Le aziende speciali tra ATS e servizi pubblici locali

Un rinnovato protagonismo degli enti locali?


Alceste Santuari | 24 Luglio 2025

L’azienda speciale, fin dalla legge n. 142/901, è stata individuata come il modello di gestione di servizi pubblici cui fare ricorso per la gestione sia di (più) servizi di rilevanza economica e imprenditoriale2 sia di servizi privi di rilevanza industriale, quali i servizi socio-assistenziali ovvero socio-sanitari3. I profili giuridici e i profili organizzativi delle aziende speciali, oggetto della legge n. 142/1990, sono stati successivamente trasfusi nell’art. 114 del d. lgs. n. 267/2000 (Testo unico dell’ordinamento degli Enti Locali).

A norma dell’art. 114 d.lgs. n. 267/2000, l’azienda speciale risulta propriamente ascrivibile alla categoria degli “enti strumentali” degli enti locali,  dotati di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale, oltre che di un proprio statuto. 

La strumentalità dell’azienda nei confronti del Comune è disciplinata dallo Statuto dell’azienda medesima, il quale, di norma, prevede che il Consiglio Comunale, con le modalità stabilite dallo statuto comunale:

  1. Determina gli indirizzi e le Direttive cui l’Azienda deve attenersi nell’attuazione delle proprie attività, necessarie al raggiungimento degli obiettivi di interesse collettivo che l’assunzione dei pubblici servizi affidati all’azienda è destinata a soddisfare;
  2. Approva i seguenti atti fondamentali:
  • a) il piano programma;
  • b) il bilancio pluriennale di previsione;
  • c) il bilancio preventivo economico annuale;
  • d) il bilancio di esercizio;
  • e) i contratti di servizio;
  • f) la costituzione e la partecipazione ad enti o a società a capitale pubblico, privato o misto qualora non espressamente previste nel piano programma;
  • g) le modifiche statutarie;
  • h) i regolamenti aziendali.

Ancorché trattasi di ente strumentale, l’azienda speciale, compresa quella consortile, costituisce un soggetto giuridico autonomo rispetto all’ente o agli enti pubblici da cui promana, il cui perimetro di azione, di attività e di interventi è definito dal relativo statuto.

Da quanto sopra consegue che gli enti locali territoriali hanno potuto individuare le aziende speciali, in specie di natura consortili, quali strumenti giuridici capaci di soddisfare le risposte e i bisogni dei cittadini, che non potrebbero essere ugualmente esaudite dal mercato degli operatori economici, i quali non avrebbero alcun utile nell’espletare un’attività/servizio di interesse generale4, in cui è prevalente lo scopo solidaristico e recessivo il fine lucrativo5.

Nelle linee guida recanti “Modelli organizzativi omogenei degli Ambiti Territoriali Sociali per l’attuazione dei LEPS6” si legge che le aziende speciali consortili sono contemplate tra le forme giuridiche di diritto pubblico attraverso le quali gli enti locali, in forma aggregata, sono chiamati a garantire la governance degli Ambiti Territoriali Sociali (ATS). Al riguardo, giova ricordare che la specifica mission degli ATS è quella di assicurare l’erogazione e la fruizione dei Leps, che – come è noto – costituiscono un obbligo costituzionale delle istituzioni pubbliche.

Come sopra richiamato, l’art. 14, comma 1, lett. d), d. lgs. n. 201/2022 indica nell’azienda speciale la formula preferita per la gestione dei servizi pubblici locali non a rete. La scelta della modalità di gestione del servizio, di competenza del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 42 lett. e) del TUEL, deve essere oggetto di apposita deliberazione, accompagnata da una relazione nella quale si deve dare atto delle specifiche valutazioni che l’organo deliberante ha effettuato sulla base dell’istruttoria tecnica degli uffici. In particolare, nella relazione istruttoria, in ordine al modello gestionale prescelto, si deve tener conto:

  1. delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali;
  2. della situazione delle finanze pubbliche e dei costi per l’ente locale e per gli utenti;
  3. dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili;
  4. dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l’ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati;
  5. dei dati e delle informazioni che emergono dalle verifiche periodiche a cura degli enti locali sulla situazione gestionale.

L’art. 14 del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 prevede che gli enti locali e gli altri enti competenti, qualora ritengano che le gestioni in concorrenza nel mercato non siano sufficienti e idonee e che il perseguimento dell’interesse pubblico debba essere assicurato affidando il servizio pubblico a un singolo operatore o a un numero limitato di operatori, possono adottare specifiche modalità di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica fra cui la gestione mediante aziende speciali solo in caso di servizi diversi da quelli a rete. Preme ribadire che nel caso di opzione a favore del modello gestionale “azienda speciale”, l’ente locale è in grado di assoggettare la medesima azienda ad un controllo gestionale e finanziario diretto, ancor più rilevante del controllo analogo tipico delle società in house, in quanto – come già ricordato in precedenza – il consiglio comunale è unico soggetto competente ad approvarne tutti gli atti fondamentali, con interventi diretti sulla stessa, sicché la stessa rappresenta un modulo organizzativo di cui l’amministrazione si avvale per soddisfare le proprie esigenze, attraverso una gestione assimilabile a quella in economia7.

