Disabilità e non autosufficienza: si volta pagina?


Sergio Pasquinelli | 27 Aprile 2021

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) apre finalmente la stagione delle riforme sulla non autosufficienza e per le persone con disabilità. Le attese e le pressioni di molti, la campagna fatta da una coalizione di attori guidata dal Network per la Non Autosufficienza (qui Cristiano Gori richiama il percorso seguito), hanno trovato un esito positivo, ma soprattutto l’hanno trovato più di vent’anni di aspettative non soddisfatte.

Perché non solo vengono stanziate somme importanti a favore di nuovi servizi domiciliari (quattro miliardi, per la precisione, per arrivare a coprire il 10% della popolazione ultra 65enne), a favore di “Case della Comunità” (due miliardi, se ne prevedono un totale di 1.288), a favore dell’assistenza residenziale per anziani attraverso gruppi di appartamenti (300 milioni), a favore delle cosiddette cure intermedie, attraverso Ospedali di comunità (1 miliardo, se ne prevedono 381).

Soprattutto, si prevedono interventi legislativi di riforma, che ricompongano in modo organico l’esistente, indichino nuovi obiettivi, e nuovi livelli essenziali di assistenza.
 

Non autosufficienza

Il Piano prevede un provvedimento legislativo, a seguito di apposita delega parlamentare, per un sistema organico di interventi a favore degli anziani non autosufficienti. Il provvedimento sarà adottato entro la scadenza naturale della legislatura (primavera 2023) ed è finalizzato a costruire “un sistema organico di interventi” e alla formale individuazione di livelli essenziali delle prestazioni per gli anziani non autosufficienti. I principi fondamentali della riforma “sono quelli della semplificazione dell’accesso mediante punti unici di accesso sociosanitario, dell’individuazione di modalità di riconoscimento della non autosufficienza basate sul bisogno assistenziale, di un assessment multidimensionale, della definizione di un progetto individualizzato che individui e finanzi i sostegni necessari in maniera integrata, favorendo la permanenza a domicilio, nell’ottica della deistituzionalizzazione”.

Ci sarà il tempo quindi per impostare una nuova fase, che superi tutti quei limiti di un sistema vecchio di 40 anni che osservatori e ricercatori condividiamo da molto, troppo tempo.

 

Il Piano poi investe 4 miliardi a favore dei servizi domiciliari, di cui 2,72 miliardi legati ai costi derivanti dal servire un numero crescente di pazienti, 0,28 miliardi per l’istituzione delle COT (speciali centrali operative per coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l’interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza) e 1 miliardo per la telemedicina.

Il rischio che l’intervento si traduca in un semplice potenziamento dell’Adi delle Asl si riduce là dove leggiamo che “solo attraverso l’integrazione dell’assistenza sanitaria domiciliare con interventi di tipo sociale si potrà realmente raggiungere la piena autonomia e indipendenza della persona anziana/disabile presso la propria abitazione, riducendo il rischio di ricoveri inappropriati”.

 

Due miliardi sono dedicati alla realizzazione di ben 1.288 “Case della Comunità”, luoghi deputati ad adempiere diverse funzioni: “coordinare” i servizi offerti, in particolare ai malati cronici, punti unici di accesso alla rete dei servizi, unità di valutazione multidisciplinare, con predominante presenza sanitaria ma dove si prevede la presenza anche di assistenti sociali per garantirne una dimensione sociosanitaria integrata.

In realtà già diverse regioni possiedono strutture analoghe. Si tratterà legarle a livelli essenziali uniformi (cosa che può fare lo Stato), per poi orientarle verso funzioni condivise, che ogni regione inevitabilmente declinerà a suo modo.

Colpisce la cifra modesta (300 milioni) dedicata alle Case di riposo, per una riconversione verso “Gruppi di appartamenti” per un massimo di 20 posti, di cui c’è certamente bisogno ma che forse non è le priorità numero uno, non andando ad incidere su quei limiti strutturali delle residenze che questi mesi hanno ben fatto emergere. Lo vogliamo intendere come un primo piccolo passo.

 

Disabilità

Il governo ha creato con la legge di bilancio 2020 un Fondo disabilità e non autosufficienza e ha allocato complessivamente 800 milioni per il triennio 2021-2023. La prima riforma che verrà finanziata con queste risorse è finalizzata alla realizzazione della “legge quadro della disabilità”. Essa si propone di realizzare pienamente i principi della convenzione ONU secondo un approccio coerente con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e con la recente “Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030” presentata a marzo 2021 dalla Commissione europea. In particolare, la riforma intende “semplificare l’accesso ai servizi, i meccanismi di accertamento della disabilità, potenziare gli strumenti finalizzati alla definizione del progetto di intervento individualizzato”.

Inoltre, il Piano stanzia 500 milioni (Missione 5, C2) per “l’autonomia delle persone con disabilità”. L’investimento ha l’obiettivo di accelerare il processo di deistituzionalizzazione, fornendo servizi sociali e sanitari di comunità e domiciliari al fine di migliorare l’autonomia delle persone con disabilità. Il progetto sarà realizzato dai Comuni, singoli o in associazione (Ambiti sociali territoriali), coordinati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e in collaborazione con le Regioni. Gli interventi saranno orientati all’aumento dei servizi di assistenza domiciliare e al supporto delle persone con disabilità per consentire loro di raggiungere una maggiore autonomia, anche attraverso dispositivi ICT e la riduzione delle barriere di accesso al mercato del lavoro attraverso soluzioni di smart working.

 

Gli assenti

Il Piano non nomina soggetti e strumenti importanti che fanno parte del welfare dei servizi. Non nomina le assistenti familiari (badanti): ce ne sono un milione in Italia. Non nomina i caregiver che assistono un familiare fragile (ce ne sono sette milioni, di cui 2,1 prestano sostegno per più di 20 ore alla settimana), e su cui c’è in parlamento, da due anni, un disegno di legge promosso da tutte le maggiori forze politiche. Non nomina il budget di salute (o di cura), su cui pure esiste un disegno di legge (oggetto di opinioni controverse), ma che è stato avviato in diversi contesti e che alcune regioni, tra cui la Toscana, stanno introducendo in modo estensivo e strutturale nei servizi per le persone con disabilità. Non nomina le prestazioni di invalidità, in particolare l’indennità di accompagnamento.

Immaginiamo che il tempo e lo spazio per costruire le proposte legislative previste consentiranno di includere questi soggetti e questi strumenti nella filiera, e di trovare nuove risorse, pena la costituzione di riforme che rischiano di nascere zoppe.

 

Apriamo su Welforum.it un confronto sui contenuti del Piano e sui contenuti dei futuri interventi legislativi con il contributo di Costanzo Ranci e Barbara Da Roit.