Nel disegno di legge di bilancio per il 2026 in via di emanazione (qui il testo) si parla di Leps. Tra i motivi per cui si affronta tale questione c’è anche la necessità di far fede all’impegno che il Paese ha assunto nel Recovery Plan di completare il processo di federalismo fiscale entro il 2027. Per raggiungere questo risultato occorre definire:
- le responsabilità dei vari livelli di governo nell’erogazione dei servizi per cui si intendono assicurare garanzie in tutto il Paese;
- i meccanismi di finanziamento (assicurando che ogni ente abbia risorse adeguate per garantire i servizi essenziali di cui è responsabile, superando l’attuale sistema dei trasferimenti dallo Stato alle regioni agli ATS);
- un sistema di monitoraggio e le azioni da adottare in caso di mancato rispetto delle garanzie.
Tra le tante materie oggetto del rapporto tra sistema Centrale ed enti territoriali la materia dell’assistenza è da sempre una delle più controverse per diversi motivi:
- a causa della storica mancata definizione dei Leps (un processo avviato solo qualche anno fa e ancora in corso di implementazione)
- poiché ci sono diversi soggetti che concorrono al finanziamento dei servizi sociali (UE, Stato, Regioni, Province, Comune con risorse proprie)
Va premesso dunque che la definizione di garanzie nazionali e di un finanziamento per oggettivare il fabbisogno monetario degli enti che dovranno erogarli rappresenta senz’altro un disegno condivisibile.
Cosa si prospetta con le novità della Legge di Bilancio? Abbiamo effettuato una prima analisi del dettato normativo del Disegno di legge e della Relazione tecnica (secondo le versioni al momento disponibili qui), considerando anche quanto sottolineato al riguardo dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio1.
Quali sono i Leps oggetto della nuova legislazione?
I servizi sociali (al netto dei nidi) vengono distinti in due aree: una prima categoria più generica “prestazioni sociali” e una seconda categoria “assistenza, all’autonomia e alla comunicazione personale per gli alunni e gli studenti con disabilità” che riguarda i soli servizi accessori a favorire il diritto all’istruzione/inclusione scolastica.
Nelle “prestazioni sociali” rientrano alcuni dei servizi che la legislazione vigente ha già qualificato “Leps” ossia gli standard del servizio sociale professionale (si veda Pesaresi qui). La novità del DDL è quella di aggiungere alla equipe già prevista dalla normativa vigente le figure dello psicologo e dell’educatore. Come per gli assistenti sociali, il DDL definisce un parametro del rapporto operatori/utenti2.
Oltre agli standard di personale per la valutazione/progettazione, il DDL considera tra le “prestazioni sociali Leps” anche l’ “assistenza domiciliare socio-assistenziale per persone non autosufficienti”. La legislazione previgente aveva già nominativamente inserito il Sad anziani tra gli interventi del perimetro Leps (cfr. Pesaresi qui), senza tuttavia quantificarne lo standard erogativo da garantire in tutto il Paese. L’ipotesi di legge di bilancio 2026 si riferisce agli interventi domiciliari per le persone non autosufficienti senza specificare se viene considerato il solo target degli anziani (anche se gli articoli della L.234/2021 richiamati sono quelli dei Leps per gli anziani).
Gli altri interventi già annoverati a Leps da altri interventi normativi (es. supervisione, prevenzione allontanamento dei minori, dimissioni protette, pronto intervento) non sembrano essere oggetto di queste novità. Che fine faranno? E quale sarà il destino degli altri preziosi interventi sociali non ancora annoverati come Leps (si pensi ad esempio all’assenza dei Leps per gli interventi per le persone con disabilità diversi da quelli per l’inclusione scolastica)? Bisognerà capire se questo provvedimento normativo è solo un primo passo di un graduale processo che il Governo si impegna a proseguire, oppure se, una volta dimostrato di aver adempiuto l’impegno del Recovery Plan, gli interventi rimasti fuori dal perimetro delle garanzie non avranno altre occasioni di recupero.
Chi sarà responsabile del finanziamento dei Leps?
I Leps dovranno essere assicurati dagli ATS. Secondo l’ipotesi prospettata nel DDL le Regioni e i Comuni dovranno assicurare agli ATS le risorse necessarie. Da un punto di vista organizzativo il finanziamento degli ATS dovrà corrispondere alla somma dei fabbisogni dei comuni che ne fanno parte.
Una prima questione controversa è quella della responsabilità delle Regioni. Finora il loro intervento nel finanziamento della spesa sociale dei propri ATS aveva avuto natura discrezionale: esse potevano limitarsi a trasferire i fondi statali oppure, in base alla loro sensibilità per il sociale, allocare una parte delle risorse proprie regionali in appositi fondi sociali regionali. Il DDL sembra invece prevedere una responsabilità dei bilanci delle Regioni nella copertura finanziaria dei Leps, scelta che ha immediatamente sollevato le perplessità della Conferenza delle Regioni (si veda qui); le Regioni ritengono infatti che il sostegno finanziario al sociale dovrebbe essere assicurato dallo Stato.
Inoltre, non è chiaro quale sarà in futuro il ruolo degli attuali fondi sociali trasferiti dallo Stato alle Regioni: nella relazione tecnica si precisa che gli attuali fondi nazionali per il sociale concorreranno al finanziamento del fabbisogno degli ATS e che il fabbisogno standard sarà finanziato dalla combinazione della capacità fiscale degli enti territoriali e delle quote di riparto dei fondi nazionali specializzati: i fondi statali avranno solo la funzione di compensare i territori più poveri che con risorse proprie non riuscirebbero ad autofinanziare i Leps?
Con quali risorse saranno assicurati i Leps?
