Il diritto di essere bambini

Trent'anni dopo la convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza


Fabio Gandini | 5 Giugno 2020

Nel 2019 si è celebrato il trentennale dall’adozione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che esplicita i diritti fondamentali di un soggetto in formazione e  riconosce tutti i bambini e tutte le bambine del mondo come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici. In una società ancora marcatamente adultocentrica, promuovere l’azione di costruire un mondo a misura di bambino, attraverso i loro occhi, significa in primis ascoltare i bambini e capire cosa pensano sia importante nel rispetto della loro unicità biografica e relazionale.

 

L’ascolto autentico

La Convenzione Onu (d’ora in poi Crc, Convention on the rights of the child) si fonda sul concetto del best interest of the child, collocando il minore al centro del dibattito sul suo essere e il suo divenire (Bastianoni P., Betti M., 2019b, pp. 19-20), attraverso l’ascolto, un diritto che gli adulti non possono ignorare per comprendere la loro realtà, le loro esigenze, i loro sogni, le loro paure, i loro desideri1.

Per molto tempo si è pensato alla tutela in una dimensione prospettica, in quanto il bambino era considerato un soggetto in divenire; ascoltare in modo autentico i bambini nel qui e ora, invece, assumendo il loro sguardo (Bastianoni P., Betti M., 2019b, pp. 19-20), permette di prendere delle decisioni nel loro interesse esclusivo che corrisponde al loro armonico sviluppo psichico, fisico e relazionale.

 

L’articolo 12 garantisce alla persona minore di età il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa, prevedendo che tale opinione sia debitamente presa in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

Ma cosa significa, per un bambino, rendere concreto questo principio?

 

I bambini e i ragazzi devono essere resi consapevoli dei diritti di cui sono titolari e partecipi delle situazioni che li riguardano. L’informazione è alla base della consapevolezza che, a sua volta, consente l’autodeterminazione di una persona e la rende libera (Agia, 2019a, p. 176).

Al riguardo, specifiche norme varate dal legislatore italiano si affiancano alla Crc del 1989, come la L. 149/2001, che apporta alcune modifiche in tema di adozione e affidamento familiare e la L. 54/2006 sull’affido condiviso, che non solo sanciscono il diritto del minore ad essere ascoltato nelle diverse procedure che lo riguardano, ma gli consentono di avere anche degli spazi di azione.

L’ascolto in sede civile fondamentalmente ha la specificità di permettere al minore di esercitare un diritto, compatibilmente con le diverse implicazioni che le tappe evolutive comportano, non solo esplicitando i suoi pensieri, i suoi vissuti e le sue emozioni, ma anche di esprimere la propria volontà rispetto alla condizione che vive e quindi alla situazione familiare che lo vede direttamente coinvolto.

In sede penale, invece, l’ascolto del minore è finalizzato alla raccolta di informazioni di rilevanza investigativa nell’abito delle indagini preliminari o piuttosto alla raccolta della sua testimonianza in sede strettamente processuale; ma perché possa essere veramente pronto a raccontare quanto gli è accaduto, è necessario deresponsabilizzare il bambino dal ruolo di testimone e affidargli piuttosto il compito di esperto della propria vita (Bastianoni P., Betti M., 2019b, p.22).

Garantire i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza significa, per la loro stessa natura relazionale, garantire relazioni buone, funzionali e funzionanti; secondo questa visione, il giudice che si occupa di minori e famiglia non deve essere solo un giudice delle relazioni, che fotografa le situazioni e ne dispone con provvedimenti, ma anche un giudice per le relazioni che promuove processi di cambiamento capaci di creare delle relazioni buone per una crescita serena dei bambini e dell’intera comunità.

Per garantire tale contesto relazionale, quindi, devono ricorrere due condizioni: la libertà, senza la quale c’è sopraffazione e le persone diventano vittime, e la responsabilità degli adulti, chiamata in causa per l’attuazione dei diritti dei bambini2.

La L. 219/2012 ha introdotto l’art. 315 bis del Codice Civile che prevede che “il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto dei essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”, sancendo così il diritto del minore di essere ascoltato.

 

Gli adulti devono sostenere i minori e incoraggiarli a non mollare mai e a credere nelle loro potenzialità, prendendosi tutto il tempo necessario e senza doversi vergognare delle proprie paure. Ogni bambino deve avere il diritto all’occasione di sperimentare, di mettersi alla prova e di fare nuove esperienze per potersi esprimere liberamente e raggiungere i propri obiettivi.

