La contrattazione sociale territoriale fuori dall’ombra

Un’opportunità per il welfare di lavoratori e cittadini


Rosangela Lodigiani | 14 Gennaio 2020

Potremmo esordire chiosando provocatoriamente il titolo: la contrattazione sociale territoriale, questa sconosciuta! Nonostante la relazione tra la contrattazione sociale territoriale e il welfare locale abbia nel nostro paese una lunga storia1, la conoscenza del suo apporto all’infrastrutturazione del welfare nei territori appare limitata e persino posta in ombra dall’incipiente successo della contrattazione collettiva per il welfare integrativo che avviene a livello decentrato, aziendale e territoriale, mentre la sinergia tra le diverse forme di azione negoziale è ancora poco esplorata2.

 

È dunque particolarmente prezioso il lavoro dell’Osservatorio sociale sulla contrattazione territoriale di Cisl e Fnp Cisl, che da anni archivia e analizza gli accordi siglati tra enti locali e parti sociali in ambito sociale, restituendo il profilo dell’azione negoziale che il sindacato sviluppa al riguardo nei territori. In virtù di questo lavoro è possibile documentare che la contrattazione sociale territoriale – la “contrattazione sociale di prossimità”, nel linguaggio della Cisl – costituisce un fenomeno di rilievo nel nostro paese. Basti pensare che nel 2018 essa ha riguardato: 17 Regioni, 1.509 Comuni, 20,7 milioni di persone potenzialmente tutelate.

Da quando l’Osservatorio è in funzione ha censito complessivamente 7.652 documenti, tra accordi, intese, piattaforme negoziali (dati aggiornati al 15 aprile 2019), per un volume annuo che dal 2015 a oggi si è attestato attorno al migliaio di unità3. Ciò per un verso dimostra che si è mantenuto nel tempo un confronto stabile tra sindacato e istituzioni, e che tale confronto continua a produrre un rilevante numero di accordi; per altro verso evidenzia che la capacità di penetrazione della contrattazione sociale di prossimità nei territori fatica a crescere e a riassorbire divari territoriali ancora molto ampi. D’altro canto, la negoziazione del welfare locale fa leva su processi e pratiche diversificate: la programmazione partecipata dei piani di zona, il dialogo sociale per i patti territoriali di sviluppo, nonché il fitto reticolo di relazioni e di confronti quotidiani che si realizza anche in sedi e in modi informali, precedendo la formalizzazione degli accordi e nell’insieme contribuendo a legittimare la rappresentanza sociale del sindacato.

 

Per entrare in maggior dettaglio, è utile riferirsi al Rapporto 2019 dell’Osservatorio sociale Cisl e Fnp Cisl4. Esso offre la fotografia aggiornata al 2018 della contrattazione sociale di prossimità in Italia, ne ricostruisce il profilo strutturale, analizzandone la dinamica negli anni 2013-2018; inoltre, procede a stimare le probabilità di un Comune di essere interessato da contrattazione sociale in funzione di alcune variabili (demografiche e di spesa sociale), elaborando, tramite opportuni modelli di analisi statistica, i dati dell’Osservatorio sociale con quelli di fonte Istat e del Portale Aida Cisl–sezione bilanci dei Comuni5.

Al 15 aprile 2019, data di chiusura delle analisi incluse nel Rapporto, sono quasi 5.600 gli accordi che Cisl – nelle sue diverse articolazioni e perlopiù in modo unitario con le altre principali confederazioni sindacali – ha sottoscritto tra il 2013 e il 2018 e archiviato nell’Osservatorio6. Di queste, la gran parte (il 47,4% del totale) è stata siglata in Lombardia, seguono a distanza Emilia Romagna (15,5%), Piemonte (7,6%), Marche (5,7%), Toscana (5,6%), Veneto (4,7%), Campania (3,6%), con una evidente sovra-rappresentazione delle regioni centro-settentrionali del Paese7.

