Il nuovo Decreto-legge in materia di immigrazione

Una riforma dell’accoglienza ancora lontana


Carla Dessi | 20 Ottobre 2020

È stato dato ampio risalto nei giorni scorsi alla notizia che il Consiglio dei Ministri in data 5 ottobre 2020 ha approvato il Decreto-legge Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifica agli articoli 131-bis e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento e di contrasto all’utilizzo distorto del web”.

Il nuovo Decreto, i cui principali contenuti sono stati diffusi in un Comunicato Stampa del 6 ottobre, di fatto “stralcia” le disposizioni più discusse sul fronte migranti introdotte dal Decreto Sicurezza di Salvini nell’autunno 2018.

Vediamone in questo contributo gli elementi più salienti introdotti.

 

Le “novità” introdotte nel nuovo Decreto

Gli elementi di “novità” introdotti con il nuovo Decreto sono i seguenti:

  • Viene ampliata la tipologia di permessi di soggiorno convertibili in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, ovvero, qualora ne ricorrano i requisiti, possono essere convertiti anche i permessi di soggiorno per: protezione speciale, calamità, residenza elettiva, acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, motivi religiosi, assistenza ai minori.
  • Viene introdotta la “protezione speciale” al fine di ripristinare le garanzie che erano legate al rilascio della “protezione umanitaria” abolita dai Decreti Salvini. Non sono ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona, oltre che per le motivazioni già previste (vedi il rischio di essere sottoposta a tortura), anche in caso vi sia il rischio di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti. L’espulsione è, altresì, vietata nei casi di rischio di violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. Qualora in questi casi non sia riconosciuta la protezione internazionale, il Questore previo parere da parte della Commissione territoriale, può rilasciare un permesso di soggiorno per “protezione speciale”.
  • Viene nuovamente prevista, per quanto concerne le disposizioni in materia di accoglienza, la possibilità di ospitare nel circuito a titolarità pubblica garantito dagli enti locali anche i richiedenti protezione internazionale e i titolari di alcune tipologie di permesso di soggiorno (vedi per protezione speciale, protezione sociale, violenza domestica, calamità, particolare sfruttamento lavorativo, atti di particolare valore civile e i casi speciali). Le attività di prima assistenza continueranno ad essere svolte nei centri governativi ordinari e straordinari dove viene ribadito che, oltre all’assicurare gli adeguati standard igienico-sanitari ed abitativi occorre garantire, anche secondo modalità organizzative su base territoriale, i servizi rivolti all’integrazione. Successivamente il sistema si articolerà in due livelli di prestazioni, ovvero: i servizi di primo livello, riservati ai richiedenti protezione internazionale, comprendenti, quindi, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio; i servizi di secondo livello, maggiormente finalizzati all’integrazione, comprendenti oltre a quanto previsto per il primo livello, l’orientamento al lavoro e la formazione professionale. La seconda accoglienza cambia ancora una volta denominazione diventando “Sistema di accoglienza e integrazione”. Per i beneficiari inseriti all’interno di questo circuito, alla scadenza del periodo di accoglienza previsto, è prevista inoltre la possibilità per le amministrazioni competenti di avviare ulteriori percorsi di integrazione, nei limiti delle risorse disponibili ma anche attraverso l’utilizzo di Fondi Europei.
  • Per quanto concerne il tema delle richieste di cittadinanza vengono ricondotti i termini massimi d’attesa, aumentati dai decreti Salvini da 2 a 4 anni, al nuovo termine di 3 anni dalla data di presentazione della domanda, termine non retroattivo e che trova applicazione dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto.
  • Si interviene, altresì, sulle sanzioni relative al divieto di transito delle navi nel mare territoriale. Per motivi di ordine e sicurezza pubblica in caso di violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, il divieto al transito e sosta di navi nel mare territoriale avviene su proposta del Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro della Difesa e con il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio. Le limitazioni o i divieti di transito e sosta non troveranno applicazione nel caso di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera, nel rispetto delle indicazioni dell’autorità competente. In caso di violazioni dei divieti, scompaiono le sanzioni amministrative introdotte con il Decreto Salvini ma restano quelle penali previste così come la possibilità di incorrere in una sanzione pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

 

Un disegno dell’accoglienza ancora incompiuto

È ardito parlare di “novità” pensando alle disposizioni previste all’interno di questo Decreto che, tuttavia, era necessario al fine di “resettare” i meccanismi distorsivi introdotti dai Decreti Sicurezza di Salvini.

I passi da fare in avanti sono ancora molti, così come gli interrogativi aperti, in particolare se pensiamo al tema dell’accoglienza, a partire dai suoi risvolti più operativi per poi proseguire con un pensiero più sistematico:

  • Il Decreto sottolinea la necessità e l’importanza di erogare servizi rivolti all’integrazione ma gli schemi dei Capitolati di gara per le strutture dedicate alla prima accoglienza, nella loro attuale versione, fortemente voluta dall’ex Ministro Salvini nella sua lotta mediatica al “business dell’accoglienza” dei € 35 al giorno, non li prevedono. È prevista una loro modifica? E se sì, in che tempi? Il rischio evidente è che gli enti gestori si trovino in un “limbo” in cui le aspettative nei loro confronti sono di promuovere integrazione ma senza chiarezza in merito alle risorse effettivamente disponibili.
  • Come avviene il passaggio degli ospiti tra i diversi livelli di accoglienza previsti? Su chi ricade la responsabilità di dare una continuità ai percorsi dei singoli? Gli ulteriori percorsi di integrazione possibili, una volta fuoriusciti dal circuito dell’accoglienza, è sufficiente che vengano lasciati alla discrezionalità delle amministrazioni locali competenti?
  • Il “governo dell’accoglienza” è sicuramente ancora fragile se gli unici strumenti a disposizione permangono i Decreti contenenti “disposizioni urgenti” o i decreti flussi come il recente provvedimento del 12 ottobre. In Italia manca ancora un pensiero organico e strutturato in merito all’accoglienza e integrazione dei cittadini provenienti da paesi terzi. Per quanto tempo ancora dovrà essere la parola “emergenza” a guidare l’azione politica?