I LEP tra Corte costituzionale e legge di Bilancio 2022


Alceste Santuari | 17 Dicembre 2021

Su questo sito abbiamo già affrontato le questioni giuridiche e istituzionali relative ai LEP. A distanza di mesi da quel contributo, i LEP si ritrovano oggetto di una pronuncia della Corte costituzionale e dell’art. 43 del disegno di legge di Bilancio 2022. Prima di analizzare i contenuti della sentenza in parola e dell’art. 43, si ritiene opportuno richiamare alcuni profili dei LEP.

 

A seguito dell’approvazione della Riforma del Titolo V della Costituzione di cui alla legge costituzionale n. 3/2001, la nozione di livelli essenziali delle prestazioni (LEP) è stata estesa su tutto il territorio nazionale ed è stata costituzionalizzata. L’art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione stabilisce, infatti, che spetta allo Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

Determinazione e garanzia dei LEP diventano dunque responsabilità delle istituzioni statali, chiamate, nello specifico, ad assicurare che tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro appartenenza territoriale, possano fruire degli stessi livelli quali-quantitativi di prestazioni.

La costituzionalizzazione dei LEP, tuttavia, implica la inevitabile “leale collaborazione” delle Regioni, cui la medesima Costituzione, proprio a seguito della Riforma del Titolo V, riconosce la potestà legislativa primaria in materia di servizi sociali e potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute. In quest’ottica, le Regioni devono orientare le proprie scelte organizzative e gestionali in ordine all’erogazione dei servizi sociali e socio-sanitari consapevoli che esse sono chiamate a contribuire all’effettività esigibilità dei livelli essenziali delle prestazioni.

 

Da quanto sopra discende che sebbene i LEP siano da collocare nell’ambito delle prerogative esclusive statali, essi invero rappresentano l’espressione (ancora troppo spesso auspicata) del moderno sistema di welfare multilivello.

I livelli essenziali si collocano allora in un singolare crocevia fra i livelli di governo (centrale e periferici) e fra intervento pubblico e privato e, ancora, fra attese dei singoli soggetti beneficiari e la responsabilità dei soggetti, pubblici e privati, di apprestare le risposte e le soluzioni che possono rispondere a quelle esigenze.

I LEP hanno trovato nell’art. 22 della legge n. 328/2000 una loro importante legittimazione giuridica, ancorché l’articolo in parola non determini il contenuto effettivo delle prestazioni, limitandosi ad una mera elencazione generale delle misure e degli interventi, demandando alla pianificazione nazionale e regionale il compito di specificare le caratteristiche e i requisiti delle prestazioni essenziali.

I LEP trovano specifica trattazione anche nel d.lgs. 147/2017, che definisce come livelli essenziali delle prestazioni il REI (art. 2), la valutazione multidimensionale (art. 5), il progetto personalizzato (art. 6), poi disponendo (agli artt. 7, 14, 15, 21, 23 e 24) le conseguenti previsioni organizzative per assicurarli. E, ancora, i LEP sono stati contemplati nell’art. 89, comma 2-bis del c.d. “decreto rilancio” (d.l. 34/2020, convertito nella legge 77/2020), che ha considerato i servizi di cui all’art. 22 della 328 alla stregua di “servizi pubblici essenziali” in quanto volti a garantire il godimento di diritti costituzionalmente tutelati” e dispone, conseguentemente, che le Regioni e le Province autonome si organizzino per assicurarli anche in fase di emergenza.

Un’ulteriore previsione dei LEP è ora contenuta negli artt. 43, 44 e 45 del disegno di legge di Bilancio 2022, che rispettivamente riguardano i livelli essenziali delle prestazioni per la non autosufficienza, per i servizi rivolti all’infanzia e, infine, per il trasporto degli alunni con disabilità.

 

Nel presente contributo, l’attenzione sarà rivolta alla previsione di cui all’art. 43, il quale richiama i principi e i criteri indicati negli artt. 1 e 2 della legge n. 328/2000, secondo i quali la Repubblica (non lo Stato, si noti) assicura gli interventi, i servizi, le attività e le prestazioni con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale al fine di “garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità”.

