Il rafforzamento dei servizi territoriali contro la povertà


Daniela Mesini | 10 Giugno 2018

Questo articolo è stato pubblicato anche su Lombardia Sociale.it   Il Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, approvato in via provvisoria il 22 marzo dalla Rete della Protezione e dell’Inclusione Sociale1, rappresenta il primo strumento programmatico per l’utilizzo della quota del Fondo povertà2 destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi territoriali per i beneficiari del Reddito di Inclusione. A seguito dell’intesa in Conferenza Unificata del 10 maggio scorso è stato sottoscritto il Decreto Interministeriale di adozione del Piano e di riparto delle relative risorse. Il decreto è attualmente in corso di registrazione presso la Corte dei Conti, dunque la sua approvazione definitiva è imminente.   Nel frattempo, al fine di rendere veloce ed agevole l’erogazione delle somme ripartite, si è aperta la strada alla stesura dei Piani Regionali, che sono chiamati a dettagliare gli impegni relativi a ciascun territorio, gli strumenti e le forme di collaborazione e cooperazione previste per garantire una progettazione unitaria a sostegno dei beneficiari del ReI ed un rafforzamento omogeneo dei servizi per il contrasto alla povertà. Secondo il decreto legislativo n.147 (art. 14, comma 1) i Piani Regionali avrebbero dovuti essere adottati entro metà marzo, cioè a centocinquanta giorni dall’entrata in vigore del suddetto decreto istitutivo del ReI ma, essendo il Piano Nazionale ancora in fase di approvazione definitiva, la nuova scadenza per la comunicazione al Ministero dello schema di Piano Regionale è stata giocoforza posticipata ad un mese dall’intesa in Conferenza Unificata e dunque fissata (in teoria) al 10 giugno.   Dopo il ricevimento, verificata la coerenza tra i Piani Regionali e le priorità definite nel Piano Nazionale, saranno trasferite le risorse attribuite a ciascuna Regione sulla base del riparto definito a livello nazionale. La ripartizione delle risorse è stata definita secondo cinque indicatori: 1. Quota regionale dei beneficiari SIA/ReI sul totale nazionale; 2. quota regionale delle persone in condizione di povertà assoluta sul totale nazionale; 3. quota regionale delle persone in condizione di grave deprivazione materiale sul totale nazionale; 4. quota regionale delle persone a rischio di povertà sul totale nazionale; 5. quota di popolazione regionale residente sul totale. A ciascuno di essi è stato attribuito un peso del 20% nel riparto. Il trasferimento delle risorse avverrà direttamente agli Ambiti, a meno che le Regioni non richiedano di provvedervi direttamente andando ad integrare quanto previsto dal livello nazionale. Non potranno però essere conteggiate le risorse provenienti da altri fondi nazionali o europei (es. POR-FSE). In altre parole le Regioni possono integrare quanto proveniente dal Fondo Povertà solo con risorse a valere sul proprio bilancio regionale e non con altre. Inoltre hanno anche la possibilità di stabilire eventuali criteri aggiuntivi per il riparto infra-regionale.   Dunque, verificata la coerenza con il Piano Nazionale, si può ipotizzare grossomodo per metà luglio il trasferimento delle prime risorse ai territori. Nel caso, invece, di integrazione delle risorse da parte delle Regioni, il Ministero trasferirà loro le somme che dovranno a loro volta essere ripartite tra gli Ambiti entro 60 gg dal ricevimento delle quote di riparto sui bilanci regionali. Nel caso dunque di trasferimento ‘mediato’ ed integrato dalle Regioni, i territori si vedranno trasferire le risorse grossomodo entro metà settembre. Le suddette scadenze saranno comunque tutte da verificare nei fatti e dipenderanno soprattutto dalla tempestività con cui le Regioni realizzeranno gli adempimenti che le riguardano. Allo stato attuale non sembra che tutte stiano procedendo speditamente né con la stesura dei Piani né con le ulteriori comunicazioni.   