La gestione del privato sociale può salvare l’ERP?

Il caso delle Quattro Corti di Stadera a Milano


Anna TagliaferriMarco Peverini | 31 Ottobre 2019

Il declino del dibattito sulla casa pubblica in Italia e le sue gravi conseguenze

 Il dibattito pubblico che ruota intorno alla casa in Italia si presenta fortemente incentrato sui caratteri emergenti dell’abitare innovativo: un abitare “sociale” poiché teso alla condivisione di servizi collettivi, alla collaborazione tra gli abitanti e a incentivare il loro senso di comunità. Questa tendenza a riferirsi a un carattere social dei progetti abitativi, che vede Milano capofila ed esportatore dei modelli di co-housing, student housing, ecc., rappresenta indubbiamente un passo avanti verso le nuove esigenze abitative. Rischia, però, di far perdere di vista la questione più urgente dell’accessibilità economica dell’abitazione.

Mentre in Italia il social housing viene confuso con l’housing sociale in un pasticcio di termini1 – influenzando le scelte politiche e di investimento pubblico −, nel segno del ridimensionamento del welfare state si è continuato ad assistere alla diminuzione dello stock di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP).

Forse non tutti ricordano che dal 1996, con l’abolizione del contributo Gescal, l’allora Iacp (Istituto Autonomo Case Popolari) fu privato del necessario finanziamento pubblico. In seguito ai processi di regionalizzazione e aziendalizzazione, poi, gli istituti regionali furono trasformati in enti pubblici economici (Aziende Casa), assoggettati alle regole di autonomia di bilancio. Ciò è avvenuto nonostante il bisogno abitativo delle fasce più deboli non accennasse a diminuire, e le neocostituite Aziende Casa regionali (che hanno appunto sostituito lo Iacp nella proprietà e gestione di un patrimonio già vetusto) dovessero continuare a offrire un alloggio alle parti più vulnerabili della popolazione a canone sociale, cioè a prezzi modestissimi e spesso vicino allo zero. Si può ben immaginare che una tale configurazione, in assenza di finanziamento pubblico strutturale e continuo, non solo abbia fatto crollare il numero di nuove costruzioni di alloggi ERP, ma abbia anche causato cronici problemi di bilancio e deficit di gestione e manutenzione degli edifici, affrontati attraverso vasti piani di alienazione e privatizzazione della parte migliore dello stock di edilizia pubblica (Figura 1).

 

Figura 1 – Stock ERP degli enti di Federcasa: Alloggi venduti, nuove costruzioni (NC) e recupero edilizio (RE) tra il 1980 e il 2011

Fonte: Ufficio studi e statistica Federcasa, 2013.

 

Per queste ragioni, il patrimonio edilizio pubblico continua a diminuire, in quantità e qualità, e ampie porzioni si mantengono in cattivo stato o rimangono inutilizzabili in attesa dei necessari interventi. Mentre le soluzioni maggiormente invocate sono la privatizzazione o, non di rado, la demolizione, spesso si assiste inermi al loro abbandono.

 

A Milano un caso virtuoso di partenariato tra pubblico e privato: le Quattro Corti a Stadera

Se a livello nazionale la questione del sottoutilizzo o abbandono interessa il 6% degli alloggi ERP (dati Federcasa, 2013), a Milano questa assume delle proporzioni considerevoli: nel solo ambito comunale si contano circa 4.500 alloggi ERP sfitti2. Il recupero di questo patrimonio è diventato di recente un’esigenza pressante e chiama a soluzioni che ne evitino il rischio di alienazione.

Già negli anni Novanta lo Iacp evidenziava le problematiche che colpivano i quartieri popolari milanesi e descriveva gli obiettivi di un “Grande Piano di Recupero” per queste aree, rimasto poi in gran parte disatteso. Per il quartiere residenziale pubblico di Stadera, costruito negli anni 1920 e caratterizzato da una situazione di «emergenza sociale che ha preoccupato nell’ultimo decennio gli amministratori locali a causa dei livelli di degrado sia fisico-ambientale che socio-economico raggiunti», si tentò la svolta nel 1999 quando venne elaborato un “Programma di Recupero Urbano” (PRU). Il PRU prevedeva per lo più opere di manutenzione e di adeguamento alla normativa degli immobili, attraverso una logica di intervento prettamente edilizio finanziato da un contributo pubblico straordinario.

