Terzo settore: le professioni della comunicazione


Maurizio Trezzi | 16 Novembre 2023

I dati e i ragionamenti proposti in questo articolo sono stati presentati nell’ambito del convegno “Le professioni della comunicazione del Terzo Settore”, organizzato dall’Università Iulm il 10 ottobre 2023.

 

In questo articolo sono presentati i risultati di una ricerca basata sui percorsi intrapresi dagli studenti del corso di Laurea in Comunicazione dell’università IULM nell’ambito dei propri tirocini e stage formativi nel mondo del non profit, e di un sondaggio, realizzato allo scopo di verificare la presenza e le attività degli uffici comunicazioni presenti nelle associazioni di Terzo settore.

Si è inteso in questo modo supplire a una scarsità di informazioni su questi temi. Se da un lato è numericamente consistente una manualistica e una letteratura sulla teoria e sulle prassi comunicative rivolte al non profit, risulta molto più difficile disporre di dati empirici su quanto e come le associazioni comunicano, su quali siano le attività maggiormente praticate e su quali le competenze dei soggetti che, all’interno delle associazioni, si occupano di comunicare i servizi, le mission e i valori, coordinano le campagne di fundraising e di adv, gestiscono siti web e canali social.

La ricerca promossa da Iulm si è basata sull’analisi di dati provenienti dalla piattaforma AlmaLaurea e da un sondaggio, svolto dal 7 al 25 settembre con metodo CAWI, somministrato a 60 associazioni non profit lombarde e a 40 sparse sul territorio nazionale. Seppure svolta su una base numerica e un cluster limitato, la ricerca permette di valutare la quantità e la qualità dei professionisti della comunicazione inseriti nelle associazioni non profit e negli ETS e fornisce indicazioni sulla predisposizione e la propensione di questi soggetti a mettere la comunicazione fra le priorità del proprio mandato e del proprio agire.

I dati di AlmaLaurea

I risultati, estrapolati dall’ufficio “Career service e rapporti con le imprese” di Iulm dalla banca dati di AlmaLaurea, testimoniano come sia rilevante il numero di studenti dell’ateneo che, al termine del percorso di laurea triennale o durante master universitari, hanno svolto stage e tirocini riferibili alla comunicazione sociale. In particolare, sono 57 i soggetti (associazioni, fondazioni, ETS) che hanno accolto gli studenti nel periodo 2019-2022, dei quali buona parte a Milano e in Lombardia, dato evidentemente legato alla collocazione territoriale dell’università. Il periodo medio di permanenza a livello di stage è di 3 mesi, con un massimo di 6 mesi che si configura quando la dimensione temporale del classico stage curricolare viene replicata per un identico periodo.

Gli studenti tirocinanti e stagisti svolgono principalmente attività di content management nell’aggiornamento di siti web e pagine social, tipicamente Facebook e Instagram; un’attività di scrittura testi che riguarda in maniera più marginale articoli per blog e scrittura di testi per newsletter. Sono sporadici i casi di studenti che hanno ricevuto una formazione su attività digitali (digital marketing, creazione di siti web o landing page) e su attività di SEO e digital ADV. Andamenti che evidenziano una scarsa propensione delle associazioni a sviluppare progetti di comunicazione digitale, se si eccettua la componente sui social media. Altre attività formative che trovano una collocazione e una frequenza ragguardevole sono la media relation e i rapporti con la stampa, riferibili però esclusivamente alla predisposizione dei materiali (comunicati stampa, cartella stampa, presskit) utili e funzionali a queste pratiche.

L’analisi rivela la mancanza di un livello formativo e progettuale nell’ideazione e redazione di progetti di comunicazione strategica che potrebbe essere maggiormente sviluppata per mettere a frutto le nuove modalità, strumenti, tecniche e percorsi comunicativi che gli studenti hanno assimilato durante il loro periodo di studi universitari.

Il sondaggio

Il questionario è stato somministrato online a 100 associazioni del settore non profit, distribuite sul territorio milanese e lombardo (60) e su quello nazionale (40). I dati emersi su base territoriale testimoniano, per alcune risposte, una differenza tra la realtà lombarda e quella del resto del Paese, legata con ogni probabilità a un più vivace contesto e a un legame più stretto fra le realtà non profit e il mondo dell’impresa.