Oltre alle risorse esistenti, il DDL prevede per questo riordino un’integrazione di 200 milioni che serviranno per il nuovo Leps per gli psicologici/educatori nelle equipe per la valutazione multidimensionale degli ambiti. Va precisato però che l’ipotesi di legge di Bilancio riduce il Fondo Povertà, ovvero una delle fonti del piano di potenziamento degli assistenti sociali (quota servizi).
Per quanto riguarda il Leps del Sad, per il quale si introduce un primo standard per il livello di servizi attesi (“un’ora alla settimana per ogni persona non autosufficiente”) non si prevedono integrazioni al finanziamento, probabilmente presupponendo che già oggi il FNNA sostenga tale livello erogativo. Peccato che non sia affatto così: la rilevazione Istat segnala che gli anziani utenti dei servizi socio-assistenziali domiciliari sono solo 134.000 un numero di ben lunga inferiore al numero di anziani non autosufficienti. Oggi una quota importante del FNNA viene impiegata dai territori per i contributi monetari alle famiglie, un intervento che non è detto rientri nel Leps “assistenza domiciliare sociale e assistenza sociale integrata con i servizi sanitari”.
In ogni caso il DDL prevede che si avvierà un percorso per definire i criteri di riparto delle risorse che tengano conto degli effettivi beneficiari delle prestazioni e dei bisogni reali dei territori. Quale sia il fabbisogno di un comune per erogare gli standard di servizi sociali è un percorso ancora tutto da costruire. Finora i processi di stima dei fabbisogni standard dei comuni per l’area sociale, fatta eccezione per l’area degli asili nido, non hanno realizzato una vera e propria stima dei costi basata sull’intero ventaglio degli interventi che i comuni erogano; le rilevazioni condotte si sono limitate a confrontare i comuni su dimensioni grossolane “numero di utenti” senza considerare l’intensità dell’impegno per caso.
Vale la pena inoltre ribadire che il numero di attuali beneficiari non può essere un “faro” per guidare il riparto delle risorse tra territori in quanto non indicativo del bisogno potenziale.
Bisognerebbe peraltro evitare che i Comuni/ATS che oggi investono risorse su servizi meritevoli ma non inclusi in questo primo perimetro siano penalizzati: si pensi alla platea dei servizi erogativi diversi da quelli per l’assistenza domiciliare per la non autosufficienza, ai servizi diurni e residenziali per anziani, agli interventi per le persone con disabilità, all’assistenza alle famiglie-minori, servizi ancora non annoverati come Leps. Se l’attenzione del monitoraggio si concentrasse solo sui Leps si rischierebbe che gli enti territoriali non avrebbero più convenienza a investire in questi altri servizi.
Come avverrà il monitoraggio?
La condizione per poter realizzare un monitoraggio è quella che siano stati definiti degli obiettivi “misurabili”. Finora soltanto per la dotazione di assistenti sociali erano stati definiti standard quantitativi (rapporto operatori/utenti), mentre per gli altri Leps ci si era limitati a definizioni solo nominali senza quantificare gli standard attesi. Pertanto, il tentativo di definire uno standard quantitativo per il Sad (un’ora settimanale per non autosufficiente) è sicuramente apprezzabile, malgrado non sia stato chiarito con quale metodologia sia stato calcolato. Inoltre, la definizione contenuta nel DDL3 lascia molti margini interpretativi: che cosa significa che è modulabile in funzione della platea dei beneficiari? Significa che se ci sono tanti richiedenti l’ATS può diminuire il servizio pro-capite e quindi risultare adempiente anche con un pro-capite più basso? Cosa significa “nell’ambito delle risorse disponibili”? Si potrà dimostrare di essere adempienti anche se non si raggiunge lo standard, giustificandosi con la carenza di risorse?
Per quel che concerne il finanziamento, dal DDL non è chiaro come sarà monitorato lo sforzo dei comuni per sostenere finanziariamente i servizi del perimetro Leps. Nel DDL si fa riferimento alla spesa dei Comuni per la Missione 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) aggregato che oggi solo in parte minima è assorbito dei servizi dell’area Leps4. È dunque necessario che il legislatore chiarisca il raccordo tra la spesa dei comuni per la funzione sociale, la spesa per gli interventi Leps e la spesa per gli interventi sociali non Leps.
Cosa succederà se i Leps non vengono assicurati?
Dal 2027 la mancata garanzia dei Leps produce, secondo questa nuova ipotesi, come conseguenza estrema, quella del Commissariamento.
Ciò non deve sorprendere, tenuto conto che si vuole estendere al sociale quanto già previsto per la sanità per i Lea, anche tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale 71/23 in materia di nidi. Anche la riforma sull’assistenza agli anziani prevede l’introduzione di un sistema di monitoraggio per i Leps per la non autosufficienza con questo tipo di implicazioni (art 23 Dlgs 29/2024). Proprio per questo è importante che vengano chiariti i ruoli dei vari attori (Stato, Regioni, Comuni ecc).
- Audizione della Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio nell’ambito delle audizioni preliminari all’esame del disegno di legge recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028” (A.S. 1689).
- Secondo i seguenti parametri di dotazione rispetto alla popolazione residente: per gli assistenti sociali 1:5.000, per gli psicologi 1:30.000, per gli educatori socio-pedagogici 1:20.000.
- Articolo 126, comma 2, lettera c: “un’ora settimanale di assistenza domiciliare da parte dei servizi socioassistenziali per le persone non auto-sufficienti da modulare in funzione della consistenza della platea dei beneficiari, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente nei bilanci degli enti”.
- Peraltro riguarda anche i nidi e i servizi necroscopici.