Povertà sanitaria minorile: chi se ne cura?

Numeri, volti e percorsi di aiuto dei bimbi in povertà


I risultati della ricerca, di seguito sintetizzati, sono stati presentati e discussi il 24.1 a Roma, presso il Ministero della Salute, durante l’omonimo Convegno, organizzato da Fondazione Francesca Rava in collaborazione con Irs.  

Il contesto. Povertà economica e povertà sanitaria

Negli ultimi dieci anni la povertà nel nostro Paese è cresciuta esponenzialmente. Si tratta di un fenomeno caratterizzato da forte concentrazione territoriale e particolarmente presente tra le famiglie numerose, di stranieri e con bassi profili professionali. L’Istat1 stima nel 2018 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta e 3 milioni di famiglie in povertà relativa. Le famiglie numerose con figli minori risultano essere tra le più colpite, con un’incidenza della povertà assoluta del 12,6% (contro il 3,1% del 2007), corrispondente a 1,2 milioni di bambini e ragazzi (1 su 8) fortemente deprivati in senso assoluto. Ma quando si parla di povertà, per sua natura multidimensionale, non ci si può riferire solo ad una carenza di reddito, ma soprattutto se si tratta di minori, anche di povertà sanitaria, educativa e relazionale.   Sempre l’Istat ci dice che nel 2018 la spesa media mensile delle famiglie italiane per servizi sanitari e salute ha superato di poco i 120 euro, di cui 48 euro destinati all’acquisto di farmaci. Le famiglie che spendono di più in salute sono quelle residenti al Nord, di italiani, con più elevati livelli di istruzione e con componenti anziani. Tra le famiglie con minori invece la spesa sanitaria tende ad aumentare fino a due figli per poi diminuire, attestandosi a 107 euro al mese, dal terzo in poi a causa di possibili economie di scala ma anche di un maggiore rischio di povertà delle famiglie numerose. Sempre più diffuso il fenomeno della rinuncia e del contenimento delle cure: nell’ultimo anno sono oltre 4 milioni le persone che hanno rinunciato a visite ed accertamenti specialistici a causa di problemi economici.   La povertà sanitaria è dunque strettamente connessa alla povertà economica, ma non coincide con essa. L’impossibilità ad accedere alle visite mediche specialistiche e ad acquistare farmaci dipende senz’altro da ostacoli di tipo economico connessi al loro costo, ma anche da ostacoli di tipo informativo e culturale, dati da bassi livelli di istruzione o condizioni di svantaggio sociale e scarsa integrazione nel contesto di vita, e da assenza o scarsità di informazione rispetto al funzionamento dei servizi esistenti e ai diritti di accesso alle prestazioni. Altro grosso ostacolo per un accesso uniforme alle prestazioni connesse alla salute è rappresentato dall’estrema eterogeneità territoriale nell’offerta di servizi e strutture sanitarie, nonostante l’esistenza di Livelli Essenziali di Assistenza2 ed esenzioni, che però presentano delle scoperture e vengono agiti a livello regionale con modalità differenziate, spesso traducendosi, in alcuni contesti più di altri, in lunghi tempi di attesa incompatibili con i bisogni di diagnosi e cura e con i rapidi tempi di sviluppo dei bambini3. Ancora una volta l’Istat ha recentemente stimato in 2 milioni le persone che hanno rinunciato a visite o accertamenti specialistici per problemi di liste di attesa, con forti differenze territoriali. La percentuale più bassa si rileva infatti nel Nord-est (2,2% dell’intera popolazione) e la più elevata nelle Isole (4,3%)4. In questo quadro, sono due le fondamentali strategie di tamponamento rispetto all’inadeguatezza del servizio sanitario pubblico: l’ampio sviluppo della sanità integrativa, in risposta alla migrazione di ampie fasce di popolazione sull’offerta privata, e la diffusione di forme di assistenza complementare, realizzate anche attraverso finanziamenti, donazioni ed attività di volontariato. In questo quadro si inserisce In Farmacia per i Bambini di Fondazione Francesca Rava. Attiva dal 2013, l’iniziativa, ha raccolto nel 2019 230.218 farmaci pediatrici e prodotti baby care, aiutando 36.000 minori in povertà sanitaria, seguiti da 668 enti ed il coinvolgimento di 2.067 farmacie in tutta Italia. Si tratta di un progetto significativo, con un marcato trend di crescita negli ultimi anni e che ha contribuito alla raccolta di prodotti per un valore economico di 1.138.000 euro solo nel 2019, che ricomprende sia il valore dei farmaci e prodotti distribuiti agli enti attivi sul territorio nazionale, che quelli destinati all’Ospedale Saint Damien di Haiti.  

