Povertà assoluta stabile, ma non per tutti


Eleonora Gnan | 21 Marzo 2022

La pandemia da Covid-19 continua a produrre i suoi effetti in termini di incremento delle difficoltà economiche e delle disuguaglianze a tutto tondo degli italiani. Nel nostro Paese nel 20201 erano oltre 2 milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta, per un totale di 5,6 milioni di individui, ben un milione in più rispetto al 2019. Diffuse l’8 marzo scorso, le stime preliminari dell’ISTAT sulla povertà assoluta e sulle spese per consumi delle famiglie relative al 2021 mettono in luce una certa stabilità del fenomeno, che i dati ufficiali del prossimo giugno potranno confermare o smentire.

 

Sostanziale stabilità della povertà assoluta

Secondo le stime, l’incidenza della povertà assoluta familiare nel 2021 è pari al 7,5% (contro il 7,7% del 2020) mentre quella individuale si mantiene stabile al 9,4%: si tratta di oltre 1 milione e 950 mila famiglie, per un totale di circa 5,6 milioni di persone. Nonostante la forte ripresa economica (+6,6% del PIL) e la crescita delle spese per consumi delle famiglie (+4,7%), la povertà in Italia risulta sostanzialmente stabile rispetto all’anno della pandemia. È evidente come la crisi economica derivata dal Covid-19 continui a produrre i suoi effetti in termini di difficoltà di rilancio delle famiglie italiane, tuttavia la stabilità della povertà può essere letta quale esito di due tendenze: da un lato, l’incremento più contenuto della spesa delle famiglie meno abbienti e, dall’altro, la ripresa dell’inflazione (+1,9%), senza la quale la quota delle famiglie in povertà assoluta scenderebbe al 7% e quella degli individui all’8,8%, in lieve calo quindi rispetto al 2020.

 

In peggioramento le condizioni di minori, stranieri e persone senza occupazione

Come anticipato, nel secondo anno della pandemia la povertà si presenta pressoché stabile, ma non ovunque e non per tutte le tipologie familiari. Rispetto al 2020 peggiorano infatti le condizioni delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno, aumenta l’esposizione alla povertà dei nuclei composti da soli stranieri e di quelli con persona di riferimento in cerca di occupazione. Preoccupanti, seppur in equilibrio, le condizioni delle famiglie numerose e con figli minori.

A livello territoriale il 2021 registra un andamento opposto in confronto a quello censito nel corso dell’anno precedente, che aveva rilevato un maggior incremento della povertà assoluta nel Nord Italia (+1,8% nel passaggio dal 2019) rispetto al Mezzogiorno (+0,8%), per via del forte crollo dell’occupazione, specie nel settore privato, e del più repentino scivolamento in povertà delle famiglie straniere residenti nel Settentrione. Nel 2021 le famiglie in condizioni di povertà assoluta al Nord diminuiscono infatti di 108 mila unità rispetto all’anno precedente (7,6% vs 6,7%), mentre al Sud la povertà cresce e riguarda il 10% delle famiglie (contro il 9,4% del 2020), coinvolgendo oltre 196 mila individui in più.

Per quanto riguarda le tipologie familiari, si rilevano segnali di miglioramento per le famiglie composte da 2 persone, dove l’incidenza della povertà assoluta scende dal 5,7% al 5%, e per i nuclei di 3 componenti, dove passa dall’8,5% al 7,1%. La presenza di minori e la numerosità del nucleo familiare continuano invece ad essere fattori ostacolanti e di maggior esposizione al rischio di povertà: l’incidenza della povertà assoluta si conferma infatti elevata (11,5%) tra le famiglie con almeno un figlio minore e sale al 22,5% (contro il 20,5% del 2020) tra quelle numerose composte da più di 5 persone. È noto come i minori siano tra i gruppi di popolazione più colpiti dagli effetti della pandemia, non solo in termini economici e di deprivazione materiale, ma anche di povertà educativa, esclusione sociale ed incremento delle disuguaglianze. Nel 2021 sono 1 milione e 384 mila i minori in condizioni di povertà assoluta nel nostro Paese, quasi 50 mila in più rispetto all’anno precedente. Per tutte le classi di età l’incidenza della povertà assoluta tra gli individui cala o rimane stabile tra il 2020 e il 2021, ad eccezione dei minori, per i quali passa dal 13,5% al 14,2%. Tale incidenza, incrementata di quasi un punto percentuale nell’ultimo biennio, risulta maggiore di quasi 3 punti percentuali rispetto al periodo precedente la pandemia, quando era pari all’11,4%.

Oltre ai nuclei numerosi e con figli minori, le famiglie più colpite dalla crisi risultano essere quelle con persona di riferimento di età compresa tra i 35 e i 54 anni, e in particolar modo quelle ancor più giovani con capofamiglia tra i 35 e i 44 anni, per le quali l’incidenza della povertà assoluta, seppur in leggera diminuzione rispetto al 2020 (-0,8%), è pari al 9,9% e registra i valori più elevati per classe di età. Particolarmente colpite anche le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (19,7% del 2020 vs 22,6% del 2021), mentre restano stabili intorno al 7% i nuclei con capofamiglia occupato – che nel 2020 avevano sentito maggiormente gli effetti della crisi – a sintesi di un miglioramento per questo tipo di famiglie al Nord (7,9% vs 6,9%) e di una sostanziale stabilità nel Mezzogiorno (7,6% vs 8,2%).