La disposizione in parola intende garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell’offerta integrata dei LEP, nonché “concorrere alla piena attuazione degli interventi previsti” dal PNRR nell’ambito delle politiche per l’inclusione e la coesione sociale. Pertanto, i LEP dovranno essere realizzati dagli ambiti territoriali sociali di cui all’art. 8, comma 3, legge n. 328/2000. Richiamando ancora una volta la piena vigenza della legge di riforma dell’assistenza, l’art. 43, comma 2 individua gli ATS (ambiti territoriali sociali) il luogo in cui gli enti locali, le aziende sanitarie e i soggetti non profit collaborano per la definizione dell’offerta integrata dei servizi sociali e socio-sanitari. Si può leggere in quest’ottica una valorizzazione dell’esperienza dei Piani di Zona maturata in questi ultimi venti anni.

Allo scopo di garantire omogeneità del modello organizzativo degli ATS e la ripartizione delle risorse assegnate a livello statale per il finanziamento dei LEP, l’art. 43, comma 3 prevede un’apposita intesa da realizzarsi in sede di Conferenza Unificata su iniziativa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la quale approvare le linee guida per l’attuazione dei LEP.

Il comma 4 dell’art. 43 individua poi le aree in cui i LEP nel comparto della non autosufficienza devono essere garantiti, ivi comprese le nuove forme di coabitazione solidale delle persone anziane.

Sotto il profilo organizzativo e gestionale, l’art. 43, comma 5 stabilisce in capo agli enti locali e alle aziende sanitarie l’obbligo di assicurare l’accesso ai servizi sociali e ai servizi sociosanitari attraverso i PUA (Punti unici di accesso), istituiti presso le Case della Comunità. Nell’ambito delle funzioni dell’Unità valutativa multidimensionale (UVM) dovrà realizzarsi la definizione del PAI (Piano di assistenza individuale), con la quale si “certifica” la presa in carico degli utenti-pazienti, che deve coinvolgere, oltre alle risorse famigliari, anche i soggetti non lucrativi che intendono collaborare alla definizione del Piano.

Il comma 10 individua nel fondo nazionale per la non autosufficienza la principale fonte di finanziamento dei LEP, che sarà integrato di 100 milioni di euro per l’anno 2022, di 200 milioni di euro per l’anno 2023, di 250 milioni di euro per l’anno 2024 e di 300 milioni a decorrere dal 2025.

Il comma 11 prevede che, con uno o più decreti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, verranno individuati altri LEP negli ambiti del sociale, diversi dalla non autosufficienza, con riferimento alle aree di intervento e ai servizi già elencati nell’art. 22 della legge n. 328/2000.

In sede di prima applicazione della norma, sono individuati i seguenti LEP, così come evidenziati nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2021-2023 (comma 12):

  1. Pronto intervento sociale;
  2. Supervisione del personale dei servizi sociali;
  3. Servizi sociali per le dimissioni protette;
  4. Prevenzione dell’allontanamento familiare;
  5. Servizi per la residenza fittizia;
  6. Progetti per il dopo di noi e per la vita indipendente.

Per i LEP sopra indicati, il comma 13 prevede che il loro finanziamento derivi dalle risorse nazionali già destinate per le medesime finalità dal Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, unitamente alle risorse dei fondi comunitari e del PNRR destinate ai medesimi scopi.

Dall’impianto sopra richiamato, ad avviso di chi scrive emergono tre spunti di riflessione. Il primo riguarda il costante richiamo alla legge n. 328/2000, ritenuta ancora tra i punti di riferimento più significativi in ambito di LEP e di organizzazione/gestione degli interventi a livello territoriale. Il secondo spunto attiene alla volontà del legislatore di procedere progressivamente ad una individuazione puntuale dei contenuti dei LEP, che contribuirebbe a rendere maggiormente fruibili ed esigibili i diritti sociali. Il terzo spunto, infine, è collegato all’importanza di assicurare gli standard e l’accesso ai LEP: è noto che la semplice declaratoria, seppure importante, dei LEP non esaurisce il loro cammino. Occorre stabilire gli standard qualitativi che i LEP devono assicurare e definire i percorsi che permettano agli utenti-pazienti-cittadini di accedervi. In questo senso, la previsione degli ATS, dei PUA e dei PAI costituiscono la cornice istituzionale ed organizzativa che può agevolare l’accesso integrato alle prestazioni. Tuttavia, le Regioni e gli ambiti sociali territoriali, nonché i distretti dovranno essere “disegnati” per consentire un efficace ed effettivo accesso alle prestazioni, agli interventi e alle attività sociali.

