REI, l’esperienza di Milano


A cura di Valentina Ghetti | 30 Ottobre 2018

Questa intervista ad Alessandro Cassuto (Ufficio interventi di sostegno al reddito) e a Daniela Attardo (Unità di coordinamento servizio sociale professionale) è stato pubblicata anche su Lombardia Sociale.it

 

Come si è organizzata la città di Milano per gestire il Reddito di Inclusione attiva?

La gestione della misura è in capo all’ufficio di Sostegno a Reddito del Comune, che si raccorda con i CAF – Centri di accoglienza fiscale, con INPS e con i servizi sociali territoriali. La raccolta delle domande avviene tramite i CAF, capillarmente diffusi sul territorio. Ad oggi sono 180 quelli coinvolti nella rete. I servizi sociali territoriali, in fase di accoglienza, svolgono prevalentemente una funzione di orientamento e informazione. I CAF, ricevuta la domanda del cittadino, attivano le “verifiche comunali” sui requisiti famigliari e sull’eventuale permesso di soggiorno e, mediante un portale di caricamento, gestiscono in cooperazione applicativa il flusso di invio delle domande ad INPS.

E’ poi l’Ufficio comunale Sostegno al Reddito a collegarsi al portale e verificare i beneficiari, comunicandoli direttamente ai servizi sociali territoriali per la loro presa in carico. Nel corso della sperimentazione SIA, in collaborazione con IRS, sono state definite delle Linee guida condivise con tutti i servizi sociali, che vanno a declinare modalità operative di presa in carico e un modello di progetto condiviso.

 

Il primo contatto avviene da parte dell’assistente sociale di riferimento, che raccoglie le informazioni di preassessment, per definire un quadro della situazione del nucleo familiare e svolgere l’analisi preliminare da cui ne deriva il successivo percorso nei servizi. Nelle linee guida sono state modellizzate tre tipologie di obiettivi:

  1. buona cittadinanza (es. piani di rientro da situazioni di morosità, attività rivolte a garantire la frequenza scolastica dei figli, comportamenti di prevenzione e cura volti alla tutela della salute);
  2. inclusione sociale (es. Sostegno alle famiglie e mediazione familiare; Micro-credito per l’inserimento lavorativo; Interventi socio-educativi e socio-sanitari; Collaborazione tra scuola e famiglia);
  3. inclusione lavorativa (es. orientamento; misure di attivazione lavorativa).

In collaborazione con Afol si verifica da subito quali sono i nuclei che possono essere indirizzati al terzo obiettivo. Un operatore di AFOL Metropolitana infatti partecipa una volta al mese agli incontri di équipe per la valutazione delle situazioni che necessitano di un invio al centro per l’impiego per l’attivazione di politiche attive del lavoro.

 

Di che numeri stiamo parlando, qual è il volume di beneficiari con cui si sta confrontando Milano?

Le domande presentate ai CAF cittadini sono oltre 16.000, teniamo conto però che dentro a questo numero ci sono domande doppie o domande non accoglibili. Quelle ammesse, perché rispettano i requisiti, sono 3.842 pari al 23%. Un tasso molto più basso della media nazionale, che si aggira intorno al 50%, ma di fatto rimasto invariato rispetto al SIA. I dai mostrano, tra le domande accolte, un numero limitatissimo di revoche, mentre un numero più significativo – oltre le 200 unità – di domande sospese a causa di rivalutazioni da parte di INPS, in evidenza alla sede ad esempio per la riproposizione dell’ISEE. Ancora più significativo il numero di domande in attesa REICom.

 

STATO % NUMERO
Controlli mensili positivi 23% 3842
Decadenza 4% 683
In attesa ReiCom 4% 685
In evidenza alla sede 2% 279
In lavorazione 0% 23
Respinta 64% 10567
Revoca 0% 6
Sospesa 2% 264
Terminata 1% 145
Totale complessivo 100% 16494

 

Quali rafforzamenti sono stati necessari per avviare questo modello di gestione?

Innanzitutto il rafforzamento della struttura organizzativa, sono stati investiti 4 milioni a valere sul PON Avviso 3 per incrementare il numero di operatori. Oggi possiamo contare su 8 assistenti sociali e 8 amministrativi in più, a cui si aggiungeranno presto i potenziamenti del Fondo Povertà quota servizi, che è in erogazione da parte del Ministero.

Poi il rafforzamento della collaborazione con AFOL realizzando per la prima volta un accordo di collaborazione che prevede la presenza di un operatore AFOL all’interno dell’equipe che analizza e valuta i progetti rivolti ai beneficiari REI. Inoltre AFOL Metropolitana è partner istituzionale all’interno del progetto finanziato dal PON Inclusione in particolare per l’attuazione di interventi finalizzati alle politiche attive del lavoro rivolte ai beneficiari REI.