Spesso il comportamento degli adulti è guidato dalla credenza di poter classificare, interpretare e valutare le attitudini e le capacità del bambino, e di conseguenza di poterlo supportare nello sviluppo della sua personalità, ancor prima di lasciarsi affascinare e travolgere da quelle che sono le sue assolute peculiarità (Bastianoni P., Betti M., 2020, pp. 14-15), senza aver dato tempo a quell’azione che si potrebbe definire ascolto attento.

Il diritto di essere amati e l’uguaglianza delle opportunità

A prendersi cura dei bambini sono i genitori, i parenti o gli adulti che si possono occupare di loro, condividendo insieme le esperienze di vita, di studio, di gioco e le scoperte quotidiane. In termini evolutivi, i bambini fin da piccoli richiedono costantemente un bisogno di protezione fisica ed emotiva alle figure che si occupano di loro; un accesso costante ad un contesto relazionale responsivo e sensibile assicura un’esperienza fondamentale per un loro buon adattamento a breve e a lungo termine (Bastianoni P., Pedrocco Biancardi M. T., 2014, p. 22).

La Crc sottolinea l’importanza della famiglia nella vita di ogni bambino e adolescente, quale unità fondamentale della società e di un ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli.

Tutti i bambini hanno diritto a non essere lasciati in solitudine e ad esser felici, trovando negli adulti il sostegno per allontanare la tristezza, la sfiducia e la rabbia, a essere semplicemente amati e accolti, andando oltre i bisogni materiali (Bastianoni P., Betti M., 2019a, p. 19); gli adulti di riferimento devono garantire tempo di qualità da trascorrere e vivere insieme.

I diritti alla continuità degli affetti devono essere sempre garantiti, anche a quei bambini e adolescenti che attraversano l’esperienza della separazione dei genitori, che affrontano la situazione detentiva di un genitore o che vivono fuori dalla famiglia di origine (Agia, 2019a, p. 62). In particolare, la separazione rappresenta un cambiamento e un momento di difficoltà per gli adulti, ma anche per i figli che la subiscono, e richiede un nuovo equilibrio tra i diversi soggetti coinvolti nella costruzione del nuovo assetto familiare.3

Anche i figli delle persone detenute, nella separazione dai genitori, hanno gli stessi diritti degli altri bambini; promuovere il mantenimento di relazioni familiari di qualità e del legame affettivo attraverso incontri e contatti regolari, tranne nei casi in cui ciò sia in contrasto con il suo superiore interesse, incide positivamente non solo sul genitore recluso ma soprattutto sullo sviluppo del bambino (Agia, 2019b, p. 70).

 

In questi trent’anni sono stati fatti molti passi in avanti rispetto al riconoscimento dei bambini come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici. Ma se dobbiamo analizzare questo processo di riconoscimento, notiamo che gli interventi e le misure adottate sono riferiti a tipologie specifiche di minori in un determinato contesto; tutto ciò ha sicuramente contribuito a porre l’attenzione sul bambino, fino ad allora solo destinatario di azioni da parte dell’adulto, ma ora è necessario arrivare a definire e integrare una cultura dell’infanzia stessa (Bastianoni P., Betti M., 2019a, p. 18), il rispetto del soggetto minore di età  in quanto tale, a prescindere da ogni considerazione di razza, colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza (art. 2, Crc).

I diritti previsti dalla Crc devono essere realizzati e garantiti nei confronti di tutte le persone minori di età, senza differenze, perché nessuno resti indietro4. Bastianoni e Betti (2019b) rilevano come nell’ultimo decennio si sia posta maggiore enfasi all’educazione e alla tutela dei bambini, offrendo servizi dedicati all’infanzia di maggiore qualità, in grado di renderli attivi, responsabili e competenti per affrontare le diverse sfide evolutive. Tali servizi devono rispettare standard minimi uguali per tutti e, per colmare le disparità di accesso, occorre definire i livelli essenziali delle prestazioni previste dalla Costituzione (ibidem).

La disuguaglianza che colpisce alcune categorie di minori appartenenti a famiglie economicamente e socialmente svantaggiate – delle quali fanno parte quelle monoparentali, i nuclei numerosi e le famiglie di origine straniera – riduce le possibilità di accesso ad ambienti di apprendimento, non solo in termini didattici, ma anche in termini di esperienze, relazioni e socializzazione; questa povertà educativa incide pesantemente sulla vita e sul futuro di questi bambini in termini di opportunità (Bastianoni P., Betti M., 2019a, p.17).

