Cristiano Gori commenta il Memorandum tra Governo ed Alleanza


A cura di Daniela Mesini | 25 Maggio 2017

Intervista a Cristiano Gori, ideatore e coordinatore scientifico dell’Alleanza contro la Povertà.


Il Memorandum del 14 aprile è l’esito di un lungo ed articolato confronto tra Governo ed Alleanza in merito ai contenuti del decreto legislativo di attuazione del nuovo Reddito di Inclusione (REI). Qual è il suo significato?

E’ la prima volta che in Italia un Governo firma un memorandum in materia di politiche sociali, assumendo impegni precisi a fronte di richieste avanzate da soggetti sociali. Sinora i precedenti memorandum erano stati firmati solo con i sindacati in materia di pensioni e politiche del lavoro. Il mio auspicio è che la novità di questo memorandum possa aprire la strada a nuove forme di rapporti tra istituzioni e soggetti sociali su vari temi di politiche sociali.

Certamente si tratta di un riconoscimento per il lavoro che l’Alleanza svolge da anni, ma soprattutto per tutti coloro i quali s’impegnano, da tempo, per la lotta alla povertà in Italia. L’Alleanza, infatti, raccoglie la semina dei tanti esperti, studiosi, operatori, politici e associazioni che da oltre 20 anni chiedono migliori politiche contro l’indigenza nel nostro paese.

I contenuti del Memorandum arrivano da lontano: molti dei suoi punti, infatti, sono stati inizialmente introdotti nel testo della Legge Delega grazie ad emendamenti presentati dall’Alleanza, approvati in Parlamento e poi tradotti in termini operativi nel documento. Tutte le richieste avanzate, in tutte le fasi del percorso, hanno sempre avuto come riferimento la nostra proposta di reddito minimo, quella del Reddito d’Inclusione Sociale (Reis).

Quali sono i principali contenuti del Memorandum che saranno presi in considerazione per configurare il nuovo REI?

I contenuti complessivi dell’intesa sono riconducibili a due obiettivi di fondo. Uno riguarda l’individuazione di criteri per determinare l’accesso al REI e per definirne l’importo, che corrispondano il più possibile alle effettive condizioni economiche dei richiedenti; l’altro invece si focalizza sulle condizioni favorenti la realizzazione di percorsi d’inclusione sociale a livello territoriale.

Rispetto ai criteri di accesso, l’intesa raggiunta tra Governo ed Alleanza riguarda innanzitutto la soglia ISEE che sarà alzata dagli attuali 3.000 euro del SIA a 6.000 euro, ampliando dunque la platea di possibili beneficiari. A fianco di tale soglia sarà inoltre considerato il reddito familiare, misurato attraverso l’Indicatore della Situazione Reddituale (Isr), presente nella stessa DSU, il cui ammontare non dovrà superare i 3.000 euro. Questo permetterà di tenere conto della reale disponibilità finanziaria del nucleo familiare, inclusi i costi dell’affitto, componente particolarmente onerosa per le famiglie in povertà e più sensibile di altre alla variabilità territoriale. In tal modo, oltre a ‘fotografare’ meglio la condizione economica dei nuclei familiari, si potrà ottenere una migliore rispondenza dei criteri di accesso al costo della vita.

E’ stato inoltre ottenuto un ampliamento dell’utilizzo dell’ISEE corrente, che come sappiamo ad oggi viene calcolato solo in determinate fattispecie, in modo da poter rispondere meglio alle situazioni di caduta improvvisa in povertà che l’ISEE standard non riesce a rilevare.

Un altro punto importante riguarda l’ammontare del contributo che non sarà più a cifra fissa, seppur parametrato sulla base dell’ampiezza della famiglia, come avviene per il SIA, ma variabile a seconda della distanza del reddito familiare (Isr modificato dalla scala di equivalenza) dalla soglia reddituale di riferimento. L’importo sarà calcolato al netto delle eventuali prestazioni assistenziali già percepite dal nucleo, fatta eccezione per l’indennità di accompagnamento o prestazioni di analoga natura. Quindi il nuovo importo del REI sarà più equo rispetto al SIA in quanto: a) sarà calcolato sulla base del reddito dei riceventi; b) terrà conto delle differenze territoriali nel costo della vita; c) considererà in modo più preciso le differenze circa la reale capacità di spesa di nuclei di diverse dimensioni poiché aumenterà, non proporzionalmente al numero degli individui, ma piuttosto sulla base della scala di equivalenza dell’ISEE. Inoltre, l’importo spettante non potrà essere inferiore all’importo mensile dell’assegno sociale. Sia le soglie sia il massimale per l’importo sono evidentemente troppo bassi rispetto a quella che dovrebbe essere la misura a regime. Sono stati stabiliti sulla base delle risorse disponibili, ad oggi, per il 2018: come spiega il Memorandum, in presenza di (auspicabili) maggiori risorse, sia le soglie di accesso sia gli importi saranno rivisti al rialzo.

Infine, sarà prevista anche l’introduzione di meccanismi di incentivo al lavoro evitando di sospendere il contributo immediatamente dopo un eventuale incremento di reddito al di sopra della soglia di ammissibilità.

