L’implementazione di REI e RdC nei territori

Quanto è importante tenere in considerazione il punto di vista dei servizi


I primi giorni di maggio è uscito il nuovo Decreto Legge (4 maggio 2023, n. 48) su “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, che produrrà nuovi e ulteriori cambiamenti che coinvolgeranno le politiche di contrasto alla povertà nel nostro Paese. In questo contributo presentiamo alcuni aspetti emersi nell’ambito dell’attività di ricerca condotta da INAPP negli ultimi anni analizzando il sistema dei servizi di welfare coinvolti a livello locale nell’attuazione prima del Reddito di Inclusione (REI) e poi del Reddito di Cittadinanza (RdC). Due le indagini realizzate, la prima1 tra 2020-2021 e la seconda nel 20222, entrambe hanno avuto come unità di rilevazione i referenti di Ambiti territoriali sociali (ATS), di Centri per l’impiego (CPI) e dei Servizi sociali comunali (SSC) con una copertura a carattere nazionale. L’attività di ricerca si completa con una indagine specifica sui beneficiari, svolta tra 2021 e 2022, che ha coinvolto un campione di oltre 5.000 persone tra percettori e non delle diverse misure di contrasto alla povertà3. Si tratta, in realtà, di un processo di analisi ancora in corso, considerati i recenti tempi di conclusione della seconda indagine sui servizi (fine dicembre 2022) e la ricchezza del patrimonio informativo a disposizione con le sue indubbie complessità interpretative. Molte delle evidenze qui espresse sono state presentate a fine marzo 2023 in un convegno di restituzione e condivisione dei risultati, in questa sede focalizziamo l’attenzione principalmente sul versante servizi, richiamando alcuni spunti utili provenienti dall’indagine sui beneficiari in modo da completare il quadro d’insieme.

Un primo livello di analisi sull’azione dei servizi coinvolti come ‘implementatori locali’ della policy riguarda il processo di convergenza territoriale della struttura locale di competenza di ATS, Distretti sanitari e CPI. L’assetto del territorio, infatti, costituisce un elemento di rilievo nel sistema di governance dei servizi stessi, facilitando anche i processi di lettura dei bisogni della popolazione di riferimento. La coincidenza territoriale tra ATS, Distretti sanitari e CPI (promossa dallo stesso art. 23 della Legge n. 147 del 2017) è garantita, ad oggi, da poco più della metà degli ATS coinvolti nell’indagine, dato in crescita rispetto alla precedente rilevazione. Tra coloro che hanno attuato questo tipo di percorso viene dichiarato che è stato di facile attuazione (oltre il 70%) e che ha prodotto buoni risultati in termini di gestione ed efficacia degli interventi realizzati (79%). La mappa seguente rende più chiara la situazione a livello di ATS, evidenziando tuttavia un’eterogeneità territoriale che caratterizza anche altre dimensioni di analisi e che può rappresentare un ostacolo generale in termini di raggiungimento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS) così come recentemente declinati dal legislatore nella Legge di Bilancio 20224.

Figura 1 – Coincidenza fra ATS, CPI e Distretto sanitario

Fonte: dati Inapp 2022 – Seconda indagine CAWI su “Implementazione del ReI e passaggio al RdC”

Risorse e strutture

Nella prima indagine poco più del 40% degli ATS indicava che le risorse disponibili per l’Ufficio di piano (UDP) fossero congrue rispetto agli obiettivi da raggiungere, le maggiori difficoltà nascevano dalla scarsità di personale, non sufficiente per poter svolgere adeguatamente il lavoro previsto (80%). Nella seconda indagine la situazione sembra peggiorare, poiché solo il 29% degli UDP ritiene che le proprie risorse umane siano sufficienti a rispondere adeguatamente ai bisogni dell’Ufficio. Tale dinamica mal si adatta al processo di rafforzamento ‘numerico’ avviato da qualche anno grazie a risorse dedicate del Fondo povertà e del PON Inclusione, giudicati comunque in termini positivi (tre ATS su cinque ritengono adeguati gli importi ed efficaci nella definizione dei meccanismi). Tuttavia, potrebbe essere un’indicazione del maggior carico di lavoro da sostenere a livello di ATS, anche rispetto alle logiche ‘plurifondo’ a cui rispondere, non adeguatamente compensato da più risorse umane e competenze sviluppate. Anche rispetto ai cambiamenti organizzativi indotti dalla messa a regime del RdC si mette in evidenza il grande sforzo di adattamento delle istituzioni coinvolte nel dover supportare un aumento del carico di lavoro (oltre il 90%), così come introdurre nuove metodologie di lavoro (80%) e acquisire un linguaggio comune con altri servizi.