Gli esiti della ricerca: bisogni, profili di fragilità e ricadute dell’Iniziativa

In considerazione di tali numeri, la Fondazione Francesca Rava ha ritenuto opportuno avviare, in collaborazione con l’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS), un’analisi approfondita delle dimensioni e ricadute dell’iniziativa, dando voce ai diversi stakeholder coinvolti, al fine di fornire degli spunti di riflessione sul tema della povertà sanitaria e farmaceutica minorile. Dopo una breve ricostruzione del fenomeno della povertà e deprivazione minorile in Italia, la ricerca quali-quantitativa si è concentrata su di un approfondimento dei dati relativi alle farmacie aderenti, alla loro distribuzione territoriale, alla mole e tipologia di prodotti raccolti, al fine di ricostruire geograficamente i differenti tassi di partecipazione all’iniziativa ed i differenziali nella propensione alla donazione. Fuoco della ricerca è poi consistito in un originale affondo sui bisogni degli enti destinatari dei farmaci e prodotti pediatrici raccolti. Per la sua ricostruzione sono state effettuate una rilevazione questionaria (tramite survey monkey) e 4 focus-group che hanno visti coinvolti un totale di 25 enti, tra Milano, Roma, Napoli e Bari. Infine sono state effettuate una breve rilevazione presso le farmacie, per il tramite di Cosmofarma, ed un’intervista, di più ampio respiro sulle problematiche della povertà sanitaria minorile, al presidente della SIP. La websurvey ha consentito di intercettare 182 enti, pari a oltre un terzo del totale degli enti aderenti a In Farmacia per i Bambini nel 2018. Di questi, una metà è costituita da enti utilizzatori diretti dei farmaci e dei prodotti raccolti (ad es. strutture residenziali, comunità mamma-bambino), mentre l’altra li distribuisce alle famiglie (ad es. centri di ascolto, CAV). L’ampia maggioranza degli enti coinvolti (85% circa) opera a livello locale o regionale, ma sono presenti anche alcuni enti che operano a livello nazionale o internazionale. Gli enti intervistati, ad eccezione di alcune specifiche esperienze, non operano prioritariamente nel campo dell’assistenza sanitaria, ma più ampiamente in risposta a bisogni di tipo educativo, sociale e di sostegno economico dei minori accolti o assistiti e delle loro famiglie. Le situazioni in carico si caratterizzano spesso per condizioni di estrema fragilità e deprivazione:

