Health at a Glance – Europe 2020

Osservazioni di un incompetente


Roberto Artoni | 15 Dicembre 2020

Nel mese di novembre è uscita la pubblicazione dell’OECD dedicata ai sistemi sanitari europei, quali si configuravano negli anni immediatamente precedenti alla crisi del Covid-19. In questa nota ho raccolto i dati, per i miei interessi più significativi, riferiti a sei Paesi europei: oltre all’Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito. La scelta dei Paesi deve essere giustificata.

L’Italia aveva nel 1996 un reddito reale pro capite pari al 95 % di Francia e Germania e marginalmente superiore al Regno Unito; negli ultimi 20 anni ci siamo progressivamente allontanati da questi Paesi, stante che le stime correnti collocano il nostro reddito pro capite al 75% di quello tedesco e all’80% di quelli di Francia e Regno Unito. Ci stiamo invece progressivamente avvicinati alla Spagna; mentre nel 1990 il reddito italiano era superiore del 28% di quello spagnolo, nel 2019 il divario si era ridotto al 7%. (tab.1).

Possiamo infine ricordare che nell’arco di tempo qui considerato il reddito reale pro capite si è ridotto in Italia del 2%. Non sembra che sia stato finora condotto un esauriente esame delle cause all’origine del prolungato periodo di stagnazione dell’economia italiana. In questa nota ci limitiamo a rappresentare l’esito che il mancato sviluppo ha avuto sul sistema sanitario italiano relativamente a quello degli altri Paesi europei.

 

Tabella 1 – Reddito reale pro capite (migliaia di euro, ppp)
Italia Germania Francia Spagna Regno Unito
2000 27430 28910 28930 21460 27130
2019 26920 35840 33270 25200 32870
2019/2000 98,1 124,0 115,0 117,4 121,2
Italia/vari Paesi
2000 0,95 0,95 1,28 1,01
2019 0,75 0,81 1,07 0,82
Fonte: Eurostat

 

 

La popolazione

La vita attesa sia alla nascita sia a 65 anni, è elevata in Italia in linea con il contesto europeo, mentre valori relativamente ridotti si riscontrano in Germana e Regno Unito.

Un dato anomalo per il nostro Paese riguarda invece la struttura per età della popolazione: nel 2019 il 23% della popolazione aveva più di 65 anni, un dato più elevato di quello degli altri Paesi.  È poi peculiare in Italia la dinamica dell’invecchiamento della popolazione: dal 1980 al 2019 l’incremento percentuale ha superato i 9 punti, un tasso di crescita non paragonabile a quello degli altri Paesi, tutti intorno ai 6-7 punti.

 

L’invecchiamento della popolazione è stato certamente determinato dall’elevata speranza di vita, ma anche dal forte ridimensionamento del tasso di natalità italiano. Mentre nel 1980 un tasso di natalità dell’11,3% era superiore a quello tedesco, ma inferiore quello degli altri Paesi, nel 2019 questo tasso è crollato al 7%, lontano da quanto si rileva per gli altri Paesi europei.

Sono state proposte molte spiegazioni del crollo del tasso di natalità, sulle quali chi scrive non ha competenze specifiche. Vorrei tuttavia sottolineare due elementi a mio giudizio molto importanti. In primo luogo, per una malintesa ricerca di flessibilità nell’impiego della forza di lavoro, sono state introdotte ripetute riforme che hanno di fatto ampiamente precarizzato i rapporti di lavoro.

Appare certo che l’impossibilità di accedere a un posto di lavoro stabile, e adeguatamente retribuito, costituisce un fattore che scoraggia la procreazione, o comunque la sposta in avanti. A ciò si deve aggiungere la limitata capacità degli enti locali, per i vincoli finanziari cui sono stati sottoposti, di sviluppare adeguatamente i servizi per l’infanzia, anche se il calo delle nascite ha solo per certi aspetti mascherato un problema che pure esiste.

Sembra inoltre che l’azione pubblica in tema di edilizia popolare sia quasi scomparsa, non attribuendosi la dovuta attenzione al ruolo che i piani di edilizia popolare varati nei decenni postbellici hanno avuto. L’attenzione degli operatori pubblici sembra essere quasi esclusivamente orientata a grandi investimenti in cui l’elemento commerciale e la destinazione ai ceti abbienti sono prevalenti.

 

Come già osservato, si possono proporre molte spiegazione della caduta del tasso di natalità, ma l’osservazione di quanto si verifica in altri Paesi, dove il fenomeno è molto più circoscritto, aiuterebbe a impostare il problema in termini non scorretti.

