Legge delega 227/2021 in tema di disabilità: analisi e prospettive future (parte I)


Giuseppe Arconzo | 21 Luglio 2022

Premessa

L’approvazione della legge n. 227 del 2021 può rappresentare l’inizio di una nuova stagione per i diritti delle persone con disabilità?

Credo che, con tutte le precauzioni del caso, e nonostante le indubbie difficoltà del percorso intrapreso, la risposta debba essere positiva.

Gli ambiti di riforma sono infatti significativi e numerosi1: la definizione della condizione di disabilità; l’introduzione della valutazione di base, grazie alla quale tale condizione potrà essere accertata; l’introduzione della valutazione multidimensionale, tesa a realizzare il progetto di vita individuale e personalizzato; l’informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione; la riqualificazione di alcuni aspetti della pubblica amministrazione nel senso di una maggiore inclusione e accessibilità; l’istituzione del Garante nazionale delle disabilità2.

Il Governo ha dunque la possibilità di ridefinire, finalmente in modo conforme a quanto previsto dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità del 2006, alcuni istituti e procedimenti che presentano notevoli criticità e la cui regolazione si è stratificata nel nostro ordinamento giuridico in modo molto disorganico e disordinato a partire dagli anni ’70 del secolo scorso3. In altre parole, si presenta l’occasione di dare concreta attuazione ad alcuni dei principi chiave – si pensi in primo luogo al diritto alla vita indipendente – sanciti dalla Convenzione Onu e che fino ad oggi sono stati garantiti dal nostro Paese in modo alquanto timido.

Certo, va detto con estrema chiarezza, la legge delega ha soltanto dato avvio ad un percorso che si presenta particolarmente complesso e che pone molteplici sfide, tutt’altro che banali. Anche per la complessità tecnica di alcune riforme previste, non sarà semplice portare a termine il compito di approvare tutti i decreti legislativi previsti dalla legge delega n. 227 del 2021 entro il mese di agosto del 2023 – momento in cui scadrà il previsto termine dei venti mesi dall’entrata in vigore della stessa legge. In questa prospettiva, non pare superfluo evidenziare che, in ogni caso, il Governo avrà ulteriori 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo per apportare i correttivi che si riterranno poi opportuni.

D’altra parte, va anche detto che la stessa legge delega presenta alcune difficoltà interpretative di non poco conto, che richiedono uno sforzo esegetico non indifferente per provare a dare alle previsioni in essa contenuta un significato coerente.

Da questo punto di vista, non ha probabilmente giovato il poco tempo che ha avuto a disposizione il legislatore, chiamato ad approvare la legge in pochi mesi per poter rispettare la scadenza prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza4: approvato il disegno di legge dal Governo il 27 ottobre del 2021, i lavori parlamentari sono iniziati a novembre del 2021, mentre la legge delega doveva essere approvata necessariamente, alla luce di quanto previsto nello stesso Piano, entro il 31 dicembre 2021.

 

 

L’ineluttabile necessità del riordino della normativa

Come si è accennato sopra, la legge individua, all’art. 1, comma 5, diversi distinti ambiti di intervento che dovranno essere oggetto dell’intervento dei decreti legislativi.

Il primo è quello della «definizione della condizione di disabilità nonché revisione, riordino e semplificazione della normativa di settore».

In realtà, è facile notare che la disposizione, pur unitaria, affida qui al legislatore delegato compiti tra loro diversi.

Un conto è infatti introdurre nell’ordinamento una nuova definizione di disabilità, di cui si dirà nel prossimo paragrafo; ben altro quello di rivedere, riordinare e semplificare la normativa di settore.

Quest’ultimo obiettivo sembra doversi meglio ricollegare con quanto previsto – in termini generali – dall’art. 2, comma 1, della stessa legge.

Secondo tale previsione, infatti, il Governo, nell’esercizio della delega legislativa, è chiamato a provvedere «al coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle disposizioni legislative vigenti, anche di recepimento e attuazione della normativa europea, apportando a esse le opportune modifiche volte a garantire e migliorare la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa di settore, ad adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo e a individuare espressamente le disposizioni da abrogare».

 

Come si sposa tale compito5 con i rilevanti ambiti di riforma elencati nel paragrafo precedente e sui quali dovrà intervenire il legislatore delegato?

Pur nella non brillante formulazione della legge, si può ritenere che la stessa presenti un duplice obiettivo: da una parte, quello di apportare le importanti modifiche previste, dall’altra parte, quello di riordinare, revisionare, semplificare e coordinare la normativa esistente proprio all’esito dell’attuazione di tutte le numerose novità previste dalla legge delega6.

In ogni caso, credo fermamente che l’opportunità di un riordino della normativa sia un obiettivo molto importante da perseguire: proprio la disordinata stratificazione nel tempo delle varie norme costituisce oggi per molti cittadini con disabilità e le loro famiglie un ostacolo, a volte insormontabile, per il godimento dei diritti fondamentali che sono loro garantiti.

