La vulnerabilità resiliente

Rapporto OveR 2025 sulla società lombarda


OVeR – Osservatorio sulla vulnerabilità e la resilienza in Lombardia nasce dall’alleanza tra ACLI Lombardia e l’Istituto per la Ricerca Sociale – insieme ad ARS – nel 2022. Promuove Rapporti periodici a partire dalla robusta base dati delle ACLI, raccolta nelle attività associative e di servizio (in particolare i Servizi fiscali e di Patronato). Quest’anno il Rapporto giunge alla sua terza edizione e si arricchisce di una sezione inedita e rilevante, attraverso un’ampia Social survey online, inedita per l’estensione sui si è costruita.

Il Rapporto viene presentato a Milano mercoledì 15 ottobre. La sintesi di seguito riportata si concentra sulla survey condotta. Qui per un commento più ampio, comprendente l’analisi dei dichiarativi fiscali.

 

La Social survey condotta per la prima volta quest’anno è stata realizzata tramite questionario inviato online a circa 215.000 contribuenti lombardi (dichiarativi 730/2024), di cui era disponibile l’indirizzo email. La redemption è andata oltre il 10%: hanno risposto oltre 23.000 contribuenti. Hanno partecipato in maggiore misura donne (57%) e persone occupate (60%). Milano, in particolare, ha visto una partecipazione massiccia (41%). Inoltre, per più del 92% dei rispondenti è stato possibile collegare, in forma ovviamente anonima, i dati della survey a quelli dei dichiarativi fiscali sostanziando le informazioni qualitative e percettive raccolte. Gli ambiti del welfare esplorati tramite questionario sono molteplici, nella restituzione di quest’anno ci siamo concentrati su lavoro, istruzione, casa, mentre al Rapporto 2026 affideremo gli altri approfondimenti.

Di seguito riportiamo in sintesi gli elementi più salienti emersi in relazione ai tre ambiti menzionati.

Il lavoro

Gli occupati rappresentano oltre il 60% dei rispondenti. Sono prevalentemente donne, di età media di circa 50anni, con titoli di studio medio-alti, in famiglie con figli; di converso i pensionati, pari al 36% sono prevalentemente uomini e vivono soli o con il coniuge. Tra gli occupati, il 27,8% si caratterizza per una situazione occupazionale in «movimento» rispetto all’anno precedente: di essi il 41,3% ha trovato lavoro o aumentato le ore lavorate, contro un 25,8% che lo ha perso o ha diminuito l’impegno. Bergamo e Cremona, le province con più alti tassi di occupazione della Lombardia, secondo Polis Lombardia e l’Osservatorio Unioncamere Lombardia, sono anche le province che si caratterizzano per un maggior turn over occupazionale.

Diffusa è la sensibilità rispetto ai problemi connessi al mercato del lavoro: la difficoltà di accesso a tale mercato e l’aumento della disoccupazione sono particolarmente sentiti, specie dalle donne, dai contribuenti 50enni e considerati questione “molto rilevante” da parte degli intervistati delle province di Lodi e Pavia, per converso caratterizzate dai tassi di disoccupazione più alti della media lombarda.

Oltre un terzo di tutti gli intervistati (36%) sostiene oneri di cura: il 10% nei confronti di bambini (figli) il 23% nei confronti di anziani (genitori). Gli oneri di cura, talvolta anche multipli, impattano sulla conciliazione tempo-lavoro: Sono soprattutto le donne a cambiare lavoro, ridurre l’impegno orario o lasciare completamente il lavoro (differenza particolarmente marcata tra chi si occupa di bambini). Il livello di istruzione funge in qualche modo da fattore protettivo: chi ha un diploma o una laurea tende a rimodulare l’impegno lavorativo (cambiando occupazione o riducendo le ore), chi ha più basse qualifiche è costretto con più probabilità a lasciare il lavoro perché non può permettersi un supporto di altro tipo (badante o baby-sitter).

Le spese per l’istruzione dei figli

I contribuenti con figli a carico in età scolare rappresentano il 30% dei rispondenti. Di questi il 60% dichiara un aumento delle spese per l’istruzione rispetto all’anno precedente, specie se non occupati o con bassi titoli di studio. La motivazione principale risiede in un aumento generalizzato della spesa (73,5%), in parte imputabile anche all’aumento dei servizi e beni correlati, quali mensa e libri di testo, ma la crescita delle spese risulta anche imputabile a passaggi dei figli a gradi di istruzione superiore e al ricorso al sistema di istruzione privato, motivazione particolarmente sentita nel milanese, con riferimento a contribuenti con alti titoli di studio.

La questione davvero preoccupante è che l’istruzione sta diventando un «bene di lusso». Oltre ad aumentare in termini assoluti, le spese impattano in maniera significativa sui redditi delle famiglie: per il 47% dei contribuenti con i redditi più bassi (inferiori a 10.000 euro/anno) incidono per oltre il 30%.