La contrattazione sociale di prossimità si è sviluppata in gran parte in ambito comunale o intercomunale (più di 9 accordi su 10) mentre gli accordi siglati a livello regionale rappresentano il 4,9% del totale, e solo la quota rimanente è stata sottoscritta su base provinciale o interprovinciale. Osservando in modo specifico gli accordi validi in ambito comunale e intercomunale si conferma chiaramente la diseguale distribuzione della contrattazione nel Paese e nel contempo risalta che Lombardia, Marche ed Emilia Romagna sono ormai in buona parte coperte (cfr. Figura 1).

 

Figura 1 – Comuni coperti da contrattazione di ambito comunale o intercomunale nel 2018

Fonte: Osservatorio sociale Cisl, Fnp-Cisl, Rapporto 2019

Con riferimento al 2018, i Comuni sui quali insiste almeno un accordo di ambito comunale o intercomunale sono di dimensione medio-piccola: la popolazione in essi residente è, in media, pari a 13.920 abitanti (4.225 il valore mediano); hanno, nel 55,9% dei casi, una dimensione inferiore ai 5 mila abitanti; nel 34,1% dei casi una dimensione compresa tra 5 e 20 mila abitanti e solo in un caso su dieci (10,0%) hanno 20 mila abitanti e più.

Tra il 2013 e il 2018 la popolazione virtualmente interessata dagli effetti della contrattazione si è ampliata: 16,136 milioni nel 2013; 16,491 milioni nel 2014; 19,508 milioni nel 2015; 19,503 milioni nel 2016; 20,4 milioni nel 2017, fino ai 20,7 milioni nel 2018 come sopra ricordato.

La probabilità di un Comune di essere coperto da contrattazione sociale (anziché di non esserlo) cresce al crescere di alcuni fattori, quali: i) la maggior classe dimensionale del Comune; ii) il profilo socio-demografico della popolazione, in particolare il tasso di crescita e di ricambio dei residenti; iii) le scelte compiute dalle amministrazioni locali in materia di bilancio, in particolare la propensione sia a raccogliere risorse economiche mediante la fiscalità locale (per es. il valore pro-capite dell’addizionale comunale Irpef), sia a redistribuire le stesse sotto forma di prestazioni sociali erogate ai residenti (per es. le risorse investite nella funzione “Servizi sociali”).

 

Entrando nei contenuti degli accordi, e considerando le macro-aree di intervento8, emerge che nel 2018 le misure di politica socio-familiare sono quelle contrattate con maggiore frequenza (ricorrono in circa tre accordi validi su quattro: 76,0%). A queste seguono gli interventi nella macro-area delle politiche fiscali (66,8%), le azioni di politica per il territorio (46,8%), gli interventi di tipo sanitario (35,3%) e, da ultimo, le misure per il mercato del lavoro (29,1%). Nel corso degli anni si osserva l’aumento dell’incidenza relativa della contrattazione su mercato del lavoro, sanità e territorio, cui si accompagna una certa stabilità delle materie connesse all’area socio-familiare e alle questioni legate al fisco. Osservando invece le micro-aree, sempre nel 2018, la contrattazione ha riguardato in prevalenza interventi in materia di fiscalità locale (63,3%), le azioni a contrasto della povertà (42,2%), l’offerta di servizi socio-assistenziali (36,1%), l’assistenza domiciliare a carattere sociale (35,4%), i servizi socio-educativi per la prima infanzia (29,7%). Osservando l’arco di tempo 2013-2018 emerge che due ambiti vengono trattati in maniera strutturale (fiscalità locale e assistenza domiciliare) e due ambiti risultano in forte crescita negli ultimi anni (contrasto alla povertà e la questione dell’abitare) (Tabella 1 e Figura 2).

 

Tabella 1 – Accordi per macro-area di politica e anno (% sul totale)

  2013 2014 2015 2016 2017 2018
Socio-familiare 87,2% 73,6% 72,1% 74,2% 74,5% 76,0%
Fisco 66,0% 72,1% 64,6% 62,4% 64,7% 66,8%
Mercato del lavoro 22,0% 28,5% 36,9% 33,0% 39,0% 29,1%
Sanità 29,6% 33,4% 27,7% 29,7% 38,0% 35,3%
Territorio 23,7% 25,4% 34,8% 32,6% 43,4% 46,8%

Nota bene: ciascun accordo può prevedere più di una macro-area di intervento, ragione per cui il totale di riga può essere superiore a 100%

