L’impatto della pandemia da Covid-19 sui caregiver informali in Europa


Introduzione

Come noto, uno dei gruppi di popolazione più colpiti dalla pandemia da Covid-19 ancora in corso è quello delle persone con esigenze di assistenza a lungo termine, soprattutto in età avanzata (Cacciapaglia et al., 2020), e dei loro caregiver informali (familiari, vicini o chiunque assista altre persone non autosufficienti a titolo gratuito). Mentre diversi studi hanno analizzato l’impatto della prima ondata di pandemia verificatasi nella primavera del 2020 (ad es. Kostyál et al., 2021; Tur-Sinai et al., 2021), pochissimi sono quelli che possono offrire una prospettiva transnazionale sugli effetti – forse anche più forti – della pandemia che ha avuto luogo in Europa durante l’inverno 2020-2021, quando le conseguenze della prima e delle successive ondate pandemiche potrebbero essersi accumulate nel tempo.

In tale scenario, questo articolo1 presenta i risultati di uno studio volto ad analizzare l’esperienza dei caregiver informali di persone anziane, fragili o con disabilità in Europa durante la crisi pandemica da COVID-19. Lo studio, supportato dalla Commissione Europea, è stato condotto dal Centro Ricerche Economico-Sociali dell’IRCSS INRCA di Ancona, in collaborazione con Eurocarers (Associazione europea a supporto dei caregiver), attraverso una survey online rivolta a caregiver informali (di 18 anni e più) che forniscono supporto e si prendono cura regolarmente (cioè non occasionalmente o temporaneamente) di una o più persone non più in grado di svolgere autonomamente una o più attività quotidiane, a causa di problemi di salute psico-fisica, disabilità o età anziana (65 anni e più).

 

Nel dettaglio, gli obiettivi alla base di questa iniziativa di ricerca sono stati due: 1) documentare e analizzare l’impatto della pandemia da Covid-19 su diversi aspetti della vita dei caregiver (ad es. salute, situazione assistenziale, accesso ai servizi sanitari e sociali, reti di supporto disponibili, condizione lavorativa e reddito, conciliazione tra lavoro e vita privata, uso della tecnologia); 2) raccogliere opinioni e suggerimenti dei caregiver su come poter essere supportarti al meglio nel corso dell’attuale fase pandemica e in futuro. La rilevazione è stata condotta tra il 24 novembre 2020 e l’8 marzo 2021, mediante una survey online disponibile in 10 lingue europee, volta ad analizzare l’esperienza personale dei caregiver informali e le specifiche criticità affrontate nel corso dell’emergenza sanitaria. La diffusione della survey e del relativo questionario è stata realizzata mediante il network di organizzazioni afferenti ad Eurocarers, e per mezzo di una campagna di disseminazione (adattata alle specifiche peculiarità nazionali, anche tramite l’uso di social media), che ha visto coinvolte le principali associazioni a supporto dei caregiver e di persone con necessità assistenziali attive nei vari paesi. Il questionario esplorava la situazione generale dell’assistenza fornita dal caregiver informale a una o più persone con bisogni di cura durante l’epidemia da Covid-19. Qualora il caregiver fornisse assistenza a più di una persona, si è fatto riferimento alla persona a cui si forniva “più assistenza”. A seguire si presentano alcuni dei principali risultati dello studio2, e una serie di implicazioni di policy a supporto dei caregiver informali derivanti da questi risultati.

 

Il campione

Complessivamente i caregiver coinvolti nella rilevazione sono stati 2.468. La distribuzione dei rispondenti è la seguente: 842 in Svezia, 408 in Italia, 309 in Finlandia, 287 in Portogallo, 234 in Germania, 156 in Repubblica Ceca, 97 in Estonia e 135 in altri paesi (Austria, Belgio, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Slovenia, Spagna, Svizzera e Regno Unito) (Figura 1).

 

Figura 1: Il campione (N=2.468)

 

Le percentuali riportate di seguito sono calcolate sulla base del numero totale di rispondenti a ciascuna domanda (cioè considerando le risposte valide ed escludendo le risposte mancanti).

 

Caratteristiche socio-demografiche dei rispondenti e dei loro assistiti

Tra i rispondenti, quattro su cinque sono di sesso femminile (81,4%), in prevalenza coniugati o conviventi (73,8%), con un’età media di 57,3 anni e un livello di istruzione medio-alto (l’87,7% possiede un diploma di scuola superiore o un titolo universitario). La maggior parte dei rispondenti si prende cura di un solo assistito (77%), in particolare del coniuge/partner (30,3%), di un genitore (29,4%) o di un figlio (27,7%). Tre caregiver su cinque (60,8%) ritengono che il proprio stato di salute sia stato influenzato negativamente dal fatto di fornire assistenza.