La maggioranza dei soggetti che hanno partecipato alla survey – circa il 90% – è un’associazione di persone e più della metà di queste associazioni (il 54%) ha una dimensione di associati inferiore ai 100. Un dato che non deve sorprendere visto che il 75% delle associazioni non profit su scala nazionale (fonti Istat) hanno una dimensione economica di bilancio inferiore ai 60.000 euro con un numero medio di soci inferiore, appunto, alle 100 unità.

 

Le associazioni che hanno partecipato al sondaggio svolgono principalmente attività ed erogano servizi e prestazioni nel settore della disabilità, nell’area della cultura e della sostenibilità ambientale. Dalle risposte si evince come oltre il 46% delle associazioni del campione non svolga, abitualmente, un’attività di comunicazione strutturata. Un dato enorme se si pensa, al contrario, all’interesse riservato ai processi comunicativi nel Primo e nel Secondo settore della nostro Paese.

Il personale impegnato nelle attività di comunicazione – evidentemente riferito solo a chi ha risposto positivamente alla prima domanda sull’attività di comunicazione svolta – è equamente distribuito fra volontario, personale interno retribuito, collaboratori esterni. È leggermente inferiore (14,3%) il numero di associazioni che demanda ad agenzie di comunicazione il presidio di questo tipo di attività, dimostrando una scarsa propensione a terziarizzare la comunicazione.

 

Rispetto alle attività svolte dai professionisti della comunicazione all’interno delle associazioni del Terzo settore risulta altamente preponderante, sia sul campione lombardo sia su quello nazionale, l’attività di gestione dei social media e delle pagine web dei siti istituzionali. Le associazioni che hanno partecipato al sondaggio considerano ancora molto importante la produzione di materiali cartacei (folder, volantini, depliant, guide) che assorbono una buona parte dell’attività degli operatori della comunicazione. Decisamente inferiori, a livello di impegno e considerazione, le attività di pubbliche relazioni, comunicazione istituzionale e organizzazione di eventi. L’attività di comunicazione a supporto delle raccolte fondi è una tipologia di mansione quasi totalmente da sviluppare nelle associazioni di dimensione medio piccola.

 

Riguardo alle professionalità impiegate dell’attività di comunicazione le risposte differiscono sostanzialmente tra le associazioni milanesi/lombarde e il dato nazionale. Nel primo caso è maggiormente distribuita la tipologia di professionalità impiegate che sono riferibili a soggetti che svolgono all’interno delle associazioni anche altre attività oltre a quelle della comunicazione. Non è previsto quindi un impegno esclusivo del settore della comunicazione. Nelle associazioni lombarde solamente il 29% delle risposte indica la presenza di professionisti della comunicazione all’interno delle strutture ad essa preposta.

Sempre nel campione lombardo si trovano riferimenti (9.7%) a professionisti della comunicazione che dopo aver avuto esperienze nell’ambito del profit hanno deciso di impegnarsi nella comunicazione del terzo settore; si tratta di un dato assente su scala nazionale, dove, invece, il 57% delle risposte indica la presenza di professionisti della comunicazione all’interno delle strutture e il restante 43% è ancora riferito a volontari che si occupano di più mansioni nella struttura associativa.

Dato rilevato su campione Lombardia

Dato rilevato su campione nazionale

 

Per quanto concerne l’età media delle persone impiegate nelle strutture di comunicazione delle associazioni emerge un dato medio superiore ai 45 anni, con percentuali non trascurabili  – 22% a Milano e in Lombardia, 45% nel resto del Paese  – di professionisti over 55. Appare evidente come l’inserimento di giovani professionisti sia ancora una rarità e questo lascia molto spazio per il collocamento negli organici di comunicazione per i neolaureati e gli under 30.

Dato rilevato su campione Lombardia

Dato rilevato su campione nazionale

 

Come detto il 46,7% delle associazioni ha dichiarato di non disporre di uno staff di comunicazione. La principali motivazione portata per spiegare tale scelta è la mancanza di fondi (31.8% Lombardia, 50% dato nazionale) insieme alla decisione di non allocare risorse in questo settore per privilegiare l’operatività e l’erogazione di servizi. Inoltre è molto presente (45.5% in Lombardia, 37.5% su dato nazionale) l’affidamento delle attività di comunicazione ai vertici dell’associazione (presidente, direttore) che si interfacciano, principalmente, con i referenti pubblici e istituzionali.

Dato rilevato su campione Lombardia

Dato rilevato su campione nazionale

 

Chi non ha ancora una struttura di comunicazione sostiene di volersene dotare nei prossimi 12 mesi (22.7%) mentre il 60% ritiene volerlo fare quando avrà a disposizione i fondi e le risorse per poterla finanziare. Il 13.6% sostiene di non ritenere opportuno dotarsi, né oggi né in futuro, di una struttura per la gestione della comunicazione.