Fonte: Osservatorio sociale Cisl, Fnp-Cisl, Rapporto 2019

 

Figura 2 – Accordi, per macro-area di politica e principali micro-area di politica (% sul totale degli accordi validi), 2013/18

Nota bene: ciascun accordo può prevedere più di una micro-area di intervento, ragione per cui il totale per macro-area può essere superiore a 100%

Fonte: Osservatorio sociale Cisl, Fnp-Cisl, Rapporto 2019

 

In relazione ai beneficiari si può infine notare come la pressoché totalità degli accordi validi siglati nel 2018 riguardi la cittadinanza nel suo complesso (89,3%). Target specifici dell’azione negoziale sono poi le famiglie (47,8%), gli anziani non autosufficienti (38,1%) oppure generici (35,6%), i disabili (32,6%), gli anziani autosufficienti (27,9%), gli adulti in difficoltà (24,4%), i minori (20,4%), gli stranieri (17,9%), i disoccupati (15,5%), i giovani (13,5%), gli affittuari (11,0%). Sulla media dell’intero periodo considerato, tra i potenziali destinatari della contrattazione sociale, si conferma il netto prevalere della cittadinanza, delle famiglie e degli anziani non autosufficienti, ma si rileva anche un progressivo spostamento della contrattazione verso target specifici quali i disabili, gli adulti in difficoltà, gli stranieri, i giovani. In sintesi, emerge l’orientamento verso target tradizionalmente ai margini del sistema di protezione e dunque lo sforzo di restringere l’area degli outsider.

La contrattazione sociale di prossimità mostra dunque di presidiare stabilmente alcuni ambiti, senza rinunciare a misurarsi con i bisogni emergenti, agendo in tendenziale complementarità rispetto al sistema pubblico di protezione sociale, anticipando e ampliando l’area di tutela, prestando attenzione ai beneficiari meno protetti, contribuendo dunque a una ricalibratura funzionale e distributiva del sistema di welfare nazionale. Inoltre, si caratterizza su base territoriale, rispondendo alle esigenze e alle istanze proprie della società e del mercato del lavoro locale e delle risorse economiche e relazionali locali. Questa azione complementare appare particolarmente strategica nell’ambito della non autosufficienza, e merita un approfondimento specifico, che rimandiamo a un prossimo contributo.

La contrattazione sociale di prossimità ha il suo proprium nella contrattazione bilaterale tra i sindacati (attraverso i rappresentanti dei pensionati e, sempre più anche, le strutture confederali territoriali) e le amministrazioni comunali, generalmente a partire da una piattaforma elaborata in modo unitario, per agire sui bilanci e la spesa sociale degli enti locali. Questa originaria caratterizzazione ha fatto sì che nei territori l’azione dei principali sindacati italiani si sviluppasse in larga misura in modo congiunto, inizialmente soprattutto grazie al contributo dei sindacati dei pensionati (Spi Cgil Fnp Cisl e Uilp Uil) e poi con il rafforzamento del protagonismo delle strutture confederali territoriali. Ciò peraltro non ha impedito a ciascuna sigla di perseguire in modo autonomo le proprie priorità.

Nel tempo la contrattazione sociale di prossimità ha visto ampliare gli ambiti di interesse oltre le materie tipiche (tariffe e tributi locali, servizi, prestazioni socio sanitarie) per includere politiche assistenziali, del lavoro, abitative, educative, etc.

Si tratta dunque di una forma di rappresentanza sindacale che opera oltre i confini del luogo di lavoro, estendendosi al territorio per rispondere ai bisogni sociali dei lavoratori (e delle loro famiglie), e più in generale dei cittadini, in una prospettiva tendenzialmente universalistica9. La capacità negoziale, di networking e advocacy del sindacato, la sua presenza capillare nei territori e la prossimità ai bisogni, raggiunta anche attraverso la rete dei servizi (patronati, caf, ecc.) e le realtà associative (di volontariato e di solidarietà) collegate, contribuiscono a sciogliere le tensioni che i governi locali si trovano quotidianamente a dover ricomporre, stretti tra esigenze di bilancio e bisogni che crescono e si diversificano entro un welfare sempre più plurale: una “finestra di opportunità” da cogliere e valorizzare per il benessere collettivo.