Tra le Regioni più performanti la Regione Piemonte e la Regione Emilia Romagna che hanno già approvato i loro Piani con apposite deliberazioni di Giunta, mentre altre sono tuttora in fase di consultazione dei loro territori, delle parti sociali e del terzo settore attivi sul tema povertà, per definire in maniera condivisa le priorità di intervento. Tra di esse la Regione Lombardia che lo scorso 5 giugno ha realizzato un incontro con ANCI e gli Ambiti Territoriali per presentare le prime linee strategiche del piano regionale; in quell’occasione è stato dichiarato che non saranno introdotti criteri aggiuntivi di riparto e che non si intende procedere con l’integrazione della quota nazionale con fondi regionali.   Ma a quanto ammontano le risorse del Fondo Povertà e quali gli obiettivi di intervento? Nello specifico, il Fondo Povertà nazionale stanzia per i servizi 297 milioni di euro nel 2018 (15% del totale del Fondo) che saliranno a 470 milioni a partire dal 2020 (20% del totale) e per gli anni successivi. Sull’anno in corso si tratta in particolare di 272 milioni per l’attuazione dei livelli essenziali connessi al ReI, di 20 milioni destinati alla povertà estrema per interventi di housing first3 e di 5 milioni destinati sperimentalmente ai neomaggiorenni in uscita da un percorso di presa in carico a seguito di allontanamento dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria.   Le Regioni principali destinatarie delle quote di riparto per l’attuazione del ReI sono la Campania e la Sicilia che concentrano rispettivamente il 16,9% ed il 15,7% delle risorse complessive, data l’elevata incidenza delle persone in condizione di grave emarginazione e dei nuclei beneficiari del SIA residenti. Tuttavia, terza Regione per ammontare dei trasferimenti previsti è la Lombardia con circa 32 milioni di euro, a cui si aggiungono altri 5 milioni di euro per la realizzazione di interventi e servizi rivolti alle persone in condizione di povertà estrema e senza fissa dimora, per un’incidenza complessiva sul Fondo dell’11,6%. Il peso della quota regionale di popolazione residente e di persone in condizione di povertà assoluta spiegano la somma considerevole destinata alla Lombardia. A questo si aggiunga l’elevata incidenza dei senza fissa dimora in Regione, specie a Milano, prima città in Italia per presenza di homeless e che da sola concentra il 17% circa dei 20 milioni previsti dal Fondo per questa destinazione.   Si tratta dunque si risorse ingenti, attraverso le quali sarà possibile, anche in abbinamento con quelle del PON Inclusione4, del PON Città Metropolitane5 e del PO FEAD6, rafforzare e migliorare i servizi sociali di contrasto alla povertà che, per la prima volta dalla riforma del Titolo V della Costituzione, acquisiranno natura di “livelli essenziali delle prestazioni”. Sono sostanzialmente cinque i livelli essenziali fissati dal decreto ReI prima e poi ribaditi dal Piano Povertà Nazionale. Tre afferenti il percorso del beneficiario nei servizi: 1° accesso al Rei, 2° valutazione multidimensionale, 3° progettazione degli interventi. 4° punto l’offerta integrata di servizi ed interventi territoriali, e, 5° punto trasversale ai precedenti e perno intorno al quale ruota l’intera attuazione del ReI, il servizio sociale professionale. L’interesse per il rafforzamento del servizio sociale professionale è ribadito anche nella Legge di Bilancio 2018, che stabilisce la possibilità di effettuare assunzioni di assistenti sociali, seppur a tempo determinato, in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale e nei limiti di un terzo delle risorse attribuite a ciascun Ambito a valere sul Fondo povertà. Il primo obiettivo di servizio definito dal Piano è proprio quello di garantire nel triennio un numero congruo ed uniforme sul territorio di operatori sociali per abitanti, quantificabile in uno ogni 5.000. Gli Ambiti che presentano un numero inferiore di operatori rispetto al target di riferimento saranno prioritariamente tenuti ad investire parte delle risorse a loro assegnate nel potenziamento del personale. Il Piano nazionale prevede inoltre l’attivazione di un numero adeguato di luoghi deputati ad attività di informazione, consulenza, orientamento e assistenza nella presentazione della domanda. In questo caso l’obiettivo di servizio da raggiungere consiste nell’attivazione di un punto di accesso al