 

La definizione della condizione di disabilità

Nel nostro ordinamento non esiste in questo momento un percorso procedimentale che conduca all’attestazione di una condizione giuridica (o status) di «disabilità», la quale determini la conseguente attribuzione di determinati diritti o benefici. È ben noto, infatti, che le certificazioni oggi rilevanti sono quelle di invalidità civile, ai sensi della legge n. 118 del 1971, e di handicap, ai sensi della legge n. 104 del 1992.

È dunque certamente opportuna la previsione che vada nel senso di introdurre una definizione della «condizione di disabilità».

A tal fine, l’art. 2, comma 2, lettera a), della legge individua diversi principi che dovranno guidare il Governo. In realtà, il legislatore ha inserito qui alcune previsioni che sembrano andare ben oltre il mero obiettivo definitorio: siamo in presenza di disposizioni e indicazioni che costituiscono elementi centrali nell’impianto di tutta la legge.

In questo senso va interpretato il richiamo alla coerenza con quanto sancito dall’art.1, paragrafo 2, della Convenzione ONU, secondo cui – come ben noto – il concetto di disabilità richiede l’interazione tra le menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali e le barriere di diversa natura che possono ostacolare la piena partecipazione all’interno della società delle persone con disabilità, su base di eguaglianza. Ancora, hanno una portata che trascende il solo compito definitorio della condizione di disabilità sia la distinzione tra la «valutazione di base della disabilità» e la «successiva valutazione multidimensionale», sia la necessità di separare i percorsi valutativi per le persone anziane da quelle previste per adulti e minori. Sempre in questa prospettiva, deve essere infine considerata anche l’indicazione di adottare le classificazioni ICF e ICD.

Sono criteri, quelli appena descritti, che a mio parere dovranno infatti guidare il Governo nell’intera opera di attuazione della legge delega e non solo nel compito di definire la condizione di disabilità: non è un caso che tali indicazioni ritornino anche in altre e più specifiche previsioni della legge delega.

 

Per quanto concerne gli aspetti più propriamente definitori, la legge delega attribuisce al Governo il compito di introdurre anche le definizioni di «profilo di funzionamento» e di «accomodamento ragionevole». In entrambi i casi, la legge delega richiede – il che conferma quanto appena prospettato – che tali definizioni siano coerenti con le previsioni della Convenzione ONU; mentre con riferimento al solo profilo di funzionamento si richiede che il Governo tenga in anche considerazione ICF e ICD.

Vale la pena osservare che i due concetti in esame sono stati oggetto di disciplina da parte delle recenti «Linee guida in materia di collocamento delle persone con disabilità»7 dalle quali potrebbe essere utile desumere indicazioni di interesse.

In particolare, per quanto attiene al profilo di funzionamento8, esso prende in considerazione le capacità e le performance della persona con disabilità.  L’allegato 1 alle Linee guida contiene una scheda dedicata al Profilo di funzionamento in cui vengono individuate le varie dimensioni dell’agire umano9 e le limitazioni che esse riscontrano.

Per quanto concerne invece l’accomodamento ragionevole, si legge che si tratta di una «nozione a contenuto variabile». Partendo da questa constatazione, può dirsi in generale, che sono accomodamenti ragionevoli tutte quelle soluzioni (provvedimenti normativi o amministrativi, adeguamenti dell’ambiente, modifiche del contesto, ecc.) che consentono in modo efficace alle persone con disabilità di godere dei diritti fondamentali e che allo stesso tempo non determinano, nel prisma della ragionevolezza, oneri finanziari sproporzionati a carico di chi è chiamato a porli in essere10.

La valutazione di base e la valutazione multidimensionale

Il cuore della riforma si rinviene in quanto previsto dalle lettere b) e c) dell’art. 1, comma 5, della legge. Si chiede al Governo di procedere alla revisione dei processi di accertamento e valutazione della condizione di disabilità (la valutazione di base) e di introdurre la valutazione multidimensionale, che porterà alla redazione del progetto di vita individuale.

Dando così seguito a quanto indicato nel Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità (D.P.R. 12 ottobre 2017), all’esito del procedimento di riforma dovrebbero così esserci “soltanto” due valutazioni della persona con disabilità.

La prima è quella che viene, per l’appunto, definita come «valutazione di base» e che condurrà all’accertamento della condizione di disabilità.

Questa valutazione dovrebbe andare a sostituire tutti i processi valutativi attualmente esistenti. È infatti noto che, all’esito dell’approvazione di leggi e previsioni normative via via sovrappostesi nel corso del tempo, senza che venisse mai approvato un intervento di revisione organico, le norme attualmente vigenti prevedono oggi il riconoscimento di molteplici status attestanti la presenza di una minorazione da una parte (invalidità, sordità, cecità, sordocecità) e dell’handicap dall’altra parte (ivi compresi gli status di alunno con disabilità e di lavoratore con disabilità). Poiché le varie legge prevedono che al riconoscimento di ogni status consegua il diritto di godere di determinati e diversi diritti, può essere necessario – per poter usufruire di tali diritti – ottenere il riconoscimento di più status, all’esito di procedure diverse.

