La lenta marcia della ripresa

Redditi, povertà e disuguaglianza nell’Italia del post Covid-19


Eleonora Gnan | 25 Luglio 2023

Le tensioni sociali, economiche e politiche provocate dalla guerra in Ucraina, l’aumento del prezzo dell’energia, l’incremento dell’inflazione e l’irrigidimento delle politiche monetarie stanno caratterizzando l’epoca post Covid-19 ed influenzando la lenta e faticosa ripresa dell’economia italiana. In attesa delle stime sulla povertà relative all’anno 2022, in uscita in autunno e ricalcolate secondo i nuovi parametri europei, ISTAT ha pubblicato il report Condizioni di vita e reddito delle famiglie relativo agli anni 2021-2022, che offre uno spaccato sull’andamento dei redditi delle famiglie italiane, sul rischio di povertà ed esclusione sociale, e sul fenomeno delle disuguaglianze. Ad integrazione dei dati statistici di fonte ufficiale, l’Osservatorio di Caritas Italiana ha recentemente pubblicato il report La povertà in Italia secondo i dati della rete Caritas relativo all’anno 2022, che fornisce interessanti riflessioni sui volti della povertà nel nostro Paese e sulle sue caratteristiche di multidimensionalità.

Vediamo di seguito le principali evidenze emerse dai due studi.

Redditi in crescita, stabile la disuguaglianza

Dopo la pandemia i redditi delle famiglie residenti in Italia tornano a crescere: nel 2021 ISTAT stima infatti, per i nuclei familiari, un reddito netto medio pari a 33.798 euro, ossia 2.817 euro al mese. Rispetto all’anno precedente si tratta di un incremento, seppur contenuto, sia in termini nominali (+3%) che reali (+1%). L’aumento maggiore dei redditi familiari medi in termini reali1 si registra nel Nord-Est (+3,3%) e nel Nord-Ovest (+2,5%), a fronte di un decremento nel Mezzogiorno (-1,75%) e di una sostanziale stabilità nel Centro. Tale andamento riflette non solo gli effetti della ripresa dell’attività economica, successiva all’allentamento delle misure ristrettive legate al contenimento dell’emergenza sanitaria, ma anche gli esiti del graduale venir meno delle politiche pubbliche di sostegno al reddito introdotte in fase emergenziale.

Il Reddito di Emergenza (REM), introdotto come strumento straordinario di sostegno al reddito delle famiglie più povere durante la pandemia, mostra nel 2021 una rapida ascesa sia in termini di famiglie raggiunte che di livello medio delle prestazioni erogate, ad indicare come, nonostante la ripresa dell’attività produttiva, la pandemia abbia indebolito una larga fetta di popolazione che non è riuscita a rientrare nel mercato del lavoro. Le famiglie titolari di REM sono rappresentate per il 26% da coppie con figli minori, per il 21,9% da nuclei monogenitore e per il 21,4% da famiglie unipersonali. 

I dati ISTAT sottolineano, inoltre, come nel corso del 2021 il Reddito di Cittadinanza (RdC) abbia consolidato il suo ruolo di misura nazionale di contrasto alla povertà: se nel 2019 le famiglie beneficiarie erano state 970 mila, con un’incidenza del 3,8% sul totale delle famiglie italiane, e nel 2020 tale quota era salita al 5,3%, nel 2021 si stima siano stati circa 1,5 milioni i nuclei beneficiari, pari al 5,9% del totale, con un beneficio annuo medio di 5.522 euro. L’incidenza sale poi al 14,4% per le famiglie del quinto più povero e all’8,7% per quelle del secondo quinto. Il trasferimento ha rappresentato in media circa il 30% del reddito familiare complessivo, dato che sale al 42,4% per il quinto delle famiglie più povere. Nel corso del 2021, l’11,2% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno ha ricevuto almeno una mensilità di RdC, quota di gran lunga superiore a quella registrata nel Nord-Est (1,5%), nel Nord-Ovest (3,9%) e nel Centro (4,3%).

Per misurare la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, ISTAT utilizza un indicatore sintetico dato dal rapporto tra il reddito equivalente netto2 totale dell’ultimo quinto e quello del primo quinto della popolazione. Nel 2021 tale rapporto, pari a 5,6, risulta di fatto stabile rispetto al 2020, quando era pari a 5,8. Considerando invece la distribuzione dei redditi equivalenti netti includendo gli affitti figurativi, il rapporto scende da 5,1 nel 2020 a 4,8 nel 2021. A livello europeo la misura più utilizzata per misurare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l’indice di concentrazione di Gini3, calcolato in base al reddito netto familiare senza componenti figurative e in natura. Nel 2021 tale valore è stimato a 0,327 e risulta sostanzialmente invariato rispetto al 2020, quando era 0,329. L’indice risulta di poco inferiore al dato medio nazionale nel Mezzogiorno, dove migliora sensibilmente rispetto al 2020 (da 0,349 a 0,324), e nel Nord-Ovest, dove invece peggiora (da 0,314 a 0,323). Centro (0,304) e Nord-Est (0,290) presentano un valore molto più basso del dato medio nazionale e pressoché stabile rispetto al 2020.

