Terzo settore. A che punto siamo


Gianfranco Marocchi | 7 Gennaio 2019

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L’implementazione della Riforma ha visto, come passaggio di maggior rilievo, l’approvazione dei decreti correttivi della Riforma del Terzo settore, testi peraltro predisposti dal precedente Governo; gli altri atti applicativi della Riforma restano tutti da applicare, con una situazione analoga a quella antecedente al giugno 2018.

Verso fine agosto è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’attribuzione della delega sul Terzo settore al sottosegretario Claudio Durigon e i giudizi debbono quindi tenere conto che solo negli ultimi mesi si sono poste le condizioni per attivare una specifica attenzione sul tema da parte della compagine governativa, peraltro con un sottosegretario che, per vocazione e formazione, è presumibilmente più vicino ad altri temi, segnatamente quelli pensionistici.

Il Fondo per il terzo settore previsto dalla Riforma è stato rifinanziato dall’attuale Governo con 62 milioni (vedi qui), circa 20 in meno rispetto all’anno precedente, procedendo inoltre al riparto delle risorse relative ai fondi per iniziative e progetti di rilevanza locale.

In sede di maxiemendamento alla legge di bilancio il Governo ha soppresso la riduzione al 50% dell’IRES per enti senza scopo di lucro quali istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza, istituti di istruzione, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche e altri enti. Questo determinerebbe un aggravio di costi per questi soggetti pari a circa 118 milioni di Euro, destinato a tradursi in una pari diminuzione delle possibilità degli enti di terzo settore di rendere servizi ai cittadini. A seguito dell’ampio dibattito pubblico che ne è seguito, il Governo si è impegnato a rivedere la misura nel corso del mese di gennaio 2019.

 

L’interlocuzione politica durante il 2018 ha riguardato alcuni temi tecnici specifici (es. in occasione della stesura del Decreto Fiscale, relativamente alla formulazione della norma sulle erogazioni liberali), mentre è risultata, a partire dall’insediamento del nuovo Governo, più incerta sui “grandi temi” (es. decreto sicurezza, reddito di cittadinanza). Il Consiglio nazionale del Terzo settore, istituito nel febbraio scorso con compiti consultivi circa i provvedimenti che riguardano il Terzo settore, non si è mai riunito da quando il nuovo Governo è stato istituito.

A livello di rappresentanza, nel corso del 2018 l’evento più significativo è stato l’incontro ufficiale tra il Forum Nazionale del Terzo settore e il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Luigi Di Maio, ma va segnalato come nei primi giorni del 2019, anche a seguito del dibattito suscitato dall’ipotesi di aumento della tassazione dell’IRES, il Forum del Terzo settore incontrerà il Presidente del Consiglio Conte “non solo per concordare le opportune soluzioni all’insostenibile raddoppio dell’Ires, ma per costruire una agenda sui principali temi del paese”.

 

Da un punto di vista culturale, si assiste spesso, da parte delle forze politiche che sostengono l’attuale maggioranza, a prese di posizione sprezzanti verso chi nel terzo settore è impegnato nel salvataggio e nell’accoglienza di richiedenti asilo, che viene accusato di sostenere le ragioni della solidarietà meramente al fine di introitare le rette previste per l’ospitalità.

 

Sempre sul tema migrazioni, non pare ad oggi esservi attenzione alcuna da parte del Governo rispetto alle conseguenze occupazionali sul Terzo settore connesse al Decreto Sicurezza che comporta, secondo alcune stime, il venir meno di circa 17 mila posti di lavoro.

 

Va d’altra parte segnalato, come, in occasione del messaggio di fine anno, sia giunta invece da parte del Presidente della Repubblica una singolare testimonianza di apprezzamento per l’operato del Terzo settore: «È l’Italia che ricuce e che dà fiducia. Così come fanno le realtà del Terzo Settore, del No profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà. Si tratta di realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e che meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto. Anche per questo vanno evitate “tasse sulla bontà”. È l’immagine dell’Italia positiva, che deve prevalere.»