Resilienti e anticicliche: buone notizie dalla cooperative trentine


Laura Galassi | 23 Ottobre 2019

Nel quadro di lieve ripresa dell’economia regionale, i ricercatori di Euricse, coordinati da Chiara Carini ed Eddi Fontanari, hanno voluto interrogarsi sul ruolo rivestito dalla cooperazione in provincia di Trento.

L’indagine, presentata il 24 settembre a Trento, segue e ripropone i temi del rapporto Istat-Euricse 2018 in cui emergeva, tra le altre cose, come tra il 2007 e il 2015 l’occupazione dipendente nelle cooperative a livello nazionale fosse aumentata del 17,7%, mentre nelle altre forme di impresa era diminuita del 6,3%, evidenziando quindi un carattere anticiclico e resiliente di queste imprese in una fase di grave crisi economica. Secondo i dati Inps (Borzaga, 2015; Borzaga, 2017), riportati invece nel volume pubblicato in occasione del decennale di Euricse “Cooperative da riscoprire” (Borzaga, 2018; Welforum ne ha sintetizzato i risultati in questo articolo), tra il 2008 e il 2014 le posizioni attive nelle cooperative italiane alla fine del mese di dicembre erano passate da 1 milione e 176 mila a 1 milione 292mila, con un aumento di oltre 115 mila lavoratori.

Anche lo zoom sul Trentino conferma questo andamento positivo, con l’occupazione in crescita tra il 2012 e il 2017 del 26,6% contro l’1,7% delle altre imprese private locali. Ciò avviene tra l’altro in un contesto territoriale in cui l’impatto economico complessivo della cooperazione – comprensivo dell’indotto – è molto rilevante sull’economia provinciale, con un valore aggiunto di 2,35 miliardi pari al 13,6% del Pil. Inoltre in Trentino il 17,4% dei posti di lavoro risulta attivato dal settore cooperativo.

Si conferma perciò che, come e più delle altre cooperative italiane, le cooperative trentine abbiano reagito alla recessione in modo nettamente diverso dalle altre forme di impresa.

 

Il focus sulle cooperative sociali

Dopo il quadro generale, la nuova ricerca di Euricse approfondisce l’evoluzione recente e le possibili linee di sviluppo di cinque settori della cooperazione trentina – produzione e lavoro, agricolo, sociale, consumo e credito.

Per quanto riguarda le cooperative sociali, nel capitolo curato da Sara Depedri emerge il ruolo di primo piano che esse svolgono nel panorama locale: crescono in dimensione, per solidità, nella capacità di copertura di eterogenei bisogni sociali e nella funzione di offerta di lavoro a persone svantaggiate, anche investendo e garantendo ai propri servizi e ai propri processi produttivi una certa individualizzazione e un carattere distintivo.

Questo impatto economico e sociale genera valore aggiunto in senso ampio per le comunità ed il territorio, ma anche in modo specifico per le politiche pubbliche. In primo luogo, dai dati sul personale disponibili nei Censimenti Istat emerge che nel 2015 le cooperative sociali trentine avevano occupato complessivamente 6.307 addetti, ossia 53 lavoratori per cooperativa, con un peso pari all’1,4 per cento del totale forza lavoro occupata nelle cooperative sociali italiane. Dimensioni organizzative, quindi, mediamente elevate e ancor più significative se si considera che, a livello nazionale, le cooperative sociali hanno impiegato in media solamente 27 lavoratori retribuiti. Il dato sale invece a 46 tra le cooperative sociali del Nord-Est, dove le cooperative trentine sono per dimensione seconde soltanto a quelle dell’Emilia-Romagna (59 addetti in media annua).

 

Il legame di natura economica tra cooperative sociali e pubbliche amministrazioni territoriali in Trentino è forte: il 65,8% delle cooperative sociali trentine ha entrate prevalentemente pubbliche contro il 43,8 per cento a livello nazionale. La dimensione media delle cooperative trentine con prevalente fatturato da enti pubblici risulta inoltre superiore rispetto alle altre (2,2 milioni di euro contro 787 mila euro di valore della produzione di quelle con prevalente fatturato verso imprese e cittadini) e il totale dei loro ricavi incide per l’84,4 per cento sul valore della produzione generato complessivamente dalla cooperazione sociale trentina. Ci si trova quindi nuovamente davanti a dati peculiari rispetto al panorama italiano, dove la dimensione media è di 1,4 milioni di euro (contro 630 mila euro di valore della produzione delle cooperative sociali a prevalenza di entrate private). In sostanza, le cooperative sociali trentine hanno in ogni caso dimensioni maggiori rispetto alla media nazionale; ma tale scarto è oltremodo sensibile tra quelle che lavorano prevalentemente per la pubblica amministrazione. Seppur vada tenuto presente che per entrambe le variabili i valori delle cooperative sociali trentine risultano inferiori a quelli registrati in altre regioni italiane contigue, come Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

