Fuori asse la manovra sulle famiglie


Sergio Pasquinelli | 20 Novembre 2023

Una manovra attenta alle famiglie: così è stata battezzata la legge di Bilancio all’esame del Parlamento. Una generalizzazione impropria perché si tratta di certe famiglie, comunque la minoranza, una netta minoranza.

Le misure più rilevanti “per le famiglie” (dovremmo aggiungere “con bambini piccoli”) sono l’aumento del bonus asilo nido, introdotto nel 2017, e la riduzione dei contributi previdenziali per le madri lavoratrici, una new entry. In entrambi i casi però ci si rivolge solo a chi ha già due o più figli e con determinati requisiti. Nel caso del bonus il secondo o terzo figlio deve essere nato entro sei anni da quello precedente e l’Isee non deve superare i 40.000 euro. E naturalmente, per essere utilizzato, occorre che esista effettivamente un asilo nido nelle vicinanze: questo succede solo per 27 bambini su 100 sotto i tre anni d’età. Nel caso della decontribuzione ci si rivolge a donne il cui figlio minore non supera i 10 anni e, soprattutto, occupate a tempo indeterminato, una condizione minoritaria nella popolazione femminile con meno di 45 anni.

Mettendo in fila questi elementi, i nuclei beneficiari non arriveranno a 2 milioni1, in un Paese dove si contano 25 milioni di famiglie: un insieme assai composito che va da quelle unipersonali (persone che vivono sole, sono un terzo del totale, in continua crescita), alle coppie senza figli, o con un solo figlio, o con più figli conviventi ma adulti, maggiorenni. Stiamo quindi parlando di misure che toccano una ristretta minoranza di famiglie: una su dodici.

Se l’obiettivo è quello di rialzare i tassi di fecondità, sono legittime le perplessità su questi interventi, dati i limiti di raggio d’azione e nella loro durata (la decontribuzione vale solo per tre anni). Per incidere sulla natalità occorrono misure stabili, strutturali, universalistiche2. Esiste già, peraltro, uno strumento strutturale a favore delle famiglie con figli, soprattutto se meno abbienti: l’Assegno unico. Perché non si è potenziato questo?

Aggiungere, frammentare le misure disorienta le persone e non favorisce messaggi chiari e univoci verso la ripresa delle nascite.

Ma soprattutto, perché spingere verso il secondo e il terzo figlio? In Italia l’ostacolo vero sta nella creazione di nuovi nuclei desiderosi di diventare genitori. La vera priorità è favorire il primo figlio. Il secondo e il terzogenito appartengono a un orizzonte troppo remoto, in un paese con tassi di fecondità particolarmente bassi prima dei 30 anni e con un continuo rinvio delle nascite lungo l’arco di vita della donna. Ancora prima, la priorità deve essere quella di favorire i processi di autonomia delle giovani coppie, di transizione alla vita adulta, con tutto ciò che ne consegue sul piano del mercato del lavoro, che vede le giovani generazioni in condizioni di precariato diffuso, sottopagate, e dell’accesso a un’abitazione, per troppi giovani sempre più costoso e su cui incide ancora in modo pesantissimo la classe sociale di provenienza.

E a proposito di provenienza, la legge di bilancio ignora totalmente le famiglie di anziani e con anziani. Tradendo l’idea ormai consunta della famiglia come entità nucleare, votata alla cura dei figli. Un modello che la demografia condanna al declino, mentre il Paese reale si popola di tante altre condizioni: quelle con una geometria affettiva diversa, estese e ristrette, scomposte e ricomposte, quelle con situazioni di svantaggio, di fragilità.

Gli anziani non autosufficienti sono oltre 3,6 milioni, i loro caregiver familiari tra i cinque e i sei milioni, il mercato privato di cura (badanti, regolari e non) un milione. Dieci milioni di persone per le quali la legge di bilancio non stanzia nulla, lasciando la riforma dei servizi per la non autosufficienza (l. 33/2023) e i previsti decreti attuativi – in gestazione e in attesa di un confronto pubblico – senza gambe per camminare. Eppure di cose da migliorare nell’assistenza agli anziani ce ne sarebbero tante, a cominciare dai servizi domiciliari, la famosa “casa come primo luogo di cura”, uno slogan che rischia di rimanere tale. Il messaggio politico è chiaro da parte della maggioranza di governo: questa riforma non è una priorità.

Una manovra quindi circoscritta. Attenta alle famiglie? A troppo poche, per dire di sì.

  1. Le coppie e i nuclei mono genitoriali con due o più figli sono 4,6 milioni In Italia, di questi solo il 58% hanno almeno un figlio minore (si vedano i microdati I.Stat). A ciò occorre aggiungere i richiamati vincoli di età, reddito, lavorativi e di disponibilità dei servizi.
  2. Su questa linea si veda E. Brini, E. Pavolini, S. Scherer, “Culle piene solo con misure strutturali”, lavoce.info, 2 novembre 2023.