Il 27% dei rispondenti dichiara, inoltre, di aver dovuto rinunciare o limitare l’accesso a servizi extrascolastici per i figli nell’ultimo anno; a risentirne maggiormente le attività sportive e ludico-ricreative, quali corsi di musica, di lingue, teatro. A seguire la limitazione ha riguardato anche le ripetizioni e le attività di pre-dopo scuola.

Le spese per l’abitazione

Più di quattro quinti del campione abita in una casa di proprietà, mentre l’affitto/usufrutto riguarda solo il 17%, meno della media italiana, che è pari al 25%, secondo gli ultimi dati EUSILC Istat. Ma vivere in affitto è diventato un fattore di vulnerabilità crescente, anche per i cittadini lombardi: per oltre la metà si tratta di redditi bassi (fino a 20.000), bassi titoli di studio, soprattutto giovani e famiglie monogenitore. Di contro risulta in affitto solo il 5% tra coloro che dichiarano più di 40.000€ l’anno.

I costi legati all’abitare incidono in modo significativo sui bilanci familiari. Secondo OCA-Osservatorio Casa Abbordabile del Politecnico di Milano, una casa affordable, cioè economicamente sostenibile, non dovrebbe costare più del 30% dei redditi. Ebbene, un contribuente su due dichiara spese superiori, uno su 6 supera addirittura la soglia del 50%, ossia va nelle spese per la casa più della metà del reddito. Chi appartiene a quest’ultimo gruppo? Sono soprattutto giovani, persone in affitto, con basso grado di istruzione e frequentemente famiglie mono genitore.

Tre profili, tra vulnerabilità e resilienza

I dati raccolti ci consentono di identificare alcuni profili di fragilità e insieme di resilienza diffusi e trasversali rispetto alle diverse province e contesti sociali lombardi.

Le famiglie monogenitore, seguite dalle coppie con figli, sono le più vulnerabili, a rischio di scivolamento e disilluse: sono le famiglie più concentrate nei quintili di reddito più bassi, il 42,3% ha dichiarato un peggioramento della situazione economica dal 2024 (contro il 30% del totale), un peggioramento della propria realizzazione nel lavoro o nelle attività che svolge ed una maggior peso sui redditi delle spese per l’istruzione dei figli e per la casa.

I giovani a scavalco tra precariato e vitalità, costituiscono un secondo profilo di vulnerabilità: sono più frequentemente in affitto, ma i più mobili nel mercato del lavoro; sono per lo più occupati, dichiarano una situazione economica migliore rispetto ai contribuenti delle altre fasce di età, con riferimento al 2024, ma presentano anche i redditi più bassi di tutto il campione (22.000 € annui contro i 39.000 € dei 50enni).

Un terzo profilo è dato dagli over 65enni, i quali vivono in una condizione di maggior stabilità e sicurezza: sono essenzialmente pensionati, quasi 9 su 10 vivono in casa di proprietà, per oltre il 67% dichiarano una situazione economica stabile e presentano anche i redditi medi più alti: la metà di loro si colloca nel quintile di reddito più elevato.

Per concludere… e per aprire

Con questo terzo Rapporto, OVeR tiene fede allo sforzo di superare un approccio settoriale, che segna molte analisi su singoli aspetti di disagio o sull’efficacia di specifici interventi. Lo abbiamo fatto studiando l’evoluzione nel tempo della vulnerabilità, la multidimensionalità, l’intreccio dei fattori. Le indicazioni che nascono dall’analisi qui riassunta sono molteplici e riguardano gli interventi sociali, socio-sanitari, culturali, le policy di domani, del pubblico e del privato sociale.

Dopo gli anni della pandemia è diventato sempre più evidente l’allargamento della forbice tra perdita del potere d’acquisto e aumento dei costi della vita quotidiana. Le molte evidenze emerse consentono di valutare le conseguenze di questa dinamica, e in questa direzione andranno i prossimi rapporti, come detto già in cantiere, a partire dal 2026. Sulla base di queste evidenze possiamo affinare via via un welfare che sia davvero aderente ai cambiamenti che attraversano la società lombarda. Lo facciamo anche valorizzando le nostre diverse “antenne”, i luoghi di ascolto e di partecipazione sul territorio, a cominciare dalle reti associative e di servizio delle ACLI in Lombardia e attraverso le voci raccolte nell’Osservatorio nazionale sulle politiche sociali di Welforum.it e nel portale LombardiaSociale.it.

Consegniamo dunque queste evidenze al confronto e alla discussione, perché possano davvero tradursi in scelte e decisioni che possano aiutare la società lombarda, e in particolare le sue componenti più fragili, a far fronte alle sfide di domani.