L’evoluzione del valore della produzione dimostra inoltre altri elementi di buona solidità e struttura economico-finanziaria delle cooperative sociali trentine. I dati evidenziano infatti un sistema che cresce dal punto di vista imprenditoriale e strutturale. Il valore della produzione è risultato in questi anni in crescita: tra il 2014 e il 2017 si è registrato un aumento del 18,2 per cento e per un quarto delle cooperative l’incremento ha superato il 25 per cento.

 

Ulteriori approfondimenti sul sistema sono forniti dall’indagine ImpACT, promossa da Euricse e Consolida su un campione di 42 cooperative. Tra le cooperative sociali di tipo A analizzate, sono circa 19 mila le persone che hanno beneficiato dei servizi. Rispetto agli interventi a favore di soggetti svantaggiati, le cooperative di tipo B campionate risultano aver inserito complessivamente nel 2017 oltre 1.100 persone, grazie anche alle specifiche progettualità territoriali promosse dalla locale Agenzia del lavoro; sono infatti circa 400 i lavoratori svantaggiati assunti (350 dei quali, oltre che appartenenti alle categorie indicate nella legge 381/1991, anche ricompresi in specifiche linee di intervento definite a livello provinciale) e 715 i coinvolti in Lavori Socialmente Utili. Inoltre, l’81,1% degli acquisti delle cooperative sociali è fatto presso imprese trentine e il 68,8% del valore della produzione è utilizzato per coprire il costo del personale e, quindi distribuito a favore dei lavoratori, che al 98% risiedono in provincia di Trento.

 

Accanto a ciò, altri dati segnalano l’attivismo delle cooperative sociali trentine nella raccolta di risorse economiche aggiuntive: non solo donazioni (con un valore totale prossimo ai 170 mila euro, di cui 70 mila euro raccolti da un’unica cooperativa), ma anche la partecipazione a bandi indetti da finanziatori privati e dall’Unione Europea. A tal proposito, tra il 2015 e il 2017, una decina di cooperative sociali ha partecipato a bandi indetti da fondazioni e a bandi europei, facendo confluire complessivamente risorse per oltre 600 mila euro. Capacità di diversificazione delle risorse, quindi, che sottende capacità progettuali, anche se, per il futuro, si dovrà pensare ad una progressiva estensione di queste pratiche e di queste azioni anche alle altre cooperative sociali.

Le sfide della cooperazione sociale

In cosa la cooperazione sociale trentina potrebbe migliorare per ampliare ulteriormente la propria ricaduta sul territorio? L’analisi dei dati eseguita dai ricercatori di Euricse fornisce le basi ideali per rilanciare alcune sfide, a partire da una maggiore attenzione alla componente lavoro e ai lavoratori. L’impatto occupazionale sul territorio presenta infatti elementi migliorabili con riferimento a diversi aspetti contrattuali. In primo luogo, al 31 dicembre 2017, i dipendenti a tempo indeterminato erano il 76 per cento del totale dei lavoratori e, guardando ai flussi in corso d’anno, la percentuale si riduce significativamente, ad indicare una buona ma ulteriormente migliorabile stabilità occupazionale. In secondo luogo, merita una riflessione il fatto che solo il 33,2 per cento dei dipendenti delle cooperative analizzate ha un contratto full-time e che tra i part-time vi sono molti casi di riduzione dell’orario imposte per necessità di settore o gestionali delle cooperative.

Infine, sebbene il rapporto con la pubblica amministrazione sia ancora piuttosto vincolante, ci sono spazi per il cambiamento nelle modalità di relazione con la stessa e autonomie per aprirsi a logiche diverse, come la coprogettazione, rafforzando ulteriormente alcune pratiche già in essere (vedi grafico). A ciò va aggiunta la necessità di ricercare fonti alternative per sostenere la produzione e/o l‘estensione dei servizi e di potenziamento della rete tra enti privati, costruendo legami economici e progettuali tra cooperative sociali, ma anche con le altre imprese del territorio.

 

Coinvolgimento delle cooperative sociali nelle politiche territoriali. Valori percentuali

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