Lo stesso art. 14, al comma 2, dispone che “Ai fini della scelta della modalità di gestione del servizio e della definizione del rapporto contrattuale, l’ente locale e gli altri enti competenti tengono conto delle caratteristiche tecniche ed economiche del servizio da prestare, inclusi i profili relativi alla qualità del servizio e agli investimenti infrastrutturali, della situazione delle finanze pubbliche, dei costi per l’ente locale e per gli utenti, dei risultati prevedibilmente attesi in relazione alle diverse alternative, anche con riferimento a esperienze paragonabili, nonché dei risultati della eventuale gestione precedente del medesimo servizio sotto il profilo degli effetti sulla finanza pubblica, della qualità del servizio offerto, dei costi per l’ente locale e per gli utenti e degli investimenti effettuati”.

In ossequio alla previsione sopra richiamata, dunque, l’ente locale potrebbe:

  • a) valutare che le precedenti forme di gestione esternalizzate a favore di operatori economici abbiamo mostrato alcune difficoltà, tali, tra l’altro, da dare vita a contenziosi con notevoli costi a carico dell’Amministrazione;
  • b) ritenere motivata la necessità di costituire un’azienda speciale quale esito dell’esigenza di rendere fruibile, per esempio, una spiaggia di proprietà comunale, anche da soggetti disabili mediante realizzazione delle opere a tal fine necessarie, che potrebbero non essere oggetto di impegno di operatori economici concessionari.

Avuto riguardo a quest’ultima ipotesi di gestione, occorre ricordare che l’art. 2, comma 1, lett. c), d. lgs. n. 201/2022 definisce “servizi di interesse economico generale di livello locale” o “servizi pubblici locali di rilevanza economica”: i servizi erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato, che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che sono previsti dalla legge o che gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale. Alla stregua di tale definizione sarebbe dunque infondata la tesi secondo cui la gestione della spiaggia non sarebbe riconducibile ad un servizio pubblico locale di rilevanza economica. Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha inteso ribadire che “rendere fruibile ai soggetti con disabilità l’unica spiaggia accessibile anche agli animali domestici significa proprio erogare quel servizio che non è stato possibile svolgere nel modo dovuto senza l’intervento pubblico e che, infatti, è stato svolto in precedenza in condizioni differenti (id est: non adeguate) in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza.8

Le brevi considerazioni fin qui svolte sono sufficienti a confermare la “bontà” del modello gestionale offerto dall’azienda speciale, sia nella sua versione consortile sia nella sua dimensione “monocomunale”. L’azienda speciale, come centro di imputazione di rapporti giuridici distinto dall’ente locale e con autonomia imprenditoriale, è un ente strumentale dell’amministrazione, legata a quest’ultima da stretti vincoli relativi alla formazione degli organi, all’indirizzo, al controllo ed alla vigilanza. Attraverso l’azienda speciale, infatti, il predetto ente persegue i propri fini istituzionali, insiti nell’erogazione di un servizio pubblico, secondo principi di economicità, efficacia ed efficienza gestionale. In questa cornice, risulta evidente che l’ente locale individua l’azienda speciale di cui è dominus per affidare alla medesima, in via diretta, uno o più servizi pubblici locali9.

In ultima analisi, è possibile affermare che il “modello” azienda speciale consente agli enti locali di individuare una formula gestionale alternativa all’esternalizzazione dei servizi pubblici locali e ciò anche in ossequio al diritto eurounitario. Come è noto, quest’ultimo non impone alcun obbligo di privatizzazione dei servizi di interesse pubblico, così come ribadito dalla Corte europea di giustizia10. Il principio elaborato dalla Corte di Lussemburgo è stato confermato nel Considerando 5 della Direttiva sugli appalti 2014/24/UE secondo cui “è opportuno rammentare che nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva”. Stesso tenore – ha rilevato la giurisprudenza amministrativa11 – “ha l’art. 2 della Direttiva sulle concessioni 2014/23/UE (significativamente rubricato ‘Principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche’), il quale riconosce in modo espresso la possibilità per le amministrazioni di espletare i compiti di rispettivo interesse pubblico: a) avvalendosi delle proprie risorse, ovvero b) in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici, ovvero ancora c) mediante conferimento ad operatori economici esterni.”