La carenza strutturale di personale viene segnalata anche dai CPI (il 67% dei casi), meno a livello di SSC che si dichiarano soddisfatti del loro attuale assetto in oltre la metà dei casi; tuttavia, presentano significative differenziazioni a seconda dell’appartenenza geografica e della dimensione in termini di popolazione residente. Nel caso specifico dei CPI, inoltre, è utile chiarire che al momento della rilevazione si era in piena attuazione del programma GOL, caratterizzato da volumi di utenza molto elevati e, in particolare al Mezzogiorno, già destinatari proprio di RdC5.

Evidenze secondo noi molto interessanti – da tener presente soprattutto date le future evoluzioni del nuovo Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL) previsto dall’assegno per l’inclusione – riguardano l’esistenza, l’interoperabilità e il funzionamento complessivo dei tanti e diversi sistemi informativi a disposizione dei servizi. La coesistenza di diversi sistemi informativi, necessari per l’espletamento delle molteplici esigenze e la realizzazione a vari livelli di governance, presuppone, infatti, una facilità di scambio fra sistemi in termini di immediatezza e facilità di lettura delle informazioni in essi presenti. Per gli ATS il sistema informativo risulta in parte interoperabile con le piattaforme digitali previste dalla normativa RdC per la gestione dei Patti (57,1%) e con il Sistema Informativo Unitario dei Servizi Sociali (SIUSS) (51,9%) ma meno con i sistemi dell’INPS (solo un terzo). Il 71,3% degli ATS non ha sistemi informativi interoperabili con il Sistema Informativo Unitario delle Politiche per il Lavoro (SIUPL), specularmente l’85,5% dei CPI dichiara di non avere un sistema in grado di dialogare con il SIUSS. Il 74% dei CPI invece dialoga con sistemi informativi territoriali mentre un 57% non ha un sistema interoperabile con l’INPS. A ciò si aggiungano due aspetti rilevanti: le capacità di popolamento del SIOSS da parte degli ATS e del SIUSS da parte dei SSC è fortemente condizionata dalla mancanza di tempo più che da carenze strutturali; quanto alla qualità dei flussi informativi tra i diversi attori coinvolti nella gestione delle misure risulta (ancora) essere non sufficientemente adeguata con INPS, anche ma non solo per malfunzionamenti diffusi dell’algoritmo di assegnazione dei beneficiari RdC.

Attuazione della misura

Tre ATS su quattro hanno lavorato per rafforzare la capacità dei servizi nell’essere in grado di offrire un progetto personalizzato e uno su due ha verificato il rispetto dei LEPS. Sulla costituzione dell’equipe circa il 40% ha gestito direttamente la costituzione o ne ha coordinato i servizi. Mentre oltre il 40% coordina le attività di verifica della condizionalità. Nel caso dei CPI, due terzi delle strutture si sono dotate di uno sportello dedicato ai beneficiari del RdC. La stipula del patto, la definizione di un’agenda di appuntamenti e la verifica degli impegni e delle condizionalità posti a carico dei beneficiari risultano avere tempi più veloci rispetto ai tempi di lavorazione, in media trascorrono circa 4 mesi e mezzo tra l’autorizzazione ad ottenere il RdC rilasciata dall’INPS e la presa in carico del beneficiario da parte dei CPI. Dato molto simile anche per i SSC: l’attesa media tra il riconoscimento del RdC da parte di INPS e la presa in carico da parte dei Servizi sociali è in media tra i 4 e i 5 mesi. Per l’elaborazione dei patti per l’inclusione, viene realizzata una progettazione condivisa con la famiglia del beneficiario circa nella metà dei servizi comunali. Stando ai dati raccolti, sembrerebbero meno problematiche le fasi successive: la stipula del patto, la definizione di un’agenda di appuntamenti e la verifica degli impegni e delle condizionalità posti a carico dei beneficiari.