Tuttavia, ciò che è importante evidenziare rispetto all’andamento dei redditi delle famiglie italiane e della disuguaglianza è il ruolo giocato nel corso del 2021 dal Reddito di Cittadinanza e dalle misure straordinarie di sostegno al reddito introdotte durante la pandemia, che hanno sostenuto il recupero dei redditi familiari dopo la contrazione del 2020 e, parallelamente, contribuito alla riduzione della disuguaglianza. Infatti, senza tali misure ISTAT stima che i redditi familiari nel 2021 avrebbero subito un’ulteriore riduzione, di intensità particolarmente marcata per alcuni gruppi di popolazione: -5,7% per le famiglie residenti nel Mezzogiorno, -2,3% per le famiglie con un solo percettore di reddito e, in generale, -6% per le famiglie del primo quinto di reddito. Un’uguale dinamica si registra anche rispetto al contenimento della disuguaglianza: il rapporto tra il reddito equivalente netto totale dell’ultimo quinto e quello del primo quinto della popolazione, pari a 5,6, risulterebbe pari a 5,8 in assenza dei trasferimenti emergenziali, a 6,1 senza il RdC e a 6,4 escludendo entrambi. L’indice di Gini, che risulta di 0,327, sarebbe invece cresciuto a 0,332 in assenza dei trasferimenti emergenziali, a 0,336 senza il RdC e a 0,341 in assenza di entrambi.

In equilibrio il rischio di povertà o esclusione sociale

Secondo i dati ISTAT, nel 2022 le persone a rischio di povertà4 in Italia, sono circa 11 milioni e 800 mila, registrando un’incidenza del 20,1% sul totale della popolazione residente. Oltre 2 milioni e 600 mila individui, pari al 4,5% della popolazione totale, si trovano invece in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale5. A livello nazionale, la quota di persone a rischio di povertà risulta uguale all’anno precedente, mentre si registra una decisa riduzione delle condizioni di grave disagio (pari al 5,9% nel 2021), grazie alla ripresa economica post Covid-19 e all’incremento dell’occupazione e dei redditi familiari. Tale riduzione riguarda tutte le macro-aree geografiche, ad eccezione del Mezzogiorno, che permane il territorio con la percentuale più alta di individui a rischio (40,6%, dato invariato rispetto al 2021).

Risulta pressoché stabile anche la quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale6, che coinvolge oltre 14 milioni e 300 mila persone, pari al 24,4%, dato superiore alla media EU calcolata da Eurostat (21,6%)7. L’Italia risulta l’ottavo paese per la più alta quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale in Europa; il triste primato è detenuto dalla Romania (34%), seguita da Bulgaria (32%), Grecia e Sagna (entrambe al 26%). Tornando all’Italia, è soprattutto il Nord a registrare un deciso miglioramento delle condizioni di vita e dei livelli di reddito delle famiglie: il Nord-Est si conferma la ripartizione geografica con la minore quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale del Paese, registrando un tasso pari al 12,6% contro il 14,2% del 2021. Per quanto riguarda le tipologie familiari, tale indicatore si riduce in particolare per coloro che vivono in famiglie numerose (31,2% vs 40,7% nel 2021), per quelle con tre o più figli (32,7% vs 42,4%) e per i nuclei con almeno un cittadino straniero (39,6% vs 44,7%), mentre peggiora per le coppie senza figli con persona di riferimento ultra 65enne (15,9% vs 12,8). 

Quale identikit per i poveri?

Chi sono gli individui che nel nostro Paese vivono in condizioni di povertà, esclusione sociale e deprivazione materiale più o meno grave? Quali caratteristiche e bisogni presentano più frequentemente? I dati di fonte Caritas permettono di dare un volto e una storia ai numeri sopraesposti.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Caritas, nel corso del 2022, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati le persone incontrate e supportate sono state quasi 256 mila, registrando un incremento del 12,5% rispetto all’anno precedente, legato in gran parte alla presenza di cittadini ucraini accolti in fuga dalla guerra. Anche se si esclude “l’effetto guerra” il trend rispetto all’anno precedente risulta di crescita, ridimensionata ad un +4,4%. Come ormai noto, non si tratta solo di nuovi poveri, ma una larga fetta (30%) è costituita da quelli che possono essere definiti poveri cronici, assistiti cioè da più di 5 anni, spesso disoccupati o inoccupati (48%) e working poor (22,8%). Accanto alla progressiva cronicizzazione, Caritas sottolinea, ancora una volta, la multidimensionalità della povertà: oltre la metà degli assistiti (56,2% vs 54,5% nel 2021) manifesta infatti due o più ambiti di bisogno, tra cui fragilità economica, bisogni occupazionali e abitativi, a cui si aggiungono problemi familiari, di salute o legati ai processi migratori.

