Nella girandola dei buoni propositi – che dovranno tradursi presto in proposte concrete con tempi, costi e risultati attesi – manca una cosa: la realtà.
È difficile non essere d’accordo con i contenuti del piano Colao o del Programma Nazionale di Riforma (PNR), per esempio. E tuttavia è desolante l’assenza di riferimenti a ciò che già esiste, che funziona, su cui si può costruire senza ripartire sempre da zero. E se partissimo dall’esperienza? Per evitare di stratificare il nuovo sul precedente: un vizio antico che aumenta la confusione e discrimina tra cittadini informati che sanno destreggiarsi e cittadini fragili, che si arrangiano come possono.
A livello nazionale, talvolta anche regionale, ci si muove con grande autoreferenzialità, seguendo uno schema top-down che ha il sapore di neo-statalismo. Partire, apprendere dall’esperienza (propria, altrui) semplicemente non è contemplato nel pilastro della ripresa che riguarda l’inclusione sociale. Qualche esempio.
Primo: il decreto Rilancio diventato legge (77/2020) prevede1, tra le molte cose, la sperimentazione con 25 milioni di euro di strutture di prossimità per la promozione della salute e la presa in carico territoriale delle persone più fragili, anche attraverso “budget di salute” e un’integrazione tra sanità, sociale e terzo settore. Un’altra sperimentazione? Parliamo di servizi su cui sono già state fatte tonnellate di sperimentazioni, e che sono nell’organico di molte Regioni: le Case della salute in Emilia Romagna e Toscana, i Punti unici di accesso in Veneto, Lazio, Puglia e così via. Tutte queste esperienze hanno già molto da dire sul loro funzionamento, i pregi, i limiti, a cosa fare attenzione, quali errori evitare. Partiamo da qui o facciamo finta di niente ricominciando da capo?
Secondo: il Family Act. Introduce l’assegno universale la cui entità e la cui platea restano incerte. Secondo la proposta originaria del ministro Bonetti parliamo di contributi da 80 a 160 euro per figlio minore, a seconda del reddito familiare, cifre tutte da verificare. Ma soprattutto: come questo schema riconfigura l’esistente, che cosa viene lasciato e che cosa viene riassorbito dei vari assegni e bonus oggi vigenti? Perché dalla risposta a questa domanda cambierà in modo determinante non solo il costo della misura, ma anche che cosa viene modificato rispetto all’esistente, il suo valore aggiunto: in definitiva l’impatto che avrà sulle scelte procreative delle giovani coppie.
Terzo: l’Unione Europea spinge – giustamente – affinché la ripresa veda un investimento vero e convinto sulle nuove generazioni: Next Generation EU. Si propone di rafforzare il programma Garanzia giovani e questo avrebbe benefici importanti in un Paese che ha il record negativo di Neet. Ma non basta rafforzare lo stesso format, va corretto e adattato: in Italia Garanzia giovani – con un sovraccarico di tirocini inconcludenti – ha prodotto risultati modesti. Si può migliorare, idee e proposte non mancherebbero: per esempio concependo i tirocini come un punto di partenza, non di arrivo, e spostando i sostegni dalla domanda di lavoro all’offerta, come nel caso delle Doti lavoro, esperienza che ha prodotto esiti interessanti. Sostenere l’offerta anziché la domanda responsabilizza e può rappresentare un atto di fiducia importante per i giovani coinvolti, per il loro livello di ingaggio.
Se le residenze si rivalgono sulle famiglie
Nelle case di riposo lombarde il conto per anziani e parenti è sempre più salato, come ha ampiamente riportato “Redattore Sociale”. Ormai anche nelle Rsa più a buon mercato, si arriva a pagare oltre 18 mila euro all’anno. Cinque anni fa era intorno ai 15 mila euro. E ora con l’emergenza Covid-19 le Rsa stanno ritoccando verso l’alto le rette giornaliere a carico degli ospiti, da 2 a 8 euro di rincaro. Sembrano pochi, ma in un anno vuol dire dai 720 ai 2.880 euro in più da pagare. È quanto denunciano le segreterie regionali dei sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil. “A questi importi, già notevoli, in molti casi bisogna poi sommare vari costi aggiuntivi extra retta (lavanderia, parrucchiere e podologo, trasporti sanitari per visite mediche, ecc.). Insomma, le spese a carico delle famiglie per il ricovero di un anziano in una RSA sono in continuo aumento, anche in periodo Covid, mentre pensioni e indennità di accompagnamento sono al palo”.