 

Tabella 2 – Demografia
Italia Germania Francia Spagna Regno Unito
Vita attesa alla nascita 83,4 81 82,9 83,5 81,3
uomini 81,2 78,6 79,7 80,7 79,5
donne 85,9 83,3 85,9 86,3 83,1
% popolazione > 65
1980 13,1 15,6 14 11,1 14,9
2019 22,8 21,5 20,1 18,4 18,4
Mortalità infantile (tasso per 1000 nati vivi) 2,8 3,2 3,8 2,7 3,9
Tasso di natalità
1980 11,3 10,1 14,9 15,2 13,4
2019 7 9,4 11,2 7,6 10,7
Fonte: Health at a glance 2020, figg. 3.5, 3.6, 3.13

 

 

La spesa

In una lettura della spesa sanitaria il primo dato rilevante riguarda la spesa sanitaria pro capite corretta per le parità dei poteri di acquisto. In Italia nel 2019 la spesa pro capite pubblica era pari a 2473 euro, marginalmente superiore al dato spagnolo, ma sensibilmente inferiore a quello degli altri Paesi (Tab.3).

La situazione italiana è il risultato di una diminuzione della spesa reale pro capite nel periodo 2008-2013 a un tasso annuale negativo dello 0.9, compensata da una crescita dell’1% dal 2013; si può aggiungere che anche negli anni precedenti al 2013 la spesa sanitaria italiana è stata caratterizzata da una progressiva contrazione.

In tutti gli altri Paesi, con l’eccezione della Spagna, la spesa sanitaria è sistematicamente cresciuta a tassi sostenuti. L’eccezione negli anni che vanno dal 2008 al 2013 è costituita appunto dalla Spagna, sottoposta ad interventi fortemente restrittivi da parte delle istituzioni europee. L’Italia, apparentemente non è stata oggetto di attenzione da parte della troika, anche se gli effetti, almeno nel comparto sanitario, non sono stati diversi. Anche dopo il 2013 nel nostro Paese la crescita della spesa è stata comunque contenuta.

 

Gli stessi andamenti si colgono rapportando la spesa al prodotto interno. In Italia la spesa pubblica era nel 2019 pari al 6,5% del pil, livello come la Spagna. In Francia e Germania la spesa era di poco inferiore al 10%. Il quadro non si modifica con il riferimento alla spesa complessiva, pubblica e privata: l’incidenza della spesa privata in Italia, 2,3% del pil, è comunque la più elevata fra i Paesi qui considerati.

Se esaminiamo le modalità di finanziamento, la componente obbligatoria, fiscale e contributiva, è intorno al 70% in Italia e Spagna, mentre è superiore all’80% nei Paesi ad alta spesa. Ne consegue che la spesa direttamente a carico del cittadino, out of pocket spending, in termini dei consumi della famiglia è comparativamente elevata nel nostro Paese.

 

I dati certamente sommari cui abbiamo fatto riferimento devono essere ricollegati all’evoluzione comparativamente mediocre dell’economia italiana. Infatti la dinamica di consumi sia privati sia collettivi nell’ultimo ventennio evidenzia una causa determinante del tasso di sviluppo relativamente più baso del nostro Paese. I consumi privati, per il mediocre andamento delle retribuzioni, sono stati stagnanti; i consumi collettivi, nella ricerca di equilibri di bilancio a prescindere dall’andamento macroeconomico sono stati compressi. Il tutto si è ovviamente risolto in una crescita del Pil più che mediocre. Si aggiunga che rapporti al prodotto interno costanti o in diminuzione, in periodi di recessione, implicano una diminuzione della quantità e qualità dei servizi. Il tutto è del resto testimoniato dal livello della spesa pro-capite se confrontata con quella degli altri Paesi.

 

Tabella 3 – Spesa
Italia Germania Francia Spagna Regno Unito
Spesa pubblica pro capite ppp in euro 2473 4504 3644 2451 4504
Tasso di crescita spesa pc reale
2008-13 -0,9 2 1,7 -1,4 1,5
2009-19 1 2,7 1 2,3 2,2
Spesa totale in % pil 8,7 11,7 11,2 9 10,3
pubblica 6,4 9,9 9,4 6,4 8,0
privata 2,3 1,8 1,8 2,6 2,3
Spesa finanziata da aa.pp. 76 86 82 70 81
Fonte: Health at a glance 2020, figg.5.1, 5.2, 5.3, 5.7

 

 

L’offerta di servizi

Nel volume dell’OECD sono analizzate le modalità d’offerta dei servizi, distinguendo fra ospedali, strutture di long term care, ambulatori e prestazioni individuali. La composizione dell’offerta presenta differenze relativamente contenute, con l’eccezione della forte incidenza dei servizi ambulatoriali in Germania a scapito di quelli ospedalieri. L’Italia si segnala comunque per il ruolo limitato della long terme care.