  • bambini o ragazzi italiani o stranieri accolti in comunità, casa-famiglia o seguiti da strutture semi-residenziali, da soli o insieme alla madre, a seguito di Decreto dell’Autorità Giudiziaria in relazione a situazioni gravi di maltrattamento o incuria, o di parziale o totale impossibilità dei genitori a prendersene cura. Si tratta di bambini o ragazzi che spesso provengono da background in cui hanno ricevuto parziale o insufficiente assistenza medica;
  • bambini o ragazzi che appartengono a nuclei famigliari italiani e stranieri in condizioni di grave povertà o marginalità, che accedono ai centri di ascolto, agli sportelli o agli empori solidali per ricevere pacchi alimentari, abbigliamento, prodotti per l’infanzia e ad ambulatori solidali per ricevere assistenza sanitaria. Si tratta di situazioni spesso lontane dalla rete dei servizi sociali, nelle quali l’assistenza e l’educazione sanitaria sono in capo alla famiglia, che per problematiche economiche e culturali faticano ad assicurare ai bambini cure adeguate;
  • bambini nella fascia della prima infanzia, che accedono insieme alle madri a centri e sportelli dedicati al sostegno alla maternità e alla genitorialità, con situazioni di bisogno multifattoriali e non esclusivamente di tipo economico;
  • ragazzi all’interno del circuito penale, o all’interno di strutture residenziali per l’esecuzione di misure di pena alternative o, in pochi casi, all’interno di strutture carcerarie;
  • bambini ragazzi appartenenti a nuclei famigliari di cittadinanza straniera, in condizioni di grave povertà economica e privi di accesso al Servizio Sanitario Nazionale per questioni di cittadinanza, che accedono ad ambulatori medici, anche pediatrici per visite e controlli sanitari e per ricevere farmaci e parafarmaci.
  • bambini o ragazzi con problematiche sanitarie anche gravi (malattie croniche, gravi disabilità, malattie terminali) accolti in strutture di assistenza socio-sanitaria da soli con provvedimenti di adottabilità o con un genitore in caso di bambini provenienti da paesi stranieri per cure specifiche. Costituiscono una minoranza rispetto al campione.

  Tanto dall’analisi estensiva quanto dagli approfondimenti qualitativi è emerso che i prodotti di cui gli enti hanno maggiormente bisogno, e a cui principalmente accedono tramite l’Iniziativa, sono soprattutto pannolini, bene essenziale per i bambini 0-30 mesi, farmaci pediatrici da banco (ad esempio paracetamolo e ibuprofene), latte in polvere, alimenti per l’infanzia. Fatte 100 le spese dedicate ai prodotti farmaceutici e prodotti da banco per l’infanzia, i pannolini pesano il 36% del totale, seguiti per il 25% dai farmaci da banco e per il 22% dal latte in polvere, elemento fondamentale per la nutrizione. Un ente su quattro dichiara di avere un budget dedicato all’acquisto di questi beni.  Emerge, tuttavia, anche un bisogno diffuso di prodotti e farmaci da banco per adulti, in particolare per le madri dei bambini, in termini di integratori e multivitaminici da assumere in gravidanza e allattamento, prodotti per l’igiene intima e per l’igiene dentale; farmaci e prodotti da banco in ambito ginecologico. Guardando al grado di copertura dei prodotti distribuiti rispetto ai bisogni degli enti, l’85% del campione afferma che la fornitura di farmaci da banco e prodotti ricevuti ha inciso significativamente sui bisogni sanitari delle persone minorenni in carico o comunque seguite con continuità. L’aiuto offerto con il progetto ha permesso agli enti convenzionati di coprire mediamente circa il 50% del loro fabbisogno. Rimane tuttavia un bisogno non coperto anche evidenziato dal fatto che al momento della rilevazione (agosto-settembre 2019) 4 enti su 5 avevano terminato la fornitura 2018 di medicinali e prodotti ricevuti tramite l’Iniziativa.  I bisogni che restano scoperti dalla raccolta vengono per lo più coperti dagli enti con risorse del proprio bilancio (77%), o con iniziative di raccolta fondi (43%), o grazie ai sostegni da parte di Comune o ASL (20%). Grazie ai risparmi generati tramite la donazione dei prodotti, gli enti dichiarano di aver potuto investire soprattutto in beni di prima necessità (cibo vestiario, materiale scolastico), richiamati dal 67% del campione, ma anche in attività ricreative per bambini (36%) ed in assistenza medica (22%), significative soprattutto per gli enti che fanno accoglienza diretta. Si mette in luce quindi la realizzazione di diverse attività, soprattutto di tutela dei bisogni primari, che probabilmente non si sarebbero potute realizzare in assenza del sostegno offerto dall’iniziativa promossa da Fondazione Rava.   Sul fronte dell’assistenza medica, la ricerca ha infine evidenziato anche alcune priorità sanitarie a cui i bambini accolti o incontrati da parte degli enti hanno accesso con molta difficoltà5:

