Le coppie di madri possono ora riconoscere i loro figli
Svolta sui diritti dei bambini con due madri
Giulia Garofalo Geymonat | 3 Novembre 2025
Decisione storica della Corte Costituzionale
Il 22 maggio 2025 la Corte Costituzionale ha preso una decisione storica: per la prima volta in Italia, è stato riconosciuto il diritto per le coppie di donne di vedere registrati entrambi i genitori alla nascita del proprio figlio o figlia. Si tratta della sentenza n. 68/2025, che rappresenta un importante passo avanti per l’uguaglianza dei bambini e delle famiglie omogenitoriali.
Questa pronuncia ha posto fine a una fase di grave confusione giuridica, in cui bambini nati da coppie di donne risultavano, legalmente, figli di una sola madre. L’altra, pur essendo parte attiva nel progetto genitoriale e nella vita del bambino, restava giuridicamente invisibile: una “madre fantasma”, come l’hanno definita molte famiglie e Famiglie Arcobaleno, l’associazione che le rappresenta. Questa condizione di invisibilità ha portato, negli anni, a una serie di contenziosi, di incertezze legali e di sofferenze.
La Corte ha dichiarato incostituzionale l’articolo 8 della legge 40 del 2004, nella parte in cui non consente il riconoscimento alla nascita da parte della ‘madre intenzionale’, ovvero della donna che, pur non partorendo il bambino, ha partecipato fin dall’inizio al progetto genitoriale. I giudici hanno riconosciuto che vietare questo riconoscimento equivale a discriminare i bambini stessi, negando loro una piena identità giuridica e una tutela effettiva. L’impegno che due persone assumono nel momento in cui scelgono di accedere alla procreazione medicalmente assistita (PMA), sottoscrivendo insieme il consenso presso una clinica, costituisce, in assenza di legami biologici, il fondamento della responsabilità genitoriale, che non può essere successivamente negata.
La Corte era già intervenuta nel 2021 (32/2021), sollecitando il Parlamento a colmare un vuoto normativo sempre più ampio e pregiudizievole. Allora i giudici avevano segnalato come non fosse «più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore». Negli anni successivi, però, il Parlamento è rimasto inerte, mentre le Procure, facendo seguito a una circolare del Ministero dell’Interno (n.3/2023 del 19.01.2023), hanno cominciato ad avviare procedimenti per cancellare una delle due madri dagli atti di nascita – laddove i Sindaci avessero provato a tutelarli riconoscendo entrambi i genitori. Il caso di Padova è forse il più noto, ma molti altri sono emersi in tutta Italia, tra gli altri a Lucca, dove il Tribunale ha sollevato la questione di legittimità che ha condotto alla decisione del maggio 2025.
Con la decisione della Corte, è ora chiaro che non solo è possibile, ma è anche un obbligo per i Comuni registrare entrambi i genitori nei casi di figli nati da due madri che hanno fatto ricorso alla PMA all’estero. La sentenza ha valore immediatamente vincolante e non necessita di ulteriori atti amministrativi o normativi: i sindaci, oggi, possono e devono procedere al riconoscimento – pena omissione di atti d’ufficio. Una circolare tecnica è stata pubblicata il 30 maggio 2025 su Enti Online (“Figli di due madri: diritto al riconoscimento e alla piena tutela dei bambini nati da PMA”).
In diversi Comuni si stanno già vedendo gli effetti concreti di questa pronuncia, e alcune amministrazioni hanno introdotto anche il pre-riconoscimento, una prassi comune per le coppie eterosessuali che offre maggiore tutela al nascituro fin dal momento del concepimento.
Nel frattempo, le cose stanno cambiando anche nel campo di alcune tutele accessorie da cui restavano escluse le famiglie omogenitoriali, quali il congedo obbligatorio di paternità (allargato anche alle madri intenzionali con la sentenza n. 115/2025 della Corte Costituzionale), la scelta libera del cognome (Corte Appello Lecce 2025), ed è stato di recente affermato che la carta di identità elettronica dovrà contenere l’indicazione inclusiva ‘genitore’ invece che l’indicazione di ‘padre’ e ‘madre’ (Cassazione 9216 luglio 2025).