Proprio in merito ai progetti personalizzati è significativo richiamare una delle evidenze più interessanti emerse nell’ambito dell’indagine valutativa sui beneficiari REI: non solo, infatti, le analisi realizzate mostrano un impatto significativo e robusto sulla riduzione della grave deprivazione materiale, ma tale effetto è amplificato proprio dalla ricezione di un progetto personalizzato.

Infine, in entrambe le indagini sui servizi si è posto un quesito finale che facesse sintesi sull’attività di implementazione delle due misure (REI e RdC) e che ci restituisce un quadro articolato della situazione, confermando la complessità operativa di misure di policy caratterizzate da una governance multilivello. Le componenti individuate dalla domanda ci permettono di cogliere gli aspetti caratterizzanti la misura e, in particolare, quelli che potremmo definire essenziali. Gli aspetti critici o positivi indicati dai rispondenti dei tre servizi rafforzano e convalidano quanto evidenziato negli specifici approfondimenti del questionario in relazione a dotazioni e risorse, attività con l’utenza, modalità organizzative e i processi di attuazione e integrazione dei tre servizi. In generale risulta (molto) più positivo il giudizio espresso dagli ATS rispetto a quanto dichiarato dai CPI e SSC6. In particolare, per quanto riguarda gli ATS, un bilancio positivo viene rilevato in relazione al processo di rafforzamento dei servizi stessi che si sta attuando sia in termini di risorse umane che finanziarie (rispettivamente nel 66% e nell’80% dei casi) e rispetto ad aspetti più operativi come la presa in carico dell’utenza (l’87%) e dell’offerta integrata dei sevizi (il 59%). La relazione utente-rete dei servizi viene giudicata in maniera positiva non solo da parte degli ATS, ma anche da parte dei CPI. In questo senso, è possibile individuare un punto di convergenza tra le indagini dedicate ai servizi e quella dedicata ai beneficiari: ci sembra di poter dire, infatti, che le politiche nazionali di contrasto alla povertà abbiano in qualche modo avvicinato l’utenza al sistema dei servizi, migliorando non solo il livello di conoscenza (e quindi di accessibilità), ma aumentando anche la fiducia reciproca tra istituzioni e cittadini. Tale risultato, inoltre, è anche coerente con quanto rilevato in altre indagini INAPP recentemente condotte sulla platea di beneficiari RdC7.

Tabella 1 – Un bilancio sull’esperienza del RdC
 

ATS

CPI

 

Criticità

Aspetti positivi

Criticità

Aspetti positivi

Sistemi informativi

53

38

61

33

Risorse umane

30

66

46

45

Risorse finanziarie

12

80

24

22

Informazione al pubblico

25

61

18

69

Accoglienza – presa in carico

10

87

11

85

Valutazione multidimensionale e strumentazione dedicata

25

69

41

42

Offerta integrata dei servizi

32

59

51

34

Offerta di lavoro – formazione

58

31

58

34

Applicazione della condizionalità

46

36

44

49

Rispetto dei tempi e delle procedure dei progetti personalizzati

58

34

54

33

Modello organizzativo – gestionale

31

63

36

55

Equipe multidisciplinare

31

63

42

37

Rapporti con utenza precedentemente non nota ai servizi sociali

18

76

   

Rapporti con utenza precedentemente non nota ai servizi per il lavoro

23

55

30

60

Coinvolgimento dei nuclei familiari nella costituzione dei patti

25

70

   

Fonte: dati Inapp 2022 – Seconda indagine CAWI su “Implementazione del ReI e passaggio al RdC

L’offerta di occupazione/lavoro e di attività formative per i beneficiari del RDC (così come già rilevato nel caso del REI) è il punto dolente messo in evidenza dalla gran parte dei rispondenti, sia sul versante sociale che su quello dei servizi per l’impiego. Infatti, quasi il 60% degli ATS e dei CPI individua come problematica tale dimensione attuativa della misura.