  • utilizzo dei servizi sanitari con tempistiche e modalità errate, con un accesso eccessivo e inadeguato ai servizi di Pronto Soccorso, anche in assenza di bisogni urgenti, e l’arrivo alla presa in carico da parte dei medici specialistici con ritardo rispetto alle necessità terapeutiche;
  • problematiche relative all’alimentazione e all’educazione alimentare dei bambini che, soprattutto in famiglie in condizione di povertà, risulta inadeguata alla crescita sana. Si tratta di bambini per i quali, spesso non è sufficientemente curata l’alimentazione nella prima infanzia, ad esempio attraverso l’utilizzo di alimenti non adeguati all’età, e che spesso seguono regimi alimentari inadeguati anche durante l’età dello sviluppo;
  • scarsa attenzione a problematiche sanitarie di tipo dermatologico (funghi, scabbia, etc) la cui cura richiede parafarmaci e creme prive di esenzione, e con costi elevati, che non trattati diventano gravi e/o si diffondono all’interno dei nuclei familiari;
  • abuso di farmaci: somministrazione ai bambini di medicinali con impiego e dosaggio non sempre corretti;
  • assenza di vaccinazioni, anche obbligatorie;
  • mancato accesso alle cure odontoiatriche e oculistiche, con problematiche anche gravi che restano non trattate;
  • difficoltà o impossibilità di accesso ai servizi neuropsichiatrici e servizi correlati (logopedia, psicomotricità, etc) per lunghi tempi di attesa e impossibilità di accedere privatamente a causa dei costi. Problematiche gravi (anche in situazioni di traumi significativi) che restano non trattate o trattate con ritardo.

 

Conclusioni e prospettive di sviluppo

L’iniziativa di Fondazione Francesca Rava costituisce in sintesi un elemento prezioso a sostegno dei bisogni degli enti, che pur appoggiandosi anche ad altre forme e reti di sostegno in risposta ai bisogni sanitari (medici e operatori volontari, servizi territoriali e ospedalieri del SSN, sostegno di Comuni e Ambiti territoriali, sostegno da parte di altre fondazioni e enti del terzo settore, etc), ne riconoscono unanimemente il valore e l’utilità. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato delle scoperture in termini di supporto sanitario e farmaceutico e lo sforzo profuso non esaurisce la risposta ad un problema emergente ed in crescita, anche in relazione al progressivo aumento dei minori in condizioni di povertà. La povertà sanitaria minorile è un fenomeno complesso, di difficile perimetrazione e spesso sfuggente perché diverse sono le determinanti, gli attori coinvolti e le implicazioni relative. Obiettivo primario deve essere quello di farlo emergere, attraverso un’attività di sensibilizzazione ed informazione più puntuale e costante, al fine di stimolare una maggiore sinergia tra i diversi soggetti pubblici e privati, al fine di potenziare il diritto di accesso gratuito alle cure delle fasce più deboli, a partire dai bambini accolti e aiutati dalle comunità per minori del territorio. È importante che vengano rilanciati percorsi di confronto e di lavoro (in ordine ad esempio, alla revisione dei LEA, delle esenzioni e dei percorsi di accesso prioritario alle prestazioni), per rendere più efficace la risposta ai bisogni farmaceutici e sanitari dei bambini e dei ragazzi in condizioni di svantaggio.

  1. Istat, Spese per i consumi delle famiglie, 2019.
  2. Livelli Essenziali di Assistenza DPCM 12 gennaio 2017.
  3. L’accesso alle prestazioni specialistiche in ambito oculistico, ortodontico, neuropsichiatrico costituisce l’ambito di maggiore criticità in termini di tempi di attesa per la valutazione e la presa in carico.
  4. Istat, Audizione del Presidente alle Commissioni Bilancio Congiunte di Camera e Senato, Roma 12 novembre 2019.
  5. Si consideri qui una significativa differenziazione tra le opportunità che sono offerte ai bambini accolti in strutture residenziali o case famiglia, i cui percorsi di cura e prevenzione sono presi in carico dagli enti, e quelli che invece accedono agli sportelli o ai centri di ascolto, la cui assistenza in ambito sanitario è in capo alle rispettive famiglie, che presentano dunque maggiori difficoltà di accesso alle visite e alle cure.