Non deve dunque sfuggire – come correttamente richiamato dal Tar di Latina – che la direttiva non introduce alcuna gerarchia tra le diverse forme di gestione dei servizi pubblici. Al contrario, le tre modalità sopra richiamate agiscono “su un piano di integrale equiordinazione, senza riconoscere alla modalità sub c) valenza – per così dire – paradigmatica e, correlativamente, senza riconoscere alle modalità sub a) e b) valenza eccettuale o sussidiaria.”

Gli enti locali, alla luce di questa sentenza, devono essere consapevoli delle loro “forze”, nel senso che non è vietato ricorrere a modelli gestori pubblici ovvero privati ma finalizzati al perseguimento di finalità di interesse generale, in luogo di ricorrere ai tradizionali strumenti dell’evidenza pubblica. Si tratta per gli enti locali di disporre delle conoscenze adeguate, delle competenze necessarie e di definire la strategia di intervento ritenute maggiormente idonee per conseguire, in ultima analisi, l’obiettivo di assicurare ai cittadini i servizi rientranti nei livelli essenziali delle prestazioni sociali e civili.

  1. Legge 8 giugno 1990, n. 142, recante “Ordinamento delle autonomie locali”, il cui art. 23 disponeva quanto segue: “1. L’azienda speciale è ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato del consiglio comunale o provinciale.”. 3. Organi dell’azienda e dell’istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la responsabilità gestionale. Le modali di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell’ente locale. 4. L’azienda e l’istituzione informano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l’obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l’equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti. 5. Nell’ambito della legge, l’ordinamento ed il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell’ente locale da cui dipendono. 6. L’ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.”
  2. L’azienda speciale può considerarsi l’evoluzione giuridico-organizzativa dell’originaria “azienda municipalizzata” risalente alla c.d. “legge Giolitti” (legge 29 febbraio 1903, n. 103) e al successivo Testo Unico sulle municipalizzate n. 2578/1925. Il fenomeno della c.d. “municipalizzazione” dei servizi pubblici locali affonda le proprie radici nell’Europa continentale della seconda metà del XIX secolo, sviluppandosi dapprima in Inghilterra e quindi nel resto d’Europa.
  3. In quest’ottica, si potrebbe interpretare la previsione contenuta nell’art. 14, comma 1, lett. d), d. lgs. n. 201/2022, che indica nell’azienda speciale la formula preferita per la gestione dei servizi pubblici locali non a rete. Si può ritenere che detta previsione affondi la propria ragion d’essere anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 325/2010, che ha ritenuto non compatibili con la disciplina normativa dell’art. 23-bis, d.l. n. 112/2008 la gestione mediante azienda speciale dei servizi pubblici a rilevanza economica.
  4. Servizi che rientrano nella nozione generale di servizi di interesse economico generale di livello locale, secondo la definizione contenuta nell’art. 1, d. lgs. n. 201/2022, che contempla anche quei servizi che non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che sono previsti dalla legge o che gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, ritengono necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale. Secondo la giurisprudenza, la distinzione tra servizi di rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza è legata all’impatto che l’attività può avere sull’assetto della concorrenza ed ai suoi caratteri di redditività; conseguentemente deve ritenersi di rilevanza economica il servizio che si innesta in un settore per il quale esiste, quantomeno in potenza, una redditività, e quindi una competizione sul mercato e ciò ancorché siano previste forme di finanziamento pubblico, più o meno ampie, dell’attività in questione; può invece considerarsi privo di rilevanza quello che, per sua natura o per i vincoli ai quali è sottoposta la relativa gestione, non dà luogo ad alcuna competizione e quindi appare irrilevante ai fini della concorrenza.
  5. La nozione di “servizi di interesse generale” (SIG), che comprende servizi sia economici sia non economici, individua servizi e attività caratterizzati da: i) universalità: il servizio deve essere erogato a favore di tutti i cittadini in base ad un certo standard qualitativo e ad un prezzo accessibile; ii) continuità: per taluni servizi è vietata l’interruzione; iii) qualità: i servizi in argomento debbono rispettare determinati standard qualitativi; iv) accessibilità: i servizi, sia in termini di tariffe praticate, sia in termini territoriali, debbono poter essere fruiti da tutti i cittadini europei; v) tutela degli utenti-consumatori.
  6. Decreto interministeriale (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, 24 giugno 2025.
  7. Cons. St., Sez. Settima, 20 giugno 2025, n. 5409.
  8. Cons. St., Sez. Settima, 20 giugno 2025, n. 5409.
  9. ANAC, parere funzione consultiva n. 27 del 30 maggio 2023.
  10. “Un’autorità pubblica può adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi e (può) farlo altresì in collaborazione con altre autorità pubbliche” (cfr. CGUE, sentenza 6 aprile 2006 in causa C-410/14 (ANAV).
  11. Tar Lazio, Sez. Latina, 2 luglio 2018, n. 367.