Piani nazionali, regionali, locali e linee di finanziamento diverse stanno accumulando sui territori una moltitudine ampia e frammentata di interventi. Nei prossimi mesi, peraltro, inizieranno ad aggiungersi i bandi legati al PN Inclusione 2021-2027, con una dotazione finanziaria di 4 miliardi di euro.

Sono anni di “vacche grasse”? Probabilmente sì, nel senso che sui territori, sui 646 ATS – Ambiti Territoriali Sociali, si sta riversando una massa di risorse dedicate a diverse aree di intervento sociale, dai bambini su su fino agli anziani non autosufficienti. Quale impatto reale produce tutto questo sui cittadini, sulla popolazione, in termini di riduzione della povertà, delle fragilità, del disagio? È una domanda legittima a cui non c’è una risposta. Il tema è controverso: teoricamente l’ampliamento delle risorse dovrebbe portare a un aumento della risposta ai bisogni delle persone. Ma di fatto questo aumento risulta impalpabile, perché poco visibile, e poco misurato nei suoi effetti.

Un esempio: il PNRR ha investito (Missione 6) 2,7 miliardi per il potenziamento dei servizi domiciliari sanitari: l’ADI fornita dalle Asl, con l’obiettivo di raggiungere il 10% della popolazione anziana. Una cifra decisa a tavolino, giustificata come soglia “che ci avvicina all’Europa” ma avulsa da qualsiasi lettura del bisogno (italiano), e soprattutto da una seria valutazione ex ante: quanto aiuterà, questo provvedimento, a migliorare le condizioni di vita? Il punto è che non si è partiti da una domanda cruciale: è di più ADI (un servizio di durata limitata, a fronte di patologie prevalentemente croniche) che gli anziani hanno bisogno? Peraltro, è facile prevedere che, una volta raggiunto l’obiettivo numerico e finiti i soldi del PNRR, la situazione tornerà come prima, con una drastica riduzione del servizio.

Ai molti progetti, finanziamenti, nuovi interventi si accompagna, nei territori, una sensazione di sovraccarico, di fatica, di dover rincorrere le molte incombenze, tra cui quelle, non secondarie, di tipo rendicontativo. La cifra che attraversa questa attività è la frammentazione: la sensazione che manchi una visione, un disegno compiuto, con molte attività a tempo determinato, progetti a scadenza e lavoro temporaneo.

Per questo il volume curato da Carlo Borzaga, Cristiano Gori e Francesca Paini, intitolato “Dare Spazio” (Donzelli, 2023), mi ha colpito, a partire dal titolo. Si tratta di un testo ricco di voci, temi trattati, spunti sulle politiche di welfare, all’incrocio tra istituzioni pubbliche e terzo settore. Un libro anche profetico quando avverte che “i percorsi di riforma si rivelano sempre più complessi e ricchi di ostacoli di quanto si immagini all’inizio”: si guardi alla riforma/non riforma sulla non autosufficienza di cui parla Gori su questo sito.

Darsi dello spazio (e del tempo) è esattamente quello di cui ha bisogno il welfare territoriale. Gli operatori dei servizi sono saturi di lavoro, anche per i diffusi deficit di organico. Un lavoro appesantito dalla propensione, ancora radicata, a farsi carico dei problemi della popolazione nel suo insieme, con un atteggiamento materno-protettivo, quasi sostitutivo nei confronti della persona portatrice di bisogno, delle sue risorse interne e di relazione.

Il lavoro sociale, il lavoro educativo, il lavoro di cura – su cui Welforum sta preparando un webinar per la fine di giugno – hanno oggi bisogno di più respiro, di spazi per riflettere sulle direzioni, sul senso di ciò che si fa, su visioni di medio periodo. Vuol dire tempo per il confronto, la formazione, la supervisione, l’accompagnamento. Vuol dire, anche, iniziare a transitare verso codici meno prestazionali, meno “pieni” di azioni a diretto contatto con l’utenza, per coltivare un po’ di “vuoto”, senza il quale non c’è spazio per l’ascolto, per elaborare scelte, per guardare avanti. Per lavorare sull’autonomia delle persone, sulle loro risorse, su processi emancipativi.

Va in questa direzione il Budget di progetto, strumento che ha attirato crescente attenzione negli ultimi anni. Non è un servizio, o un intervento che si aggiunge ad altri. Il Budget di progetto è il paniere di disponibilità per realizzare il progetto di vita delle persone con disabilità, non autosufficienti, vulnerabili. Strumento che mira a ricomporre la frammentata gamma delle misure e dei sostegni disponibili. Dispositivo volto a integrare risorse diverse – economiche, di tempo, di competenza – delle famiglie, della comunità locale, delle istituzioni, dentro una logica collaborativa, abilitante. La sperimentazione nazionale di questo dispositivo, prevista dal ministero per le disabilità per l’anno prossimo, dovrebbe finalmente stabilirne le principali caratteristiche applicative. Facendo tesoro, si spera, dei percorsi già avviati in alcune regioni.


Commenti

Condivido pienamente la riflessione di Pasquinelli. Infatti, il rischio maggiore riguarda in modo particolare le risorse del PNRR che hanno un termine dopo del quale i servizi attivati, quasi sicuramente, non potranno essere più finanziati. Da non sottovalutare anche le nuove disposizioni del MLPS che sui fondi ordinari per gli ATS ha iniziato a richiede rendicontazioni e scadenze che se non rispettate precludono il trasferimento delle nuove risorse quando sappiamo che la programmazione e l’utilizzo di quelle risorse chiedono del tempo tenuto conto degli organici degli Uffici di Piano e dei Servizi sociali. E’ triste constatare che gli operatori non hanno più tempo per tutte quelle attività che vanno dalla programmazione, alla riflessione alla valutazione ed in particolare per la formazione.