ReI ogni 40mila abitanti, con opportune modulazioni in base alle dimensioni dei Comuni ricompresi nell’ambito7. Infine, il Piano fornisce anche l’individuazione dei servizi ed interventi attivabili nell’ambito del progetto personalizzato, definendone prioritariamente alcuni quali ad esempio l’attivazione di tirocini per l’inclusione, il sostegno socio-educativo, i servizi di mediazione culturale, ecc. In particolare, si prevede che almeno uno di questi servizi sia attivato ogni qual volta si presenti una situazione di bisogno complessa. Inoltre, è prevista l’attivazione di specifici percorsi di sostegno alla genitorialità qualora nel nucleo familiare fosse presente un bambino o una bambina nei primi mille giorni di vita. A queste priorità si dovranno uniformare i Piani Regionali, prevedendo specifici rafforzamenti ed interventi tenuto conto dei loro contesti di riferimento, delle risorse già attive ed attivabili e delle connessioni da consolidare e sviluppare tra i diversi attori attivi nel contrasto alla povertà. Una bella sfida. La buona notizia è che per la prima volta sono disponibili risorse significative, che mai prima erano state stanziate, a riconoscimento del ruolo centrale dei servizi e delle professioni nell’inclusione delle persone e delle loro famiglie, finalmente in linea con lo spirito della Legge 328/00. Ora speriamo che le Regioni sappiano agire al meglio il loro ruolo programmatorio e ricompositivo, prevedendo delle linee di intervento organiche e condivise sulla tematica povertà, articolate in precisi obiettivi ed azioni, con esplicitazione dei soggetti coinvolgibili e delle principali strategie di collaborazione e integrazione inter-istituzionale e interprofessionale. Poi sarà la volta dei territori con i Piani di Zona.

  1. Presieduta dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e composta da rappresentanti dei diversi livelli di governo, è struttura permanente di confronto e programmazione delle politiche sociali, nonché di coinvolgimento del terzo settore e delle parti sociali.
  2. Il Fondo, istituito con la Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) e poi incrementato con il decreto istitutivo del ReI e con l’ultima Legge di Stabilità 2018, si differenzia dagli altri fondi di natura ‘sociale’ perché si tratta di un Fondo permanente che finanzia il ReI sia in termini di trasferimenti monetari alle famiglie che di trasferimenti ai servizi che lo devono attuare. L’ammontare dell’intero Fondo per il 2018 è pari a circa 2 miliardi di euro che aumenteranno sino a circa 2 miliardi e 700 milioni di euro nel 2020.
  3. Il 50% delle suddette risorse sono riservate ai Comuni capoluogo di Città Metropolitane con più di 1.000 senza dimora, mentre i restanti 10 milioni sono da ripartire all’interno delle Regioni tra gli Ambiti con particolare concentrazione del fenomeno.
  4. Il Programma Operativo Nazionale 2014-2020 (PON Inclusione), cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, prevede un budget di 1 miliardo e 200 milioni per il settennio, di cui circa 500 milioni già stanziati, attraverso l’Avviso 3/2016, per il triennio 2017/2020 per il finanziamento di interventi rivolti alla povertà estrema e i servizi ed interventi previsti nel SIA/ReI.
  5. Si fa qui riferimento al Programma Operativo Nazionale (PON) “Città Metropolitane 2014 – 2020”, adottato dalla Commissione Europea nel luglio del 2015; il programma si rivolge a 14 città capoluogo con una dotazione finanziaria pari a oltre 892 milioni di euro, di cui 588 milioni di risorse comunitarie e 304 milioni di cofinanziamento nazionale.
  6. Si tratta del Programma Operativo relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD), approvato dalla Commissione Europea al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che stanzia per il periodo 2014-2020 circa 789 milioni di euro per attuare sul territorio nazionale una serie di interventi a favore di persone in condizioni di grave deprivazione materiale.
  7. Per i Comuni con meno di 10mila abitanti è previsto un punto di accesso ogni 20mila, mentre per le città metropolitane l’obiettivo è fissato in un punto ogni 70mila abitanti.