Avanti piano? La riforma dell’assistenza agli anziani


Seguire il confronto pubblico sulle riforme risulta sovente ostico. L’attenzione, infatti, tende a rivolgersi non alle conseguenze attese per la popolazione interessata, bensì all’evoluzione delle norme. Inoltre, ci si dilunga spesso in un profluvio di riferimenti ad articoli, decreti, regolamenti, rendendo così assai complicato capire cosa conta veramente. Proviamo allora a ritornare agli obiettivi della riforma, tre in sintesi (più estesamente qui).

Primo, la costruzione di un settore unitario. Bisogna passare dall’attuale sistema frammentato a uno il più possibile unitario, così da semplificare i percorsi delle famiglie ed evitare che debbano – come oggi avviene – peregrinare tra una varietà di sportelli, luoghi e sedi, con una babele di regole e procedure differenti da seguire.

Secondo, nuovi modelli d’intervento. È necessario aggiornare l’offerta di risposte di welfare per allinearla al cambiamento della domanda, in modo differente tra i diversi contesti assistenziali. Si tratta, tra l’altro, di introdurre servizi domiciliari per la non autosufficienza, di prevedere nelle strutture residenziali personale adeguato al diffondersi delle demenze e di impiegare l’indennità di accompagnamento per sostenere il costo delle assistenti familiari regolari.

Terzo, l’ampliamento dell’offerta. Attualmente la rete dei servizi a titolarità pubblica lascia inevase molte domande, poiché sia quelli a domicilio sia quelli in strutture residenziali sono insufficienti. È necessario, dunque, reperire maggiori finanziamenti al fine di allargare l’offerta.

Qui ci concentriamo sul secondo obiettivo, andando a vedere in particolare che cosa sta succedendo nell’assistenza domiciliare, nel cohousing, nell’assistenza residenziale e nell’indennità di accompagnamento.

Assistenza a casa

In Italia manca un servizio domiciliare pubblico specificamente pensato per gli anziani non autosufficienti. Quello più diffuso, l’assistenza domiciliare integrata (ADI) fornita dalle ASL, offre infatti solo singole prestazioni di tipo medico e infermieristico, che sono utili ma non sufficienti a gestire la complessità dei bisogni di questa popolazione.

La legge 33/2023 introduceva la tanto attesa nuova assistenza domiciliare, basata su tre pilastri: una durata commisurata ai bisogni (che si prolungano nel tempo); una visione globale della condizione dell’anziano (grazie alla collaborazione tra servizi sociali e sanitari); la capacità di offrire risposte appropriate alle diverse esigenze e variabili secondo le situazioni (sul versante infermieristico, riabilitativo, sociale, psicologico e altro).

Tuttavia, con il decreto legislativo 29/2024, la riforma della domiciliarità è stata rinviata. Dei temi previsti, rimane in vigore unicamente il coordinamento tra gli interventi sociali e sanitari. I Ministeri stanno lavorando a questo aspetto e il risultato potrà essere utile; tuttavia, l’Italia continua a essere priva di un servizio domiciliare per la non autosufficienza.

Alla fine del mese di settembre sono state emanate le linee guida per la formazione delle assistenti familiari, previste dalla legge 33 e attinenti, diciamo in senso lato, a una migliore assistenza domiciliare, quella realizzata dalle badanti. Per una trattazione specifica rimandiamo qui.

Il cohousing

Il decreto 29 rivolge un’attenzione particolare al cohousing, nella forma di coabitazione tra persone anziane e in quella di coabitazione intergenerazionale, dedicandovi un’intera sezione: il capo IV (artt. 15-18). Si tratta di soluzioni che possiamo idealmente collocare tra l’assistenza domiciliare e il ricovero in struttura, ancora poco diffuse nel nostro paese, ma certamente interessanti, con riferimento in particolare alle condizioni di non autosufficienza moderata, unite a situazioni dove solitudine e isolamento rischiano di pregiudicare l’evolversi dei percorsi di vita. Il decreto prevede delle linee guida volte a definire le caratteristiche e i contenuti essenziali di interventi di coabitazione solidale domiciliare. Le linee guida sono attualmente in via di definizione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Le forme di coabitazione sono realizzate nell’ambito di case, case famiglia, gruppi famiglia, gruppi appartamento e condomini solidali, prioritariamente attraverso azioni di rigenerazione urbana. Vengono previsti in tal senso progetti pilota rispetto ai quali il Ministero delle infrastrutture dovrà redigere rapporti annuali.

Strutture residenziali

Il riferimento è lo schema del decreto attuativo del Ministro della Salute, emanato nell’aprile 2025. Quest’ultimo presenta alcuni punti positivi a livello organizzativo, ma questi sono isolati, di portata limitata e non collegati tra loro. Vengono invece eluse le questioni fondamentali, a partire dalla più importante: la dotazione di personale, cioè la garanzia di un numero sufficiente di operatori per assistere adeguatamente i residenti.