Le strade percorse prima della sentenza
Prima della decisione della Corte, in assenza di una legge sul tema, alcuni giudici e amministratori locali avevano sperimentato diversi strumenti per cercare di tutelare i bambini nati in famiglie omogenitoriali. Uno di questi era l’adozione in casi particolari, prevista dall’art. 44 della legge 184/1983. Si tratta di un istituto nato per situazioni specifiche – per esempio, quando un solo genitore cresce un figlio con l’aiuto stabile di un’altra persona – ma che è stato progressivamente esteso anche alle coppie dello stesso sesso. Questa prassi, però, richiede l’intervento dei servizi sociali e del tribunale minorile, non è automatica né tempestiva, e, quindi, come argomentato dalla Consulta, non garantisce lo stesso livello di tutela del riconoscimento alla nascita.
Un’altra strada è stata quella seguita da alcuni sindaci, che dal 2018 hanno iniziato a registrare all’anagrafe i bambini con due madri, appellandosi all’interesse superiore del minore, in assenza di questioni di ordine pubblico. Inizialmente tollerata, questa prassi è diventata sempre più osteggiata, fino ad essere esplicitamente contestata con l’arrivo del Governo Meloni, che ha messo sotto pressione molti Comuni (in seguito alla circolare del Ministero dell’Interno n.3/2023 del 19.01.2023). In alcuni casi, le procure hanno impugnato gli atti di nascita, come nel famoso caso di 33 coppie a Padova. Questo è stato anche il caso della coppia di Lucca che, con il supporto della Rete Lenford, ha portato il proprio caso in Tribunale, il quale ha poi sollevato la questione di legittimità costituzionale, portando alla storica decisione del maggio 2025.
I giudici della Consulta hanno sancito che questi rimedi non erano adeguati, e hanno ricordato che il mancato riconoscimento fin dalla nascita dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all’identità personale del minore e pregiudica sia l’effettività del suo «diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni», sia il suo «diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale».
Il concetto di ‘genitore intenzionale’
Il concetto di “genitore intenzionale” rappresenta una delle chiavi interpretative della sentenza. Si tratta di una figura già riconosciuta in giurisprudenza: è il genitore che, pur non avendo un legame genetico o biologico con il bambino, ne ha voluto la nascita fin dall’inizio, assumendosi consapevolmente la responsabilità genitoriale. Questa volontà non è solo affettiva, ma ha valore giuridico. Già nel 2020 (127/2020) la Corte aveva affermato che il diritto del nato a essere riconosciuto da chi ha voluto la sua nascita discende dal principio di autodeterminazione e responsabilità, sempre più centrale nelle scelte riproduttive contemporanee.
Nel caso della PMA con donazione di gameti, questo principio è ancora più evidente. In queste famiglie, che sono in realtà nella maggior parte dei casi eterosessuali, uno dei due genitori – o anche entrambi – non ha alcun legame genetico con il bambino. La genitorialità si fonda allora sull’intenzionalità condivisa e sulla cura quotidiana Riconoscere legalmente questo legame significa proteggere il bambino, evitare il rischio di abbandono o conflitto, e garantirgli il diritto alla continuità affettiva e alla sicurezza familiare.