Rispetto al rafforzamento dei sistemi di welfare locale, la strategia si strutturerà attraverso tre assi principali: 1) finanziamenti strutturali adeguati rivolti ai servizi che devono gestire la misura; 2) accompagnamento per l’implementazione della misura; 3) monitoraggio e controllo sull’appropriato utilizzo delle risorse. La logica è che senza adeguati finanziamenti strutturali per i servizi pensare di costruire percorsi d’inclusione rappresenta un’illusione, ma che, allo stesso tempo, i finanziamenti costituiscono una condizione necessaria ma non sufficiente. Bisogna anche dotare i territori degli strumenti per utilizzarli al meglio e monitorare che ciò effettivamente accada, intervenendo di conseguenza dove necessario.

Con riferimento alle risorse l’Alleanza ha ottenuto che il Fondo per la lotta alla povertà conterrà una specifica linea di finanziamento strutturale per i servizi, finalizzata a rendere possibile la graduale applicazione del livello essenziale REI. La quota del Fondo dedicata a questa linea di finanziamento non potrà essere inferiore al 15% della dotazione totale; inoltre tale quota non potrà mai scendere al di sotto del 25%, se si considerano nel computo anche risorse non strutturali (es. PON-Inclusione). In realtà, la destinazione del 15% del Fondo al rafforzamento dei servizi territoriali è inferiore a quanto richiesto dall’Alleanza ed evidentemente ancora insufficiente; si tratta d’altra parte, di un livello minimo, che potrà essere ampliato sulla base di successive scelte politiche. Il passaggio decisivo in questo caso è consistito nel vedere accolta la nostra richiesta di finanziamento strutturale dei servizi che dovranno gestire la misura sul territorio.

Nel disegno della nuova misura è cruciale non solo stanziare le risorse economiche necessarie ad un’adeguata presenza di servizi alla persona ma anche mettere a disposizione di chi vi opera strumenti e competenze utili a fornire le migliori risposte possibili. Nel Memorandum si prevede a tal proposito che il decreto attuativo del REI contenga l’individuazione di una struttura nazionale permanente di accompagnamento delle amministrazioni territoriali competenti. Tra i compiti di tale struttura: il supporto nello sviluppo delle competenze professionali adeguate; la costituzione di una comunità di pratica, per la condivisione e definizione di esperienze, metodi e strumenti di lavoro; la diffusione di linee guida, di protocolli formativi e operativi; interventi di tutoraggio anche in  raccordo con i livelli regionali.

La predisposizione di un’adeguata strumentazione a sostegno di chi opera nei territori dovrà evidentemente chiamare in causa anche le Regioni; si tratta di un aspetto non toccato nel Memorandum poiché non può riguardare un accordo con il Governo nazionale, per ovvie ragioni di competenza, ma che ritengo comunque importante sottolineare.

Infine, per verificare la piena ed uniforme attuazione della misura sull’intero territorio nazionale, bisognerà anche introdurre appositi strumenti di monitoraggio e valutazione che consentano di poter imparare dall’esperienza, individuare dove si registrano criticità ed intervenire successivamente in maniera oculata. La Legge Delega prevede un’attività di monitoraggio del REI, che il Memorandum traduce in specifiche declinazioni concrete, a partire dalla predisposizione di un piano operativo di monitoraggio entro il 2017, in modo da renderla il più possibile utile alla nuova misura.

Come cambia il quadro delle politiche di contrasto alla povertà con l’approvazione della Legge Delega? E quali saranno i prossimi passi da affrontare?

Per la prima volta nella storia del nostro paese il Parlamento ha introdotto una misura nazionale rilevante a favore dei poveri. È doveroso riconoscere il fatto che ci troviamo di fronte ad una netta rottura rispetto al passato per il passaggio ad una politica strutturale e di portata finanziaria non paragonabile agli interventi precedenti. Fino ad oggi le misure introdotte per il contrasto alla povertà delle famiglie hanno avuto natura sperimentale, una tantum e/o un budget limitato. Certo un buon risultato, ma anche un punto di partenza perché non siamo ancora di fronte ad una misura universalistica in grado di beneficiare tutti i poveri assoluti.

La Legge Delega ed il Memorandum di intesa tra Governo ed Alleanza hanno valore solo se li consideriamo i primi passi di questo percorso già tracciato. Occorrerà ora lavorare affinché i prossimi anni siano dedicati a due obiettivi chiave: universalismo ed efficace inclusione sociale.

Da una parte, bisogna arrivare ad una misura universalistica, cioè rivolta a tutte le persone in povertà assoluta, mentre sinora il REI è destinato solo ai nuclei poveri con figli minori. Con il REI, nel 2018, si potranno raggiungere 1,7 milioni di persone dei 4,6 milioni in povertà assoluta. Sono stati stanziati quasi 2 miliardi (1,8 per la precisione), rispetto ai 7 miliardi necessari. Diciamo che siamo a 5 miliardi dall’obiettivo finale. E’ necessario un Piano pluriennale che preveda un graduale incremento di risorse necessario ad arrivare progressivamente a raggiungere tutta la popolazione in stato di bisogno. Sappiamo che politicamente non sarà semplice, ma dobbiamo fare in modo che il REI non vada ad allungare la già lunga serie di “riforme a metà” del nostro paese.

Dall’altra parte, bisognerà lavorare su politiche ed interventi che consentano di costruire percorsi d’inclusione veramente efficaci, imparando dall’esperienza, e nella consapevolezza che, come già mostra l’esperienza del SIA, difficoltà realizzative iniziali sono imprescindibili, ma i territori, se adeguatamente sostenuti, possono compiere notevoli passi in avanti.