Fu invece adottato un diverso schema per due delle quattro palazzine a corte chiusa note come le “Quattro Corti”, disabitate da anni poiché, a seguito di cambiamenti normativi avvenuti nel corso del tempo, la dimensione degli alloggi era al di sotto della soglia minima prevista per l’assegnazione. Per queste si immaginò «il coinvolgimento di soggetti privati qualificati […] che acquisiscano tramite atto di comodato l’usufrutto a medio/lungo termine di parti della proprietà ALER e provvedano con fondi ed organizzazione propria ai costi di risanamento ed alla gestione degli immobili residenziali» (ALER, 1999). Una modalità di intervento innovativa che, attraverso una sinergia tra l’ente pubblico e il privato, cercava di superare la complessa condizione di abbandono in cui si trovavano gli edifici e consentiva all’ente pubblico di sgravarsi dei costi di manutenzione e gestione degli immobili pur mantenendone la proprietà. Gli immobili vennero esclusi temporaneamente dallo stock di alloggi assegnabili tramite graduatoria pubblica – nella pratica, come detto, le corti erano disabitate già da anni, in quanto non corrispondenti agli standard normativi – per realizzare alloggi in locazione a prezzi convenzionati.

Tramite un complesso e inedito processo di negoziazione (Figura 2), nel 2001 le cooperative Dar=casa e La Famiglia (oggi Solidarnosc) ottennero in gestione due palazzine per venticinque anni, a patto che le ristrutturassero e gestissero con risorse proprie, versando il 5% dell’importo lordo degli affitti ad ALER a partire dal sesto anno.

 

Figura 2 – Schema riassuntivo del processo che ha portato alla realizzazione del progetto delle Quattro Corti

Fonte: schema elaborato da Anna Tagliaferri.

 

Tra il 2002 e il 2004 gli immobili vennero ristrutturati grazie alle risorse provenienti in parti uguali da: un prestito bancario; il ricorso al prestito sociale; un finanziamento a fondo perduto di Fondazione Cariplo.

Tra luglio e settembre 2004, consegnati gli alloggi ai soci attraverso lo scorrimento di liste d’attesa proprie, le Quattro Corti tornarono a svolgere la loro funzione di alloggio sociale, mentre nel resto del quartiere il PRU incontrava ritardi e significative difficoltà: a febbraio 2019 alcuni alloggi di cui era previsto il risanamento non sono ancora stati consegnati.

Da allora, le cooperative affittano i novantasette alloggi (principalmente bilocali) a canone convenzionato ai soci che hanno un reddito inferiore al limite massimo fissato dalla Regione per la concessione in godimento di alloggio ERP. Attualmente il costo a carico dei soci è di 55 euro/mq annui per l’affitto, ai quali si aggiungono circa 25 euro/mq annui per le spese di gestione, amministrazione e servizi comuni dell’immobile; in questo modo è possibile abitare un bilocale pagando un affitto di circa 300 euro al mese (Fig. 3).

 

Figura 3 | Un bilocale delle Quattro Corti e le rispettive spese mensili a carico del socio

Fonte: ridisegno realizzato da Anna Tagliaferri

 

Data la missione della cooperativa Dar=casa, una quota significativa degli appartamenti è stata fin dall’inizio, e continua ad essere, assegnata a cittadini di origine straniera; oggi sono circa due terzi.  Molti di loro si sono rivolti alle cooperative in quanto esclusi dai bandi per le case popolari perché privi del requisito della residenza in Lombardia da cinque anni. Diventare soci della cooperativa consentiva e consente loro di accedere ad una casa a un prezzo inferiore a quello di mercato e, nel caso delle Quattro Corti, in una zona relativamente centrale di Milano.