Gli aumenti delle rette riguardano solo la quota a carico delle famiglie e dovrebbe riguardare solo il “servizio alberghiero”. La quota sanitaria è invece a carico della Regione. Per legge la quota della Regione dovrebbe coprire il 50% della retta giornaliera. Ma, denunciano i sindacati, nei fatti non è così, perché da anni i contributi della Regione sono bloccati. E così “il costo delle Rsa per le famiglie è più alto, intorno al 60%, mentre Regione Lombardia è ferma al 40 % per cento” scrivono i sindacati in una nota.
E fra 80 anni potremmo essere la metà
L’Istat ha certificato l’ennesimo record negativo del numero di nascite dall’unità d’Italia, – 4,5% nel 2019 rispetto all’anno precedente: siamo a 420.000 nascite, meno 19.000 in un anno, e le prospettive per il 2020 e 2021 non sono per nulla rosee, anzi.
La popolazione italiana ha iniziato a diminuire, e rischia di farlo sempre più in fretta. Di questo passo, secondo uno studio dell’Università di Washington, la popolazione italiana si dimezzerà entro la fine di questo secolo. A meno che si corregga la spirale negativa della fertilità e si aprano flussi migratori imponenti. Prospettive entrambe improbabili, nel breve periodo.
Nel frattempo la Commissione Europea ha aggiornato la ricostruzione del quadro complessivo. La pandemia ha cambiato l’Europa e il mondo in un batter d’occhio. Avrà un impatto duraturo sul nostro modo di vivere e lavorare insieme ed è giunta in un momento in cui l’Europa stava già attraversando un periodo di profondi cambiamenti. La relazione demografica della Commissione presenta i principali motori dei cambiamenti demografici e l’impatto che stanno avendo in Europa. Tratta azioni e soluzioni concrete, tenendo conto degli insegnamenti tratti dalla pandemia, per aiutare le persone, le regioni e le comunità che ne sono maggiormente colpite e per consentire loro di adattarsi alle realtà in continua evoluzione. Vengono individuati cinque principali impatti demografici:
- La popolazione in età lavorativa sta diminuendo in Europa. Dobbiamo trovare il modo di sostenere la crescita economica aumentando l’occupazione e la produttività.
- Per affrontare il problema dell’invecchiamento della società europea, i nostri sistemi sanitari e di assistenza dovranno adeguarsi ulteriormente. Occorrerà inoltre riflettere su come finanziare una spesa pubblica più elevata legata all’invecchiamento.
- Le sfide demografiche variano spesso in modo significativo all’interno di uno stesso paese. Il fatto che alcune regioni rischino di subire rapidi cambiamenti demograficicomporterà nuove opportunità e sfide, dagli investimenti all’infrastruttura, all’accesso ai servizi. Sarà essenziale trovare nuove soluzioni per aiutare le persone ad affrontare i cambiamenti.
- I cambiamenti demografici possono anche avere un impatto sulla posizione dell’Europa nel mondo. La quota della popolazione e del PIL dell’Europa diminuirà proporzionalmente rispetto al resto del mondo. Per questo motivo è più che mai importante che l’Europa sia unita e più forte e che segua un approccio più strategico.
- Spesso i cambiamenti demografici e la duplice transizione verde e digitalesi influenzano, si sostengono o si accelerano a vicenda. Sarà quindi fondamentale adottare previsioni strategiche per anticipare e preparare le politiche necessarie ad affrontare tali questioni.