I caregiver coinvolti nello studio hanno iniziato a fornire assistenza da diverso tempo; infatti il 35,2% riferisce di occuparsi del proprio congiunto con necessità di cura da più di 10 anni, il 27,2% da 5 a 10 anni, il 32,4% da 1 a 4 anni, e il 5,2% da meno di un anno.

Per quanto riguarda le caratteristiche degli assistiti, equamente distribuiti tra uomini (50,4%) e donne (48,5%), il 60% ha più di 65 anni, il 28,7% un’età compresa tra i 18 e i 64 anni, mentre l’11,8% ha meno di18 anni (età media 60,5 anni). Nel 63,4% dei casi l’assistito convive con il caregiver e circa un quarto (23,7%) vive da solo. Le principali problematiche dei soggetti cui viene fornita assistenza sono la disabilità fisica (70%) e cognitiva (51,2%), problemi di natura neurologica (50,6%) e psicologica (47,9%), o altre condizioni di salute croniche (49,8%) spesso coesistenti nello stesso soggetto (multimorbidità).

 

Impatto della pandemia da Covid-19 sulle condizioni personali dei caregiver e sulla situazione assistenziale

Questa parte dell’indagine mirava a comprendere in che modo l’emergenza sanitaria da Covid-19 abbia influito sul contesto di vita e sulle condizioni di assistenza dei caregiver informali in Europa. In primo luogo, emerge che circa il 12% dei rispondenti ha iniziato a prestare assistenza in conseguenza della pandemia. Presumibilmente la minore disponibilità di aiuti esterni sia formali sia informali, e la necessità di evitare le possibili fonti di contagio, hanno reso questa scelta come preferibile/obbligata, per questi soggetti.

Nel complesso il 14,5% dei caregiver e il 14% dei loro assistiti sono stati contagiati dal Covid-19. Ciò ha inevitabilmente determinato una serie di problematiche aggiuntive nell’assistenza (prima fra tutte per il timore di essere fonte di contagio per i propri congiunti fragili). Emergono inoltre una serie di ripercussioni negative su diversi ambiti della vita dei caregiver, in particolare per quanto riguarda: reti relazionali/partecipazione sociale (peggiorata per il 78,7% dei rispondenti), qualità della vita (76,8%), stato di salute mentale e psicologico (66,5%), condizione fisica (50,6%) e accesso ai servizi sociali e sanitari (47,5%). Si osserva inoltre un aumento significativo delle ore medie settimanali dedicate all’assistenza (da 46,6 a 54,5, pari a più 17% rispetto al periodo pre-pandemico) e una maggiore intensità delle cure fornite, in particolare tra le donne caregiver. Le attività di cura che hanno registrato un maggiore aumento dell’intensità dell’assistenza fornita dai caregiver dall’inizio della pandemia sono il supporto emotivo (menzionato dal 60,3% dei rispondenti), la comunicazione a distanza (49,7%), l’aiuto pratico di persona (43,9%), il coordinamento delle cure (43,7%) e l’aiuto con i trasporti (37,7%).

Viene anche riferito un peggioramento delle condizioni di salute degli assistiti e una difficoltà crescente nell’accesso alle cure, dato questo particolarmente significativo in Italia, dove viene menzionato dal 75,6% dei rispondenti a fronte di una media complessiva, nel campione, del 59,8%.  Inoltre, più del 90% dei caregiver si dichiara preoccupato per le conseguenze della pandemia sullo stato di salute proprio o dell’assistito. Il 61,7% si sente sopraffatto dagli eventi e oltre la metà dei caregiver (51,5%) non è stata in grado di occuparsi adeguatamente della propria salute e del benessere personale. Solo una minima parte dei rispondenti (17,5%) ritiene che durante la pandemia il proprio ruolo di caregiver sia stato valutato positivamente dalla società (ad es. come quello degli operatori sanitari).