Ma anche il rafforzamento dei servizi. Attraverso il finanziamento del PON Inclusione è stato predisposto uno specifico Avviso Pubblico finalizzato alla predisposizione di un catalogo delle offerte di soggetti che si candidano a fornire moduli di intervento specifici. I moduli sono pensati per attivare interventi che siano propedeutici all’attivazione delle misure previste da Regione Lombardia per le politiche attive del lavoro, quali ad esempio la DUL – Dote unica lavoro. Ad oggi hanno aderito 10 operatori inseriti nel catalogo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Infine la creazione di una rete di realtà territoriali, funzionale a sostenere i progetti di inclusione (istituzionali, del terzo settore, privato sociale, ecc.) Sono stati fatti accordi ad esempio con la rete delle scuole di italiano cittadine, ATS per quanto riguarda l’attivazione dei servizi socio-sanitari (neuropsichiatria infantile, dipendenze, ecc.) e altre realtà presenti sul territorio cittadino. In quest’ottica è fondamentale la collaborazione con Fondazione Cariplo e Fondazione Vismara nell’ambito del Progetto QuBì. Un programma pluriennale, da 25 milioni di euro, per il contrasto alla povertà minorile che cerca di coinvolgere la città di Milano nel suo complesso (aziende, istituzioni e singoli cittadini) per creare una ricetta comune che permetta di dare risposte concrete alle famiglie in difficoltà e creare percorsi di fuoriuscita dal bisogno. Ad oggi è stato pubblicato un bando per il finanziamento di progetti innovativi teso a far emergere le realtà informali e non più dinamiche e attive del territorio cittadino (associazioni, enti del privato sociale, ecc.) che non hanno ancora adeguata visibilità. In questo progetto il Comune di Milano è partner principale e vede la partecipazione attiva e diretta dei nostri servizi sui territori in stretta collaborazione con altri enti istituzionali e del terzo settore. E’ prevista infatti la partecipazione di operatori comunali all’interno dell’équipe che avrà la funzione di collegare le realtà territoriali e i servizi sociali della zona.

 

Quali sono le principali sfide con cui vi state misurando all’interno della gestione del REI?

Il REI per i Servizi rappresenta sì una sfida ma certamente anche una opportunità.

La prima sfida è rispetto ai numeri: a Milano, contrariamente a quanto dicono i dati a livello nazionali, la percentuale dei beneficiari conosciuti dai servizi è significativamente più bassa di quelli non conosciuti. Ciò significa che su circa 3800 beneficiari, solo 1000 circa sono già passati dai nostri servizi. Ancor meno quelli attualmente seguiti. Il resto sono da conoscere.

 

Un’altra sfida è rappresentata dai risultati. Per quanto si sia già sperimentato in passato il modello dell’inclusione attiva con il SIA e le misure di sostegno al reddito con il REI siamo chiamati a fare davvero sul serio, non solo perché rispondiamo ad una normativa nazionale ma perché per la prima volta ci sono state fornite risorse dedicate. Quello che accade di “straordinario” è che oltre a riconoscere finalmente quale sia compito essenziale e centrale del Servizio Sociale, si riconosce anche la necessità di un suo rafforzamento, non solo quantitativo. I Servizi hanno un ruolo centrale e all’assistente sociale sono riconosciute competenze e capacità molto significative nell’affrontare un tema caldo quale è la lotta alla povertà. Nel REI ritroviamo quel modello innovativo di intervento sociale che è contenuto nelle linee guida nazionali per il lavoro con le famiglie in situazione di vulnerabilità, mutuato da PIPPI. E’ un modello che riconosce le capacità di tutti i soggetti, anche quelli che presentano importanti fragilità e vulnerabilità, di partecipare attivamente al proprio percorso di crescita e di uscita dalla crisi, attraverso un approccio trasformativo e partecipativo che mette a fuoco e valorizza le risorse anche residuali di tutti gli attori coinvolti, la famiglia in primis, che fa parte a tutti gli effetti dell’equipe multidimensionale. E’ insieme, fianco a fianco, che si stabiliscono obiettivi da raggiungere e compiti da realizzare, che si declinano gli impegni di ciascuno e di tempi necessari alla loro realizzazione. Lavoriamo quindi in un’ottica che garantisca la partecipazione attiva e l’autodeterminazione dei beneficiari degli interventi. Questo è un approccio e un paradigma di lavoro, che va certamente rafforzato.

 

Infine una sfida è certamente connessa alla rete, prima nominata. La rete diventa essenziale per il funzionamento del REI, i servizi infatti devono essere in grado di lavorare sulle diverse dimensioni del benessere dei beneficiari e di fare regia sul territorio, tessendo relazioni con tutte le realtà presenti che possano contribuire all’efficacia delle azioni messe in campo a favore dei nuclei familiari. Affinchè ciò possa accadere è indispensabile che, oltre al lavoro sui singoli nuclei familiari il Servizio sociale torni ad occuparsi anche del lavoro di comunità, dedicando tempo ed energie alla costruzione di una rete territoriale il più possibile capillare e rispondente a bisogni differenziati.

 

Per ulteriori approfondimenti sul welfare lombardo è possibile consultare anche il sito LombardiaSociale.it