Conclusioni

Tra pochi mesi potrebbe essere chiesto ai servizi un ulteriore cambio di passo con nuove misure che dovrebbero tentare quantomeno di valorizzare gli sforzi già fatti dalle amministrazioni locali di fronte all’alternarsi di policy per il contrasto alla povertà (e non solo). Molto si è già scritto in proposito8, ponendo però un interesse secondario proprio sugli aspetti applicativi e sulle ricadute operative sul sistema dei servizi a livello locale. In questo senso è importante non dissipare il patrimonio di pratiche, conoscenza e fiducia reciproca accumulati dalle istituzioni locali in questi anni nell’attuazione di REI e RdC. Le evidenze mettono chiaramente in luce lo sforzo compiuto così come i primi segnali positivi e concreti della messa a terra degli interventi in questione. Come messo in evidenza già attraverso i dati della prima indagine sui servizi (D’Emilione e altri, 20229), nonostante l’eterogeneità delle situazioni, è possibile identificare dinamiche positive tali per cui nei territori in cui operano gli ATS caratterizzati da maggiore integrazione, insistono anche i CPI capaci di garantire migliori livelli di erogazione dei servizi essenziali. È necessario, dunque, che la nuova politica pubblica non produca un effetto di spiazzamento nei confronti dei sistemi locali che funzionano e per far ciò, è necessario garantire una buona governance. Non è detto dunque che basti la creazione di un sistema informativo unico rispetto al quale, comunque, restano in piedi ad oggi le medesime difficoltà attuative degli altri sistemi fin qui creati e che fanno capo essenzialmente alla reale interoperabilità delle piattaforme esistenti (anche e soprattutto a livello locale/regionale) e alla capacità delle amministrazioni di alimentarli.

Infine, i molti sforzi compiuti in questi anni per (poter) ricominciare a parlare di LEPS deve conciliarsi, se possibile, non solo con l’eterogeneità territoriale dei sistemi di welfare, ma anche con complesse questioni recentemente ri-aperte come nel caso dell’autonomia differenziata10.

  1. Ancora A., Giuliano G. A. (2022), Dal ReI al RdC: il lavoro del territorio nell’attuazione delle misure di contrasto alla povertà, Inapp Report n. 28, Roma, Inapp.
  2. D’Emilione M., Di Giampaolo A., Ferri G., Natoli G., Ranieri C., Tagliavia C., Giuliano G.A. (2023), L’attuazione del Reddito di cittadinanza vista dal sistema dei servizi: risultati raggiunti e sfide future, Roma, Inapp, WP, 106.
  3. Ancora A., De Angelis M. (2023), L’indagine Inapp ai beneficiari del ReI: impatto delle misure di sostegno al reddito, identikit dei beneficiari e percorsi di reinserimento, Roma, Inapp, WP, 105.
  4. All’art. 1, comma 159, della Legge n. 234 del 2021 (Legge di Bilancio 2022) si ribadisce la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) come “gli interventi, i servizi, le attività e le prestazioni integrate che la Repubblica assicura con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale per garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità”.
  5. Nota n. 1/2023 (dati al 31/1/2023) – Collana Focus Anpal n. 148.
  6. Per motivi di spazio il dato sui SSC non viene riportato.
  7. Bergamante F., De Minicis M., Così il Reddito di cittadinanza migliora la vita dei beneficiari, La Voce, 27 marzo 2023.
  8. Si veda ad esempio su La Voce del 21 aprile 2023 l’interessante ricostruzione di Baldini M. e Pacifico D. o le elaborazioni di fonte Banca d’Italia di Lattanzio S. e Romano S..
  9. D’Emilione M., De Angelis M., Giuliano G., Luppi M. (2022), I livelli essenziali alla prova dell’attuazione delle misure di contrasto alla povertà, Sinappsi, XII, n.1, pp.62-79.
  10. Morales Sloop, Istruzione ed autonomia differenziata: alcuni problemi a partire dai LEP, Menabò di Etica ed Economia, 1 maggio 2023.