 

Accesso ai servizi durante la pandemia

Circa la metà del campione (47,6%) ha continuato ad usufruire di servizi sanitari (pubblici e privati) e di servizi socio-assistenziali durante la pandemia, sebbene il 31,9% dei rispondenti abbia subito una riduzione delle prestazioni fornite. Il 29,5% dei caregiver ha evidenziato difficoltà nell’accesso alle cure per sé, mentre il 37,1% ha avuto difficoltà ad ottenere l’assistenza necessaria per il proprio congiunto. I principali servizi pubblici o privati ricevuti durante la pandemia a supporto del ruolo assistenziale dei rispondenti sono risultati essere: servizi sanitari (66,5%), servizi sociali (34%), assistenza telefonica (29,3%), consegna di generi alimentari/pasti a domicilio (28,8%) e consegna di farmaci a domicilio (24,9%). Tuttavia, i servizi/supporti ricevuti e ritenuti più efficaci nel supportare i caregiver durante la pandemia corrispondono solo in parte all’elenco sopra menzionato, risultando essere i seguenti: familiari (42,2%), farmacie (40,1%), amici/vicini (21,7%), medici di base (20,8%) e servizi/professionisti del settore sanitario pubblico (17,9%). A fronte di ciò, va comunque osservato che complessivamente più della metà dei rispondenti (58,5%) non si è sentita sufficientemente supportata nelle attività assistenziali durante l’epidemia da Covid-19.

 

Impatto della pandemia sulle condizioni lavorative ed economiche

Mentre il 44% dei rispondenti riferisce di non aver avuto conseguenze sul proprio stato lavorativo a seguito della pandemia, il 32,5% è andato incontro a conseguenze significative quali la perdita della propria occupazione (5,2%), la riduzione dell’orario lavorativo (18,5%) o la sospensione dell’attività lavorativa a causa di problemi di salute connessi al COVID-19 o ad altre patologie (8,8%).

Le donne hanno subito un maggiore impatto negativo sul proprio stato lavorativo. Il 24% ha infatti perso il lavoro o ha dovuto ridurre l’orario lavorativo, a fronte del 22,4% degli uomini.

Complessivamente un caregiver su cinque (20,1%) ha visto diminuire il proprio reddito in conseguenza della pandemia, con un effetto più marcato tra le donne rispetto agli uomini. Nonostante le misure di lavoro flessibile messe in campo nei vari paesi (lavoro da remoto, orario flessibile, part-time e congedi/permessi retribuiti e non), circa un caregiver su cinque (18,7%) non è stato in grado di conciliare lavoro di cura e occupazione durante l’emergenza pandemica.

 

Il ricorso alla tecnologia

Durante la pandemia la tecnologia (ed in particolare smartphones, PC e social media) ha svolto un ruolo importante a supporto dei caregiver. Infatti Il 95,4% dei rispondenti ha affermato che la tecnologia è servita soprattutto per restare in contatto con familiari e amici (95,4%), per gestire operazioni finanziare (90,8%), per tenersi aggiornati e ottenere informazioni sulla pandemia (89,3%), ma anche per restare in contatto con i servizi (80,5%) e per fare acquisti online (75,3%). Inoltre, circa la metà dei rispondenti (49,8%) ha utilizzato le tecnologie digitali per mantenere i contatti con associazioni di caregiver e/o di pazienti, e per accedere ai servizi da loro forniti (ad es. supporto psicologico, consulenze, informazioni, ecc.).  Nonostante la dimestichezza acquisita dai caregiver con gli strumenti tecnologici durante la pandemia, l’utilizzo di nuove tecnologie relative all’assistenza (ad es. sistemi di teleassistenza) è rimasto abbastanza limitato. Infatti, il 77,8% dei rispondenti riferisce di non averle mai utilizzate. Tra questi solo il 27% sarebbe interessato ad usarle a supporto dei propri compiti assistenziali.

 

Il supporto ai caregiver informali in tempi di pandemia (e come migliorarlo per il futuro)

Il questionario includeva anche una sezione in cui i rispondenti potevano esprimere il proprio punto di vista circa i servizi/supporti per loro maggiormente utili nell’affrontare la fase pandemica e le possibili iniziative da implementare per migliorare la loro condizione in generale.

Tra i principali servizi/supporti forniti dai servizi pubblici o privati ritenuti maggiormente utili dai caregiver si segnalano i seguenti: informazioni e consigli per la gestione della pandemia nella vita quotidiana (36,4%), indicazioni su come accedere all’assistenza quando il caregiver o l’assistito contraggono l’infezione da COVID-19 (32,2%) e la consegna di medicinali e pasti al domicilio (menzionati rispettivamente dal 25,5% e dal 24,9% dei rispondenti). Seguono poi la possibilità di ricevere informazioni sulle condizioni di salute dei propri congiunti ricoverati in ospedale o in struttura residenziale (21%) e il sostegno per potersi avvalere di personale di cura a pagamento (19,5%).

