Quasi 60.000


Sergio Pasquinelli | 29 Maggio 2017

Sarà un nuovo anno record, il 2017, per gli sbarchi nel nostro paese: stiamo già avvicinandoci a quota 60.000, di cui il 15% minori non accompagnati. Dopo le accuse al ruolo delle Ong sulle rotte del Mediterraneo si è aperto il caso di Isola di Capo Rizzuto, attualmente sotto indagine. Secondo in Italia per capienza (1.200 ospiti) dopo quello di Mineo in Sicilia (3.400), la vicenda del centro calabrese getta un’ombra sull’operato dei centri di prima accoglienza.

Il Ministero dell’Interno sta studiando la possibilità di creare delle “white list” presso ogni prefettura. Potrebbe essere qualcosa di più di un “albo fornitori”: un sistema di accreditamento necessario per le strutture che si candidano a operare nel settore, con un set di standard minimi verificabili. Sarà importante per questo avere un monitoraggio completo, rigoroso, costruttivo, come quello ora promosso dallo stesso Ministero dell’Interno con il progetto MIRECO (“Monitoring improvement of reception conditions”). Un progetto che durerà oltre due anni, realizzato da un insieme di soggetti indipendenti con capofila il Cles di Roma, che offrirà evidenze solide di valutazione della prima e seconda accoglienza, analizzerà le criticità, raccoglierà buone prassi. Il progetto definirà linee guida e testerà un insieme di miglioramenti possibili assieme a tutti i soggetti variamente coinvolti.

 

Il REI (Reddito di Inclusione) allinea l’Italia alla maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale in termini di una misura universale di lotta alla povertà. Nonostante la natura ancora categoriale, tutta da specificare nel dettaglio, ed un impegno di spesa, circa 1,8 miliardi, pari a un quarto di quanto necessario per un reddito minimo in grado di sostenere tutti i poveri assoluti, si tratta di una tappa fondamentale nel quadro evolutivo delle politiche di contrasto alla povertà nel nostro Paese perché da uno schema transitorio di lotta alla povertà qual è il SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva), si passerà ad una misura strutturale caratterizzata da un graduale incremento del beneficio e da una graduale estensione dei beneficiari. Le prospettive future sono oggetto di un Memorandum di intesa fra Governo e Alleanza contro la povertà. Se ne parla con Cristiano Gori su questo stesso sito.

 

Nel frattempo il bonus mamma, 800 euro alle mamme che hanno avuto figli o li hanno adottati a partire dal primo gennaio di quest’anno, è partito ai primi di maggio “con il botto”: oltre 30.000 domande solo nei primi due giorni. L’andamento di questa nuova misura dovrà essere attentamente monitorata, in un paese con uno dei più bassi tassi di fecondità del mondo. Ce ne parla Stefania Sabatinelli su questo stesso sito.

 

Che cos’è il welfare collaborativo? Famiglie che si aiutano, badante di condominio, baby sitter condivisa, co-abitazioni, orti di quartiere, piattaforme digitali, hub territoriali, biblioteche aperte, cortili sociali. Cosa hanno in comune queste esperienze? E cosa c’è di nuovo rispetto a dinamiche collaborative che ci sono sempre state? Sono le domande che ci hanno sollecitato verso un nuovo progetto di ricerca. Realizzato, naturalmente, in modo collaborativo e presentato a Milano il 24 maggio. Su questo stesso sito è possibile leggere un articolo di presentazione della ricerca e l’intero rapporto è disponibile qui.

L’impressione da molti condivisa è che il formato tradizionale di “servizi che danno e di utenti che ricevono” va stretto in molti ambiti, va superato, va ripensato. Serve un nuovo sguardo, il passaggio da una centratura su “servizi-che offrono” a una sulle attività della vita quotidiana: abitare, prendersi cura, lavorare, educare. I servizi non più come i soggetti delegati a fornire risposte, ma attori fra gli altri: attivatori di risorse, relazioni, connessioni.

Sulla stessa lunghezza d’onda si muove la “Biennale della prossimità” di cui parla Maurizio Motta nella sua intervista a Gianfranco Marocchi pubblicata su questo stesso sito, in programma a Bologna dal 15 al 18 giugno prossimi.

Sembra finalmente superata la resistenza che per lunghi anni ha impedito di guardare a fondo questo genere di progetti, considerati come una supplenza al ruolo dello Stato. Come afferma Maurizio Motta: la prossimità non nasce dalla debolezza del welfare, ma da un’evoluzione culturale che porta i cittadini a sentirsi parte della sfera pubblica, e a “sentirsi bene” in dimensioni di vita collaborative.