La mediazione interculturale come meta


Ana Ciuban | 2 Luglio 2019

L’azione di mediazione interculturale è vista come un’azione efficace, proattiva e fondamentale nel processo di fruizione e accesso dagli stranieri alla rete di servizi territoriali, ai diritti, ai servizi e alla cittadinanza. La mediazione interculturale è tesa a contrastare i pregiudizi e le altre forme di discriminazione attraverso strumenti innovativi e trasversali, come la mediazione-risoluzione dei conflitti, l’ascolto attivo, il decentramento culturale o la capacità empatica attuate in ambiti polivalenti quali la scuola, i contesti di prossimità alle istituzioni, i servizi sociali, l’ambito sanitario o il sistema della giustizia e della protezione internazionale. In questo senso, la mediazione interculturale si configura come strumento indispensabile nella ricostruzione dei rapporti in una società fortemente interculturale, ma ancora senza una permeabilità significativa per una valorizzazione concreta della diversità come prodotto dei confronti tra le culture.   Nelle dinamiche processuali di una società inizialmente multiculturale, esposta sempre di più allo scambio tra le culture che la compongono e viaggiando verso una direzione valorizzante della differenza del pensiero e del conglomerato etno-culturale (spazio transculturale), la figura mediante tra i contesti di origine e il quadro di arrivo ha conosciuto un’evoluzione semantica dal punto di vista tecnico: mediatore madrelingua, tecnico esperto in mediazione, mediatore linguistico, mediatore linguistico-culturale, mediatore culturale e mediatore interculturale. La varietà terminologica sottolinea la disomogeneità e la frammentazione semantica in linea diacronica, ma anche tra le varie Regioni e i territori italiani che hanno provato a definire al meglio la figura professionale in discussione; le vari dizioni convergono in modo evidente verso una prospettiva interculturale e di promozione del confronto etno-culturale.

 

Le competenze del mediatore interculturale

Secondo la Classificazione Internazionale delle Professioni ISCO 88 (COM) 3460 (Professioni intermedie del lavoro sociale) e Isfol – Repertorio delle ProfessioniAttività associative – Mediatore culturale, la figura di nostro interesse è un operatore sociale che facilita la comunicazione tra individuo, famiglia e comunità nell’ambito delle azioni volte a promuovere e facilitare l’integrazione sociale dei cittadini immigrati:

  • svolge attività di mediazione e di informazione tra i cittadini immigrati e la società di accoglienza favorendo la rimozione dei muri culturali e linguistici e la valorizzazione della cultura di origine;
  • individua i bisogni del cittadino straniero (analisi dei bisogni), da una parte, e supporta il servizio territoriale italiano nel processo di risposta al bisogno individuato, tenendo conto dei riferimenti culturali dei due contesti implicati: di origine e di arrivo;
  • opera in un’ottica di problem solving (analisi del contesto e delle risorse a disposizione, ricerca informazioni, definizione dell’obiettivo, creazione di un piano di intervento per risolvere il problema con gli strumenti e gli operatori necessari)
  • ha un’adeguata conoscenza della lingua italiana e della lingua madre dello straniero o della lingua veicolare, scelta ai fini della mediazione e dei codici culturali sottesi del cittadino straniero e dell’ambito situazionale in cui l’attività si svolge;
  • conosce la legislazione in materia di immigrazione nel paese di arrivo e il registro di diritti, i doveri e sanzioni nelle aree di intervento;
  • ha competenze relazionali come l’asscolto attivo, la capacità empatica, la neutralità e il decentramento culturale, l’osservazione, l’assertività o l’utilizzo dei meccanismi della comunicazione (verbale e non verbale);
  • è predisposto alla cooperazione e al lavoro in rete con gli operatori, essendo capace di inserirsi in contesti già strutturati e instaurando relazioni positive e costruttive (rapporti di fiducia con l’utente)
  • è in grado di gestire lo stress e le emozioni, regolando la distanza emotiva;
  • ha capacità di introspezione (autocritica continua per controllare i pregiudizi e accettazione dei propri limiti)
  • dispone di capacità organizzativa (per gestire le scadenze, le emergenze, i vincoli economici e assegnare priorità).