Con riferimento ai servizi/supporti forniti dal volontariato e dalle associazioni di caregiver e pazienti, quelli ritenuti maggiormente utili sono risultati essere: l’aiuto su come affrontare la crisi sanitaria nel quotidiano (10,3%), la compagnia e il supporto psicologico ed emotivo (7,5%), i servizi di consulenza e supporto, sia telefonico che mediante consigli su siti web (entrambi menzionati dal 6,9% dei rispondenti) e le campagne a sostegno del riconoscimento giuridico della figura del caregiver informale (6,8%).

Infine, tra le misure di supporto non ancora disponibili/ricevute, ma ritenute utili e che potenzialmente potrebbero migliorare le condizioni di assistenza dei caregiver nel corso dell’attuale fase pandemica vengono menzionate: l’inclusione delle esigenze dei caregiver informali nei piani e azioni nazionali per fronteggiare l’epidemia (76,9%), la promozione di norme legislative che riconoscano e sostengano ruolo e funzione dei caregiver (72,6%) e il supporto nella gestione dei piani emergenziali di cura (nei casi in cui i caregiver non dovessero essere più nella condizione di fornire assistenza; 71,2%).

 

Conclusioni e implicazioni di policy

I risultati emersi in questa survey dimostrano come la pandemia da Covid-19 abbia esacerbato molte problematiche già note, e creato ulteriori sfide e problemi per i caregiver informali in Europa.  Ad esempio, in linea con quanto noto in letteratura, il campione dello studio è composto prevalentemente da donne, le quali, rispetto ai caregiver uomini, sono state maggiormente penalizzate nell’attuale fase pandemica in relazione a una serie di aspetti, inclusi qualità di vita, stato di salute, benessere psicologico, inclusione sociale, condizioni lavorative, reddito, e carico assistenziale. Nel complesso, i risultati evidenziano che l’epidemia da Covid-19 ha impattato su vari aspetti della vita dei caregiver e dei loro assistiti e che, pur in presenza di peculiarità nazionali, le principali conseguenze del Covid-19 sulla condizione dei caregiver europei sono sostanzialmente comuni nei vari paesi.

Inoltre, i risultati di questo studio consentono di identificare una serie di politiche e misure che, se implementate, potrebbero contribuire a migliorare il supporto a favore dei caregiver informali in tempi di pandemia e nella fase post-pandemica. Ad esempio, si ravvisa la necessità di promuovere adeguate politiche che tengano conto del diverso impatto di genere dell’attività di cura, fornendo tutele in ambito lavorativo (accesso facilitato alle forme di lavoro flessibile, crediti previdenziali, validazione delle competenze acquisite durante l’attività di cura, ecc.), al fine di garantire maggiori opportunità di conciliazione tra lavoro retribuito e lavoro di cura e un accesso più equo al mondo del lavoro da parte delle donne caregiver. Inoltre, un maggiore coinvolgimento dei caregiver informali nella progettazione di politiche e servizi di long-term care potrebbe migliorare la programmazione di aiuti istituzionali più efficaci e rispondenti alle reali necessità dei caregiver, al fine di tutelare la salute sia delle persone assistite, sia di chi se ne prende cura. Oltre a ciò, altre misure che si reputano prioritarie sono le seguenti: promuovere norme per sostenere i caregiver e le organizzazioni a loro supporto in Europa e nei vari paesi; sviluppare politiche organiche e servizi integrati per innovare i sistemi di long-term care; fronteggiare e ridurre il digital divide (oltre alle diseguaglianze di genere) e, last but not least, promuovere ulteriori ricerche e studi sui caregiver informali, a livello internazionale e nei vari paesi.

  1. Hanno collaborato alla stesura dell’articolo anche: Sabrina Quattrini, Sara Santini e Mirko Di Rosa, Centro Ricerche Economico-Sociali per l’Invecchiamento, IRCCS-INRCA – National Institute of Health and Science on Ageing, Ancona. Per la corrispondenza: m.socci@inrca.it
  2. I risultati completi della survey sono disponibili in Eurocarers/IRCCS-INRCA (2021). Impact of the Covid-19 outbreak on informal carers across Europe – Final report. Brussels/Ancona, disponibile qui.