Il welfare nei conti pubblici

La situazione prima delle manovre, alla luce degli aggiornamenti estivi


Laura Pelliccia | 8 Ottobre 2018

Cosa c’è di nuovo

Nel corso dell’estate la pubblicazione di una serie di rapporti istituzionali, oltre che il rilascio di fonti statistiche sugli anni più recenti, ha permesso di aggiornare l’andamento di una serie di componenti della spesa per il welfare (spesa assistenziale e sociosanitaria).

Nell’attesa della definizione della manovra per il 2019 è utile fare il punto sull’esistente, anche per capire il quadro di partenza dove potrebbero andare a incidere eventuali variazioni.

 

Nello specifico, è stato pubblicato il Rapporto Annuale della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica, il Rapporto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato sulla LTC (Long Term Care) e il Rapporto Annuale dell’Inps, mentre l’Istat ha rilasciato aggiornamenti sul sistema dei conti della sanità e sulla spesa sociale dei comuni.

 

Senza pretese di esaustività si cerca di offrire una panoramica degli elementi di novità suggeriti da queste fonti, osservando prima i nuovi dati sulla sanità e i relativi riflessi sul sociosanitario e, in un secondo momento quelli sulla spesa assistenziale.

 

Gli aggiornamenti per la sanità

Dal rapporto della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica apprendiamo che:

  • la sanità ha raggiunto il tanto ricercato equilibrio finanziario (situazione che riguarda tutte le regioni) e che, con risorse pressochè stabili si “cerca di rispondere ai bisogni crescenti che provengono da cronicità e non autosufficienza”; tra il 2013 e il 2017 la spesa sanitaria è cresciuta meno del Pil (0,9 vs 1,3%);
  • il raggiungimento degli obiettivi finanziari dei piani di rientro (Pdr) – nelle regioni interessate da tali processi – non sempre è stato accompagnato dal miglioramento della rete dei servizi e le risposte ai bisogni di cronicità e non autosufficienza restano inadeguati in ampie zone del paese (ad esempio nel 2016 Campania, Calabria e Lazio non assicurano ancora un livello di assistenza domiciliare corrispondente alle soglie di adeguatezza individuate ai fini delle verifiche Lea; quasi tutte le regioni in Pdr non garantiscono l’obiettivo soglia di posti territoriali per disabili).
  • le prospettive per i prossimi anni sono quelle di un ulteriore peggioramento del rapporto spesa sanitaria/Pil (dal 6,62 del 2017 al 6,56% del 2018 con ulteriore riduzione a 6,32 al 2020, secondo quanto anticipato dal Def di aprile 2018).

 

Questi dati possono essere letti parallelamente a quelli appena pubblicati dalla Ragioneria dello Stato e dall’Istat.

La Ragioneria nel suo annuale rapporto sulla LTC, aggiorna la quota di risorse sanitarie per l’assistenza ai non autosufficienti (peraltro effettuando una revisione metodologica per allinearla alla metodologia SHA1): nel 2018 la LTC sanitaria[2] ha assorbito lo 0,68% del Pil, una quota in riduzione rispetto allo 0,69% del 2015-2016 e allo 0,71% del 2013 (Tab. 1). Come dire che, nonostante da anni sia in corso un processo di riequilibrio tra i bisogni delle acuzie (ad esempio l’assistenza ospedaliera) e quelli di Ltc, anche questi ultimi stanno sperimentando un ridimensionamento rispetto alle risorse nazionali (a fronte della crescita dei bisogni si riduce la quota di risorse nazionali destinati alla lungo assistenza sanitaria).

 

Tab. 1 – Spesa pubblica per Ltc vs Pil, anni vari

2013 2015 2016 2017
Indennità di accompagnamento 0,84 0,82 0,81 0,79
spesa sanitaria (metodo SHA) 0,71 0,69 0,69 0,68
altre 0,19 0,22 0,23 0,23
Totale 1,74 1,73 1,73 1,7

Ns elaborazione su dati RGS

 

Più in generale, l’aggiornamento Istat al 2017 della spesa sanitaria per funzione evidenzia che, rispetto al totale della spesa sanitaria finanziata con risorse pubbliche2 quella territoriale per la non autosufficienza (dalle voci di LTC è stata esclusa la componente ospedaliera, ovvero la lungodegenza e l’assistenza erogata in regime di ricovero ospedaliero diurno) rappresenta il 4,2% delle risorse investite in sanità, una quota stabile nell’ultimo triennio (Fig. 1). Anche secondo questa fonte, la evidente redistribuzione da i servizi per cura e riabilitazione verso i servizi territoriali in atto tra il 2012 e il 2014, in epoca più recente sembra essersi arenata, con una stabilizzazione della quota per le acuzie. La componente che migliora l’assorbimento di risorse è quella dell’assistenza farmaceutica che pesava per il 13,8% nel 2012 e oggi raggiunge il 15,7%: è evidentemente il risultato dell’investimento nei farmaci innovativi, l’area su cui sembrano maggiormente orientati i recenti investimenti del SSR più che i servizi alla persona.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ns elaborazione su dati Istat