  In un’ottica di aggiornamento, in sintonia con le attuali esigenze a livello di politiche sociali e di migrazione, oggi il mediatore interculturale può rappresentare una risorsa che, affiancando gli operatori dei servizi pubblici e privati nello svolgimento delle loro attività, è pronto a partecipare alla programmazione, progettazione, realizzazione e valutazione degli interventi di politiche sociali per i cittadini stranieri. Il mediatore interculturale, nelle condizioni di un riconoscimento legale e all’interno del team di lavoro, diventa un agente capace di gestire il dispositivo di mediazione interculturale in sinergia con altri progetti di lavoro finalizzati all’inclusione sociale.  

Gli obiettivi professionali nella mediazione interculturale

  • Facilitare l’accesso ai servizi e alle opportunità territoriali da parte dei cittadini stranieri attraverso le funzioni di informazione, orientamento e accompagnamento;
  • Promuovere interventi informativi e culturali rivolti alla popolazione ospite per favorire l’incontro e evitare il diffondersi e fossilizzarsi di stereotipi negativi e atteggiamenti discriminatori;
  • Favorire il mantenimento della cultura di origine e dei legami con la stessa all’interno delle comunità straniere del territorio
  • Sopperire alle carenze dei pubblici servizi (a volte non sufficientemente preparati ad accogliere culture diverse) e rispondere alle richieste provenienti da una minoranza di utenti più deboli e meno attrezzati;
  • Fungere da risorsa per superare le incomprensioni, intervenire sui malintesi ed evitare la degenerazione in conflitti.

 

Riferimenti legislativi

Un primo riferimento legislativo nazionale sul tema della mediazione interculturale, in termini di valorizzazione della diversità e strumento finalizzato all’inclusione della cittadinanza straniera sul territorio, risale nel 1998 con due norme: la Legge 40, “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (art.40) e il Decreto Legislativo 286, detto anche “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione” (ar.38 e 42). Entrambe le normative ricordano la figura del mediatore culturale qualificato (ancora non interculturale) in contesti socioeducativi, come il riconoscimento dei titoli di studi degli stranieri, percorsi in cui il mediatore culturale funge da agente proattivo di comunicazione tra gli organismi accademici e lo straniero interessato. In merito alla definizione della figura del mediatore interculturale, a livello regionale, sono state 11 le Regioni che hanno prodotto specifici riferimenti normativi.1  

Formazione professionale

Da professione di aiuto inserita all’interno dei servizi rivolti alla persona, il mediatore interculturale rappresenta oggi una figura attiva nel settore sociale. La Legge n. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” all’art.12, (Figure professionali sociali) mette per la prima volta su un Tavolo di confronto il percorso formativo qualificante alla professione di mediatore interculturale. La normativa nasce da una linea di pensiero comune tra i Ministeri per la Solidarietà sociale, la Sanità, il Lavoro e la Previdenza sociale, la Pubblica istruzione e l’Università e ricerca scientifica e tecnologica, sulla base dei criteri e parametri finalizzati a definire i profili delle figure professionali sociali, tra i quali anche quella del mediatore interculturale. In tale direzione, viene rafforzata la dicotomia tra i profili sociali formati dalle università e le figure inserite nei corsi regionali di base2, generata nel 1999, con il decreto del MURST che fa riferimento alle norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei nel caso dei profili formati con i corsi di laurea.   In riferimento ai profili di mediatore interculturale qualificati attraverso il corso regionale di base di mediazione, si normano anche i criteri generali riguardanti i requisiti per l’accesso, la durata e l’ordinamento didattico dei tali percorsi formativi. Non per l’ultimo, nello stesso periodo, si configura un elenco di criteri per il riconoscimento e l’equiparazione dei profili professionali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.  