In Germania è elevata la spesa per prodotte farmaceutici al dettaglio finanziata dal governo per l’80%. La spesa in Italia è inferiore del 30%, a un livello paragonabile a quello francese, con un finanziamento pubblico di poco superiore al 60%.

Altri dati riguardano la prescrizione di antibiotici del nostro Paese. circa doppia, con l’eccezione della Francia., di quella degli altri Paesi. È invece, limitato, anche se le informazioni sono incomplete, il consumo di oppiacei

 

Per quanto riguarda il personale impiegato, il numero di dottori è allineato alla media europea di 4 per mille abitanti, con l’eccezione del Regno Unito, dove è sensibilmente inferiore. L’Italia invece si distingue negativamente, con la Spagna, per il sottodimensionamento del personale infermieristico: 5,4 per mille abitanti, contro i 13 della Germania e gli 11 di Francia. Ne discende ovviamente che il rapporto infermieri medici è in Italia a 1,4, di nuovo paragonabile solo a quello spagnolo. Di conseguenza è pure contenuto il numero di letti per mille abitanti. In questo quadro di limitata disponibilità di letti la giacenza media non si discosta da quella dei Paesi qui considerati con l’eccezione di Germania, dove il dato raggiunge i 9 giorni.

 

Tabella 4 – Servizi
Italia Germania Francia Spagna Regno Unito
% spesa per erogatore
ospedali 44 28 38 43 41
long term care 6 9 12 6 11
ambulatori 23 31 22 22 24
altro 27 32 28 29 24
Spesa farmaceutica, € pro capite 434 615 457 366 366
% finanziamento pubblico 63 82 81 69 57
di cui: antibiotici 28 12 24 12 16
oppiacei 4,2 n.a. n.a. 17
Spesa a carico dei privati (% dei consumi famigliari) 3,4 2,8 3 3,5 2,6
Giorni degenza media in ospedale 7,9 8,9 7,3 7,3 6,8

Fonte: Health at a glance 2020

Osservazioni conclusive

Pur sulla base di osservazioni parziali e sommarie, i dati da noi commentai riflettono sia problemi generali dell’economia e della società italiane, sia problemi specifici del sistema sanitario pubblico.

In generale politiche mal concepite, espressione di una visione che si definisce correntemente neoliberista, hanno introdotto forti elementi di precarietà e di incertezza, incidendo negativamente nella vita quotidiana di larga parte della popolazione. Non credo che si possa negare che al crollo registrato nel tasso di natalità in termini assoluti e relativi, abbiano contribuito sia la destrutturazione del mercato del lavoro sia l’arretramento delle pubbliche amministrazione nella fornitura di servizi essenziali,

Il mediocre andamento economico degli ultimi decenni ha poi allontanato il nostro Paese dai livelli di reddito dei Paesi più avanzati.  La drammatica divaricazione del nostro reddito pro capite dai livelli di Francia e Germania, cui ci eravamo avvicinati, deve trovare una spiegazione. Di nuovo si dovrebbero esaminare le politiche economiche adottate e l’ideologia retrostante, sempre che non si voglia fare riferimento a ineliminabili deficienze del popolo italiano, che si sarebbero peraltro manifestate solo negli ultimi decenni

 

Il quadro macroeconomico e sociale si è ovviamente riflesso sugli assetti del sistema sanitario, in particolare nella sua componente pubblica. Il dato della spesa sanitaria pro-capite e il rapporto fra spesa e prodotto interno testimoniano le difficoltà cui questo comparto è andato incontro. Se i dati epidemiologici anche nel contesto della pandemia dimostrano un’apprezzabile capacità di resilienza del nostro sistema pubblico, una lettura non specialistica dei dati raccolti dall’Oecd sembra indicare la necessità di interventi articolati: I punti essenziali riguardano:

  • interventi sull’offerta (qui sintetizzata nel numero di letti per abitante);
  • una diversa articolazione nella modalità di fornitura dei servizi (meno dipendente dagli ospedali e territorialmente più equilibrata);
  • un ampliamento di personale assurdamente penalizzato in questi anni di sostanziale blocco del turnover, associata alla fissazione di livelli retributivi ragionevolmente competitivi;
  • una consapevole definizioni dei rapporti fra componenti pubbliche e private.

Ribandendo quanto già osservato, il raggiungimento di questi obiettivi sarà tanto più agevole, quanto più le politiche saranno portatrici di sviluppo economico e sociale.