 

La legge delega, dunque, si propone di ricondurre a unità i procedimenti che accertano l’esistenza di una disabilità: un’unica certificazione – a seguito della valutazione che viene definita «di base» – dovrebbe dunque sostituire tutte le certificazioni oggi vigenti. L’accertamento della condizione di disabilità costituirà poi il presupposto per la successiva valutazione multidimensionale, che porterà alla redazione del progetto di vita individuale.

Come già accennato, i due momenti valutativi richiedono che il Governo proceda contestualmente alla definizione della condizione di disabilità secondo quanto sancito dall’art. 2, comma 2, lettera a), della legge: solo all’esito di tale nuova definizione, che tenga conto dell’approccio bio-psico-sociale, si potranno infatti adottare procedure valutative compatibili con la prospettiva della Convenzione ONU.

Il Governo dovrà porre particolare attenzione ad evitare che la valutazione multidimensionale si trasformi in un nuovo accertamento della condizione di disabilità, che possa magari contraddire quanto indicato nella valutazione di base. A tal fine sarà necessario individuare, pure in assenza di esplicite indicazioni della legge sul punto, misure di raccordo tra i due momenti valutativi, chiarendo altresì il rapporto tra le due valutazioni. Se infatti è vero che si tratta di valutazioni che dovranno essere condotte con modalità differenti e che perseguono scopi differenti, è altrettanto vero che dovranno necessariamente essere tra loro interconnesse.

 

La seconda parte di questo contributo è ora disponibile qui.

  1. Oltre a quelli subito elencati, il testo originario della legge prevedeva anche il potenziamento dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità istituito presso la Presidenza del Consiglio: tale disposizione è stata abrogata dal D.L. 30 aprile 2022, n. 36 (Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza), il cui art. 9 ha già disposto l’autorizzazione all’incremento della pianta organica del citato Ufficio proprio «al fine di garantire l’attuazione della delega legislativa di cui alla legge 22 dicembre 2021, n. 227»
  2. La denominazione di tale organo non appare particolarmente felice. È auspicabile che, nel momento in cui a tale previsione verrà data attuazione, il Garante in questione possa essere qualificato come “Garante nazionale per le persone con disabilità”.
  3. Per un’analisi approfondita sul punto, sia consentito rinviare a G. Arconzo, I diritti delle persone con disabilità. Profili costituzionali, Milano, 2020.
  4. La Missione 5 del Piano, dedicata alla «coesione e inclusione», prevede un’apposita azione che dovrà portare ad una nuova legge quadro per le disabilità (M5C2) con l’obiettivo di «realizzare pienamente i principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006 […] secondo un approccio del tutto coerente con la Carta dei diritti fondamentale dell’Unione Europea e con la recente “Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030” presentata a marzo 2021 dalla Commissione Europea».
  5. Deve ricordarsi che, secondo la giurisprudenza costituzionale, in presenza di leggi delega che attribuiscono il compito di procedere al riordino o al riassetto della normativa, al legislatore delegato è concesso «un limitato margine di discrezionalità per l’introduzione di soluzioni innovative, le quali devono comunque attenersi strettamente ai principi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante» (tra le ultime decisioni, si vedano Corte cost., sentenza n. 105 del 2022 e n. 61 del 2020).
  6. Sul punto va messo in evidenza come la legge in diversi punti prescriva che alcune modifiche riguarderanno necessariamente la legge n. 104 del 1992. Sembra dunque potersi evincere che il riordino della normativa dovrà avere necessariamente come perno tale legge, pur con le opportune modifiche.
  7. Cfr. D.M. 11 marzo 2022, n. 43.
  8. Su cui cfr. anche quanto disposto dal d.lgs. n. 66 del 2017 in ambito scolastico.
  9. Le dimensioni sono le seguenti: «Funzioni cognitive di livello superiore; Sensazione di dolore; Funzioni di tolleranza dell’esercizio fisico; Funzioni della mobilità dell’articolazione; Funzioni della forza muscolare; Guardare; Ascoltare; Acquisizione di abilità; Dirigere l’attenzione; Prendere decisioni; Intraprendere compiti articolati; Gestire la tensione e altre richieste di tipo psicologico; Farsi capire parlando, scrivendo, o scrivendo su una tastiera, o ogni altro mezzo che sia normale o ragionevole utilizzare senza la mediazione di altre persone; Comprensione della comunicazione verbale o non verbali da sole o in combinazione, avvalendosi di ogni altro mezzo che sia normale o ragionevole utilizzare senza la mediazione di altre persone; Cambiare la posizione corporea di base; Mantenere una posizione corporea; Sollevare e trasportare oggetti; Uso fine della mano; Bisogni corporali senza la mediazione di altre persone; Mangiare e bere senza la mediazione di altre persone; Uso della mano e del braccio; Camminare; Usare un mezzo di trasporto; Guidare; Mantenere e gestire le interazioni con gli altri; Appropriatezza del comportamento nei confronti di altre persone»
  10. Cfr. anche l’art. 5 della direttiva 2000/78/CE, nonché l’art. 3, comma 3-bis, del d.lgs. n. 216 del 2003, come modificato dal d.l. n. 76 del 2013, convertito, con modifiche dalla legge n. 99 del 2013.