Tenendo conto di due macro-dimensioni – le caratteristiche del nucleo familiare e la tipologia di bisogni rilevati – Caritas ha condotto un lavoro di analisi multi-variata al fine di individuare cinque profili o “cluster di povertà”, ognuno con tratti sociali specifici:  

  • Vulnerabili soli: per lo più uomini, tra i 35 e i 60 anni, che vivono soli (in prevalenza al Nord-Est), spesso senza dimora, e che presentano una molteplicità di bisogni, comprese quelle voci solitamente a più bassa incidenza (es. casa, salute, immigrazione, problemi familiari, solitudine, abusi, maltrattamenti, problemi legati all’ambito detenzione e giustizia). Rappresentano il 23,2% del totale delle persone ascoltate dalla rete Caritas, corrispondente a circa 52,7 mila individui;
  • Famiglie povere: per lo più stranieri, working poor e poveri di lungo periodo, nuclei rappresentati soprattutto da donne adulte, coniugate e con figli conviventi spesso minori (in prevalenza nel Nord-Ovest), che presentano bisogni per lo più legati alla sola povertà economica. Rappresentano il 25,5% del totale delle persone ascoltate dalla rete Caritas, corrispondente a circa 58,1 mila individui;
  • Giovani stranieri in transito: giovani uomini stranieri (per buona parte di nazionalità africana), nuovi assistiti, spesso senza dimora, non sempre soli e che presentano bisogni multipli. Rappresentano il 7,6% del totale delle persone ascoltate dalla rete Caritas, corrispondente a circa 17,2 mila individui;
  • Genitori fragili: per lo più italiani, genitori tra i 35 e i 60 anni, soprattutto donne che vivono con figli minori in nuclei familiari numerosi (in prevalenza nel Mezzogiorno), e che presentano alto disagio occupazionale e bisogni multipli, comprese le tipologie solitamente a più bassa incidenza (es. problemi abitativi, familiari, di immigrazione, salute). Rappresentano il 27,8% del totale delle persone ascoltate dalla rete Caritas, corrispondente a circa 63,1 mila individui;
  • Poveri soli: per lo più uomini, tra i 35 e i 65 anni, quasi sempre senza figli, che vivono soli (in prevalenza al Nord-Ovest), che presentano un solo bisogno di povertà. Rappresentano il 15,9% del totale delle persone ascoltate dalla rete Caritas, corrispondente a quasi 36,2 mila individui.

Dalla combinazione tra complessità dei bisogni e tipologia familiare possono inoltre essere messi a fuoco differenti gradi di marginalità sociale: dal basso rischio delle famiglie povere in condizioni di sola deprivazione economica alle situazioni più complesse dei vulnerabili soli. Tale studio intende, da un lato, rispondere a un’esigenza conoscitiva sullo stato di bisogno dei poveri in Italia e, dall’altro, fornire elementi utili non solo agli stessi operatori Caritas ma anche a decisori politici ed amministratori locali nell’elaborazione adeguate strategie di contrasto alla povertà, anche tenendo conto della recente riforma. 

  1. Escludendo quindi gli affitti figurativi e considerando la variazione media annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo pari a +1,9%.
  2. È calcolato dividendo il valore del reddito netto familiare per un opportuno coefficiente di correzione (scala di equivalenza), che permette di tener conto dell’effetto delle economie di scala e di rendere direttamente confrontabili i livelli di reddito di famiglie diversamente composte. La scala di equivalenza è pari alla somma di più coefficienti individuali (1 per il primo adulto, 0,5 per ogni altro adulto e 0,3 per ogni minore di 14 anni).
  3. Un valore pari a 0 indica che tutte le unità ricevono lo stesso reddito, un valore pari a 1 indica che il reddito totale è percepito da una sola unità.
  4. La percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore a una soglia di rischio di povertà, fissata al 60% della mediana della distribuzione individuale del reddito netto equivalente. Il reddito netto considerato per questo indicatore rispetta la definizione europea e non include componenti figurative e in natura, quali l’affitto figurativo, i buoni-pasto, gli altri fringe benefits non-monetari e gli autoconsumi. Nel 2022 la soglia di povertà è pari a 11.155 euro annui (930 euro al mese) per una famiglia di un componente adulto.
  5. La percentuale di persone che registrano almeno 7 segnali di deprivazione materiale e sociale su 13: 1) non poter sostenere spese impreviste; 2) non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa; 3) essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito; 4) non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni; 5) non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione; 6) non potersi permettere un’automobile; 7) non poter sostituire mobili danneggiati o fuori uso con altri in buono stato; 8) non potersi permettere una connessione internet utilizzabile a casa; 9) non poter sostituire gli abiti consumati con capi di abbigliamento nuovi; 10) non potersi permettere due paia di scarpe in buone condizioni per tutti i giorni; 11) non potersi permettere di spendere quasi tutte le settimane una piccola somma di denaro per le proprie esigenze personali; 12) non potersi permettere di svolgere regolarmente attività di svago fuori casa a pagamento; 13) non potersi permettere di incontrare familiari e/o amici per bere o mangiare insieme almeno una volta al mese.
  6. La percentuale di persone che si trovano in almeno una delle seguenti tre condizioni: 1) vivono in famiglie a rischio di povertà; 2) vivono in famiglie in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale; 3) vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro.
  7. Eurostat, People at risk of poverty or social exclusion in 2022, 14 giugno 2023.