Per agevolare l’ambientamento dei nuovi inquilini, le cooperative, in collaborazione con la cooperativa sociale ABCittà e grazie a un finanziamento dell’Ufficio Stranieri del Comune di Milano, attivarono un percorso di accompagnamento e gestione sociale. Oltre ai colloqui con i futuri inquilini e ad incontri organizzati nelle corti, ABCittà coinvolse attivamente gli abitanti di Stadera, soprattutto gli alunni delle scuole del quartiere, in attività finalizzate a favorire il dialogo tra vecchi e nuovi “staderini”.

Da alcune interviste ai soci3 che attualmente risiedono nelle Quattro Corti, emerge come le cooperative abbiano risposto al bisogno abitativo di persone appartenenti a una fascia economica medio-bassa: famiglie monoreddito, individui con reddito precario, nuclei famigliari con i requisiti economici per accedere a una casa popolare, ma ancora in lista d’attesa per l’assegnazione di un alloggio. Per molti di loro, e in particolare per le persone di origine straniera, poter abitare in una casa a un costo accessibile rappresenta la fine della precarietà abitativa e il trasferimento nella corte si configura come l’approdo a una situazione abitativa dignitosa che consente di trovare autonomia e, per chi lo desidera, di costruire una nuova famiglia o di ricongiungersi con i famigliari rimasti al Paese di origine. “È un sogno, trovare oggi una casa a Milano con un affitto umano”, “Per me questa casa vuol dire autonomia […], finalmente avrò raggiunto l’indipendenza anche perché io vivo con mia mamma, che ha ottanta anni, e mia figlia”, affermavano due soci arrivati nel 2004.

Le cooperative coinvolte hanno individuato nel dialogo con i soci la chiave per una buona gestione, anche dal punto di vista economico. Dar=casa ha istituito un gruppo ad hoc per la gestione della morosità, costituito da amministratori, tecnici e referenti sociali: quando dal controllo settimanale dei pagamenti emerge un ritardo, il Gruppo morosità incontra il socio per comprendere le cause e definire una strategia di rientro dal debito.

Parallelamente, le cooperative cercano di instaurare relazioni positive con il quartiere con iniziative quali l’annuale festa delle Quattro Corti. Anche nel 2013, quando venne indetto lo “Stadera contest” per individuare il soggetto a cui assegnare lo spazio ristrutturato dell’ex lavatoio, ai partecipanti venne richiesto di elaborare un progetto culturale e sociale aperto al quartiere Stadera e a tutta Milano. La scelta ricadde sull’associazione Serpica Naro che nelle Quattro Corti organizza corsi di cucito che combinano lo sviluppo di capacità manuali ad occasioni di incontro e scambio multiculturale. Gli incontri “Parla come cuci” sono organizzati in collaborazione con un’associazione del quartiere che tiene corsi di italiano per stranieri, e Serpica Naro collabora anche con il Naga Har per valorizzare le competenze sartoriali di alcuni migranti, offrendo loro uno spazio e degli strumenti per lavorare.

 

Un bilancio delle Quattro Corti a 15 anni di distanza: un modello?

Nonostante questo progetto sia nato come una delle iniziative del Programma di Recupero Urbano (PRU) del 1999, non sono tanto l’approccio area-based o l’auspicato effetto sul social mix del quartiere a costituirne il principale interesse.

Oltre all’attenzione posta verso la dimensione di quartiere da parte delle cooperative, il punto chiave del progetto risiede altrove. Nell’essere riusciti a mettere a disposizione in breve tempo e a condizioni accessibili per inquilini di fascia economica medio-bassa i cento alloggi, che sarebbero altrimenti rimasti inutilizzati e abbandonati, mantenendone la proprietà pubblica e allontanandone il rischio di alienazione.