Manca, in altre parole, la necessaria strategia nazionale capace di definire una visione di medio-lungo periodo per l’assistenza residenziale, un punto di riferimento che servirebbe a tutte le Regioni. Lo Stato dovrebbe fissare pochi – ma cruciali – punti chiave ed assicurare i finanziamenti per realizzarli. Al contrario, lo schema evidenzia chiaramente l’intenzione dello Stato di non intervenire in questo settore.

Se il decreto venisse approvato in questa forma, l’assenza dello Stato diverrebbe la posizione ufficiale delle istituzioni italiane. Ciò equivarrebbe a stabilire, per gli anni a venire, che il compito di affrontare le numerose e complesse questioni legate all’assistenza residenziale spetterà esclusivamente alle Regioni.

Indennità di accompagnamento

La Legge 33 prevede di riformare l’indennità, attualmente la misura pubblica più diffusa, trasformandola nella prestazione universale. Il beneficio viene garantito esclusivamente in base ai bisogni assistenziali degli anziani, mantenendo quindi l’attuale status di diritto. Inoltre l’importo, oggi uguale per tutti, viene differenziato secondo l’effettivo bisogno di assistenza, introducendo una maggior equità grazie alla previsione di risposte diverse per condizioni diverse.

Con il decreto 29/2024, al posto della riforma viene introdotta una sperimentazione per il biennio 2025-2026, che mantiene la denominazione di prestazione universale ma con caratteristiche molto diverse. A differenza di quanto previsto, l’accesso è determinato, tra le altre, anche dalle condizioni economiche, requisito completamente nuovo, con un’unica somma fissa.

La sperimentazione ha finora prodotto un esito fallimentare. I criteri di accesso sono risultati talmente restrittivi da avere disincentivato molti anziani eligibili dal presentare domanda, con il risultato di circa 2.000 beneficiari, a fronte di previsioni che si attestavano a 24.000 (si veda qui). Un esito a cui ha contribuito il dover cercare, trovare e assumere una badante, senza supporti dedicati: non banale per ultraottantenni poveri e in condizioni di salute “gravissime”. Eppure, requisito necessario per ricevere il bonus aggiuntivo di 850 euro. Al flop si vorrebbe ora rimediare con un aumento della soglia Isee.

Una questione di tempi

In conclusione, la tabella che segue sintetizza lo stato dell’arte dell’attuazione della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, prevista dalla legge delega 33 approvata nel marzo 2023. Più di due anni e mezzo dopo, il percorso è evidentemente in ritardo e diversi aspetti contenutistici paiono problematici.

In una prospettiva istituzionale, la lentezza non pare un’anomalia. È normale che una riforma ambiziosa, in un settore a elevata complessità politica e tecnica – del quale oltretutto lo Stato non si è mai occupato in precedenza in modo organico – incontri difficoltà importanti. La riforma, vale la pena ricordarlo, era stata attesa invano per 25 anni.

I problemi sorgono nel confronto tra i tempi delle istituzioni e quelli della società. Della riforma si parla dalla fine degli anni ’90; l’ultimo paese geograficamente vicino a noi che l’ha introdotta è stata la Spagna, nel 2006. Intanto la popolazione anziana ha proseguito la sua crescita che – nel prossimo decennio – continuerà a ritmi sostenuti. Per contro, l’offerta di servizi e interventi versa perlopiù in gravi difficoltà, stretta tra frammentazione delle risposte, diffusa necessità di rivederle e sotto-finanziamento.

Ecco, dunque, perché è necessario considerare i tempi. Diversamente, si corre il pericolo di iniziare a mettere realmente mano al settore troppo tardi, cioè quando la vastità dei bisogni inevasi e il grado di deterioramento delle politiche renderanno impossibili azioni incisive e migliorative di sostanza.

La riforma dell’assistenza agli anziani – Stato dell’arte (novembre 2025)

RIFORMA

(L. 33/2023)

SITUAZIONE ATTUALE

Obiettivo: Costruzione di un sistema unitario

Governance

La costruzione di un sistema di governance integrata viene posticipata

Procedure

Il decreto in preparazione ne incrementa la complessità

Obiettivo: Definizione di nuovi modelli d’intervento

Assistenza a casa

Rinviata l’introduzione di servizi domiciliari rivolti alla non autosufficienza

Strutture residenziali

Il decreto proposto prevede il disimpegno dello Stato

Indennità di accompagnamento

È in corso una sperimentazione (2025-2026) al posto della riforma

Obiettivo: Ampliamento dell’offerta

Finanziamenti

In attesa di nuove risorse strutturali