Il punto unico di accesso (P.U.A.)


Maurizio Motta | 9 Settembre 2025

Il testo sui PUA nel Piano Nazionale dei Servizi Sociali 2024-26, dove i PUA sono definiti come LEPS, è del tutto identico a quello che c’era nel Piano 2021-23; il che è però anche un segnale del mancato monitoraggio di cosa è cambiato o accaduto davvero nei territori. Ed i PUA ora esistenti o in attivazione presentano enormi differenze, sia di modello che di funzioni.  

Il LEPS assegna due macro funzioni ai PUA:

  • Fornire il massimo di informazioni ai cittadini sia sui loro diritti che sulla rete dei servizi
  • Essere porta di accesso per una presa in carico il più articolata ed integrata possibile

Ma il testo del Piano (e dunque del LEPS) appare modesto rispetto al “come fare”, ossia poco attento agli snodi organizzativi da gestire. Discutiamo allora di alcune scelte cruciali per dare attuazione al LEPS, e di questioni con le quali occorre comunque misurarsi:

A. Nel Piano il PUA è un servizio fortemente sociosanitario, da gestire in modo sicuramente integrato tra Ambiti Sociali e ASL. Dunque il disegno non prevede “PUA solo sociali” , che “si affiancano” ad “altri” PUA sociosanitari.

Questione: Questo modello implica che luoghi di “Sportello o PUA sociale” siano interni al PUA sociosanitario in comune con l’ASL, e che quindi il PUA possa gestire sia bisogni di disabilità/non autosufficienza sia problemi di natura solo sociale (ma davvero tutti?)

B. Nessun cenno viene fatto alle Case della Comunità, se non richiamando il Piano Nazionale Non Autosufficienza 2022/24 che le prevede come la sede dei PUA (come poi fa anche il D. Lgs 29/2024, dalla legge delega su anziani)

Questione: Le Case della comunità sono il luogo ideale (e possibile) per i PUA?

C. Nel Piano il PUA non è “una funzione” dei servizi di primo accesso del cittadino, ma “un servizio”, cioè un apposto “luogo dedicato” con propri operatori e struttura fisica. Ma il Piano più volte evidenzia le due macro funzioni (fornire info ai cittadini e avviare il percorso di presa in carico organico) come relative a tutti i luoghi di primo accesso dei cittadini. Però nella grande maggioranza dei piccoli Comuni (i più diffusi nel Paese) i servizi sociali di primo accesso sono di norma costituiti da una assistente sociale che riceve da sola il pubblico muovendosi tra i vari comuni.

Questioni: Come potenziare le due funzioni (info ai cittadini e percorso di presa in carico organico) anche per gli operatori che non gestiscono il primo accesso entro strutture a ciò dedicate? Peraltro il PUA non può comunque diventare l’unico luogo di primo accesso ai servizi sociali, specialmente nei territori di medi/piccoli Comuni, pena ridurre troppo i luoghi attuali di accesso presenti (anche solo alcune ore settimanali) in molti Comuni sparsi sul territorio.

D. Nulla è previsto nel LEPS (e nel Piano) su funzioni proattive per l’accesso dell’utenza, ossia per non restare solo ad aspettare gli utenti, ma “andare a cercarli”

Questione: diverse tipologie di utenti non possono, o non vogliono, recarsi autonomanente ai servizi (anziani soli poco autosufficienti, tossicodipendenti, sofferenze psichiatriche, e altri). Non merita chiedersi SE e COME contattarli di iniziativa dei servizi? E il PUA può avere un ruolo in questa strategia?

E. Il Piano prevede per i PUA anche una équipe multiprofessionale (integrata tra Ambiti ed ASL) per valutare/ gestire i casi complessi

Questione: una presa in carico per più problemi compresenti richiede il lavoro integrato di diversi servizi esistenti, come i SERD, la NPI, il MMG, i servizi di salute mentale, quelli per l’abitazione (se esistono nei Comuni), e altri. Dunque più che prevedere una “équipe multiprofessionale ad hoc per i PUA”, ciò che occorre è attivare robusti meccanismi di integrazione tra diversi servizi esistenti, pena il rischio di costruire una équipe  a parte” (nei PUA), che poi però a sua volta deve comunque coinvolgere altri servizi.

F. Non è ben chiaro “su che cosa il PUA deve informare i cittadini”. Diversi modelli sono possibili, con importati ricadute:

 Modello A

Modello B

 Questioni:

a. Nel loro primo accesso a servizi di welfare ai cittadini interessa non solo conoscere la rete dei servizi locali, ma tutto ciò che potrebbero chiedere anche ad altri enti/servizi pubblici. Ossia interessa poter ricevere in un solo luogo tutte le informazioni sulle opportunità esistenti, su “che cosa, come, dove e quando” potrebbero richiedere. Altrimenti c’è il rischio che i cittadini perdano diritti, o non chiedano al welfare pubblico ciò che potrebbero, soltanto perché non sanno di poterlo fare e come. È dunque opportuno che famiglie in povertà possano essere informate anche sui sostegni al reddito nazionali (molti e caotici), o sugli interventi regionali per l’abitazione, o l’esenzione dal canone RAI, o i sostegni per i servizi scolastici. E si pensi al caos dei molti “bonus” esistenti che i cittadini non possono conoscere. Analogamente è utile che famiglie con non autosufficienti sappiano anche il prima possibile che possono richiedere indennità di accompagnamento e prestazione universale, amministratori di sostegno, sgravi fiscali, eliminazione delle barriere architettoniche in case private, e altro che può essere loto utile.

b. Se si innesta nei PUA questa ampia funzione informativa (com’è nel modello B sopra esposto), occorre però fornire ai PUA uno strumento, ossia un “catalogo di tutte le prestazioni esistenti e dei modi per richiederle”. Infatti le prestazioni nazionali e regionali sono molte, diverse per natura ed Ente erogatore, e cambiano spesso nel tempo. Dunque il catalogo va costantemente aggiornato; ma non è economico né possibile che ogni PUA si costruisca da sé un suo catalogo. Una soluzione è la creazione (e gestione costante) di un catalogo informatizzato sempre aggiornato a cura di una redazione dedicata, e lo strumento potrebbe essere nazionale (ad esempio a cura dell’INPS), e fornito gratuitamente ai gestori locali, con la possibilità per regioni ed enti locali di arricchirlo con i loro interventi. Uno strumento come questo è stato creato localmente ed è in uso da oltre un anno in 14 Enti Gestori dei servizi sociali piemontesi. Per informazioni in merito è possibile rivolgersi a: welfareinforma.cn@acli.it