La mediazione interculturale negli atenei universitari

Ulteriormente, la riforma del Titolo V della Costituzione (2001) conferma la competenza legislativa alle Regioni, in materia di istruzione e formazione professionale della figura di mediatore interculturale. Il quadro normativo che ne consegue è quindi complesso e nel 2004, gli atenei prevedono l’inserimento della laurea in Mediazione linguistica (L-12), corso all’interno del quale vengono formati laureati nel sistema dei servizi alla persona (servizi sociali, educativi, socio sanitari e sociali), quindi anche nell’ambito della mediazione interculturale.  

La disomogeneità degli standard formativi nelle Regioni

I corsi di formazione in mediazione interculturale attivati da vari Regioni hanno rappresentato e rappresentano ancora oggi una sfida importante sul territorio, consideratosi il numero limitato di partecipanti con accesso ai tali percorsi, i criteri di ammissione in dissenso con il bisogno dello specifico mercato del lavoro, la mancata coerenza riguardo il riconoscimento delle competenze pregresse dell’interessato o la loro assenza, in condizioni di una valida esperienza lavorativa sul campo, con l’assorbimento diretto del know-how attraverso il capacity building in itinere. Tutto il quadro è tradotto in un’alta disomogeneità in materia di standard di formazione tra le Regioni che prevedono la qualifica per il corso base di mediatore interculturale.  

Sempre al traguardo del riconoscimento della figura professionale

In un contesto caratterizzato sempre di più da un’eterogeneità dei piani formativi, precarietà dell’approccio per gli sbocchi professionali, ma anche mancata tutela economica della figura, il profilo professionale di mediatore interculturale non ha conosciuto evoluzioni significative nel registro del riconoscimento, né la definizione come ruolo indispensabile e capace di lavorare in rete e di pari passo con altri attori componenti di un’équipe multidisciplinare nel settore delle politiche sociali.   Nel 2007, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha  approvato il “Documento sulle politiche migratorie”, mentre un anno prima (2006) il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) sottolineava la necessità di riconoscere la figura del mediatore interculturale, nel documento Osservazioni e proposte sulle politiche per l’immigrazione: “La mediazione culturale è una dimensione di tutte le politiche di integrazione, dall’accesso ai servizi,all’inserimento lavorativo, alla promozione d’impresa […] si ritengono necessarie una definizione  da parte delle Regioni della figura del mediatore culturale in termini di profilo professionale, di percorso formativo, di modalità di impiego e la promozione, soprattutto in punti chiave dei servizi […]”.

  1. Regione Toscana (DGR 754/1997). Regione Piemonte (L.R. n 64/1989, Deliberazione Consiglio Regionale 22 luglio 2008, n. 207 – 33457). Provincia Autonoma di Bolzano (Deliberazione della Giunta Provinciale 26 novembre 2001, n. 4266). Regione Autonoma della Valle d’Aosta (D.G.R. 2671 del 22 luglio 2002). Regione Campania (Del. n. 2843/2003 e Del. N. 3/2005). Regione Lazio – Assessorato alla Sanità (Prot. 3151/44/09 del 13 gennaio 2004). Regione Emilia Romagna (Del. 1576/2004). Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (L.R. n.5/2005). Regione Lazio (D.G.R. n. 321 del 24 maggio 2008). Regione Liguria (D.G.R. n. 874 del 4/08/2006). Regione Veneto (proposta di L.R. n. 174/2006 sull’immigrazione).
  2. Cfr. Dellavalle M., Quale riconoscimento per le professioni del lavoro sociale?, Welforum.it, 17 maggio 2019.

Commenti

Un’ottima presentazione dell’attuale stato effervescente della mediazione interculturale nel contesto socio-politico che non promette molto.

Ma la mediazione la può fare anche un italiano? Il contatto con gli stranieri ti permette di comprendere alcuni elementi culturali e fare da tramite tra uno straniero e un servizio italiano.