Dato rilevato su campione Lombardia

Dato rilevato su campione nazionale

 

Viene riconosciuta l’importanza, sia nelle risposte del campione Lombardia, sia – con percentuali pressoché  identiche – sul campione nazionale, della competenza e della professionalità degli operatori della comunicazione come elemento di qualità per poter raggiungere risultati positivi e creare un ritorno in termini di brand reputation, maggiore raccolta fondi e di riconoscimento da parte delle Istituzioni delle attività svolte sui territori. Per praticità sono presentati nei successivi dati i risultati del campione Lombardia.

 

Il 79% del campione considera fondamentale (risposte da 8-10) l’utilizzo dei social media come elemento centrale della comunicazione di un’associazione. Un dato che merita un successivo approfondimento rispetto alla qualità dei contenuti veicolati sui social media che replicano, molto spesso, quelli presenti sui siti web e non sono in grado di innescare engagement e commenti, come dovrebbe essere invece su questo tipo di media.

Oltre l’80% delle associazioni sostiene di essere disponibile ad affidare un incarico di comunicazione a un giovane neolaureato, che potrebbe portare nuove competenze e nuove modalità organizzative all’interno della struttura; si tratta quindi di una risposta contraddittoria rispetto alla realtà emersa dalle risposte precedenti in cui invece le strutture di comunicazione continuano a essere presidiate da over 50.

Conclusioni

Lo scenario che emerge dalla ricerca conferma un rapporto fra mondo della comunicazione e associazionismo ancora lontano dall’essere compiuto. I fattori che determinano questa realtà sono: la dimensione, relativamente limitata delle principali realtà del Terzo Settore, la difficoltà nel reperire forme stabili di finanziamento e un certo deficit culturale nel considerare la comunicazione quale elemento non accessorio ma fondamentale della propria azione.

Ovviamente sappiamo come questo non valga, in linea generale, per le associazioni e gli enti di dimensione più grandi, che dispongono di maggiori risorse, compiono su vasta scala azioni strutturate di media relation, raccolta fondi, comunicazione istituzionale, investimenti pubblicitari e attività di rendicontazione.

I dati presenti, qualora si voglia vedere il bicchiere mezzo pieno, indicano una grande possibilità di inserimento di nuovi professionisti della comunicazione negli ETS che si dicono disposti ad accogliere anche giovani neolaureati. Appare inoltre assente la capacità, o la volontà, di dotarsi di strategie e di piani della comunicazione, per fissare obiettivi, target, budget, tone of voice, elementi narrativi e criteri di valutazione. Con una metafora si potrebbe dire che le associazioni “navigano a vista” e si limitano a svolgere quelle minime attività (creazione di un sito web, apertura di pagine sui principali social media, attività basiche di ufficio stampa) per essere presenti, con un ruolo comunque da comprimari e non da protagonisti, nel mainframe della comunicazione e dell’informazione. Resta ancora viva una logica che predilige: il “fare” al “comunicare”, a dedicare gran parte delle risorse all’organizzazione e all’erogazione dei servizi, che penalizza, di fatto, le attività “accessorie” come la comunicazione che sembrano non far parte della mission di un’associazione. Un postulato tanto infelice quanto miope, soprattutto se riferito alla necessità, sempre più attuale, di essere soggetti in grado di svolgere quelle attività di co-progettazione e co-programmazione – previste dalla riforma del Terzo Settore – per le quali, oltre alla competenze tecniche e organizzative specifiche, sarebbe utile possedere la capacità di rappresentare, in maniera consona, il ruolo svolto sui territori, i valori che lo sostengono e le positive ricadute, in termini di tutela dell’interesse generale, che le associazioni esprimono quotidianamente.

L’auspicio, a valle del convegno, è quello di allargare la base dei soggetti coinvolti nella ricerca e, grazie ai risultati del censimento ISTAT sul  non profit in Italia presto disponibili, mappare, più puntualmente, una rappresentazione dell’evoluzione delle attività di comunicazione nel Terzo Settore. Questo per favorire il match fra domanda e offerta e consentire l’inserimento, nel mondo associativo, di professionisti della comunicazione, auspicabilmente formati nelle facoltà di Scienze della Comunicazione italiane e nel corso di laurea in Comunicazione di Impresa e Relazioni Pubbliche della nostra università.