Rapporto Caritas 2021 su povertà ed esclusione sociale in Italia
A cura di La Redazione di Welforum.it | 27 Ottobre 2021
Il 16 ottobre Caritas ha pubblicato il suo Rapporto 2021 su povertà ed esclusione sociale in Italia dal titolo “Oltre l’ostacolo”. Il documento oltre a prendere in esame le statistiche ufficiali sulla povertà e i dati di fonte Caritas, si concentra sul tema dell’usura e del sovra-indebitamento, sulla crisi del settore turistico, sullo scenario economico-finanziario e sulle politiche di contrasto alla povertà (Reddito di Cittadinanza in primis). L’obiettivo del Rapporto è quello di cogliere e di evidenziare, a partire dalle esperienze territoriali, elementi di prospettiva ed esempi di risposta e resilienza delle comunità locali che, più che mai in questo ultimo anno e mezzo di pandemia, si sono fatte carico di situazioni di marginalità e vulnerabilità, incrociandosi con risposte istituzionali nazionali ed europee dando luogo ad una serie di triangolazioni positive. Riprendiamo di seguito un corposo estratto dell’Executive summary, scaricabile per esteso insieme al Rapporto completo.
Le dimensioni dell’ostacolo: i dati Caritas sulla povertà in Italia
Nel 2020 la rete Caritas, potendo contare su 6.780 servizi a livello diocesano e parrocchiale, e su oltre 93 mila volontari, ha complessivamente supportato 1,9 milioni di persone. Di queste il 44% ha fatto riferimento alla Caritas per la prima volta. Disaggregando i dati per Regione emergono alcune importanti differenze territoriali: tra le Regioni con più alta incidenza di “nuovi poveri” si distinguono la Valle d’Aosta (61,1%,) la Campania (57,0%), il Lazio (52,9%), la Sardegna (51,5%) e il Trentino-Alto Adige (50,8%). Allo stesso modo, emergono importanti differenze legate all’età: per i giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 34 anni le nuove povertà pesano per il 57,7%.
La crisi socio-sanitaria ha non solo generato nuove povertà, ma ha anche acuito quelle preesistenti: cresce infatti la quota di poveri cronici, in carico al circuito delle Caritas da 5 anni e più, che passa dal 25,6% del 2019 al 27,5% del 2020. Dai dati raccolti emerge anche come la povertà sia legata ad una forte vulnerabilità culturale e sociale, che impedisce sul nascere la possibilità di fare il salto necessario per superare l’ostacolo (il 57,1% degli assistiti ha al massimo la licenza di scuola media inferiore, percentuale che tra gli italiani sale al 65,3% e che nel Mezzogiorno arriva addirittura al 77,6%).
Il 64,9% degli assistiti, pari a oltre 91 mila persone, dichiara di avere figli conviventi, in particolare minori (quasi 30 mila persone). Rispetto alle condizioni abitative, il 63% delle persone incontrate vive in affitto, il 10,5% abita in casa di proprietà, il 7,4% è ospitato temporaneamente o stabilmente da amici, il 5,8% è privo di un’abitazione e il 2,7% è ospitato in centri di accoglienza. Queste ultime percentuali si legano chiaramente alla condizione degli homeless, i cui numeri anche per il 2020 risultano tutt’altro che trascurabili: le persone senza dimora incontrate dalle Caritas sono state 22.527 (pari al 16,3% del totale), per lo più di genere maschile, stranieri, celibi, con un’età media di 44 anni e incontrati prevalentemente nelle strutture del Nord.
Delle persone sostenute dal circuito Caritas, oltre un terzo (37,8%) è supportato anche da servizi pubblici. Tra loro, la quota più consistente è costituita da chi è preso in carico dai servizi sociali dei Comuni (71,2%), seguita dalle ASL (3,7%), dal Sert (3,8%), dal CSM (3,7%) e dai servizi della giustizia (1,5%), talvolta anche in modo congiunto ad indicare la complessità e multi-problematicità di alcune storie incontrate. Inoltre, una persona su cinque (19,9%) dichiara di percepire il Reddito di Cittadinanza, quota che sale al 48,3% nelle Regioni del Mezzogiorno (contro il 23,4% del Nord e l’8,5% del Centro) e al 30,1% tra gli italiani (contro il 9,1% degli stranieri).
Dai dati raccolti da Caritas nel corso dei primi otto mesi del 2021, emerge come dei nuovi poveri seguiti nel 2020, le cui richieste di aiuto sono facilmente correlate alla crisi socio-sanitaria legata alla pandemia, oltre i due terzi (il 70,3%) non ha fatto più ricorso ai servizi Caritas. Si tratta di un dato che si presta a una lettura ambivalente: da un lato, un segnale di speranza e ripartenza ma, dall’altro, è bene ricordare come sussiste ancora un 29,7% di persone che continuano a “non farcela” e che rischiano di vedere cronicizzarsi la propria condizione di bisogno. Un ulteriore dato preoccupante è quello relativo ai cosiddetti poveri “intermittenti” (19,2%), che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno, collocandosi appena al di sopra della soglia di povertà, e che appaiono quindi in balia degli eventi economici-occupazionali (perdita del lavoro, precariato, lavoratori nell’economia informale) e/o familiari (separazioni, divorzi, isolamento relazionale).