 

I LEP hanno, inoltre, trovato nelle settimane scorse una ulteriore e autorevole “spinta”. Dichiarando infondate alcune questioni di legittimità costituzionale proposte dalla Regione Liguria in materia di tagli ai bilanci comunali, la Corte costituzionale, nella sentenza 26 novembre 2021, n. 220, si è infatti così espressa in tema di LEP:

 

“La non fondatezza della questione peraltro non esime questa Corte dal valutare negativamente il perdurante ritardo dello Stato nel definire i LEP, i quali indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché «il nucleo invalicabile di garanzie minime» per rendere effettivi tali diritti (ex multis, sentenze n. 142 del 2021 e n. 62 del 2020). In questa prospettiva i LEP rappresentano un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali (ex multis, sentenze n. 197 del 2019 e n. 117 del 2018). Oltre a rappresentare un valido strumento per ridurre il contenzioso sulle regolazioni finanziarie fra enti (se non altro, per consentire la dimostrazione della lesività dei tagli subìti), l’adempimento di questo dovere dello Stato appare, peraltro, particolarmente urgente anche in vista di un’equa ed efficiente allocazione delle risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59 (Misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti), convertito, con modificazioni, in legge 1° luglio 2021, n. 101. In definitiva, il ritardo nella definizione dei LEP rappresenta un ostacolo non solo alla piena attuazione dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, ma anche al pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti sociali.”

 

La Corte costituzionale, così come avvenne con la sentenza n. 396 del 1988 in materia di Ipab, conferma dunque la necessità che il legislatore statale intervenga nell’ambito sociale, nello specifico, individuando i LEP.

Questi ultimi costituiscono a ben vedere un “banco di prova” strategico per aiutare le istituzioni pubbliche ad uscire dalla c.d. “sindrome della fortezza”, all’interno della quale i servizi e le prestazioni vengono immaginate e concepite sulla base dell’offerta e non delle esigenze della persona in stato di bisogno. La definizione e la realizzazione dei LEP richiedono, al contrario, un’azione integrata, coordinata, organizzata di molteplici attori, istituzionali e non, capaci di delineare sistemi locali di servizi e di interventi socio-sanitari adeguati e funzionali a rispondere alla domanda di salute dei cittadini. La cooperazione finalizzata alla definizione di strategie comuni e alla conduzione di pratiche organizzative da parte delle autorità pubbliche è vieppiù richiesta e necessaria in un ambito, quale quello dei servizi sociali e socio-sanitari, per i quali il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali e l’integrazione delle prestazioni rappresentano la raison d’etre stessa dell’agire pubblico.

La sfida è quella di tradurre la nozione di integrazione sociosanitaria, spesso “più detta che fatta”, in sperimentazioni che superino i tanti inconcludenti tavoli di concertazione inter-istituzionale e siano capaci di valorizzare i contributi dei diversi soggetti coinvolti, istituzionali, non lucrativi e imprenditoriali, affinché in forza del vissuto delle esperienze maturate sia possibile individuare quella standardizzazione delle prestazioni e delle relative modalità di erogazione.

 

Considerata la complessità che definisce l’odierno sistema di organizzazione e di erogazione dei servizi sociosanitari, è raccomandabile che la regolamentazione offra strumenti di governo dei processi, attraverso i quali i sistemi locali di welfare siano in grado di rispondere alle diverse istanze che provengono dai territori. In un contesto ordinamentale caratterizzato dal decentramento regionale delle competenze in ambito socio-sanitario, al programmatore regionale è affidata la funzione di definire linee di indirizzo che supportino i diversi snodi del governo dei sistemi locali dei servizi e degli interventi sociosanitari.

L’art. 43 del disegno di legge di Bilancio 2022 e la sentenza della Corte costituzionale citata rappresentano due tasselli significativi, che attendono di essere “agiti” sia a livello nazionale sia a livello territoriale, in specie, facendo ricorso ai processi e ai procedimenti amministrativi contemplati nel Codice del Terzo settore.