Lo sfratto: numeri, processi e attori


Benedetta Marani | 26 Novembre 2018

Da tempo le cronache nazionali pongono attenzione al tema degli sfratti esaltandone i caratteri emergenziali. Questo contributo si propone di fare chiarezza sulla natura di questo fenomeno e sulla sua diffusione sul territorio nazionale, considerandone la complessità, gli attori coinvolti e i diversi livelli di policy chiamati ad agire congiuntamente per prevenire o rispondere alla perdita dell’abitazione.

 

Gli sfratti in Italia – Un panorama incompleto

Per poter comprendere la complessità del fenomeno degli sfratti è necessario innanzitutto circoscriverne la definizione e precisarne alcuni caratteri fondamentali. Lo sfratto è giuridicamente definito come l’esecuzione del provvedimento di rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo (L. 392/1978 s.m.i. e L. 431/1998 s.m.i.) ed è subordinato all’esistenza di un contratto di locazione regolarmente registrato presso l’Agenzia delle entrate. Parlare di sfratti significa quindi escludere tutte le modalità di occupazione e conseguente rilascio di un immobile che non prevedono regolari contratti di affitto. Inoltre, non tutti gli sfratti avvengono a seguito di mancato pagamento del canone di locazione. L’emanazione dei provvedimenti di rilascio – che come vedremo sanciscono solo l’inizio della procedura di sfratto – può essere infatti legata a particolari necessità del proprietario, alla scadenza del contratto in essere o ad una attestata morosità colpevole o incolpevole dell’inquilino (L. 124/2013).

 

Con l’avvento della crisi economica il numero dei provvedimenti di rilascio di immobili ad uso abitativo per morosità è aumentato notevolmente. La ricostruzione delle serie storiche dal 2001 al 2017 dei dati del Ministero dell’Interno sull’andamento degli sfratti in Italia (figura 1) mostra però come l’incremento di questi provvedimenti sia un trend che caratterizza gli ultimi 17 anni, ad eccezione del 2011 e del 2017, in cui si osservano lievi contrazioni del fenomeno.

Tra le diverse cause che concorrono a spiegare questo aumento, è da riportare l’incremento della spesa delle famiglie italiane per l’abitazione (cfr. i dati ISTAT in proposito), già in crescita nel periodo pre-crisi. Parallelamente ai provvedimenti di rilascio, sono aumentate anche le richieste di esecuzione presentate all’Ufficiale giudiziario, cresciute del 74,2% nel periodo considerato con picchi nel 2008 (139.193 richieste) e nel 2016 (158.720 richieste).

Il rapporto tra questi due parametri rimane costante nel tempo: ogni anno viene mediamente emesso un provvedimento di rilascio ogni due richieste di esecuzione.

Circa le effettive esecuzioni di questi provvedimenti, i cosiddetti sfratti, il dato riportato dal Ministero dell’Interno non può considerarsi esaustivo ai fini di una lettura complessiva del fenomeno per due ragioni. Da un lato, le rilevazioni ministeriali riportano solo gli sfratti avvenuti in presenza dell’Ufficiale Giudiziario, omettendo quelle situazioni che non ne hanno richiesto la presenza ma che hanno comunque comportato il rilascio dell’abitazione. Dall’altro, i dati di molti comuni italiani risultano incompleti. A fronte di queste premesse, si riportano comunque alcune rilevazioni indicative del mutamento del fenomeno nel tempo e della sua attuale entità.

 

 

Tavola 1 – Gli sfratti in Italia

Elaborazione dell’autore delle serie storiche dei dati del Ministero dell’Interno (2001-2017)

 

Gli sfratti eseguiti su territorio nazionale in presenza dell’Ufficiale giudiziario sono cresciuti del 64,2% dal 2001 al 2017, con picchi nel 2010, nel 2014 e nel 2016, mentre al 2017 risultano in diminuzione del 9% rispetto all’anno precedente. La regione che presenta più richieste di esecuzione al 2017 è la Lombardia (34% del totale nazionale) seguita dall’Emilia Romagna, dalla Toscana e dal Lazio.

In Lombardia si registra anche il numero più alto di sfratti eseguiti in presenza dell’Ufficiale giudiziario (4.973). La città che presenta il maggior numero di richieste di esecuzione è Milano (22.842), in diminuzione rispetto al 2016 (31.276). Milano è anche la città in cui il rapporto tra richieste di esecuzione e sfratti eseguiti è minore: si registra uno sfratto eseguito in presenza dell’ufficiale giudiziario ogni 56 richieste presentate, per un totale di 410 sfratti eseguiti nel 2017, in aumento del 68% rispetto all’anno precedente (244).

Il comune dove, in proporzione alle richieste di esecuzione, si attesta un maggior numero di sfratti eseguiti è Torino, con 2.788 sfratti, in diminuzione del 17% rispetto al 2016 (3.388).

Il grafico permette inoltre di osservare l’assenza di una corrispondenza lineare tra l’aumento delle richieste di esecuzione, dei provvedimenti di rilascio e il numero di sfratti eseguiti. Tra i fattori che concorrono a giustificare questo disallineamento, oltre alla sopracitata mancanza di dati, si collocano anche le dilatate tempistiche del processo di sfratto. Per comprenderne l’origine è necessario ricostruire nel dettaglio le fasi dell’esecuzione del provvedimento di rilascio (Marani, 2016).

