Cosa cambia se consideriamo “tutte” le famiglie?


Sergio Pasquinelli | 20 Settembre 2023

Domani è la giornata mondiale dell’Alzheimer. Gli anziani non autosufficienti in Italia sono tre milioni, di cui un terzo con patologie riconducibili a demenza. Numeri in costante crescita, peraltro. Se consideriamo che ciascuna di queste persone fragili coinvolge familiari che curano, si fanno carico, assistono, i “caregiver” (coniugi e figli in primo luogo), a cui aggiungiamo i caregiver professionali (assistenti familiari), il fenomeno riguarda oltre dieci milioni di persone: più di un italiano su sei.

Per molti anni, il tema di una società che invecchia è stato ridotto a quello delle pensioni. Con l’idea che pensioni migliori risolvano i problemi di una vita sempre più lunga, a volte in buona salute, altre volte no. La novità di quest’anno riguarda l’attenzione allo squilibrio demografico che sta attraversando l’Italia, con il conseguente collegamento tra invecchiamento della popolazione e bassa natalità, tema quest’ultimo entrato nell’agenda di governo.

Il problema è l’approccio totalmente settoriale sulle famiglie. Per cui quando si parla di famiglia ci si riferisce a quelle nuove, le giovani coppie, la natalità, la cura della prima infanzia. Ci si dimentica completamente delle “altre” famiglie: quelle svantaggiate, con persone con disabilità, o con anziani fragili.

E così continuiamo a farci assistere dalle badanti, quando le troviamo perché anche di queste inizia a esserci penuria, e ci ritroviamo con una rete pubblica di servizi obsoleta, inadeguata, marginale. Altri paesi europei l’hanno capito, da tempo: c’è un tema di welfare per la terza età che comporta servizi, aiuti diretti, agevolazioni. Non solo pensioni.

Sulla legge di Bilancio 2024 si è entrati nella gara sulle “cose da fare” per le famiglie: il pacchetto dedicato a famiglia e natalità vale 4-5 miliardi di euro. Si va dal potenziamento dell’assegno unico (dai due figli in su, il che non è esattamente rivolto alle neo-coppie) a interventi a favore della maternità, si parla poi dell’introduzione del quoziente familiare, di Ires ridotta alle imprese che assumono donne, fino a una previdenza integrativa agevolata per le generazioni più giovani.

Anziani e persone con disabilità stanno fuori da queste attenzioni, forse perché competono a ministeri diversi, o a temi mediaticamente meno attrattivi. Eppure i progetti di riforma esistono, sono in lavorazione, e meriterebbero uno spazio ben maggiore di quello che hanno.

È il caso della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Un settore dimenticato dalla politica nazionale, su cui solo poche Regioni hanno davvero investito, e su cui si gioca ora la vera attuazione: in legge di Bilancio. La legge delega sulla non autosufficienza (33/2023) dà tempo fino a gennaio per emanare i relativi decreti attuativi, su una gamma di temi ampia e articolata, dove si gioca la possibilità di rinnovare il nostro sistema di welfare per la non autosufficienza: un sistema vecchio, marginale, molto assorbito da sussidi monetari anziché servizi.

È nella legge di Bilancio che si potranno dare le gambe a questi decreti, renderli effettivi e non farli rimanere nel libro dei buoni propositi. Il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza ha presentato nei giorni scorsi un articolato Report di proposte avvedute, circostanziate, sostenibili. Secondo il Patto occorre 1,3 miliardi di euro per cominciare a tradurre in pratica la riforma della non autosufficienza approvata a marzo, passando dalle parole ai fatti.

Si propone un Piano di Legislatura che attui progressivamente la riforma con un’analisi anche delle risorse economiche necessarie a ridefinire già dal 2024 i principali ambiti del settore: assistenza domiciliare, servizi residenziali e trasferimenti monetari. La proposta è costruita così da richiedere un finanziamento sostenibile per le casse dello Stato: serve, appunto, 1 miliardo e 306 milioni di Euro nel 2024, suddivisi in 835 milioni dalla sanità e 471 milioni dal sociale: non una cifra irraggiungibile.

La proposta, presentata al Viceministro al Welfare, Maria Teresa Bellucci, coordinatrice dei decreti attuativi della riforma, guarda all’oggi, cominciando a fornire migliori risposte ad anziani e famiglie. “Non si può continuare a stare fermi. È necessario agire senza indugi per iniziare a dare sollievo alle loro pressanti necessità”.

La realtà della non autosufficienza è estremamente varia e richiede risposte differenziate e complementari. Si intende, pertanto, agire in ciascuno dei principali ambiti del settore: assistenza domiciliare, servizi residenziali e trasferimenti monetari. La proposta presenta, infatti, l’introduzione di un servizio di assistenza domiciliare per gli anziani non autosufficienti, sinora assente nel nostro Paese; l’innalzamento della qualità dell’assistenza nelle strutture residenziali e ciò implica l’incremento delle ore quotidiane che i professionisti della cura dedicano ad ogni anziano; il rafforzamento dei contributi monetari statali, incrementandoli per coloro i quali si trovano in condizioni più gravi e per chi li utilizza al fine di pagare le badanti in modo regolare.

Anche così riusciremo a rivolgerci a tutte le famiglie, quelle più fortunate e quelle meno fortunate, dotate in misura variabile di risorse: materiali, culturali, di relazione.