 

 

Un altro aspetto da sottolineare è quello delle compartecipazioni. Si discute molto dell’aumento della quota a carico delle famiglie per l’assistenza specialistica e farmaceutica e sono in corso interventi per la riduzione dei ticket su questi servizi. Dai dati Istat emerge un trend di aumento del livello di co-payment, non solo per queste componenti tradizionali della spesa sanitaria, ma anche per i servizi sanitari di LTC: ad esempio nel 2012 le famiglie finanziavano con proprie risorse il 6,8% della quota sanitaria dei servizi di LTC, una percentuale in costante aumento fino all’8,6% del 2017, indicativa di un riparto degli oneri per i servizi sociosanitari sempre più a sfavore delle famiglie/comuni, con evidenti implicazioni negative in termini di capacità di garantire l’universalismo e l’equità di accesso.

A questo proposito il Rapporto della Corte dei Conti richiama l’attenzione anche sul ruolo della cosiddetta spesa fiscale (fiscal expenditure), il contributo del bilancio pubblico al finanziamento degli oneri a carico delle famiglie. In particolare si sottolinea l’importanza delle deduzioni per spese mediche per portatori di handicap (riferibili anche alle quota delle rette a carico degli utenti per anziani/disabili istituzionalizzati, se certificate come “sanitarie”) e delle detrazioni per l’assistenza personale per le persone non autosufficienti (pag. 315 e seguenti).

I beneficiari delle deduzioni si concentrano in poche regioni del Nord e nelle classi di reddito medio-alte (15-30.000€): si ricorda che, trattandosi di deduzioni, il beneficio fiscale è crescente al crescere dell’imponibile3. Insomma un sostegno pubblico alle compartecipazioni ai servizi sociosanitari con effetti tutt’altro che progressivi. Vale la pena sottolineare anche le distorsioni in termini di disparità di trattamento tra persone assistite a domicilio e persone accolte nelle strutture (solo nel primo caso è previsto un tetto di importo, pari a 2.100€).

Pur nella consapevolezza dell’importanza di un sostegno pubblico al finanziamento della sempre maggiore spesa out of pocket delle persone non autosufficienti, sarebbe utile aprire una riflessione sui relativi effetti distributivi e, come sottolineato dalla stessa Corte, servirebbe affrontare la questione con un disegno organico (una gestione di sistema della spesa finanziata dal SSN e di quella finanziata dall’erario).

 

Gli aggiornamenti sulla la spesa assistenziale

Il rapporto della Corte dei Conti sul Coordinamento della finanza pubblica ricostruisce, sulla base dei dati di contabilità nazionale, il quadro della spesa per l’assistenza 2017, attraverso il conto della protezione sociale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ns elaborazione su dati Corte dei Conti- Istat

 

Si tratta di circa 48,5 miliardi di eur, di cui 10,3 tramite servizi4 e 38,2 in denaro. In quest’ultima categoria è stato fatto rientrare, oltre alle tradizionali prestazioni di invalidità civile e agli assegni/pensioni sociali, anche il Bonus da 80€ (circa 9,5 miliardi nel 2017, in costante aumento dalla sua entrata in vigore5). Va precisato che, per convenzione contabile quest’ultima prestazione è classificata come di tipo assistenziale, anche se la stessa relazione riconosce che non si possa considerare un intervento di welfare in senso stretto. E’ noto, infatti, che più che di un intervento selettivo mirato alla povertà o a specifici bisogni sociali delle famiglie (si pensi ad esempio al limite di non avere fatto riferimento al reddito del nucleo familiare ma a quello personale), il bonus da 80  eur è stato concepito come incentivo al generico a sostegno ai consumi.

 

La Corte dei Conti ha sottolineato come solo una quota esigua (1,1%) delle prestazioni sociali in denaro erogate di fatto dal sistema centrale sia indirizzato all’esclusione sociale, mentre prevalgono altri bisogni (15,4% vecchiaia, 31,7% famiglia e 49,4% invalidità); bisognerà attendere l’entrata a regime del REI per osservare nei conti pubblici un parziale ribilanciamento/riorientamento delle risorse del sistema centrale centrale verso gli interventi di contrasto alla povertà, un target al momento con un peso irrisorio.

Quanto alle dinamiche della spesa assistenziale nel suo complesso, nel medio periodo tale aggregato sembrerebbe in espansione a causa, principalmente, dell’introduzione del bonus di 80€. Al netto del bonus fino al 2016 si sarebbe registrato un rallentamento della crescita rispetto al trend di lungo periodo, con una lieve accelerazione nel 2017 (Grafico 9 della relazione della Corte).

A questa lieve ripartenza della spesa assistenziale potrebbero avere contribuito in qualche misura anche alcuni interventi di recente istituzione del sistema centrale (si pensi ai vari bonus bebè/premi alla nascita) e, in qualche misura il SIA.