 

L’iter di esecuzione del provvedimento di rilascio: fasi, attori, imprevisti e probabilità

La procedura di sfratto per morosità inizia con l’invio da parte del locatore di una diffida scritta che intima l’inquilino a risolvere le proprie insolvenze entro 20 giorni. Qualora queste persistano, il locatore può procedere per vie legali, inviando tramite avvocato una lettera all’inquilino per informarlo della procedura intrapresa e una richiesta di udienza al tribunale di riferimento. Nel caso in cui il giudice convalidi l’udienza, l’inquilino riceve una notifica di sfratto ed è tenuto a presentarsi in tribunale nella data indicata nella comunicazione. Le udienze vengono generalmente concesse dopo 4 o 5 mesi dalla data in cui il giudice riceve la comunicazione dell’avvocato del locatore. Se durante l’udienza l’inquilino attesta di non aver ricevuto tutte le comunicazioni, il giudice è tenuto a riemetterle e a rinviare la seduta. Qualora invece abbia correttamente preso visione delle notifiche, l’udienza può procedere in tre diverse direzioni. L’inquilino può pagare la morosità maturata, possibilità concessa dal giudice per sole tre volte in quattro anni, a seguito dei quali si procede con l’esecuzione del provvedimento di rilascio. In alternativa, l’inquilino può chiedere il cosiddetto termine di grazia, concesso dal giudice solo in condizioni di comprovata difficoltà. Esso consiste in una proroga della sentenza di 90 o 120 giorni, termine entro cui il locatario è tenuto a sanare le proprie morosità. Al termine della grazia le parti si ritrovano davanti al giudice per confermare che l’inquilino abbia pagato il dovuto o sancire il contrario.

Esiste anche l’eventualità che l’udienza si svolga senza impedimenti e che il giudice convalidi lo sfratto, intimando al locatario di abbandonare l’immobile e di pagare le mensilità arretrate. In questo caso, a seguito dell’udienza l’Ufficiale giudiziario è tenuto ad inviare il cosiddetto atto di precetto, che intima il pagamento delle insolvenze entro 10 giorni e fissa altrimenti una data per il rilascio forzato dell’immobile, di norma almeno a un mese di distanza dalla data di emissione della comunicazione. La data prevista dall’atto di precetto per il rilascio dell’abitazione coincide solo con una prima visita dell’Ufficiale giudiziario, a cui generalmente ne seguono altre due, a distanza di un mese e mezzo l’una dall’altra.

Dal momento della diffida da parte del proprietario al momento dell’effettiva esecuzione dello sfratto passa quindi circa un anno e mezzo, senza considerare l’eventuale concessione della grazia da parte del giudice. Ulteriori dilatazioni dell’esecuzione dello sfratto possono verificarsi se tra i membri del nucleo familiare sono presenti donne in gravidanza, minori, inquilini con particolari disabilità o ultrasessantacinquenni, o se l’inquilino non si presenta agli appuntamenti comunicati dall’Ufficiale giudiziario.

In aggiunta, qualora sia previsto l’intervento del servizio sociale e delle forze dell’ordine al momento dell’esecuzione e questi non si presentano, lo sfratto viene rinviato.

Se è invece l’inquilino a non presentarsi, l’ufficiale giudiziario può comunque procedere con l’irruzione nell’immobile. I beni del locatario, se ancora presenti nell’abitazione, passano in custodia al locatore, che in causa di mancato ritiro può procedere allo sgombero a sue spese.

 

Politiche integrate per processi complessi

Per restituire la complessità del processo dello sfratto si è scelto di rappresentarne graficamente il percorso; come nella metafora di un gioco da tavolo, imprevisti e possibilità scandiscono le tempistiche e condizionano le “mosse” dei diversi attori (figura 2). Tra questi, l’ufficiale giudiziario gioca un ruolo chiave nell’intero processo, sia di mediazione tra il proprietario e l’inquilino, sia di tutela del nucleo familiare nel rispetto delle normative. Questa figura spesso si confronta con altre professionalità, allo scopo di assicurare soluzioni abitative tempestive a seguito del rilascio dell’abitazione. La discrezionalità dell’ufficiale giudiziario nel posticipare o anticipare l’esecuzione del provvedimento di rilascio si basa quindi, oltre che sulle volontà del proprietario, sull’osservazione delle caratteristiche del singolo nucleo e sulla verifica della disponibilità di posti letto in strutture idonee all’accoglienza. Queste però dipendono dalle politiche che le amministrazioni regionali e comunali hanno sviluppato per far fronte al problema abitativo, sul fronte dell’edilizia residenziale pubblica, della disponibilità di alloggi temporanei, ma anche di misure economiche e sociali a sostegno del nucleo familiare (si veda in proposito su Welforum.it: Bricocoli, Sabatinelli, 2018).

Accade spesso infatti che l’Ufficiale giudiziario rimandi lo sfratto in assenza di soluzioni residenziali alternative disponibili, spesso dovuta alla saturazione o all’inadeguatezza delle strutture esistenti. Queste dilazioni risultano onerose anche per il locatore, spesso costretto a sostenere autonomamente le spese legali e quelle correlate all’abitazione per tutta la durata del processo di sfratto, rinunciando al contempo ai possibili proventi derivanti dalla locazione dell’immobile, integrazioni fondamentali per molti proprietari che hanno assistito alla contrazione del proprio reddito o del suo potere d’acquisto. Di conseguenza, comprendere la natura processuale dello sfratto e la sua complessità può essere d’aiuto per introdurre politiche integrate volte ad una più tempestiva gestione del fenomeno e a contenerne i caratteri più emergenziali.

 

Tavola 2 – Il processo di sfratto

Elaborazione dell’autore (Marani, 2016)