Il peggioramento più consistente (+3,9%) si registra però tra le famiglie composte da soli stranieri, le cui condizioni, dopo il forte aggravamento del 2020, si appesantiscono ulteriormente, facendo registrare un’incidenza della povertà assoluta pari al 30,6% (contro il 26,7% dell’anno precedente), quasi sei volte quella delle famiglie di soli italiani (5,7%).

 

Parziale crescita delle spese per consumi delle famiglie, ma con differenze sostanziali

L’effettiva stabilità della povertà assoluta in Italia si colloca nel contesto di una marcata ripresa della spesa per consumi delle famiglie. Dopo il drammatico calo delle spese registrato nel 2020 (-9,7% rispetto al 2019), le stime preliminari diffuse dall’ISTAT relative alla spesa media mensile delle famiglie residenti fanno infatti sperare in una ripresa, seppur graduale. Nel 2021 la spesa media familiare italiana è pari a 2.439 euro mensili, in crescita del 4,7% rispetto all’anno precedente. Tale incremento non compensa tuttavia la caduta del 2020, tanto che le spese degli italiani risultano in calo del 4,7% rispetto ai valori precedenti allo scoppio della pandemia. Se si considera poi l’aumento dell’inflazione (+1,9%), la crescita in termini reali rispetto al 2020 risulta molto più contenuta, pari soltanto al 2,8%.

Un ruolo importante nell’analisi delle spese per consumi delle famiglie italiane è giocato dall’eterogeneità territoriale: la crescita delle spese è infatti nettamente più marcata al Nord (+6% con una spesa mensile di 2.676 euro), seguita dal Mezzogiorno (+3,7% con una spesa mensile di 1.985 euro) e dal Centro (+3,1% con una spesa mensile di 2.588 euro).

 

Tra famiglie più e meno abbienti

Sappiamo che la crisi connessa alla pandemia non ha colpito come una livella, ma ha picchiato duro in particolare su alcuni gruppi di popolazione e su chi viveva già in condizioni di povertà ed esclusione. Ordinando le famiglie italiane in base alla spesa equivalente2, è possibile distinguere cinque gruppi (c.d. quinti): il primo quinto comprende il 20% delle famiglie meno abbienti, con una spesa per consumi più bassa, mentre l’ultimo quinto racchiude il 20% delle famiglie più abbienti, con una spesa più elevata. Nel 2021 la differenza tra queste due tipologie familiari si fa molto marcata, mettendo in luce una dinamica dell’incremento della spesa equivalente differenziata: quest’ultima passa infatti dall’1,7% del primo quinto al 6,2% dell’ultimo quinto, in considerazione del maggiore aumento dei capitoli di spesa che pesano di più sui nuclei familiari più agiati. Tale divario è ulteriormente accresciuto dalla dinamica inflazionistica, che presenta un andamento decrescente al migliorare delle condizioni economiche, passando da +2,4% delle famiglie meno abbienti fino all’1,6% di quelle più ricche. La posizione delle famiglie più povere – di per sé già di noto svantaggio – risulta quindi ulteriormente indebolita dall’andamento dei prezzi, che fa registrare una variazione negativa (-0,7%) della spesa in termini reali dei nuclei meno abbienti e, al contempo, migliora la posizione delle famiglie più ricche, che registrano un incremento della spesa in termini reali del 4,6%.

 

Tra capitoli di spesa

La situazione risulta estremamente eterogenea non solo se si guardano le diverse tipologie familiari, ma anche i differenti capitoli di spesa. Rispetto all’anno della pandemia, sono in forte ripresa tutti quei capitoli che nel 2020 avevano subito una marcata riduzione per via delle restrizioni imposte alla socialità e agli spostamenti per il contenimento del contagio. Si tratta in particolare dei capitoli: abbigliamento e calzature, trasporti, ricreazione, spettacoli e cultura, servizi ricettivi e di ristorazione, che hanno registrato una spesa complessiva media pari a 541 euro (+13,1%). L’aumento più elevato, pari al 26,5%, si osserva per il capitolo relativo ai servizi ricettivi e ristorazione, mentre quello più moderato, pari al 6%, riguarda la spesa per la ricreazione, spettacoli e cultura. Nonostante l’incremento, si tratta tuttavia dei due capitoli che mostrano i valori più lontani dal 2019, con un calo di oltre il 22%. Infine, seppur in misura moderata, aumentano anche le spese per alimentari e bevande analcoliche (+1,6%) e quelle per l’abitazione (+2,1%). Incrementi piuttosto marcati si registrano per i servizi per la casa (+8,6%) e per i servizi sanitari e spese per la salute (+9%).

  1. Per approfondimenti si vedano: Mesini D., Gnan E., Impennata della povertà assoluta, pubblicato su Weforum il 7 marzo 2021; Mesini D., Gnan E., Povertà mai così alta negli ultimi 15 anni, pubblicato su Welforum il 1 luglio 2021.
  2. Per tenere conto del fatto che i nuclei familiari di numerosità differente presentano anche diversi livelli e bisogni di spesa, l’ISTAT rende equivalente la spesa familiare mediante specifici coefficienti che permettono di effettuare confronti tra i livelli di spesa di famiglie di diversa ampiezza.