Anche la dimensione della gestione ha un ruolo: i soci provenienti dall’ERP hanno sottolineato come sia differente abitare nelle Quattro Corti, dove le cooperative intervengono tempestivamente e con efficienza nella gestione dei problemi ordinari e nella manutenzione. Di recente, anche l’impianto di riscaldamento è stato sostituito per ridurre i consumi e i costi a carico dei soci.

Le cooperative, inoltre, effettuano un attento e tempestivo monitoraggio dei pagamenti dei soci che disincentivi la morosità colpevole. Dal 2014 ad oggi il tasso di morosità nelle corti gestite dalle cooperative oscilla tra il 2 e il 7%: un ottimo risultato, considerando che nel resto del comparto ERP di Stadera ALER registra una morosità del 38%, con un insoluto di 2,3 milioni di euro. Ciononostante, a fronte di alcuni casi di morosità, dal 2004 le cooperative hanno avviato diciassette sfratti, di cui tre non sono stati portati ad esecuzione in quanto il socio è riuscito a rientrare dal debito o ha usufruito del contributo per la morosità incolpevole.

La maggiore controversia che questo progetto porta con sé è l’estromissione degli alloggi dalla disciplina ERP in favore dell’applicazione del canone concordato, inevitabile per poter assicurare la sostenibilità economica dell’intervento di ristrutturazione e gestione per il privato sociale. Se, tuttavia, si pensa che questa estromissione è solamente temporanea, per un periodo in cui con tutta probabilità quegli alloggi sarebbero rimasti inservibili, e a fronte della futura restituzione degli alloggi in condizione da poter essere immediatamente assegnati agli aventi diritto, si può inquadrare l’esito del progetto in un’ottica sinergica tra il pubblico e il privato sociale.

Mentre a Milano la domanda di alloggi a costi accessibili fatica a trovare risposta e sono ancora numerosi gli alloggi pubblici inutilizzati che attendono di essere ristrutturati, l’esempio virtuoso delle Quattro Corti mostra che è possibile intervenire su entrambi i fronti, soddisfacendo la domanda di alloggi affordable per il periodo di concessione al privato sociale e garantendo all’ente pubblico la riqualificazione degli immobili per poterli assegnare nuovamente tramite graduatoria pubblica. Ad oggi, però, l’esperienza delle Quattro Corti rimane un caso isolato, privo di seguito nonostante le cooperative abbiamo manifestato il loro interesse a replicare l’intervento in altri contesti popolari della città di Milano.

Per queste ragioni e − nonostante gli apprezzabili sforzi di manutenzione degli alloggi pubblici recentemente messi in atto a livello locale e nazionale − per la quota ancora elevata di patrimonio residenziale pubblico in stato di abbandono, la riflessione sulla possibilità di replicare questa esperienza, non solo a Milano, andrebbe presa in maggiore considerazione.

  1. Social Housing” è il termine inglese che connota quello stock abitativo gestito da enti pubblici o da housing associations (e variamente sovvenzionato) che viene allocato in affitto a lungo termine alle parti più vulnerabili della popolazione sulla base del bisogno (“need”), a canoni sociali definiti per legge in base alle possibilità economiche e al reddito (fonte: Shelter, UK). “Housing sociale” è un termine prettamente italiano entrato in uso per definire un modello di finanziamento e produzione di alloggi in vendita o affitto a prezzo calmierato (sulla base di riduzioni rispetto al prezzo di mercato), destinati alla c.d. “fascia grigia”; un modello che è stato definito a partire dal coinvolgimento nel settore di fondi di investimento e società di gestione del risparmio (SGR) di natura pubblica e privata.
  2. Aler Milano, gestore degli alloggi ERP di proprietà regionale a Milano, contava 2.682 alloggi sfitti a Milano nel Febbraio 2019; Metropolitane Milanesi, gestore degli alloggi ERP di proprietà del Comune di Milano, quantificava 2.076 alloggi sfitti nel 2019.
  3. Le interviste sono state condotte da Anna Tagliaferri tra Novembre 2018 e Aprile 2019.