzare il lavoro in équipe, il reperimento e il mantenimento di personale stabile e competente per dare continuità al servizio;
  • L’impiego di profili professionali specificatamente formati e dedicati a questo servizio, in una logica interdisciplinare (es. assistenti sociali, educatori professionali, psicologi, mediatori);
  • Un’attività formativa specializzata e continuativa per far sì che gli operatori siano sempre aggiornati;
  • La conoscenza del PIS a vari livelli mediante la promozione di incontri, seminari o convegni con i soggetti coinvolti nel processo di soccorso così da definire con più precisione il perimetro degli interventi sociali di emergenza-urgenza;
  • La continuazione del percorso già avviato a livello nazionale per la creazione di una cartella sociale in modo da condividere i dati e gli interventi attivati per la persona, come accade già per il fascicolo sanitario, per poter almeno estrapolare e confrontare con una reportistica ad hoc i dati di monitoraggio del LEPS che verranno, a partire da quest’anno, inseriti dagli ATS sul Sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali – SIOSS;
  • La continuità nell’erogazione dei contributi agli ATS, anche ampliandone la portata e prevedendo un supporto finanziario per la parte infrastrutturale, in modo da poter dotare i servizi di strutture di prima accoglienza.

Quali sono le condizioni per uno sviluppo del LEPS più omogeneo a livello nazionale? Sono quattro i filoni importanti:

  1. Istituzionale, attraverso un contatto costante tra gli operatori che svolgono il servizio, e che hanno maggiore contezza delle situazioni e delle organizzazioni che si trovano sui territori, con gli enti preposti alla stesura di documenti d’orientamento, Regioni e MLPS;
  2. Operativo, attraverso un programma di eventi formativi a livello nazionale, dedicati sia agli operatori PIS ma anche agli altri soggetti coinvolti nel processo di soccorso sociale per individuare il ruolo di ciascuno;
  3. Culturale, attraverso l’individuazione di modalità e spazi comunicativi per la promozione del servizio anche alla cittadinanza, agli enti e a tutte le organizzazioni dei territori;
  4. Accademico, attraverso corsi di laurea specialistici, che a livello attuale ancora non esistono benché questa materia abbia necessità di una formazione specifica – è diverso agire come assistente sociale in emergenza-urgenza o come assistente sociale nel lavoro ordinario – e anche eventualmente formazione di alta professionalità specifica proprio per il servizio sociale in emergenza-urgenza.