Co-amministrazione e LEPS: quale impatto delle procedure sugli interventi e servizi di welfare sociosanitario?
Il “modello Budget di salute”
Alceste Santuari | 16 Ottobre 2025
È noto che gli istituti giuridici di natura collaborativa disciplinati nell’art. 55 del Codice del Terzo settore si applichino alle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del medesimo Codice. Tra queste rientrano gli interventi e i servizi sociali, gli interventi e le prestazioni sanitarie, nonché le prestazioni socio-sanitarie (comma 1, lettere a), b) e c), che interessano, a vario titolo, i Livelli essenziali di assistenza (LEA) e i Livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS).
Ed è proprio la corresponsabilità richiesta (anche) agli Enti del Terzo settore (cfr. art. 1, d. lgs. n. 117/2017) nell’assolvere all’obbligo di assicurare la fruizione di diritti costituzionalmente garantiti a rendere la progettazione, l’utilizzo e la gestione degli istituti della co-amministrazione viepiù strategica, ma anche delicata e complessa.
Se si pensa, solo per richiamare alcune possibili declinazioni applicative della co-programmazione, della co-progettazione, in particolare con esito di accreditamento libero-locale-territoriale, al “metodo” Budget di salute e al Budget di progetto ex art. 28 d. lgs. n. 62/2024, è comprensibile inferire, da un lato, lo “spazio di manovra” degli istituti in parola e, dall’altro, la necessità di attivare processi, anche di natura amministrativa, che risultino funzionali e adeguati agli obiettivi e finalità che quegli strumenti intendono realizzare, specie di carattere innovativo.
Si avverte, infatti, anche a seguito ovvero a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, l’esigenza di individuare soluzioni giuridico-organizzative e gestionali diverse rispetto al passato, in quanto maggiormente condivise e in grado di rafforzare la cultura della collaborazione tra operatori economici e committenti pubblici. In quest’ottica, proprio la pandemia Covid-19 ha evidenziato, inter alia, la necessità, da un lato, di rafforzare il sistema delle tutele e, dall’altro, di ripensare il sistema di produzione ed erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie a livello territoriale.
In questo senso, occorre riconsiderare i rapporti collaborativi tra P.A. e soggetti privati, in specie non lucrativi, al fine di potenziare l’offerta complessiva dei servizi e, così, garantire l’effettiva fruizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Detta riflessione è vieppiù urgente al fine di evitare che i rapporti collaborativi tra istituzioni pubbliche e soggetti privati siano utilizzati come “ruota di scorta” dell’intervento pubblico o, peggio, come cavalli di Troia per attuare politiche di privatizzazione dei servizi essenziali, rischiando così di indebolire la garanzia dei diritti fondamentali.
Ed è proprio il “principio-obiettivo” di assicurare la fruizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, sanitarie e civili, da garantire nella cornice della sostenibilità dei servizi socio-sanitari, a definire l’azione sia delle istituzioni pubbliche preposte per competenza sia degli enti non lucrativi, chiamati a collaborare attivamente alla realizzazione di quell’obiettivo.
Le collaborazioni pubblico-private in ambito socio-sanitario si collocano nel dibattito in ordine alla capacità dell’attuale sistema di welfare pubblico universalistico di rappresentare ancora una garanzia di uguaglianza a vantaggio dell’intera società e, in particolare, delle persone più fragili della società contemporanea.
Nella prospettiva sopra delineata, si collocano i “modelli” attraverso cui assicurare gli interventi, i servizi e le prestazioni in ambito socio-sanitario. In specie alla luce delle Missioni 5 e 6 del PNRR, si tratta di sperimentare soluzioni finalizzate alla de-istituzionalizzazione e alla conseguente personalizzazione degli interventi e delle prestazioni socio-sanitarie e socio-assistenziali, quali alternative alle istituzioni residenziali, in specie, in un’ottica di integrazione tra interventi sociali e sanitari, una delle istanze di cui la pandemia da Covid-19 ha fatto “da acceleratore lineare”.
Uno dei modelli, che, per applicazione sembra aver ottenuto un certo grado di accoglimento e interesse, è identificabile nel Budget di Salute. Esso invero si presenta quale “formula” programmatoria, progettuale, organizzativa e gestionale, particolarmente vocata a coordinare e integrare tra loro diverse professionalità, livelli di azione, interventi e soggetti giuridici. Il Budget di Salute, dunque, quale “luogo” privilegiato di dialogo e cooperazione tra enti locali e aziende sanitarie, da una parte, e soggetti privati, non lucrativi e mutualistici in particolare, dall’altra. In questa prospettiva, il Budget di Salute permette alle aziende sanitarie e agli enti locali di delineare e progettare le modalità più appropriate per coinvolgere le organizzazioni private non lucrative, anche in un’ottica di semplificazione ed efficienza amministrativa.
Sebbene per la loro organizzazione, gestione, erogazione e, quindi, fruizione, le attività, le prestazioni e gli interventi oggetto della metodologia del BdS non escludono il ricorso alle procedure competitive, la loro complessità, la necessità di costituire reti strutturate e affidabili di soggetti, pubblici e privati, che si facciano carico della domanda di salute in modo coordinato e integrato, sembrano costituire elementi che depongono a favore di sperimentazione da ricercare e realizzare attraverso gli strumenti e gli istituti giuridici non riconducibili alle logiche di mercato.
Nella realizzazione delle attività, delle prestazioni e dei servizi oggetto del Budget di Salute, le aziende sanitarie locali possono dunque fare ricorso agli istituti giuridici cooperativi allo scopo di identificare la rete di enti del terzo settore che possono supportare la realizzazione delle politiche e degli interventi ritenuti più idonei, adeguati e funzionali per conseguire l’obiettivo di riconoscere alle persone con disabilità l’effettiva possibilità di definire il loro autonomo progetto di vita personalizzato.
Le aziende sanitarie locali, attraverso il ricorso agli istituti giuridici cooperativi, sono nelle condizioni di attivare il contributo dei soggetti non profit alla costruzione di un welfare locale integrato, inclusivo, innovativo e capace di elaborare progettualità di medio-lungo periodo e di rafforzare i legami e le reti organizzative a livello comunitario.
Da quanto sopra discende la necessità per le aziende sanitarie (e gli enti locali coinvolti) di valutare con attenzione gli obiettivi che esse intendono realizzare. Dall’identificazione degli obiettivi da conseguire discendono strumenti giuridici e procedure amministrative diverse, che seppure richiedono, in particolare in situazioni articolate e complesse come il Budget di Salute, appartengono a “filosofie” di intervento diverse, che devono rimanere inalterate nella loro ontologia e genesi.
Alla luce di queste brevi premesse, avuto riguardo alle prestazioni, alle attività e ai progetti contemplati nel Budget di Salute ben si comprende la necessità di individuare percorsi e procedure che siano in grado di assicurare al contempo i livelli essenziali delle prestazioni socio-sanitarie, escludendo motivazioni egoistiche e lucrative e gli interessi degli operatori economici a fornire ed erogare i servizi e le prestazioni necessari al conseguimento degli obiettivi di integrazione socio-sanitaria.
In quest’ottica, sia la formula dell’accreditamento locale, finalizzato a costituire una platea di soggetti stabili e qualificati con i quali le aziende sanitarie e gli enti locali competenti possono attivare rapporti di partnership duraturi sia le Regioni, attraverso l’adozione di specifiche linee guida possono invero contribuire in modo affatto marginale al rafforzamento del modello Budget di Salute e, in prospettiva, anche del Budget di Progetto.