Oggi, le coppie di donne italiane che desiderano avere figli devono continuare a recarsi all’estero, in paesi dove la PMA è consentita anche alle coppie di donne – ovvero tutti i paesi dell’Unione Europea, ad eccezione della Grecia, e tutti i paesi dell’area ex sovietica (Compans, Zagel 2025). In particolare, i paesi prescelti dalle coppie di donne italiane – come anche delle donne single – sono Spagna e Danimarca. È interessante sapere, tra l’altro, che non sono solo le coppie di donne e le donne single a recarsi all’estero, ma anche, ancora, molte coppie eterosessuali con problemi di fertilità. Infatti, benché a queste coppie eterosessuali l’accesso alla PMA sia consentita, il sistema italiano rimane lento e inadeguato. In particolare questo è vero nel caso in cui ci sia bisogno di donazione di gameti che, pur essendo stata legalizzata per le coppie eterosessuali dal 2014, rimane ancora molto difficilmente accessibile in pratica, e comunque esclude la donazione ‘aperta’ – in cui i bambini, e solo loro, se lo vogliono, possono entrare in contatto con i loro donatori quando compiono i 18 anni – che è invece una forma di donazione possibile, e anzi raccomandata o addirittura obbligatoria in molti altri paesi europei.
Questo flusso migratorio di persone che vanno all’estero per accedere alla PMA (chiamato anche ‘turismo riproduttivo’) riflette non solo un bisogno non soddisfatto, ma anche una mancanza strutturale nel sistema italiano. La legge 40/2004, una delle più restrittive in Europa, più volte modificata dalla Corte Costituzionale, continua a rappresentare un ostacolo alla libertà riproduttiva e alla protezione dei minori.
La sentenza 68/2025 è il quinto intervento della Corte su questa legge, questa volta riguardante l’art.8. I giudici hanno affermato che, proprio come avviene nelle coppie eterosessuali, è l’impegno comune nel generare e crescere un figlio a determinare la responsabilità genitoriale. Hanno inoltre riconosciuto che il mancato riconoscimento viola il diritto all’identità personale del minore, e può compromettere il suo equilibrio, la sua educazione e i suoi legami familiari.
Un cambiamento incompleto
Nonostante questo passo avanti, la situazione normativa italiana resta piena di contraddizioni. Le coppie di donne, così come le donne single, non possono accedere alla PMA in Italia, che rimane riservata solo alle coppie eterosessuali maggiorenni, conviventi o sposate, in età fertile e viventi. In parallelo, l’adozione continua a essere preclusa alle coppie omosessuali, anche se recentemente è stata aperta ai singoli individui. Per i padri, la situazione è ancora più complessa. La cosiddetta “legge Varchi”, approvata nel 2024, ha introdotto il reato universale per chi ricorra alla gestazione per altri (GPA), anche in paesi in cui è legale come il Canada o gli Stati Uniti. Una norma che riguarda molte coppie eterosessuali (circa il 90% di chi ricorre alla GPA), ma che colpisce in particolare le coppie di uomini, per le quali la GPA rappresenta, allo stato attuale, l’unica via possibile alla genitorialità. Il reato universale è una fattispecie pensata per crimini di particolare gravità e rilevanza internazionale, quali il genocidio, la tortura, la tratta di esseri umani.
L’Italia, ad oggi, non ha una legge che riconosca le famiglie formate da due genitori dello stesso sesso. La legge sulle unioni civili (la cosiddetta legge Cirinnà, approvata nel 2016), infatti, ha regolato le coppie, ma ha escluso espressamente ogni riferimento alla genitorialità, cancellando dal testo originario la parte relativa alla “stepchild adoption”, ovvero il meccanismo che avrebbe permesso al genitore intenzionale di adottare il figlio o la figlia del partner. Da allora, resta ancora la necessità di una legge organica che garantisca diritti e doveri per le famiglie omogenitoriali. Resta anche l’importanza di allargare l’accesso alla PMA da parte delle coppie di donne, e delle donne singole, che attualmente si vedono costrette ad andare all’estero per accedervi. A ben vedere, però, resta anche la necessità di sviluppare un dibattito pubblico sulla PMA, e in particolare sulla donazione di gameti, che in Italia resta ancora un argomento tabù, nonostante rappresenti un modo sempre più diffuso di fare famiglia, anche per le persone eterosessuali.