 

Portare alla luce questa opportunità e il contributo che la contrattazione sociale territoriale apporta alla costruzione della rete di protezione sociale richiede di continuare ad approfondire l’analisi sistematica degli accordi siglati e di rafforzare i processi di valutazione rispetto ai risultati conseguiti. Se la realizzazione di una vera e propria valutazione di impatto appare un obiettivo ancora lontano da raggiungere, la verifica dell’effettivo rispetto dei contenuti degli accordi, di monitoraggio dell’implementazione degli interventi e dei servizi previsti sono prassi che si stanno rafforzando. Nella media del periodo qui considerato (2013-2018), quattro accordi validi su dieci hanno formalmente previsto azioni valutative di follow up, rapporto che è salito a sei accordi su dieci nel 2018. Sviluppare queste azioni necessita di far crescere sia all’interno del sindacato sia tra gli stakeholder del territorio la cultura della valutazione, nella consapevolezza che la vita dell’accordo non termina bensì inizia dopo la firma, e che la puntuale conoscenza di ciò che effettivamente accade grazie alla sua messa in opera è strategico per rendere l’azione della contrattazione sempre più efficace ed effettivamente rispondente ai bisogni.

 

Un’infografica del Rapporto 2019 è disponibile qui

  1. Regalia I. (2008), “L’azione del sindacato a livello territoriale”, La Rivista delle Politiche sociali, 4, pp. 97-124.
  2. Lodigiani R., Riva E. (2019), “Contrattazione sociale e welfare locale: una sinergia rinnovata”, Sociologia e Politiche Sociali, vol. 22, 1/2019, pp. 9-35.
  3. Sotto il profilo quantitativo un riscontro analogo su base annua è offerto dall’archivio Cgil, Spi-Cgil-Fondazione di Vittorio, che parimenti documenta la contrattazione sociale territoriale. Offrendo una rappresentazione in larga misura speculare a quella dell’Osservatorio Cisl, Fnp-Cisl, questo riscontro evidenzia che l’azione negoziale si sviluppa nei territori perlopiù in modo unitario tra le diverse sigle sindacali.
  4. Osservatorio sociale della contrattazione territoriale Cisl, Fnp-Cisl (2019), Rapporto 2019. Per una Cisl di “prossimità”. Il contributo della contrattazione sociale, Lodigiani R., Riva E., Colombi M., a cura di, Edizioni Lavoro, Roma.
  5. Portale realizzato da Cisl in collaborazione con Bureau Van Dijk. Per un’analisi più estesa di queste elaborazioni e il dettaglio sulle analisi statistiche effettuate si rimanda al capitolo La contrattazione sociale di prossimità nel 2018, di Egidio Riva nel Rapporto citato.
  6. Nel complesso, da quando l’Osservatorio Sociale è stato avviato, l’archivio ha censito 7.652 accordi (sempre al 15/04/2019).
  7. Se la presenza di significativi divari territoriali appare evidente, i dati vanno considerati con cautela. Ricordiamo che non tutti gli accordi confluiscono nell’archivio dell’Osservatorio, talvolta in ragione di semplici ritardi nel caricamento. Il numero di accordi censiti è dunque stimabile come inferiore al volume effettivo degli accordi siglati.
  8. Come precisato nel Rapporto 2019, ricordiamo che l’analisi proposta verte sugli accordi validi, quelli cioè per i quali vi sono informazioni disponibili relativamente alle aree di politica coperte, alle misure di politica negoziate, ai beneficiari, ai contenuti ed esiti del concertativo: un totale di 5.154 accordi, distribuiti tra gli anni come segue: 726 nel 2013, 675 nel 2014, 840 nel 2015, 908 nel 2016, 990 nel 2017, 1.015 nel 2018.
  9. Colombo, S., Regalia I. (2011), Sindacato e welfare locale. La negoziazione delle politiche sociali in Lombardia nel primo decennio degli anni Duemila, FrancoAngeli, Milano; Lodigiani R., Riva E., (2019), Contrattazione sociale e welfare locale, op. cit.