Usura e sovra-indebitamento
Il Rapporto dedica un approfondimento anche al tema dell’usura e del sovra-indebitamento, cresciuto ulteriormente con la crisi socio-economica. La Consulta nazionale Antiusura “Giovanni Paolo II” aveva stimato che già prima della pandemia almeno 2 milioni di famiglie in Italia sopportassero debiti non rifondibili a condizioni ordinarie. La vulnerabilità all’indebitamento patologico e all’usura si proietta sullo sfondo della recessione economica e della povertà assoluta, che hanno conosciuto un netto incremento a causa della pandemia. Con il prolungarsi delle necessarie restrizioni alle attività economiche si è prodotto un grave ed esteso fenomeno di esclusione sociale per debiti non rimborsabili. Il Report straordinario del 30 marzo 2021 compilato dalla Banca d’Italia su un campione di 2.200 famiglie ha misurato l’impatto delle restrizioni nelle diverse zone territoriali soggette alle misure adottate per contenere il Coronavirus. Nelle province dichiarate “zona rossa” per tempi più prolungati, è stato rivelato come il reddito:
- si sia ridotto di oltre il 50% per un nucleo ogni 20;
- sia stato decurtato tra i 25 e i 50 punti percentuali per 10 famiglie su 100;
- si sia abbassato tra 1 punto a 25 punti percentuali per il 18,4% della popolazione;
- sia aumentato solo per un piccolo gruppo di privilegiati (2,6%).
Nell’isolamento quasi assoluto dei primi mesi del 2020, e nel successivo altalenarsi di aperture e chiusure che il nostro Paese ha vissuto nella seconda metà dell’anno, le 32 Fondazioni Antiusura aderenti alla Consulta hanno continuato ad aiutare persone, famiglie e micro-imprese a conduzione familiare: nel 2020 sono state incontrate e ascoltate in profondità 5.065 persone. In 663 casi sono state erogate garanzie con i soli fondi messi a disposizione dallo Stato, per un importo pari a 17 milioni e 261.362 euro.
Quale futuro ci aspetta dopo la pandemia? Lo scenario socio-economico in Italia
La pandemia ha avuto conseguenze nefaste sul piano umano, sociale ed economico. Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato per il 2020 un calo del Prodotto mondiale del 3,3%, la più forte diminuzione dalla seconda guerra mondiale. Il commercio mondiale, a causa delle restrizioni alla circolazione e della mobilità di merci e persone, si è ridotto dell’8,9%. In questo contesto difficile il Rapporto Caritas intravvede per le famiglie italiane ombre e segnali di speranza:
- la crisi pandemica ha colpito pesantemente il mercato del lavoro: le ore lavorate hanno toccato il livello più basso degli ultimi 40 anni scendendo dell’11%. È stata estesa la Cassa Integrazione Guadagni (che nel 2020 si stima abbia contribuito a mantenere 900 mila occupati in forza alle imprese) anche ai settori e alle imprese che non ne usufruivano, è stato previsto il blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno 2021 e sono stati previsti contributi alle imprese e ai lavoratori autonomi;
- gli ultimi dati dell’Istat relativi al secondo trimestre certificano la ripresa del mercato del lavoro con un passaggio del testimone dall’industria e dal settore delle costruzioni ai servizi. La ripresa aumenta sia gli occupati (+ 2,3% sul secondo trimestre 2020) che i disoccupati (+27%). Nello stesso tempo aumentano le ore lavorate e diminuisce l’incidenza della CIG;
- il tasso dei posti vacanti nelle imprese è pari all’1,8% degli occupati: il livello più alto dal 2016. Le imprese per il reclutamento continuano a rivolgersi prevalentemente alle agenzie di lavoro in somministrazione: l’aumento dei lavoratori coinvolti è pari al 5,3% nel secondo trimestre 2021 rispetto al primo trimestre e del 38% su base annua;
- dopo cinque trimestri consecutivi di crescita, il numero degli inattivi si riduce – seppure rimanendo tra i più alti in Europa – scendendo a 13.494 nella fascia dai 15 ai 64 anni;
- il lockdown e le misure di contenimento della vita sociale hanno prodotto effetti sul consumo e sul risparmio. Nel primo semestre del 2021 la propensione al risparmio delle famiglie rimane su valori elevati, mentre il calo dei consumi nel 2020 è stato pari all’11,7%. I beni non durevoli sono quelli che subiscono il calo minore con un -2,6% grazie alla parte dei beni alimentari e bevande non alcoliche che, addirittura, salgono dell’1,9%. Le misure restrittive che hanno comportato la chiusura di ristoranti e alberghi hanno aumentato i consumi di beni alimentari nelle “mura domestiche” a scapito dei consumi fuori casa;
- nel primo trimestre 2021 l’indebitamento delle famiglie per spese ipotecarie è aumentato, raggiungendo il 65,1% del reddito disponibile: futuri aumenti dei redditi possono abbassare questi valori mentre un aumento dei tassi di interesse può mettere in difficoltà le famiglie che si sono indebitate scegliendo i tassi di interesse variabili piuttosto che quelli fissi.