 

Sarebbe stato utile osservare i trend delle singole componenti degli interventi innovativi e di quelli dei tradizionali istituti assistenziali ma, purtroppo, nella suddetta relazione non si arriva a questo livello di dettaglio. Fino al 2017 era possibile ricostruire le serie storiche delle prestazioni assistenziali erogate dall’Inps attraverso le apposite tabelle pubblicate nei rapporti annuali dell’ente, ma l’edizione 2018 appena diffusa non contiene le tabelle sulla composizione della spesa assistenziale.

Per sopperire a questa carenza e tentare di osservare almeno l’andamento di alcune delle voci simboliche del nostro welfare, può essere utile il rapporto della Ragioneria Generale dello Stato sulla spesa per la LTC che, oltre a fornire elementi sull’andamento della spesa sanitaria per la non autosufficienza, fornisce informazioni anche sulla spesa assistenziale per questo bisogno e, in particolare, sull’indennità di accompagnamento.

Questa prestazione assorbiva nel 2017 0,81 punti di Pil (Tab. 1), quota scesa nel 2017 a 0,79 (sembrerebbe essere in atto una discesa dal 2013). Da un mero confronto tra la serie della Ragioneria Generale dello Stato e quella del Pil6 sembrerebbe che tra il 2016 e il 2017 la spesa per l’indennità si sia ridotta anche in termini nominali (dai 13.615 milioni del 2016 a 13.563 del 2017).

 

Insomma, in un quadro generale in cui la spesa per l’assistenza sembra continuare a crescere, alcuni sostegni specifici come quelli per le persone non autosufficienti – target costantemente in aumento, non per altro in funzione di una società che invecchia – sembrano essere soggetti a limature.

Sarebbe preoccupante se alcuni processi in atto, come il potenziamento degli interventi del sistema centrale per la povertà o per la famiglia, comportassero un parallelo ridimensionamento degli interventi su altri sostegni tradizionali.

 

Per completare il quadro sulla spesa per l’assistenza, uno sguardo, infine agli interventi locali: nel corso dell’estate l’Istat ha pubblicato i dati definitivi sulla spesa sociale dei comuni al 20157 da cui emerge una certa stabilità della spesa rispetto al 2014. Dopo gli anni di maggior rigore per la finanza municipale – che avevano significato un netto ridimensionamento della spesa per il welfare locale – nel 2014 era stata registrata una ripresa, presto esauritasi (Tab. 2). Tra le diverse aree di bisogno, quelle sulla quali recentemente i comuni sembrano maggiorare gli sforzi, sono gli interventi per gli immigrati/nomadi (+14,5% nel 2015) e quelli per la povertà (+5%), mentre prosegue il ridimensionamento in atto da diversi anni degli interventi sociali per gli anziani (-6% nel 2015). Senza volere addentrarsi ulteriormente su questi dati, che meriterebbero un approfondimento specifico, vale comunque la pena sottolineare che, rispetto all’andamento del Pil, la spesa per il welfare locale non sembra guadagnare spazio sulle risorse nazionali; piuttosto si assiste ad un lieve arretramento (da 0,43 punti del 2013 agli 0,42 del 2015).

Insomma, il tanto auspicato rafforzamento degli interventi di welfare territoriale non sembra essere ancora arrivato.

 

 

Tab. 2 – Spesa sociale dei comuni per tipologia di utenza 2013-2015 (numero indice 2013=100) e spesa/Pil

2013 2014 2015
famiglia e minori 100,0 99,5 99,5
disabili 100,0 101,0 102,1
dipendenze 100,0 88,8 81,4
anziani (65 anni e più) 100,0 101,4 95,2
immigrati e nomadi 100,0 123,1 141,0
povertà, disagio adulti e senza fissa dimora 100,0 99,3 104,3
multiutenza 100,0 98,7 98,1
totale 100,0 100,8 100,7
spesa sociale/Pil (%) 0,43 0,43 0,42

Ns elaborazione su dati Istat

  1. Il sistema dei conti della sanità (the system of health accounts –SHA-) fornisce un quadro informativo della spesa corrente nel sistema sanitario del Paese, utile per soddisfare esigenze di analisi e per operare confronti a livello internazionale. Il sistema dei conti della sanità è costruito secondo la metodologia del ‘System of Health Accounts-SHA-‘ ed è in linea con le regole contabili dettate dal Sistema europeo dei conti (SEC 2010), Fonte Istat
  2. Soggetto finanziatore=pubblica amministrazione e assicurazioni sanitarie a contribuzione
  3. Inoltre, la possibilità di dedurre è riconosciuta anche a soggetti (es. figli) che non hanno il genitore a carico, ma hanno di fatto sostenuto la spesa. Ciò si può prestare a comportamenti opportunistici (es. tra i vari figli, deduce quello con il reddito più alto).
  4. Si tratta delle prestazioni sociali in natura offerte da comuni, ex-province, Asl. Per la metà sono autoprodotte dai soggetti pubblici (non market) e per l’altra metà acquistate da soggetti che producono tali servizi (market)
  5. Nel 2014 valeva 6,1 miliardi
  6. Prezzi correnti, dati grezzi, aprile 2018
  7. A dicembre 2015 erano state rilasciate alcune anticipazioni sul 2015 e ora i dati sono stati consolidati nel Data Ware House Istat https://dati.istat.it/