 

L’articolo 28 riconosce ad ogni fanciullo il diritto all’educazione, in modo da favorire l’uguaglianza delle opportunità (Agia, 2019a, p. 80); la società occidentale si adopera per dare a tutti i bambini la possibilità di leggere, di scrivere e fare il conto, ampliando il concetto di alfabetizzazione con l’investimento in capacità e competenze (Novara D., Boccalini L., 2000), favorendo lo sviluppo della personalità del fanciullo e lo sviluppo delle sue facoltà e attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità.

Le scuole, oltre ad essere luoghi sicuri, devono essere accessibili e fruibili per gli studenti con disabilità, attraverso l’eliminazione delle barriere architettoniche. Una scuola inclusiva è una scuola attenta agli studenti con disabilità ma anche agli alunni a rischio di esclusione sociale, come per esempio i minorenni non accompagnati, quelli provenienti da famiglie con fragilità, in affido, in adozione, o temporaneamente collocati in strutture di accoglienza (Agia, 2019a, p. 82). In classe tutti i bambini dovrebbero vivere insieme in armonia, impegnandosi a non dire parolacce, bugie e insulti, a non farsi i dispetti, a non litigare, a non picchiarsi e a rispettare gli altri. I bambini vogliono essere educati e istruiti, ma anche gratificati, per sviluppare al massimo le loro potenzialità, senza essere valutati solo con i voti.

 

Il gioco e lo sport aiutano a diventare grandi e all’articolo 31 della Crc diventano un diritto che fa crescere e sviluppa la socialità, la memoria, l’intelligenza, l’equilibrio e il benessere (Agia, 2018, p. 3). Il gioco svolge una funzione educativa e di inclusione principalmente per tutti quei bambini e adolescenti che si trovano in una condizione di vulnerabilità (ivi, p. 8). Il gioco spontaneo, spesso sottovalutato rispetto al gioco strutturato, consente al bambino di fantasticare, porsi obiettivi, escogitare strategie di autoregolazione, fallire, cercare alternative, interagire, mettersi nei panni dell’altro, litigare, rappacificarsi, interiorizzare e sviluppare regole sociali.

Lo sport è un’attività tesa a sviluppare le capacità fisiche e insieme psichiche; favorisce lo sviluppo fisico, previene numerose malattie, insegna importanti valori quali amicizia, solidarietà, lealtà, volontà, lavoro di squadra, autodisciplina, autostima, fiducia in sé e negli altri, rispetto degli altri, comunicazione, leadership, capacità di affrontare i problemi, ma anche interdipendenza (ivi, p. 7). La pratica sportiva, inoltre, può contribuire a tenere lontano i giovani dalle dipendenze e dal crimine, favorisce l’integrazione sociale e aiuta a creare un ambiente sicuro in cui i bambini e i ragazzi possono socializza­re fra loro e con gli adulti, contribuendo anche a combattere i pregiudizi e gli stereotipi di genere. In un contesto sportivo sano, i giovani imparano a esprimere e confrontare le proprie opinioni e a di­ventare agenti del cambiamento sociale5.

 

Lo Stato ha il compito di tutelare i soggetti minori di età, in particolare quelli più vulnerabili, e di declinare in servizi e reali opportunità i principi democratici sanciti nella Costituzione e nella Crc (Agia, 2018, p. 3-4), senza mai dimenticarsi che un bambino è bambino oggi e ha diritto a essere amato, accolto, educato, nutrito e protetto (Bastianoni P., Betti M., 2019a, p.18), ma anche di provare la gioia nel “pastrocchiare” con una pozzanghera e di giocare serenamente in qualsiasi ambiente. Pertanto, più di ogni altra cosa, è necessario che gli venga riconosciuto e garantito il suo diritto di essere bambino!

  1. Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Agia, Prendiamoli sul serio e Il giudice per le relazioni, editoriali 2019 in www.garanteinfanzia.org
  2. Agia, Il giudice per le relazioni, editoriale 2019, in   www.garanteinfanzia.org
  3. Agia, Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori, 2018).
  4. Agia, Non uno di meno, non un diritto di meno, editoriale 2019 in www.garanteinfanzia.org
  5. www.unicef.it